sabato 30 novembre 2024

Il luogo più intimo della casa... il gabinetto

 


Qual è la stanza più importante della casa ? La camera da letto? no, perché si può mettere un divano nell'ingresso. La cucina ? no, perché si può avere una stanza che ospita cucina e tinello. L'unica stanza veramente unica e irrinunciabile è il gabinetto. Sembra un argomento poco elegante da trattare, ma intorno a questa stanza circolano non solo aspetti importanti dal punto di vista igienico e della salute, ma anche potenti affari, come ha dimostrato la conferenza internazionale sui gabinetti che si è tenuta  a Mosca.

Nei paesi industrializzati il gabinetto domestico è, in genere, un insieme di attrezzature raffinate, ma la situazione è molto diversa nella maggior parte dei paesi del mondo; eppure il ruolo del gabinetto è lo stesso per qualsiasi essere umano; una persona in media ha bisogno delle funzioni del gabinetto 2500 volte all'anno e tali funzioni assorbono tre anni della propria vita (per le donne di più). Una persona produce 300 litri di urina e 50 litri di feci ogni anno; se può utilizzare un gabinetto ad acqua corrente produce ogni anno da 10 a 20 mila litri di acqua contaminata, contenente anche carta e altri rifiuti; se i gabinetti sono collegati ad una fognatura e a qualche depuratore, una parte dei rifiuti è trattata o trasformata; altrimenti le acque sporche vanno a finire nei fiumi o nel mare e sono fonti di inquinamento microbiologico, di diffusione di virus, eccetera.

Dell'importanza dei gabinetti ci si accorge quando non ce n'è uno a disposizione; immagino che anche a molti lettori sia capitato di dover elemosinare l'accesso ad un gabinetto in qualche bar, spesso accolti da un certo fastidio; problemi simili hanno i guidatori di autobus o di taxi e il bisogno di un gabinetto aumenta con l'età.

I gabinetti, così come li conosciamo, sono un privilegio di una minima parte dei terrestri; circa 4000 milioni di persone sono privi di queste elementari strutture igieniche. Nei paesi del Sud del mondo è "normale" che manchino non solo docce e servizi igienici, ma, a maggior ragione, gabinetti, fognature e, figuratevi, depuratori. Gli escrementi umani e anche quelli animali spesso finiscono vicino le case, nei campi, spesso nelle stesse strade che attraversano i villaggi. Il carico di sostanze inquinanti e di batteri e virus raggiunge così immediatamente l'acqua sotterranea e quella dei pozzi da cui i villaggi attingono l'acqua per le abitazioni o per cucinare il cibo. Gli escrementi sono il principale vettore di malattie ed epidemie che mietono diecine di milioni di vite umane ogni anno, molte delle quali di bambini che sono i più esposti a toccare con le mani acque e suolo inquinati e a mettere le mani in bocca.

Le varie conferenze delle Nazioni Unite continuamente invitano i governi a migliorare le condizioni igienico-sanitarie dei rispettivi paesi. A tal fine occorrono senza dubbio soldi, ma il successo dipende anche dalla soluzione di problemi tecnico-scientifici, soluzioni diversissime da paese a paese, soprattutto nei paesi del Sud del mondo, dove le condizioni sono più precarie

Il primo passo consiste nel rendere disponibile l'acqua che in molti casi si trova anche a pochi metri di profondità e può essere sollevata con pompe. Spesso l'unica fonte di energia è rappresentata dalle braccia umane e bisognerà allora ripescare la tecnica di quelle "vecchie" pompe a mano che hanno funzionato per decenni, in molte nostre campagne, senza inconvenienti. Purtroppo di tali tecnologie "arretrate" (secondo la nostra scala di valori) si è persa non solo la capacità di produzione, ma perfino la conoscenza.

Il passo successivo consiste nel trattamento e nell'eliminazione degli escrementi. Occorrono gabinetti il più semplici possibile, dispositivi con il minimo numero di parti, efficienti, che richiedano la minima manutenzione e pulizia: minima, perché, in questo cammino della prevenzione delle malattie, l'acqua è poca e preziosa. Il fatto è che è più facile fabbricare vasche con idromassaggi comandati da computer che fabbricare gabinetti per i villaggi delle savane. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una sfida tecnologica che potrebbe tradursi in un enorme campo di lavoro per invenzioni, fabbriche da installare eventualmente nel Sud del mondo, con materiali disponibili localmente e adatti ai singoli villaggi. Il passo ancora successivo consiste nella depurazione delle acque usate. E' il campo delle "tecnologie intermedie" alla cui utilizzazione si dedicano molti centri nel mondo; in Italia Mani Tese e altri organismi simili.

Il ciclo acqua-gabinetti-depurazione è senza dubbio centrale e prioritario per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie di milioni di persone e quindi per combattere la povertà, ma è anche una sfida per la ricerca tecnico-scientifica, per le università, per le imprese del Nord del mondo, che sono oggi di fronte ad un mercato, nei paesi ricchi, che è ormai saturo di automobili, di telefoni, di computer, di elettrodomestici. Stiamo attenti: perché, se noi del Nord del mondo perderemo questa occasione, ci troveremo di fronte ai paesi emergenti, come India e Cina, che, proprio perché partono da una situazione di sottosviluppo, sono in grado "culturalmente" di rispondere alla domanda di altri paesi poveri, aumentando, con la risposta ai bisogni dei poveri, la propria ricchezza e il proprio sviluppo economico e sociale.

Giorgio Nebbia 



Teana e la filosofia pitagorica...

 


Teana è un paese di 533 abitanti della provincia di Potenza in Basilicata, situato all'interno del parco nazionale del Pollino, che fa parte della comunità montana Alto Sinni. Le sue origini si rifanno all'antica Magna grecia, secondo la leggenda il suo nome deriva dalla moglie di Pitagora, che vi trascorreva le estati. 
 
L'origine di Teana si perde nell'antichità: alcuni studiosi hanno ventilato l'ipotesi che questo borgo, edificato da coloni greci, fosse la sede estiva della scuola religioso-filosofica di Pitagora (580-504 a.C.); il nome di Teana sarebbe una deformazione del nome di sua moglie Teana.
 
La giusta misura del mondo
 
Teana - Crotone VI sec. a.C. - 501 a.C.
 
Quando il saggio e carismatico Pitagora lasciò Samo, per contrasti col tiranno dell’isola, e si spostò a Crotone verso il 530 a.C. per fondarvi una comunità basata su costumi sobri e comunanza dei beni, lo si vedeva spesso in compagnia e in grande sintonia con una giovane donna magnogreca, Teana (anche detta Teanò), filosofa anch’essa e autorevole componente della cerchia pitagorica, formatrice e animatrice della “adunanza” (syllogos) delle donne della città. Era sua moglie o sua figlia, o una sua discepola? Le fonti ci danno notizie controverse su ciò; si parla anche di una figlia del filosofo (di nome Miia, o Damo). Forse Pitagora aveva sposato una Teana e dato lo stesso nome anche alla figlia prediletta, o forse la loro era una coppia coniugale affiatata con una grande differenza di età.
 
