domenica 30 settembre 2018

Come distruggere la natura per favorire la chimica industriale. Il caso della canapa…

La canapa da erba salvifica multiuso a pianta proibita… grazie agli USA

La canapa per secoli e secoli  è stata coltivata estensivamente in Italia, molto diffusa, conosciuta ed utilizzata in tantissimi ambiti sino alla fine della  II Guerra Mondiale. Poi sono subentrati i vincitori americani a dettare le loro condizioni al mondo intero per favorire le loro multinazionali, in questo caso particolare la DuPont. E’ stata infatti quest’ultima che, negli anni ‘30, disponendo di brevetti di fibre sintetiche aveva interesse ad eliminare la canapa naturale per sostituirla coi propri prodotti e lo fece tramite i mass media da essa controllati per avviare una massiccia campagna diffamatoria inventandosi il pericolo droga rappresentato dalla canapa, da allora identificata con la “marijuana”.
Tutta una montatura denigratoria a scopo commerciale. In seguito alla manipolazione dell’opinione pubblica la canapa divenne illegale negli USA nel ‘37 ed in seguito in tutto il resto del mondo, senza tener conto dei suoi molteplici usi, tra l’altro economici e vantaggiosi in tantissimi campi del vivere quotidiano, per un solo presunto uso come stupefacente, tutti gli altri vennero negati e relegati nel dimenticatoio.
Provate ad immaginare come sarebbe stato diverso il mondo se la DuPont non avesse deciso di imporre i suoi interessi all’umanità. Solo leggendo il breve articolo ve ne farete un’idea, non esauriente ma prossima alla verità. Avremmo avuto meno inquinamento, meno morti da inquinamento, avremmo avuto numerosi vantaggi dagli utilizzi della canapa in ogni settore, compreso l’edilizia biologica a minor costo, avremmo un’agricoltura meno inquinante e meno consumatrice di acqua, disporremmo di una materia prima versatile e polivalente sul nostro territorio, senza dipendere dalle forniture estere, avremmo fatto maggiori progressi nei suoi impieghi terapeutici, nel settore tessile, nella produzione della carta e delle materie plastiche biodegradabili, combustibili da biomassa, ecc..
Una miriade di opportunità positive ci sono state impedite per favorire gli interessi di una multinazionale americana, cinica ed avida. Con questo non voglio affermare che non sia legittimo favorire i propri interessi, ma in questo caso l’abuso è evidente, entrambe le opportunità potevano convivere, in proporzione e territori diversi, invece è prevalso il “delirio di onnipotenza” della DuPont, cioè la volontà di dominare monopolizzando il mercato ed eliminare l’avversario ricorrendo a qualsiasi mezzo, anche il più riprovevole, senza il minimo senso di responsabilità per le ripercussioni ed i danni che avrebbe subito l’umanità. Non è stato il primo caso e neppure l’ultimo, ma se ci si documentasse maggiormente invece di porsi passivamente davanti ad uno schermo televisivo, sarebbe meglio, saremmo meno facili prede di inganni, manipolazioni e mistificazioni.
Claudio Martinotti Doria – claudio@gc-colibri.com
Rete Bioregionale Italiana

Articolo collegato:
La canapa come soluzione ecosostenibile al problema dei terreni contaminati
Dai primi anni del 2000 i ricercatori di alcune Università italiane, finanziate dal MIUR, stanno mettendo a punto nuove importanti tecniche di fitorisanamento e fitorimediazione per la bonifica dei terreni contaminati da sostanze inquinanti e metalli pesanti.
Questi sistemi di risanamento dei territori potrebbero rappresentare un’alternativa davvero importante per il futuro di alcune zone della nostra penisola particolarmente interessate dall’inquinamento industriale, come ad esempio laTerra dei Fuochi o i suoli che circondano l’Ilva, famigerata acciaieria di Taranto, dove alcuni progetti di bonifica dei terreni sono già iniziati.
Per il risanamento ecosostenibile dei terreni, la canapa è una delle piante che meglio si presta al raggiungimento dell’obiettivo: proprio presso la Masseria del Carmine – terra simbolo tristemente nota per essere stata contaminata da diossina e policlorobifenili provenienti dalle acciaierie pugliesi – lo scorso anno è partito un progetto promosso dall’associazione CanaPuglia che consiste nella bonifica dei terreni inquinati attraverso la coltivazione di canapa su quattro ettari di terreno. L’esperimento proseguirà per tre anni e per tre raccolti e sarà osservato dall’Università di Bari in collaborazione con il CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura): verranno quindi valutate scientificamente le capacità di assorbimento della canapa delle sostanze inquinanti e il loro successivo rilascio, per poter sviluppare tecniche sempre più collaudate di fitorisanamento ambientale.
Dal punto di vista ecologico, la cannabis si sta rivelando una risorsa naturale dalle mille capacità. La sua riconsiderazione passa anche attraverso le ormai conosciute proprietà terapeutiche, dal momento che essa è stata (ed è) oggetto di studi scientifici che ne stanno dimostrando l’efficacia nella terapia contro il cancro, la SLA o l’epilessia.
Per la sua capacità di assorbire circa 10 tonnellate di anidride carbonica per ettaro, la canapa è anche utilizzata nella bioedilizia, per la produzione di particolari mattoni in grado di migliorare il comfort abitativo delle case. Ma il processo depurativo della canapa non si verifica soltanto attraverso l’aria, dalla quale essa “imprigiona” grandi quantitativi di Co2, ma le sue radici sono anche in grado di assorbire dal suolo metalli come piombo, zinco, ferro (che potrebbero essere successivamente recuperati e riutilizzati) e di catturare dall’acqua ossido di azoto e altre sostanze inquinanti.
Oltre ai benefici strettamente vantaggiosi per l’ambiente, il fitorisanamento con la canapa è una tecnica ecosostenibile particolarmente economica: la coltivazione di questa pianta, infatti, è semplice e veloce. Essa non richiede l’uso di particolari pesticidi, né di troppa acqua. Cresce inoltre molto velocemente ed è una materia prima utilizzabile in tantissimi settori, dal tessile all’alimentare, dal cosmetico all’automobilistico.
L’ultima frontiera nello sviluppo di queste tecniche ecosostenibili che utilizzano la canapa come principale mezzo di bonifica riguarda un recente progetto di Ecofitomed, azienda pugliese che si occupa di tutela dell’ambiente attraverso l’utilizzo di biotecnologie. L’idea è quella di usare la cannabis per la depurazione dei fanghi inquinati provenienti da fognature e scarti industriali, che oggi vengono raccolti, essiccati e gettati nelle discariche oppure bruciati, con impatto ambientale e costi di gestione molto elevati. Attraverso la coltivazione su un terreno misto a fanghi, la canapa sarebbe in grado – nel tempo – di rigenerare la terra trasformandola in suolo bonificato e coltivabile. Attualmente l’azienda sta cercando finanziamenti per sostenere il progetto, che quindi – con molta probabilità – potrebbe vedere i suoi primi sviluppi iniziali soltanto all’estero.
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sabato 29 settembre 2018

Identità contadina - La danza delle api: allarme di sistema! Conoscere il miele, la cura più antica del mondo


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Prosegue il calendario per raccontare l’Identità Contadina con un appuntamento dedicato al misterioso mondo delle api e del miele.

Macerata. Sabato 6 ottobre 2018  alle ore 17 presso la Sala Castiglioni:

La danza delle api: allarme di sistema!
Conoscere il miele, la cura più antica del mondo

In Piazza Vittorio Veneto, a Macerata, in compagnia di  Alvaro Caramanti (Presidente del Consorzio Apistico Provinciale) che veglia sullo stato di salute degli alveari locali e all’ospite Daniele Pustetto (allevatore di api  e ricercatore in ambito antroposofico) del Friuli Venezia Giulia.

Se l’ape scomparisse dalla terra all’umanità resterebbero quattro anni di vita; niente più api, niente più impollinazione, niente piante, niente alberi, niente esseri umani”.
Questa frase pronunciata da Albert Einstein rischia di diventare una tragica profezia.

L’incontro sarà occasione per saperne di più sull’allarme,  avvicinare i consumatori alle aziende  che preservando  l’ecosistema  e producono un miele di qualità e scegliere meglio quel nettare che giunge sulle nostre tavole da millenni tramite il lavoro instancabile delle api, che non dimentichiamo sono indispensabili all’impollinazione della maggior parte delle piante e quindi all’alimentazione in generale.

L’allarmante moria di tanti esemplari a causa di elevati livelli di inquinamento, soprattutto pesticidi ed altre sostanze in agricoltura, impone una riflessione ampia. Le api sono insetti sentinella  per ogni territorio e come se venissero dal futuro, indicano le qualità umane da coltivare per una nuova società, a partire dagli allevamenti non intensivi. 

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Iniziativa patrocinata dal Comune di Macerata a cura del Gruppo informale Identità Contadine maceratese. Ingresso libero.

 Programma completo ed invito a partecipare a lodevole iniziativa nello stesso spazio venerdì 5 ottobre, dedicata a: Dialetto e ricostruzione  http://studiumanistici.unimc.it/it/site-news/eventi/2018/dialetto-e-ricostruzione

Il movimento si avvale di relazioni amiche ed accoglie ogni  contributo in termini di idee, tempo ed energie.

Letizia Carducci

Per il Gruppo Informale Identità Contadine
349 5239761  - identitacontadine@gmail.com

giovedì 27 settembre 2018

La consapevolezza è l’elemento costitutivo dell’esistenza...

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La consapevolezza è la sorgente di tutto. La consapevolezza è ciò di cui è fatta l’esistenza. Ma non esiste nessuna sorgente della consapevolezza. Consapevolezza è un altro nome di dio, un nome migliore, più scientifico, meno mitologico.

Non avrebbe senso chiedersi qual è la sorgente di dio. Sapresti che una tale domanda porterebbe solo a un regresso infinito. Dio è la sorgente dell’esistenza, ma non avrebbe senso chiedere qual è la sorgente di dio. Chi l’ha chiesto è stato considerato ateo e condannato: “Stai facendo una domanda assurda”. Non sta facendo una domanda assurda. Sta semplicemente dimostrando che dio è un’assurdità.

Le religioni affermano da sempre che l’esistenza presuppone un creatore. Nulla può esistere senza un creatore: per secoli questa è stata l’argomentazione di tutte le religioni. E a quel punto, a qualsiasi mente intelligente sorge spontanea la questione: se tutto presuppone un creatore, allora anche dio deve essere stato creato!

E a quel punto non c’è fine. Il dio numero uno è stato creato dal dio numero due. Il dio numero due è stato creato dal dio numero tre… Dove fermarsi? Non c’è fine. Il treno continua ad andare avanti e ci si ritrova esausti.