In ogni caso, il nome di Teana spicca tra quelli delle altre 27 donne che, secondo le fonti greche, fecero parte della comunità pitagorica fin dall’inizio, condividendone lo stile di vita e le riflessioni filosofico-scientifiche. Teana è considerata nella tradizione occidentale la prima filosofa, che precorre altre figure storiche.
 
La tradizione di pensiero della cerchia pitagorica aveva una parte rivolta al pubblico esterno e una circolazione interna, segreta, riservata agli adepti, che dovevano addestrarsi al “divieto di dire” con una prova iniziatica di cinque anni. Il silenzio, tradizionale virtù della donna greca, aveva in questo contesto grande valore, al punto che le memorie delle teorie pitagoriche, dopo la morte del fondatore della setta, per sicurezza furono affidate alla figlia Damo e, alla morte di questa, alla figlia di lei, Bitale: queste donne furono dunque un tramite fondamentale per la prosecuzione della comunità.
 
Nella concezione della comunità pitagorica dominano l’armonia, l’equilibrio e la polarità. Le donne vi hanno un posto fondamentale e hanno accesso a tutte le forme del sapere, e la loro differente "natura" le colloca in secondo piano: l’uomo è il Sole, la donna è la Luna. La buona moglie pitagorica, per quanto rispettata, dignitosa e colta, è docile e complementare al marito. 

A volte l’uomo non si comporta secondo ragione e si lascia attrarre, per debolezza o per ricerca di varietà, anche da una cortigiana (hetaira). La moglie dà al marito una lezione di superiore saggezza e temperanza tollerando la situazione, senza gelosie o rivalità. Insomma, benché le donne della cerchia di Pitagora rivelino importanti aspetti di emancipazione (di cui si ricorderanno anche Socrate e Platone), non è loro consentito oltrepassare i limiti rigidi previsti; anzi forse la loro “saggia compostezza” tanto decantata serve proprio ad autorizzare - e a rendere esente da critiche malevoli - proprio la loro partecipazione alle attività culturali della cerchia, di cui praticano anche i culti religiosi. 

Oggi però preferiamo ricordare le attività filosofiche e scientifiche di Teana, in onore della quale si svolge ogni anno a Crotone un festival, con premiazione di donne di grande rilievo culturale e civico. Nella tradizione filosofica è diventata l'emblema della donna sapiente e insieme fedele e ligia ai suoi doveri, attorno a cui si consolida la famiglia.
 
Le lettere, nelle quali spicca l'ideale pitagorico della ricerca della giusta misura tra eccessi e difetti, contengono osservazioni e consigli rivolti ad alcune amiche sull'educazione dei figli, sui rapporti all'interno della coppia, sul comportamento da tenere coi servi. Frequentando la scuola pitagorica Teana divenne filosofa matematica cosmologa astronoma studiosa di fisiologia e guaritrice, aprendo assieme alle altre discepole le porte della conoscenza al mondo femminile. Donna sapiente, Teana scrisse un corpus di lettere, nel più lungo frammento attribuitole dagli studiosi discute e critica l’idea, diffusa in tutta la Grecia che Pitagora vedesse nel Numero il generatore di ogni cosa. Teana sostiene piuttosto come la vera dottrina pitagorica affermasse la conformità fra Numero e cose: esse non nascono dal Numero, sono state create conformi al Numero, dal momento che nel Numero risiede l’ordine essenziale di tutto.

(Notizie segnalate da Ferdinando Renzetti)



 

giovedì 28 novembre 2024

Votare è ritenuto inutile dagli italiani...

 

La maggioranza degli italiani non va più a votare. Prima andava, poi sempre meno. Un gran vaffà. Se ci fosse il “P.D.P.P. e P.” tornerebbe a votare. Anzi, attirerebbe i voti di quelli che pur vanno a votare turandosi il naso. Avrebbe la potenzialità di un partito di maggioranza relativa, anzi di maggioranza assoluta. Infatti, chi non lo voterebbe? Secondo l’Istat, non lo voterebbero -in gran parte- imprenditori, ristoratori, macellai, parrucchieri, meccanici, estetisti, ecc. a cui aggiungiamo medici, notai, professionisti, avvocati, peraltro ampiamente rappresentati in Parlamento (alcuni siedono proprio in Parlamento). Cioè quelli che non pagano le tasse, evasori riottosi perfino a pagare oboli di sanatorie, condoni, concordati, cioè legalmente ladri che continuano a usufruire di servizi collettivi come scuole, strade, ospedali, lamentandosi pure se i Pronto soccorso non funzionano. Tanto gli altri pagano per loro.
 
Chi paga le tasse? Gli altri: i dipendenti pubblici e privati, e i pensionati, le cui tasse sono trattenute alla fonte. Ecco che cosa manca: il Partito dei lavoratori dipendenti pubblici e privati, e dei pensionati,  il “P.D.P.P e P.”.  Un partito molto  meno di destra dei partiti di destra, e molto più di sinistra dei partiti di sinistra. Ecco la soluzione? Mettere insieme i pubblici con i privati. Uniti con i pensionati. In fondo, i pubblici si sentono sempre più privati. Ma i privati li vedono ancora privilegiati. Troppi anche i precari tra i privati. E i pensionati? Loro almeno non si ricordano più se  erano stati pubblici o privati. Anche quelli con pensione al minimo non godono di non pagare le tasse.
 
Insomma, si tratta solo di mettere insieme tutti quelli che possiedono una condizione in comune: i soli che pagano le tasse, i soli che reggono lo Stato. Compartecipi, dovrebbero votare il “P.D.P.P e P.”. Per logica. Magari si assocerebbero anche i 5,7 milioni in povertà assoluta, che rinunciano perfino a farsi (malamente) curare. Sarebbe un gran partito di massa. Ma ci sta un partito classista in una società interclassista? Ora che è evaporato il Movimento Vaffà e il primo partito è l’astensionismo? Secondo il comico Daniele Luttazzi “L’illusione è che un partito possa risolvere la pochezza umana. Questa è demagogia“.

Rete Ambientalista



mercoledì 27 novembre 2024

Dio, se esiste, non può essere partigano...


Nella breve nota che segue compirò opera di chiarezza  sulle consuetudini imposte dalle religioni, passate per dogmi,  fornendo anche un suggerimento per aiutare la chiesa cattolica ad uscire fuori dal vicolo cieco in cui si è incastrata.