Persone come Gautama il Buddha – che aveva una chiarezza impareggiabile – affermano che mettere in mezzo dio è assurdo in sé. L’esistenza c’è sempre stata. Nessuno l’ha creata e nessuno può distruggerla. Ma questo non significa che Gautama il Buddha sia ateo. Significa semplicemente che ha un approccio più scientifico e meno mitologico. Dice che l’esistenza è consapevolezza. L’esistenza stessa è fatta di consapevolezza. E la consapevolezza c’è sempre stata, c’è, ci sarà. Può essere addormentata, può essere sveglia, ma è comunque consapevolezza. Quando è addormentata ti muovi alla cieca, inconsciamente. 
Quando si risveglia ti illumini. Ma non esiste alcuna sorgente della consapevolezza.

La consapevolezza stessa è il fondamento di tutta l’esistenza, non c’è niente di più profondo. Non puoi andare oltre la consapevolezza... (...)

Ma se vuoi fare esperienza della sorgente di ogni cosa, vai più in profondità nella meditazione, e ti accorgerai che non c’è nulla di più profondo della meditazione. Scoprirai che tutto proviene dalla consapevolezza. Anche la materia è consapevolezza condensata, in un sonno profondo, forse in coma. Ci sono diversi gradi di consapevolezza. L’uomo è l’unico essere la cui inconsapevolezza ha permesso a un po’ di consapevolezza di crescere e di risvegliarsi.

Ora, questo piccolo frammento, questo piccolo strato di consapevolezza è sufficiente, se lo usi correttamente, a portare sempre più l’inconsapevolezza a uno stato di consapevolezza.

Il giorno in cui dentro di te diventerà tutta consapevolezza e nessuna inconsapevolezza, una pura consapevolezza dalla A alla Zeta, dall’inizio alla fine, scoprirai che tutte le domande scompaiono, poiché ti trovi in uno stato di conoscenza senza interrogativi. Tu sei la consapevolezza stessa e sai che è la sorgente di tutto e che non ha bisogno di alcuna sorgente per sé... (...)

Coloro che sono diventati totalmente consapevoli rappresentano la nostra massima fioritura. La prova della nostra evoluzione risiede in loro.

Le persone che sono diventate pienamente consapevoli concordano tutte sul fatto che la consapevolezza è l’elemento costitutivo dell’universo: in forme diverse, a stadi diversi, ma è consapevolezza.

“Qual è la sorgente della consapevolezza?” è semplicemente una domanda intellettuale. Non è esistenziale. Se vuoi porre la domanda da un punto di vista esistenziale, diventa pienamente consapevole e a quel punto poi non la porrai mai. La domanda scomparirà. La domanda ti apparirà assurda.

Osho, The New Dawn

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Scoperchiati gli altarini dei furbetti dell'energia "alternativa"

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Da oltre 10 anni assistiamo alla nascita di società che improvvisamente hanno trovato soluzioni miracolose per risolvere i problemi ambientali ed energetici del nostro Paese. La spinta per questa escalation verso la strada del risanamento ambientale e verso la soluzione energetica iniziò da quando lo Stato introdusse incentivi economici soprattutto rivolti alle energie rinnovabili. Sulla base di ciò sono nate torri eoliche imponenti ma ferme per mancanza di vento o, ancora peggio, mai collegate alle grandi reti elettriche. 

Poi sono sorti impianti per produrre energia da biomassa, bruciando inizialmente legname, prodotti di scarto agricolo, potature degli alberi e rifiuti delle aziende agricole, ma poi ci si è accorti, soprattutto negli impianti sovradimensionati, che tale apporto di biomassa non bastava più e allora per continuare a produrre energia si è cominciato ad importare legname dall’estero, contribuendo alla deforestazione planetaria e, in ultimo caso, iniziando a bruciare immondizie. Poi abbiamo assistito agli impianti fotovoltaici piazzati direttamente sul suolo che hanno sottratto all’agricoltura interi ettari di terra fertile. Insomma in buona fede o in mala fede sindaci e giunte comunali alla fine hanno concorso alla devastazione del territorio, autorizzando la costruzione di questi impianti per la produzione locale di energia. 

Per fortuna da quasi un anno ci si è accorti del bluff energia facile e dai guadagni sicuri, per cui alcuni sindaci saggi, dopo la visita dei “venditori di energie facili”, ci hanno contattati per chiedere la nostra consulenza. Su 10 casi da noi controllati solo 2 sono passati, gli altri 8 sono stati bocciati perché l’unico beneficio per l’istallazione di centrali geotermiche, a biomassa ed eoliche era solo dei “furbetti dell’energia” e non dell’ambiente e dei cittadini. Pertanto al fine di raggiungere amministratori ancora non visitati dai “maghi dell’energia” presentiamo un servizio che ci auguriamo possa essere di aiuto per capire meglio la realtà sulle facili soluzioni energetiche proposte da società e imprese varie. 

Filippo Mariani 
(A.K. Informa N. 39)

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mercoledì 26 settembre 2018

Altra teoria sull'origine dell'Homo Sapiens Sapiens


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“...a mettere in discussione il dogma dell’Out of Africa è un articolo della rivista Trends in Ecology and Evolution *) scritto da un team di esperti di genetica che afferma come l’evoluzione umana negli ultimi 300 mila anni sia molto più complessa di quanto espresso dalla teoria ufficiale, essendo il risultato di incontri, incroci e sovrapposizioni di diverse linee evolutive che a seconda dei luoghi e dei tempi hanno seguito corsi diversi. Si tratta della cosiddetta teoria “multiregionale”, da sempre la principale competitor della Out of Africa ma che, nonostante fosse supportata da molte più basi scientifiche, è sempre stata accantonata a favore della teoria africana...” (Carlomanno Adinolfi)

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*)  Articolo menzionato: 

The view that Homo sapiens evolved from a single region/population within Africa has been given primacy in studies of human evolution.