L’influenza delle religioni, e qui non parlo solo della cattolica ma anche del giudaismo e -recentemente, in seguito alle immigrazioni dell'islamismo- sulla società italiana ha cambiato stile. Negli ultimi anni non si manifesta più come aperta imposizione o censura bensì in forma di indirizzo politico ed economico. Le fedi monoteiste infatti  agiscono come  “famiglie” o "lobbies"  che esercitano un controllo “indiretto” e talvolta “diretto” sulle scelte del Paese. Queste religioni utilizzano l’arma del ricatto velato, della pressione e della “facilitazione” in affari che di religioso  non hanno più nulla. 
In Italia la maggiore evidenza di questo comportamento - per ovvie ragioni storiche- viene dalla chiesa cattolica, che non sembra più un ente spirituale ma un semplice apparato di potere che contende con gli altri poteri e lotta per mantenere ed ampliare i suoi privilegi consolidati. Questa competizione "ideologica" (ma essenzialmente politico-economica) si mostra maggiormente virulenta nei confronti dell'islamismo "fondamentalista", mantenendo anche opposizione e  distanza verso il giudaismo bigotto.
Forse direte che almeno oggi in Italia non si finisce più sul rogo, mentre nei paesi islamici la tortura e l'esecuzione religiosa è imperante, per non parlare della persecuzione verso i "non ebrei" attuata in Israele… È vero, ma l’emarginazione e la derisione alla quale molti di noi laici sono sottoposti è una gogna difficile da portare sul groppone e spesso impone decisioni difficili (come in questo caso in cui mi sento costretto a prendere una posizione chiara sul tema trattato).

Personalmente non sono un rivoluzionario e non voglio inneggiare ai “cosacchi che vengono ad abbeverare i loro cavalli nella piazza San Pietro” (come scherzosamente propose Stefano Disegni in un suo fumetto di trenta anni fa..), sono uno spiritualista ironico, laico e metaforico, perciò “allegoricamente” continuerò a denunciare vizi e soprusi della chiesa cattolica, allo stesso tempo proponendo alternative e suggerendo  un emendamento. 
Questa vuole perciò essere una proposizione d’intenti e non di “belligeranza”. Spero che il papa Francesco  possa cogliere il consiglio che gli offro … quello di divenire partecipe di una rivoluzione spirituale e di pensiero che conduca alla vera “ecclesia”, quella della comunità di tutti gli esseri umani, conviventi in una unica basilica sincretica ed universale! 

Sia la chiesa cattolica, per prima,  a dare il buon esempio abbandonando ogni formalismo religioso. Forse questo servirà  a scuotere le convinzioni fideistiche della altre religioni ed a convincere i vari rabbini, mullah, bramini e monaci che l'uomo esiste prima di ogni etichetta religiosa. E che se c'è un Dio non può essere partigiano... non può avere figli o popoli prediletti.  

Ma per ottenere un risultato credibile  è necessario che papa Francesco prima di tutto si spogli delle vesti di papa…. e si ricongiunga all’umano….



Questo significa che la chiesa cattolica dovrebbe rinunciare ad ogni apparato gerarchico,  ad ogni struttura organizzata in veste economica e statale, ad ogni imposizione teologica e dottrinale, lasciando piena libertà espressiva ad ogni singolo "credente" in Cristo. 

Questa proposta sa troppo di "anarchia religiosa"? Ebbene forse è esattamente quello che avrebbe voluto Gesù.

Paolo D’Arpini - 
Comitato per la Spiritualità Laica




Commento di Monica Morace: "La chiesa cattolica e il papa sono in rapido declino e trovo la qual cosa molto confortante. Tenere in piedi questa struttura criminale ed obsoleta, nooo, meglio che affondi con il suo "capitano". Nel nuovo paradigma non c'è più spazio per le religioni monolatriche e la credenza nel dio creatore, tutta "robaccia" che appartiene al vecchio paradigma. Queste religioni hanno danneggiato e continuano a danneggiare la Madre Terra e tutti gli esseri con la loro visione antropocentrica, per carità che falliscano miseramente! Queste religioni non hanno nulla di spirituale, la spiritualità è una facciata, sono solo sistemi di controllo per impedire agli umani di evolvere a livello di coscienza". 

Commento di Franca Oberti: "Caro Paolo, non posso che essere d'accordo con te, data la mia natura fondamentalmente anarchica. Però devi ammettere che da quando c'è questo Papa, tanti formalismi sono già andati a farsi benedire... credo di dover spezzare una lancia in suo favore, considerando che è un uomo anziano, cresciuto dentro una struttura che fa acqua da tutte le parti da tempo, con una cultura emergente del popolo, mai vista in 2000 anni... con altre culture, basate ancora sulla re-ligio, che gli fanno pressione intorno... inoltre è comunque un capo di stato, checché se ne dica. Deve rispettare, per i suoi concittadini, un'etichetta civica e non può dimostrare debolezze. L'ideale sarebbe che staccasse le due realtà, ma, e mi ripeto, per tante sue azioni credo sia già definito "anarchico". Proviamo a lasciargli un po' di tempo.... stiamo al balcone ad osservare..."

martedì 26 novembre 2024

Predazione di organi e tortura...

 

Finalmente è stato introdotto il delitto di tortura nell’ordinamento italiano: “Art. 613-bis (Tortura)- Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni … se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale… da cinque a dodici anni… Se dai fatti deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta.
Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo”.

E’ fuor di dubbio che l’espianto è atto programmato e volontario per procacciare organi per trapianti. E’ fuor di dubbio che di tortura si tratta quando la persona con lesione cerebrale per incidente o malattia viene sequestrata nella Rianimazione, posta sotto ventilazione non col fine unico di curarla, ma per esami non autorizzati e dannosi, finalizzati agli accertamenti dei caratteri immuno-genetici per la compatibilità al trapianto e valutazione della qualità degli organi. Di tortura si tratta nell’esecuzione di test dannosi per la dichiarazione autoritaria di “morte cerebrale” dichiarata a cuore battente (angiografia cerebrale, test dell’apnea che può produrre lo stato di “non ritorno” ecc.).

Ai genitori non è permesso di capire cosa sta succedendo, di stare vicino al proprio figlio, di trasmettergli amore ed energia. Poi i genitori frastornati vengono posti di fronte al bivio crudele di donare gli organi o staccare la spina, comunque in entrambi i casi un’esecuzione di morte nella tortura. Infatti di omicidio volontario si tratta quando sotto farmaci paralizzanti i chirurghi affondano il bisturi dall’ugola al pube per asportare organi pulsanti o quando viene sospesa la ventilazione senza svezzamento ai non donatori.

Al nostro Paolo 19enne, non curato, hanno espiantato prima le cornee poi, nel buio della cecità, il cuore, il fegato, i reni, in 7 lunghe ore di tortura sotto farmaci paralizzanti per contrastare le contrazioni del suo corpo. Se questa non è tortura crudele e degradante con omicidio volontario sotto l’egida delle autorità sanitarie dello Stato, che cos’è?