However, developments across multiple fields show that relevant data are no longer consistent with this view.

We argue instead that Homo sapiens evolved within a set of interlinked groups living across Africa, whose connectivity changed through time.

Genetic models therefore need to incorporate a more complex view of ancient migration and divergence in Africa.

We summarize this new framework emphasizing population structure, outline how this changes our understanding of human evolution, and identify new research directions.

We challenge the view that our species, Homo sapiens, evolved within a single population and/or region of Africa. The chronology and physical diversity of Pleistocene human fossils suggest that morphologically varied populations pertaining to the H. sapiens clade lived throughout Africa. Similarly, the African archaeological record demonstrates the polycentric origin and persistence of regionally distinct Pleistocene material culture in a variety of paleoecological settings. Genetic studies also indicate that present-day population structure within Africa extends to deep times, paralleling a paleoenvironmental record of shifting and fractured habitable zones. 

We argue that these fields support an emerging view of a highly structured African prehistory that should be considered in human evolutionary inferences, prompting new interpretations, questions, and interdisciplinary research directions.

A Different View of African Origins


Cambiamenti climatici 2018 - I danni causati all'ambiente


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Ogni anno l’Italia è caratterizzata da fenomeni meteorologici sempre più violenti come nubifragi, siccità, ondate di calore, dovuti in primo luogo ai cambiamenti climatici che producono inevitabili impatti sui territori e sulla salute dei cittadini.

L’osservatorio CittàClima.it di Legambiente ha elaborato e tiene aggiornata una mappa interattiva che raccoglie ed elabora informazioni sugli impatti degli eventi climatici, con particolare riferimento a quelli che hanno riguardato le città. La mappa prende in considerazione gli episodi che dal 2010 ad oggi hanno provocato danni, per studiare dove e come i fenomeni si ripetono più frequentemente ed analizzare gli impatti provocati. 

La mappatura viene riassunta nei periodici dossier di Legambiente, come nel caso di “Sos acqua: nubifragi, siccità, ondate di calore. Le città e i territori alla sfida del clima” dove al centro dell’attenzione vi è il tema dell’acqua, risorsa strategica e allo stesso tempo fattore decisivo di rischio per le persone ed il territorio.

Dall’analisi dell’osservatorio emerge come dal 2010 ad oggi 198 comuni italiani sono stati protagonisti di eventi climatici estremi (340 eventi in totale): 109 i casi di danni a infrastrutture dovuti a piogge intense, 64 i giorni di blackout elettrici e altrettanti di stop a metropolitane e treni urbani causati da alluvioni, trombe d’aria e piogge intense, 157 le vittime di maltempo.

Anche il sole fa i suoi danni al territorio e alla salute: tra il 2005 e il 2016, in 23 città italiane, i picchi di temperatura hanno causato quasi 24mila morti; solo a Roma dal 2000 le ondate di calore hanno causato circa 7.700 morti.

Il 2017 è stato l’anno più caldo di sempre dopo il 2016 ed è stato segnato da siccità e ondate di calore. Nel 2017, inoltre, in quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) le portate medie annue si sono abbassate complessivamente del 39,6% rispetto alla media registrata tra il 1981 e il 2010. Il Lago di Bracciano dal canto suo si è abbassato di 160 centimetri, a Roma è caduto l’82% di pioggia in meno e diverse regioni hanno dichiarato lo stato di crisi idrica.

Nell’ultimo dossier di Legambiente - realizzato in collaborazione con Unipol - si prendono anche in considerazione le esperienze realizzate da diverse città europee per rispondere ai cambiamenti climatici e ai loro impatti: si tratta di progetti che sono stati in grado di affrontare i rischi per migliorare la vita in città; buone pratiche di gestione della risorsa idrica che l’associazione intende quindi mettere in rete per dimostrare che è possibile adattarsi e rispondere agli eventi climatici estremi.

Per approfondire:
testo di Maddalena Bavazzano - Arpat 

Agricoltura industriale e sterminio della biodiversità

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Il glifosato uccide le erbe tra i filari e prima delle semine, nel loro periodo di massima fotosintesi per cui riduce la fissazione di humus e incrementa i gas serra, inoltre, devasta l’equilibrio microbiologico del suolo predisponendolo alle malattie e indebolendo le piante, oltre ad essere inquinante e cancerogeno rimanendo nelle acque per decenni…
Siamo di fronte all’arma di sterminio della biodiversità… e di conseguenza degli esseri Umani!
Negli ultimi decenni in Italia sulle coltivazioni di cereali si è iniziato a trattare con fungicidi e altri pesticidi, prima mai utilizzati a causa di incrementi fitopatologici dovuti a ruggini, fusariosi, carie e carboni, con conseguente incremento delle micotossine e dei residui di pesticidi.
Ciò è causato dalla distruzione dell’humus dei suoli e conseguente indebolimento delle piante.
In primis dovuta alla mancanza di corretta assistenza indipendente agli agricoltori, i quali subiscono la pressione dei venditori di pesticidi, purtroppo molto spesso organizzati nei consorzi agrari gestiti da organizzazioni cosiddette sindacali.
Uno scandalo tutto Italiano.
Mentre i fondi europei per l’assistenza tecnica da parte degli agronomi e periti agrari, sono fermi dal 2007….
A cosa servono scuole ed Università (e gli albi Professionali di Agronomi, Agrotecnici e Periti Agrari) se i tecnici li mandiamo a fare i ragionieri per i sindacati agricoli?
E’ necessaria un’organizzazione tecnica indipendente Agro-Ecologica, sostenuta dai fondi “obbligatori” previsti dalla Politica Agricola Europea, che operi nel rispetto dei diritti costituzionali alla salute ambientale (Art. 32, 9 Cotituzione) e alla tutela della fertilità dei suoli per le future generazioni (Art. 44 Cost.), orientando l’attività economica verso tali obiettivi sociali (Art. 41, 42, Cost.)
Giuseppe Altieri, agroecologo

martedì 25 settembre 2018

L'altra faccia del bioregionalismo: l'ecologia profonda

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Oggi, l’ecologia è uno dei termini maggiormente soggetto a disinformazione mediatica. Essa è spesso utilizzata dai politici (quando si parla di crescita ecologicamente sostenibile, oppure di politiche per l’ambiente) al fine di far breccia nel senso di responsabilità delle persone e aumentare il proprio bacino di voti; poco conta poi se le soluzioni proposte per il miglioramento dell’ambiente sono povere d’impatto, oppure tendono a soddisfare le esigenze di profitto delle corporation.
L’ecologia è nata come disciplina di studio alla fine del 1800 e, nel corso del 1900, è stata oggetto di forti dibattiti che poi, a partire dal 1970, hanno portato a una scissione tra ecologisti di superficie (per i quali il benessere dell’uomo assume priorità su tutte le altre specie, pur nel rispetto della natura) ed ecologisti profondi(per i quali la natura e il benessere di tutte le specie hanno priorità su quello dell’uomo).
Oggi ci sono molti problemi a cui la scienza moderna sembra non essere in grado di trovare efficaci soluzioni. L’ecologia profonda, invece, sembra aver trovato una risposta a buona parte di essi. Secondo Edward Goldsmith - uno dei più grandi ecologisti del 1900 -, quasi la totalità dei problemi ambientali e sociali sono il risultato di una visione antropocentrica del mondo che considera i beni e i servizi artificiali come l’unica fonte di ricchezza dell’uomo. Per risolvere questi problemi occorre ritornare a una visione eco-centrica che vede negli equilibri e nella ricchezza della natura la vera fonte del nostro benessere. 
Seppure, appare difficile, almeno per il momento, ritornare a forme di società vernacolari – tipologia sociale che Goldsmith considera come modello esemplare di una visione del mondo ecologica -, da esse c’è molto da imparare ed è fortemente auspicabile un ritorno a modelli sociali che diano maggiore enfasi sull’integrazione sociale e sull’integrazione tra uomo e ambiente. Se non si pone un freno all’esagerata e infinita tendenza verso la massimizzazione del benessere artificiale e a privilegiare l’interesse economico su quello sociale e ambientale, il degrado sociale e ambientale continueranno, fino al punto che l’uomo si ritroverà in un ambiente inadatto alla sua esistenza.
Dario Ruggiero  
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domenica 23 settembre 2018

Treia - Resoconto del convegno "Ecologia, economia e moneta positiva" tenuto il 22 settembre 2018



Treia. Sala Multimediale - Da sinistra: Caterina, Paolo, Fabio, Barbara e Andrea


L'amicizia recente con una giovane coppia  marchigiana che risiede a Treia da tanti anni, ma che non avevamo ancora avuto l'occasione di incontrare, Andrea  e Barbara, è stata l'occasione per organizzare, da parte del Circolo Auser Treia, Comitato Treia Comunità ideale e Associazione Moneta Positiva, una interessantissima conferenza su "Ecologia, Economia e Moneta Positiva".

Andrea, che spesso corre con l'amico Crispino di Appignano, da lui era venuto a conoscenza dell'esistenza di questa associazione che si occupa di moneta, debito e soluzioni per risolvere i problemi relativi e del suo portavoce, Fabio Conditi, che, tra l'altro, è originario di Macerata, anche se attualmente vive a Bologna.

Dopo esserci incontrati con  questi nuovi  amici in agosto, è subito scattata la macchina organizzativa per la realizzazione di questo evento in occasione dell'equinozio d'autunno, sabato 22 settembre 2018: "Viene l'Equinozio, cadono le foglie e si accrescono le radici"; questo il sottotitolo, per significare che questo è il momento favorevole per radicarsi e riscoprire la realtà.

Una realtà "dimenticata" dagli organi di informazione ufficiali. Infatti, se quel 99% della popolazione mondiale che detiene solo una minima percentuale della ricchezza monetaria mondiale, fosse consapevole di questo fatto, non so come potrebbe reagire nei confronti di quell'1% che detiene la maggior parte delle ricchezze.

E così, dopo un bel tam tam, un bel numero di persone provenienti da varie parti delle Marche, ma pochi, ahimè dalla nostra bella Treia, si sono radunate alla spicciolata nella grande e luminosa sala multimediale di Via Cavour, gentilmente messa a disposizione dal Comune di Treia.

Paolo D'Arpini ha introdotto l'argomento dicendo, tra l'altro, che le due parole "Ecologia" ed "Economia" hanno lo stesso prefisso, perché tutte e due descrivono e riguardano l'ambiente (eco)  e la sua utilizzazione per la Vita. Ha anche sottolineato l'importanza del momento presente, l'Equinozio d'autunno, periodo in cui si gode degli ultimi frutti, dei quali si fa scorta.

Fabio Conditi ha poi preso la parola e per più di due ore ha tenuto attenta e sveglia la platea con parole, immagini e filmati per spiegare la creazione (nella sua assurdità) del debito pubblico, di banche pubbliche e private, di come il denaro passi da una categoria all'altra, in un ordine scalare gerarchico, senza che nessuno abbia da obiettare.

Egli ha parlato di una domanda fondamentale che molti si pongono: "Ma davvero manca il denaro?" e un'altra : "Ma questo debito deve essere saldato?"