Devono cadere le impunità dei poteri sanitari che tutto possono nel chiuso degli ospedali e Università. A noi hanno estorto una firma con l’inganno, mentendo e tacendo la verità: che l’espianto avviene a cuore battente su un vivo che ha perso la coscienza. Avrò pace solo se questa legge contro il delitto di tortura avrà coerente applicazione e si darà uno stop alla politica di reclutamento tramite l’inganno.

Silvana Mondo madre di Paolo
Consigliera nazionale
Lega Nazionale Contro
la Predazione di Organi
e la Morte a Cuore Battente
www.antipredazione.org

lunedì 25 novembre 2024

La via del “mezzo sderenato”...



Diceva Ramana Maharshi: "... è importante conoscere la mente, per non farsi imbrogliare dalla mente..", questo in risposta alla domanda se fosse necessario studiare i meccanismi mentali che in fondo sono solo rappresentazioni dell'io individuale e quindi sinonimo di illusione. In effetti se non comprendiamo i trabocchetti e le trappole che la mente può tenderci, per farci intendere di essere lei la matrice del nostro io, non potremo mai disincagliarci dal meccanismo dell'identificazione con l'agente (l'io empirico). pertanto è utile e necessario conoscere le caratteristiche archetipali da ognuno incarnate.


Tra l'altro è meglio cominciare subito a prendere coscienza delle qualità psico-fisiche che caratterizzano la nostra "persona" (maschera egoica) in modo da non essere impreparati alle evenienze.

Da quando esistono le categorie , da quando cioè nella società umana sono nati i concetti di alto e basso, buono e cattivo, maschile e femminile, luminoso ed oscuro, si è sempre cercata una via integrativa che potesse rendere comprensibile l’interrelazione di quelle forze che sempre co-agiscono in tutte le mutazioni.

Ad esempio la fede Buddista è definita “la via di mezzo”, c’è pure il detto cristiano “dell’ama gli altri come te stesso” o la dottrina della “fratellanza universale” dei vari ordini filosofici. Questo farsi prima ascoltatori e poi rielaboratori integrativi, questo continuo accettare le possibilità presenti all’occasione senza spingere per una soluzione precostituita è la mia via di mezzo. Occorre però che la verità delle intenzioni sia messa al vaglio dalla prova dei fatti. Allorché esaminiamo il modo in cui ci poniamo nel mutamento scopriamo immediatamente se il nostro sentire ed agire è veramente in sintonia, facente parte del movimento in atto (e ciò indipendentemente dal risultato ottenuto) oppure è solo frustrante recitazione….

Per quanto mi riguarda debbo dire che la mia conformazione, il mio approccio verso la società, è quella del "mezzo sderenato" (come si dice a Roma), considerando i perbenisti attivi come Yang e gli sderenati passivi come Yin. Essere un mezzo sderenato mi da la possibilità di non assumere un seggio, di restare un modesto uomo qualunque, ed allo stesso tempo mi permette di interloquire con entrambe le categorie, quella delle persone impegnate e intellettualmente preparate e quella dei semplici e comuni uomini di mondo, posso così capirne le ragioni ed in parte di condividerne le scelte ed essere accettato come un ipotetico compagno di strada. Questo significa anche che, parlando del mio particolare metodo di conoscenza, ovvero la "Spiritualità Laica", spontaneamente simpatizzo con chi vuole e può condividerlo ma anche con coloro che non vogliono aver nulla a che fare con queste “fantasie”.

E’ vero, la vocazione missionaria ne patisce, il prodotto non si vende bene, ma almeno ci si sente liberi di non esserci noi stessi venduti.

Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica



domenica 24 novembre 2024

“Vendesi bosco”...?



Nei nostri boschi  capita di leggere cartelli “Vendesi bosco”. Nel leggere questi cartelli non posso non andare con il pensiero all’articolo 42 della Costituzione: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento, i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale”. E non posso non  trasalire al pensiero che il 66,4% dei boschi italiani è di proprietà privata e  solo il 33,2% è  di proprietà pubblica (demani civici inclusi).

Ecco il tema: per garantire la “funzione sociale” dei nostri boschi quali limiti impone la legge? Quali controlli vengono esercitati dai servizi forestali regionali sul rispetto delle autorizzazioni e delle dichiarazioni di taglio? 

Una ricerca a livello nazionale del Gruppo di Intervento Giuridico, pur incompleta (mancano i dati di alcune regioni), nel triennio 2020-2022 ha registrato 1122 notizie di reato e 14737 illeciti amministrativi nella gestione dei boschi. Questo accade anche perché non ci sono più i controlli sul territorio del Corpo Forestale dello Stato che 40 anni fa  monitorava la regolarità dei tagli. 

Se la funzione sociale del taglio degli alberi  viene  intesa come funzione prevalentemente economica (creazione di lavoro e di reddito)  significa non aver capito nulla del periodo geo climatico che stiamo vivendo e si finisce,  inevitabilmente,  per  giustificare la  “concezione produttivistica” nella gestione dei boschi contenuta nel “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali”  (Decreto legislativo n. 34/2018). 

Si finisce per giustificare anche il recente Decreto Legge n.104 del 10 agosto 2023 che esenta dall’obbligo di preventiva autorizzazione i tagli dei boschi su cui c’è un “vincolo paesaggistico”,  in totale contraddizione con l’art. 9 della Costituzione che “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”: è completamente scomparsa la “funzione geo-climatica” dei boschi (per il sequestro del carbonio, per il dissesto idrogeologico, per ciclo dell’acqua, per il contenimento dei processi erosivi, ecc.).

Guardando  i dati reali sul presunto aumento dei nostri boschi è evidente come ad aumentare  sia l’occupazione di aree agricole o pascoli in abbandono da parte di arbusti e di giovani piante, ma sono  i “boschi maturi” di cui abbiamo più bisogno. Ad aumentare sono le utilizzazioni forestali senza controllo, gli incendi, le infestazioni del bostrico successive agli abbattimenti operati da Vaia, le schiantate sempre più frequenti ad opera del vento, un’ininterrotta antropizzazione turistica, selvicolturale, sportiva (olimpica!) e infrastrutturale.

C’è bisogno quindi di una “visione radicalmente diversa” per applicare, nel tempo dei cambiamenti climatici,  un “paradigma  naturalistico conservativo su basi scientifiche” e con una visione economica di largo respiro e nel lungo termine mantenendo e ampliando  i “servizi di regolazione termoclimatica, idrologica e idrogeologica” del bosco. Per applicare tale paradigma scientifico ed ecologico è necessario puntare  all’aumento dei boschi maturi per mantenere e ampliare la  gamma dei servizi ecosistemici e prevedere i “servizi di approvvigionamento” che possano anche soddisfare il bisogno di “legno d’opera”,  ma  che non compromettano i servizi di regolazione termoclimatica, idrologica e idrogeologica e di conservazione della biodiversità del sottobosco. 