I meccanismi della finanza sono perversi, fatti per schiacciare il popolo in uno stato di perenne senso di precarietà. Ma la conoscenza può farci rendere conto che le cose possono cambiare. L'Italia è uno dei paesi più ricchi al mondo per bellezze naturali e artistiche, ed inoltre esporta molti di più di quanto importi dall'estero... è mai possibile che dobbiamo sentirci così poveri da temere per il nostro futuro?

Meditate gente, meditate...

Caterina Regazzi



P.S. E' stato girato un video da parte di Andrea Santini dell'intera conferenza, che è in fase di montaggio,  che verrà pubblicato appena  possibile. 



Album fotografico di Giampaolo Damiani:

Homo sapiens (sapiens) - Alla conquista (e distruzione) dell'intero Pianeta Terra


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“Acerba sunt bella fratrum” “Le guerre fratricide sono misere” (Proverbio latino) 

Le tribù, che continuarono il loro percorso verso oriente, giunsero circa 50mila anni fa nell’est e nel sudest asiatico e già 45mila anni fa iniziarono la colonizzazione dell’Oceania, avanzando attraverso l’arcipelago indonesiano, che gradualmente “avvicinava” l’Australia, fino a raggiungere il continente. 

Qui i Sapiens incontrarono una fauna tutta sconosciuta. Non solo marsupiali enormi, quali il canguro procoptodonte (Procoptodon) era alto fino a tre metri e pesava circa 230 kg; il leone marsupiale (Thylacoleo), che è stato il marsupiale carnivoro più grande che sia mai esistito, pesava fino a 160 kg.  Altro  marsupiale gigante  fu il diprotodonte, (Diprotodon)  anch'esso estinto, ma anche sauri e serpenti giganteschi e uccelli atteri molto più grandi degli struzzi. In qualche millennio si estinsero ben 23 delle 24 specie di animali di oltre 50 kg di peso mentre la profonda modificazione delle catene alimentari, dovute anche agli incendi delle foreste per far posto a praterie di caccia, portarono all’estinzione molte altre specie di taglia inferiore. Nei millenni a seguire l’invasione dei Sapiens, prima cacciatori-raccoglitori poi diventati agricoltori si estese gradualmente nelle isole dell’oceano Pacifico. 

Intorno al 2000 a.C, furono conquistate, colonizzate e modificate ambientalmente ad usum hominis le isole Salomone, le Fiji e la Nuova Caledonia, da cui partirono successive ondate di coloni verso tutte le isole del Pacifico. Nel 1200 a.C. furono raggiunte le isole di Samoa e Tonga, intorno ai primi anni d.C. le Marchesi e gradualmente la rigogliosa isola di Pasqua, i cui eventi desertizzanti sono ancora oggetto di studio, le isole di Cook fino all’ultima conquista del 500 d.C, delle Hawaii. In ognuna di queste isole fu sovvertita l’omeostasi ambientale con forte riduzione della biodiversità. Poi fu la volta della Nuova Zelanda nella quale si stanziarono intorno al 1200 d.C. i sapiens Maori, i quali in due secoli modificarono talmente gli equilibri ecologici delle isole da condurre all’estinzione non solo la maggior parte della megafauna ma anche più della metà delle specie di volatili. I Maori a loro volta, però, subirono successivamente la colonizzazione delle potenze marinare imperialiste sorte durante la Rivoluzione industriale ed anch’essi subirono come popolazione le devastazioni connaturate nel principio del “ubi maior, mino cessat”. 

Mentre attraverso il passaggio a sud-est seguendo le rotte nell’arcipelago indonesiano procedeva la colonizzazione dell’Australia e poi delle isole del Pacifico, alcuni altri gruppi Sapiens asiatici continuavano la loro diaspora verso nord, nelle fredde terre della Siberia. Nonostante le avversità climatiche si spinsero fino sulle sponde del mar Artico, distruggendo la megafauna locale, i grandi mammut, il Mammuthus sungari, che raggiungeva l'altezza di 5 metri al garrese, e probabilmente pesava circa 6-8 tonnellate. Tali animali assediati dall'uomo trovavano rifugio spostandisi sempre più verso nord. Ma 10mila anni fa vennero completamente annientati. Addirittura gli ultimi mammut si estinsero anche nel loro ultimo rifugio, l’isola di Wrangler, immersa nel gelido e congelato mare Artico a 200 km dalla costa siberiana, intorno a 4mila anni fa, proprio quando in quell’isola giunsero i Sapiens. 

Ma la diffusione dei Sapiens non si arrestò. 

 Trovarono, oltre al passaggio a sudest verso l’Australia, un passaggio a nordest verso il continente americano. Questo continente è oggi separato dall’Asia dallo stretto di Bering largo 82 km ma di soli 30- 50 metri di profondità. Con l’ultima glaciazione di Wurm, il livello degli oceani si abbassò a tal punto che il fondale dello stretto, anche per la presenza di ghiacciai che lo ricoprivano, emerse dal mare consentendo il passaggio di alcune tribù di Sapiens circa 14mila anni fa e forse anche qualche millennio prima. Le prime terre americane, l’Alaska, erano completamente ghiacciate e impervie per cui per circa 2- 3mila anni i Sapiens restarono colà bloccati. Ma la glaciazione di Wurm stava volgendo al termine, per cui circa 10-12 anni fa si aprirono alcuni passaggi verso sud. E’ sconvolgente immaginare come in soli 2mila anni i Sapiens si insediarono dall’Alaska alla Terra del fuoco, cioè più di 15mila km in linea retta, dovendosi adattare a innumerevoli e diversissimi climi ed ecosistemi!