Quindi: no ai boschi a ceduo, ai tagli a raso, no alla legna come “combustibile principale” se non nelle località di montagna e di collina tradizionalmente legate al bosco e si all’ampliamento delle “foreste vetuste”, alla potenziale espansione dei boschi a fustaia (con tagli selettivi anche se più onerosi rispetto ad una selvicoltura industriale).

Ed è per questo che  l’articolo 12  del Regolamento UE sul “ripristino della natura”, recentemente entrato in vigore, indica come necessario il rispetto di alcuni indicatori per gli “ecosistemi forestali” allo scopo di rafforzarne  la biodiversità.

 Dante Schiavon  



 

sabato 23 novembre 2024

La carne non è cibo per uomini…


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Nella cultura occidentale il consumo di carne è stato associato alle figure di potere. Le abitudini alimentari indicano le differenze di classe ma anche di genere; infatti solitamente alle donne, considerate cittadine di seconda classe, sono assegnati cibi ritenuti inferiori dalla cultura dominante: verdure, frutta e cereali….

Il sessismo implicito nel consumo della carne è portatore di una mitologia che permea tutta la società occidentale: la carne è un cibo da uomini e mangiarla è un’attività maschile. Questo atteggiamento risale all’avvento del patriarcato ed alla conseguente utilizzazione di animali allevati per farne carne. Avvenne in seguito alla specializzazione di alcuni maschi che uscivano dal clan matrilineare per dedicarsi appunto alla transumanza nomade con gli armenti. Nel contempo la base alimentare presso il clan matriarcale continuava ad essere sostanzialmente composto da vegetali spontanei raccolti e dai prodotti delle prime forme agricole, essendo l’apporto di carne dato dalla caccia minimale e sporadico.

L’abitudine quindi di considerare l’uomo più “titolato” al consumo carneo, in quanto cacciatore od allevatore, è l’erronea comprensione sulla funzione di questi “transfughi” maschi, che dipendevano comunque dagli “scambi” con la produzione agricola portata avanti dalle donne in quanto la carne non potrebbe mai e poi mai sostituire i vegetali che sono assolutamente necessari per il metabolismo umano, pena l’insorgere di malattie tipo gotta, scorbuto, etc..

Oggigiorno con gli allevamenti industriali, e l’introduzione della carne in termini massicci nella dieta alimentare, la “ciccia” è diventata parte di un’economia di plusvalore e chi la controlla detiene un forte potere economico, sociale e politico.

Peggie Sand, una ricercatrice statunitense, ha messo in correlazione l’economia basata sul consumo di alimenti vegetali e potere femminile e l’economia basata sullo sfruttamento animale e potere maschile, notando che il consumo di carne è legato in maniera proporzionale allo status. In tal modo è stato appurato che nelle società in cui maggiore è lo sfruttamento animale più grave è la segregazione o la sperequazione sul lavoro, ovvero le donne lavorano più degli uomini e sono meno retribuite, inoltre debbono occuparsi della famiglia in cui vige la patrilinearità ed anche la religione ha caratteristiche patriarcali monoteiste. Al contrario nelle società in cui l’alimentazione è basata sui vegetali vige un diffuso egualitarismo: le donne infatti, pur avendo una posizione di maggior rispetto sociale, non abusano del loro potere per discriminare gli uomini.

La scrittrice Carol Adams ha ipotizzato in un suo libro, “La politica sessuale della carne”, che vi sia uno stretto legame tra la violenza sulle donne e quella sugli animali. Tale violenza essendo determinata dall’istituzionalizzazione della cultura patriarcale.

“Proprio come si elidono i cadaveri, nel linguaggio relativo alla carne, così nella descrizione della violenza culturale e sessuale le donne sono considerate referenti assenti. Ad esempio il termine “stupro” viene usato metaforicamente per indicare una violenza devastante. Attraverso questa funzione del referente assente, la società occidentale restituisce la realtà della violenza entro parametri “controllati”. Violenza sessuale e consumo di carne sono associate alla struttura del referente assente”.

Gli animali sono la base per la produzione della carne, eppure l’animale è assente quando lo si mangia, poiché esso viene considerato semplicemente “cibo”. Esso è assente anche perché nel linguaggio corrente viene rinominato il cadavere smembrato prima di consumarlo, si parla di: filetto, braciola, prosciutto, bistecca, salame, etc.

Tutti termini che non hanno un riferimento preciso con l’animale ucciso. Pertanto anche gli animali vivi, selvatici od allevati, sono referenti assenti nel concetto “carne” e conseguentemente si procede alla loro “cancellazione”. In quanto carne sono completamente assenti come animali, infatti si parla genericamente di carne di….
Il nesso fra la violenza sessuale e la macellazione è evidenziabile in alcuni esempi concreti. Andrea Workin afferma: “La pornografia rappresenta la donna come un pezzo di carne femminile..”. Mary Daly, riferendosi ai medici che praticano la lobotomia od il trapianto, usa il termine “macellai”. Ed altri ancora… che tralascio per carità “cristiana”…

L’oggettivazione fa sì che l’oppressore guardi all’altro come ad un semplice oggetto, per poter essere in grado di violarlo come nel caso dello stupro, in cui si nega alla donna la possibilità di dire no, lo stesso avviene nella macellazione che converte animali viventi in oggetti morti e cibo. Questo processo avviene attraverso lo smembramento brutale ed il consumo.

Ma attenzione c’è una contropartita da pagare per i consumatori di carne, l’allarme è stato lanciato da Richard Sharpe del centro di biologia riproduttiva di Edimburgo: “La capacità di essere fertili, da parte dei maschi, si è dimezzata del 50% a causa dell’incapacità di produrre spermatozoi. Non solo, questi spermatozoi presentano minori capacità di resistenza e maggiori mutazioni regressive”. Come dire che la specie umana si sta involvendo e regredendo anche in termini di intelligenza media, ma la cosa più preoccupante e significativa di questo processo di abbrutimento della società è che il precipitare delle azioni mascoline è strettamente legato all’inquinamento atmosferico e tecnologico e soprattutto al consumo smodato di carne, in seguito al tipo di alimentazione con cui gli animali d’allevamento sono obbligati con forte impiego di ormoni femminili e prodotti OGM nei mangimi.

In tal modo si rovescia completamente il binomio: virilità = consumo di carne.


Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana



venerdì 22 novembre 2024

"I nuovi mandarini. Gli intellettuali e il potere in America" di Noam Chomsky

 


In un negozio di libri usati ho riacquistato il saggio di Noam Chomsky, intitolato "I NUOVI MANDARINI", pubblicato in Italia nel 1969 da Einaudi. Sottotitolo: GLI INTELLETTUALI E IL POTERE IN AMERICA. E' dedicato "ai coraggiosi giovani che rifiutano di combattere in una guerra criminale". Si riferisce, ovviamente, al Vietnam.

Nell'introduzione Chomsky manifestava la sua indignazione. 
"Siamo diventati insensibili al dolore. (...) Così sembra, dato che l'opposizione all'intervento militare ha come causa fondamentale il fatto che il costo della guerra è diventato per noi troppo alto, inaccettabile.(...) E' considerato sentimentalismo riconoscere che non abbiamo nessun diritto di stabilizzare o ristrutturare la società vietnamita, né di effettuare quegli esperimenti di controllo delle risorse materiali e umane che tanto piacciono ai nostri "teorici della pacificazione".

Seguono descrizioni su come l'esercito americano di allora si proponeva di sconfiggere la guerriglia vietcong che paiono pari pari le operazioni israeliane su Gaza oggi.

E c'è una notizia apparsa sul New York Times del 18 marzo del 1968: "Proibito all'esposizione dell'esercito il gioco di sparare su una finta capanna vietnamita". Questo in virtù di una protesta pacifista che stoppa un'esposizione militare nel Museo della scienza e dell'industria di Chicago.

Commenta Chomsky: "Che cosa si può dire di un Paese dove un museo della scienza di una grande città può allestire un'esposizione in cui la gente spara con mitragliatrici da un elicottero su capanne vietnamite, con una luce che lampeggia quando il bersaglio viene colpito?".

Ed alla fine dell'introduzione - è questo l'aspetto che voglio mettere in rilievo - compare la citazione  di Albert Einstein sulla quarta guerra mondiale che sarebbe stata combattuta con sassi e bastoni. Anticipata, da parte dello scienziato, del riconoscimento della importanza della WAR RESISTER'S LEAGUE "nel decennio dell'indifferenza".

Queste le parole di Einstein, in un discorso tenuto a Princeton, il 10 agosto 1953, citate da Chomsky: "La WAR RESISTER'S LEAGUE, mediante l'unione, libera individui coraggiosi e risoluti dalla paralizzante sensazione dell'isolamento e della solitudine; e in questo modo dà loro un appoggio morale nella realizzazione di ciò che essi considerano essere un loro dovere. L'esistenza di una simile élite morale è indispensabile per la preparazione di un mutamento di fondo nell'opinione pubblica, un mutamento che, nelle attuali circostanze, è assolutamente necessario se l'umanità vuole sopravvivere".

Dovrebbe esserci abbastanza noto che, durante la sua vita, fin dalla gioventù, Einstein si è impegnato attivamente contro la guerra e il militarismo. Pensava che stupidità e stellette militari andassero spesso di pari passo. Ha  firmato il Manifesto Russell-Einstein insieme a Bertrand Russell, un documento che esortava i leader mondiali a cercare soluzioni pacifiche e a bandire il possesso delle armi nucleari. "Cercate prima la comune umanità e dimenticate il resto!". 

Eppure, poiché non era einsteiniano al cento per cento, firmò la lettera che convinse Roosvelt a dare vita al Progetto Manhattan che portò alla Bomba "atomica".

Domanda: voi che avreste fatto di fronte alla prospettiva che Hitler potesse arrivarci per primo?

Comunque, al contrario di Enrico Fermi, il nostro scienziato, consultato, si pronunciò contro lo sganciamento delle bombe A sulle città giapponesi.

Dal punto di vista informativo è utile ricordare che la WAR RESISTER'S LEAGUE è il membro USA della WAR RESISTER'S INTERNATIONAL , la rete globale di gruppi antimilitaristi che comprende le italiane LEGA OBIETTORI DI COSCIENZA e il MOVIMENTO NONVIOLENTO (con sede nazionale a Verona).  La WRI è stata fondata nel 1921 a Bilthoven, nei Paesi Bassi; da più di cento anni si impegna a sostenere gli obiettori di coscienza e a promuovere la nonviolenza come mezzo per risolvere i conflitti. La dichiarazione fondativa afferma che "la guerra è un crimine contro l'umanità".

La WRI  conta oltre 90 gruppi affiliati in 40 paesi. Tra le attività ci sono campagne di informazione, supporto legale per gli obiettori di coscienza e azioni dirette nonviolente.  La sede in via Pichi a Milano dell'affiliata italiana vi aspetta per collaborare!

Alfonso Navarra - alfiononuke@gmail.com




giovedì 21 novembre 2024

Be different be - Architectura arte paesaggio e metamorfosi...



...leggo poco, soprattutto i quotidiani e settimanali, lascio alla casualità la mia informazione quotidiana a volte consulto televideo a volte leggo i giornali che trovo abbandonati e dopo averli letti ne conservo alcune pagine, quelle che in qualche modo hanno suscitato il mio interesse. 

Rumino le letture, le sedimento, a volte conservo le pagine per lungo tempo eliminando pian piano, per sottrazione, quello che mi sembra superfluo. a volte di una pagina dopo un po di tempo mi restano alcune righe, a volte una frase, a volte una sola parola… giorni fa ero sul treno e ho trovato un quotidiano merce veramente rara ormai, con un inserto sulla casa, in particolare scrittori e abitazioni. Una foto di Hemingway nel suo studio a Key West in Florida. Amava così tanto la boxe che nel uo giardino aveva fatto montare un ring per il pugilato. Nello stesso articolo la foto di Casa Malaparte a Capri dello scrittore Curzio Malaparte progettata su uno sperone roccioso da Adalberto Libera. 

Col pensiero delle abitazioni guardando dal finestrino mentre il treno scorre lungo la lunga striscia di sabbia lungo la costa Adriatica scogli case abitazioni stabilimenti balneari villaggi campeggi residence anche una raffineria di petrolio, tutto nella più assoluta confusione senza nessuna pianificazione, spiccano tra un agglomerato e l’altro brevi tratti di macchia verde di dune e zone umide nella cementificazione selvaggia senza un piano sembra che l’unico principio rispettato sia stato quello di costruire sulle spiagge a ridosso del mare e nelle immediate vicinanze per dare un valore aggiunto al costruito con la vista mare.

In realtà poi queste abitazioni sono vissute e abitate solo per pochi mesi all’anno, hanno problemi di umidità e per via della salsedine i materiali si deteriorano velocemente e spesso per contenere la furia del mare che vuole riprendersi i suoi spazi c’è bisogno di interventi come scogliere artificiali e protezioni varie. 