Seguendo il cammino lungo la costa ovest del Pacifico, si espansero verso est nel nord del Canada, dando origine a popolazioni di aleutino-inuit; nella zona dei grandi laghi e delle immense foreste del Canada; più a sud nelle fitte foreste del nord-ovest degli USA, dando origine alle popolazioni nadenè, tra le quali i più famosi sono gli Apaches e i Navajos; nei deserti, nelle paludi del delta del Mississippi e della Florida negli Stati Uniti; nelle foreste e deserti messicani; nelle giungle pluviali del centroamerica; nell’enorme bacino del Rio delle Amazzoni, sulle ripide valli andine, nelle pampas del sud America fino alle gelide terre della Terra del Fuoco, dando origine alle popolazione amerinde. In questo cammino di decine di migliaia di km e della durata di meno di 2mila anni i Sapiens inflissero al Nuovo continente gli stessi danni ambientali, che i loro fratelli riservarono all’Australia e all’Oceania, soprattutto a livello dell’ambiente naturale e della megafauna, che rapidamente si estinse. Così il mastodonte, simile al Mammuthus ma leggermente più piccolo con un'altezza intorno ai 3 metri, i giganteschi Bradipi terrestri, alti 6 metri e di 8.000 kg di peso, che 10mila anni fa scomparvero dal continente per poi essere definitivamente portati all’estinzione nelle isole di Cuba e di Hispaniola intorno a 7mila anni fa proprio quando i Sapiens colonizzarono le isole caraibiche. Ma oltre a questi giganti molti altre specie si estinsero anche camelidi, orsi giganti dal muso corto, armadilli giganti, cervidi, gliptodonti, tapiri, pecari, tigri dai denti a sciabola, l’antenato del lupo il Canis dirus, xenartri e cavalli. Nel nord America scomparvero 34 generi su 47 generi di mammiferi mentre nel sud America 50 su 60. Solo isole non colonizzate hanno mantenuto, almeno fino alla Rivoluzione industriale, il loro patrimonio florofaunistico intatto. Esempio le isole Galapagos, che fino al XIX secolo non sono state abitate. 

Ma l’opera distruttrice dell’uomo non si è esaurita con la diffusione in tutti i territori del pianeta da parte dei cacciatori-raccoglitori. Una seconda invasione fece altrettanti danni all’ambiente naturale: l’invasione di Homo sapiens diventato agricoltore-allevatore, stile di vita che non devastò solo la megafauna ma molte altre specie sia vegetali sia animali. La “fame” di terreni da coltivare per saziare la fame di una popolazione che cresceva rapidamente, distrusse la maggior parte delle grandi foreste e della biodiversità, risparmiando solo la megafauna acquatica. Ma l’attacco ai grandi animali marini ebbe solo un breve rinvio: la Rivoluzione industriale, e le successive rivoluzioni la Rivoluzione consumistica, la Rivoluzione digitale e la corrente Rivoluzione globalizzante, attraverso il mito della produzione e del consumo eccessivo dei beni, attraverso l’abuso delle fonti energetiche, in maggioranza da combustibili fossili e attraverso l’arroganza antiecologica stanno producendo una enorme quantità di rifiuti e di sostanze tossiche e non degradabili, che non stanno portando il pianeta, e i suoi abitanti, solo verso una catastrofe ambientale (inquinamenti, desertificazione, deforestazione, dissesti idrogeologici, cambiamenti climatici, tanto evidenti quanto esiziali, e tante altre “piaghe”) ma verso l’estinzione anche dei grandi animali marini. Ma quale impulso o quale nuova caratteristica consentì a questi Sapiens di diffondersi e di affermarsi così rapidamente in ogni regione del pianeta? Lo vedremo prossimamente...

 Prof. Antonello Senni 

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(Fonte: A.K. Informa N. 38)

sabato 22 settembre 2018

Poliandria, poligamia... "L'amore con più partner" di Carlo Consiglio - Recensione

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La nostra società è largamente basata sulla famiglia che è, almeno apparentemente, una struttura monogamica. Ma vi sono molte eccezioni, tanto da domandarsi quanto la pretesa monogamia umana sia naturale e quanto sia invece una moda culturale. L'autore, il prof. Carlo Consiglio, ha voluto esplorare le alternative alla monogamia, sia consultando la letteratura che riguarda varie popolazioni umane, sia, essendo uno zoologo, dando un'occhiata al mondo animale. In quest'ultimo vi sono varie soluzioni, tra le quali la monogamia è piuttosto rara. Poiché tutti o quasi i caratteri degli animali sono adattamenti all'ambiente, l'A. ha esaminato vari caratteri morfologici, fisiologici, etologici, psicologici e genetici della specie umana, confrontandoli con quelli dei nostri più vicini parenti (le scimmie antropomorfe). 

La conclusione è stata che molti caratteri quali il dimorfismo sessuale, la grandezza dei testicoli, la presenza di uno scroto bene sviluppato, la grandezza del pene (maggiore che in tutti gli altri Primati), la particolare forma del pene (dilatato all'apice anziché appuntito), il polimorfismo degli spermatozoi (tra i quali alcuni hanno funzione di uccidere o di bloccare spermatozoi di altri maschi), i seni penduli, il volume e densità dell’ejaculato, la velocità e forza degli spermatozoi, l'ovulazione nascosta nella donna (caso rarissimo tra i mammiferi), l’orgasmo femminile (attraverso cui la donna può regolare il numero di spermatozoi trattenuti), il tappo vaginale, la preeclampsia (patologia che consente l’interruzione della gravidanza), la percezione della somiglianza, la posizione del missionario, le spinte pelviche, la sorveglianza, la masturbazione, lo stupro, la velocità di evoluzione ed il gene dell’infedeltà costituiscono adattamenti alla poligamia e specialmente alla poliandria (rapporto di una femmina con più maschi). 

Si conclude che gli antenati dell'uomo hanno praticato rapporti con più partner per milioni di anni, fino alla recente invenzione dell'agricoltura; probabilmente la scoperta del nesso tra inseminazione e gravidanza ha indotto i maschi ad impedire alle femmine l'accesso a più partner (ma non sempre con successo!).


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(Recensione del libro di Carlo Consiglio: L'amore con più partner, con prefazione di Luigi De Marchi, editore Pioda, Roma)

venerdì 21 settembre 2018

Alimentazione innaturale. Diciamo no al cibo spazzatura che piace alle multinazionali

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Cercare di soddisfare autonomamente, cioè all'interno del proprio Paese, le esigenze alimentari della popolazione, e pretendere che quanto si debba importare soddisfi minimi requisiti di qualità e sicurezza, dovrebbe essere una priorità di ogni politico al governo in ogni Paese, ma pare che non sia così in nessuno stato, neppure in Svizzera. Questo avviene non solo per motivi di business ma anche per creare dipendenza e sottomissione, sono cioè leve per la conservazione del potere nelle mani di ristrette èlite finanziarie che controllano le varie caste politiche dei loro servitori privilegiati, che solo raramente e occasionalmente fanno gli interessi della popolazione, essendo perlopiù al servizio delle multinazionali e delle banche. 
Claudio Martinotti Doria

Al popolo tocca il cibo spazzatura. Così vogliono le élite

Gli svizzeri il 23 settembre prossimo voteranno un referendum (costituzionale) di iniziativa popolare denominato “Per la sovranità alimentare”, per derrate alimentari sane, prodotte nel rispetto dell’ambiente e in modo equo, i più colti (ci sono anche in Svizzera) “Iniziativa Fair Food”.

Cosa vogliono i promotori? Sostanzialmente che la Confederazione sia garante non solo della produzione indigena di alimenti ma anche, e qui sta l’innovazione, degli alimenti importati, con una garanzia statale che siano prodotti nei paesi di provenienza nel rispetto delle stesse condizioni prescritte in Svizzera.

Come succede spesso, i due organi istituzionali supremi, il Consiglio Federale e il Parlamento, si sono dichiarati contrari a questo referendum popolare. Ecco i numeri: al Consiglio Nazionale 37 sì, 139 no, 17 astenuti. Al Consiglio di Stato 1 sì, 34 no, 7 astenuti. Ovviamente, tutto l’establishment e le élite del paese sono contrari, così i partiti che li rappresentano, non parliamo della stampa e delle tv. Immagino che costoro facciano come me. Per esempio, acquisto solo carne prodotta in Svizzera, la pago il 20% in più di quella importata (Usa, Argentina, Brasile) ma ho la certezza che i vitelli non sono stati dopati con oscene pozioni di antibiotici e di farmaci.

Ciò che ho imparato da questi feroci dibattiti sui giornali e in tv, fra “sì” e “no” è che l’attività d’importazione, per esempio della carne, è molto lucrativa, per questo le lobby contrarie all’iniziativa sono molto aggressive. Gli importatori e i distributori non vogliono essere costretti a controllare la qualità e la sicurezza delle importazioni, a far applicare i principi per la protezione degli animali, etc. Mentre la carne svizzera ha costi di produzione tracciabili molto alti, stante i condizionamenti alle quali deve sottostare, quindi i prezzi per il consumatore sono molti alti, gli importatori lucrano ben più del normale visto che partono da prezzi di mercato internazionali coerenti con il livello qualitativo in essere.

Quindi anche gli svizzeri peccano. Non avevo alcun dubbio, il cancro del Ceo capitalism è arrivato anche qua. Ma l’aspetto che a me interessava di più è stata la scelta delle élite al governo (lo ricordo: liberal-radicali, socialisti, popolari, da sempre, al potere ma con progressiva riduzione delle loro percentuali, come succede in Europa) di come comunicare ai cittadini la loro scelta del “no”. Come si può essere nei fatti contro i controlli di qualità, contro l’importazione di alimenti da fabbriche estere di animali da carne dove lo sfruttamento è diciamo imbarazzante?

Le élite svizzere sono state geniali. Essendo logicamente con le spalle al muro in termini di comunicazione hanno ribaltato l’approccio. Cari concittadini dovete votare “no”, dicono, perché applicando le norme dell’iniziativa popolare per alimenti equi, le classi meno abbienti non potrebbero permettersi questa tipologia di cibo sano ed equo. Incredibile, i benestanti invitano in pratica i poveracci a consumare cibi se non spazzatura, non a norma, privilegiando il prezzo alla qualità, forse alla salute a gioco lungo. Sono curioso di come reagiranno i cittadini, anche se, sulla carta, pare non esserci partita alcuna.

In Occidente gran parte della comunicazione sugli alimenti è rigorosamente fake (i troll non sono russi ma quotati nelle Borse euro americane), in Svizzera, stante il referendum, hanno dovuto quantomeno uscire allo scoperto, ammettendo che i cibi di qualità certificata possono permetterseli solo i ceti abbienti (l’importante era saperlo). Questa è la vera democrazia diretta: referendum popolari q.b. (quanto basta). E ogni volta, comunque vadano i risultati, le oscenità politiche, in questo caso alimentari, quantomeno vengono a galla.

Riccardo Ruggeri