La nota positiva, forse l’unica, le lunghe piste ciclabili anche se strette e inframezzate da attraversamenti nel traffico e tanti campi per fare sport all’aria aperta pallavolo racchettoni calcio… be different be: note di vetro tasselli colorati è normale siamo al sud luce per plasmare lo spazio e un gelato alla fragola giardini di cemento palcoscenici dell’estremo.

Tutta questa distruzione è stata iniziata e favorita dalla dinastia sabauda con l’aggressione e l’occupazione di uno stato sovrano, il regno di Napoli e la successiva costruzione della ferrovia lungo la costa, favorita dagli inglesi, per collegare Londra a Bombay attraverso Suez. Prima occorrevano due mesi per circumnavigare l’Africa invece con il treno caricato sulla nave a Brindisi si raggiungeva l’Oriente in appena venti giorni, infatti il treno era denominato Valigia delle Indie, comunque la ferrovia poteva essere costruita a distanza dalla costa, almeno un chilometro, per lasciare una fascia di natura con parametri ambientali intatti, solo che a quei tempi non c’era una coscienza ecologica e gli enormi spazi vuoti naturali sembravano solo luoghi da riempire occupare atrofizzare inquinare. la distruzione poi e stata continuata da un altra casata torinese gli Agnelli che con le loro industrie meccaniche, in accordo con petrolieri e ditte cementifere, hanno trasformato il giardino più bello d’Europa in quello più inquinato con plastica cemento asfalto meccanica consumismo.

Basta pensare alla Terra dei Tuochi che un tempo erano i luoghi della campania felix degli orti e delle campagne che rifornivano i mercati di Napoli di tutto il necessario divenuti luoghi tristemente noti per inquinamento dei terreni delle falde acquifere e dell’umanità varia. oppure taranto bella e perduta, la città più bella della magna grecia che l’ltalsider ha ridotto in luogo infame in cui vivere per i fumi e inquinamento ambientale o come il polo chimico industriale di Augusta, luogo di natura e archeologia inquinato per sempre. Certo fa sicuramente soffrire il pensiero di tutta questa bellezza svanita davanti ai nostri occhi in poco tempo, vero che la natura non impiega molto a riprendersi spazi se lasciata libera di agire, con la vegetazione che in poco tempo occupa strutture di cemento ferro legno plastica e strade trasformandole in paesaggi di archeologia industriale.
 
Ferdinando Renzetti



mercoledì 20 novembre 2024

Nuova dottrina nucleare russa: una "non notizia" in dettaglio...

 

Questa della nuova dottrina nucleare russa potremmo considerarla per molti aspetti una "non notizia" perché era pronta da tempo e l'annuncio era già stato dato a settembre. La firma di Putin e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è arrivata proprio nel millesimo giorno del conflitto in Ucraina e subito dopo il lancio dei primi missili ATAMCS di fabbricazione statunitense contro la regione russa che ha registrato la mini-invasione dell'esercito ucraino.

(Sulla agenzia di stampa russa TASS si trovano conferme della notizia. Ad esempio vi possiamo leggere l'ultimo commento del direttore del servizio di intelligence estero russo Sergey NaryshkinIl  capo del SVR sottolinea che "il principio fondamentale del documento è che le armi nucleari sono l'ultima risorsa per garantire la protezione della sovranità del paese".  Si vada al link: https://tass.com/politics/1875081).

Questa firma di Putin, sbandierata con grande clamore, potrebbe e deve essere vista come una risposta diretta agli sviluppi recenti nel conflitto che la NATO, per interposto Zelensky, combatte contro la Russia, in particolare con  l'uso di armi a lunga gittata sul territorio russo con il sostegno degli Stati Uniti.

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La nuova dottrina, ce lo sottolineano tutti i media main-stream, abbassa significativamente la soglia delle condizioni che consentirebbero a Putin di ricorrere all'arsenale nucleare, ampliando le circostanze in cui le armi nucleari potrebbero essere utilizzate. Ma tutto sommato non di molto, come vedremo in dettaglio più avanti. La novità, insomma, non è tanto nuova, è una novità molto relativa.

Questo cambiamento è stato annunciato ora, in una logica geopolitica e strategica, per inviare un messaggio chiaro ai potenziali avversari e per rafforzare la deterrenza nucleare della Russia in un momento di alta tensione internazionale.

La nuova dottrina nucleare russa, in barba come le vecchie al no first use dell'arma "atomica", permette l'uso delle armi nucleari non solo in risposta a un attacco nucleare, ma anche a minacce convenzionali che compromettano gravemente la sovranità o l'integrità territoriale della Russia. Inoltre, ed è questo il punto più attenzionato, "qualsiasi attacco convenzionale da parte di un Paese non nucleare, sostenuto da una potenza nucleare, sarà considerato una minaccia diretta".

Su Repubblica del 20 marzo Rosalba Castelletti riassume così il testo nell'articolo dal titolo: "Possiamo colpire Kiev e i suoi alleati".

Nella sua ricostruzione, il testo ribadisce che il ricorso alle armi nucleari è previsto come gesto estremo e ultima risorsa, ma si abbassa la soglia di impiego: "Non più la minaccia all'esistenza stessa dello Stato, prevista nel precedente documento del 2020, ma un attacco con armi convenzionali, come droni e missili, che costituisca una minaccia critica alla sovranità e integrità territoriale della Russia e dell'alleata Bielorussia. D'ora in poi, inoltre, l'aggressione di qualsiasi Stato non dotato di atomiche, come l'Ucraina, ma con la partecipazione e il sostegno di una potenza nucleare, come gli Stati Uniti, potrà essere considerata come un'aggressione congiunta e qualsiasi attacco da parte di uno Stato membro di una coalizione militare potrà essere visto come un attacco da parte dell'intero blocco."

Questo ampliamento delle condizioni per l'uso delle armi nucleari è, come abbiamo accennato, una risposta diretta agli sviluppi recenti nel conflitto in Ucraina, dove l'uso di missili ATACMS da parte delle forze ucraine ha rappresentato una nuova modalità di attacco all'esercito russo sul territorio della Russia. Quindi abbiamo precisamente l'attacco convenzionale sul territorio russo da parte di un Paese non nucleare (l'Ucraina), sostenuto da un Paese non nucleare (gli USA), che è da considerare una minaccia diretta. Che chiama in causa l'intero blocco militare di cui fa parte.

Specifica la Castelletti: "Il riferimento alla NATO è chiaro. E la risposta potrà essere diretta anche contro Stati e territori che mettano a disposizione il territorio, lo spazio aereo o marino, e le risorse sotto il loro controllo per la preparazione e l'attuazione delle aggressioni".

Sempre su Repubblica del 20 novembre, il retroscena di Paolo Mastrolilli nell'articolo intitolato: "Lo zar è un irresponsabile. Biden non cambia linea in attesa di lasciare l'incarico ", ricorda che la decisione di Biden sugli ATAMCS è stata motivata dalla necessità di rispondere allo schieramento dei militari nordcoreani nella guerra ucraina, anch'essa una mossa escalatoria.

Repubblica ha interrogato la Casa Bianca ottenendone da un portavoce la risposta che, dopo la pubblicazione della nuova dottrina nucleare russa, "non avendo osservato alcun cambiamento nella postura nucleare della Russia, non abbiamo visto alcun motivo per modificare la nostra postura o dottrina nucleare".

Entra in gioco, dentro questo schema della posizione russa, quella che si chiama deterrenza preventiva. La Russia potrebbe utilizzare test o dimostrazioni di forza nucleare come strumento preventivo per scoraggiare ulteriori azioni aggressive da parte di altri stati. Questo è particolarmente rilevante in un contesto di crescente tensione con la NATO e gli Stati Uniti.

Si persegue, con questa scelta, all'interno della logica della potenza, un rafforzamento della sicurezza strategica. La Russia percepisce le azioni militari e le tecnologie avanzate dei suoi avversari come minacce dirette alla sua sicurezza e risponde di conseguenza, nel momento in cui le tensioni internazionali vanno crescendo.

La decisione degli Stati Uniti di autorizzare l'uso di missili ATACMS da parte dell'Ucraina ha spinto il Cremlino a ridefinire la propria strategia difensiva. Putin in persona lo ha precisato chiaro e tondo: la Russia considera queste azioni come provocazioni che giustificherebbero, teoricamente, persino una risposta nucleare.

Però è da calcolare, per la retorica adottata, il particolare periodo dell'interregno tra Biden e Trump. La citata Castelletti fa parlare la politologa Tatiana Stanojava, a capo del think thank R.Politik: "Putin potrebbe cercare di presentare all'Occidente due scelte nette: "Volete una guerra nucleare? L'avrete, oppure "Mettiamo fine a questa guerra alle mie condizioni".

A questo punto, dal nostro punto di vista di uomini comuni, e non di addetti ai lavori strategici, la domanda che ci facciamo e che conta è una sola: davvero la Russia userebbe bombe atomiche, sia pur tattiche, in Ucraina? A leggere i Soloni geopolitici intervistati sulla stampa le minacce di Putin andrebbero trattate come un semplice bluff. È quanto sentiamo da parte dei governanti ucraini, che strillano contro il paventato disimpegno dell'Occidente. E, con loro, da molti politici europei, dalla Polonia, al Baltico alla Gran Bretagna. La Polonia ha cominciato a costruire bunker antiatomici e ad offrire agli USA la disponibilità a ospitare armamenti nucleari. La Svezia, pragmaticamente (si fa per dire), ha distribuito a cinque milioni di famiglie opuscoli con le istruzioni in caso di attacco atomico.

Il Manifesto, nella prima pagina di oggi, 20 novembre, propone un editoriale di Tommaso di Francesco dal titolo "Minaccia atomica. Non è un bluff. La ritorsione ora è possibile", e un richiamo all'Europa che spinge sugli armamenti. "A Varsavia 5 Paesi UE (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna) e il Regno Unito si sono pronunciati per la prima volta a favore di obbligazioni europee per finanziare l'industria militare. E a Bruxelles il segretario NATO Mark Rutte rilancia l'esigenza di spendere in armi ben oltre il 2 per cento del prodotto interno lordo".

Anche da parte pacifista però si fanno spesso spallucce, si propende per il bluff, appoggiandosi sulla considerazione che l'uso della tattica non servirebbe a Putin dal momento che starebbe vincendo la guerra sul campo.

Però qui non si parla di un videogioco. Le percentuali da attribuire al bluff per Putin mettiamo che siano al 99%. Ma dell'1% che resta in ballo che ne facciamo? La domanda non prevede risposte certe ma solo dubbi che provocano brividi nella schiena. Dubbi che è bene che la gente si ponga proprio quando una ricerca Gallup certifica che, per la prima volta dal 2022, la maggioranza degli ucraini (52%) chiede l'avvio di un negoziato di pace. Ora, se il leader russo, con le sue intimidazioni, specula su questa situazione di stanchezza e paura dell'opinione pubblica (a nostro parere pienamente giustificate), questa nostra consapevolezza non cancella le incognite e i pericoli che un proseguimento della guerra potrebbe comportare.

La parola "escalation" è quella che emerge continuamente e incontenibilmente, ovvero: quella cosa che tutti gli attori del conflitto dicono di voler evitare anche se, per tutti questi mille giorni, le cosiddette linee rosse si sono spostate sempre più avanti. Il ragionamento riguarda gli aiuti militari all'Ucraina (consistenti ma pieni di condizioni e restrizioni) ed ha anche un legame con una certa frustrazione per i risultati sul campo e l'esito poco significativo delle sanzioni anti-russe. Il Cremlino, al contrario, di limiti, a quanto ci dicono, se n'è dati un po' meno e ha cominciato assai presto a sbandierare lo spettro dell'arma nucleare fino, appunto, a cambiarne platealmente la dottrina d'impiego.

Escalation: botte e risposte reciproche in crescendo che si sa quando cominciano ma non si sa come possono andare a finire. Soprattutto se il monitoraggio dei dati e della situazione sul campo può essere soggetto ad errori di rilevamento e di interpretazione. Questi errori, in sintesi, possono derivare da vari fattori, che qui elenchiamo schematicamente:

  • I sistemi di rilevamento utilizzano tecnologie avanzate come radar, satelliti e sensori sottomarini. Tuttavia, questi strumenti possono essere influenzati da condizioni atmosferiche, interferenze elettroniche o malfunzionamenti tecnici, portando a falsi allarmi o mancati rilevamenti.
  • Anche quando i dati vengono raccolti correttamente, l'interpretazione può essere complessa. Gli analisti devono distinguere tra attività normali e potenziali minacce, il che può essere difficile in situazioni di alta tensione. Errori di interpretazione possono portare a decisioni sbagliate, come l'innesco di una risposta nucleare non necessaria.
  • La comunicazione tra diverse agenzie e paesi è cruciale per il monitoraggio efficace. Errori di comunicazione o mancanza di coordinamento possono causare ritardi nella risposta o interpretazioni errate delle intenzioni dell'avversario.
  • Gli esseri umani sono soggetti a errori, specialmente sotto stress. Decisioni prese in situazioni di emergenza possono essere influenzate da bias cognitivi, stress o mancanza di informazioni complete. Il fattore umano ha però operato in modo positivo nel caso del colonnello sovietico Stanislav Petrov, che nel 1983 salvò il mondo da una possibile guerra nucleare e che per questo viene celebrato il 26 settembre con la giornata ONU contro le armi nucleari.

La stampa, anche quella pacifista, tende però a rassicurare e a minimizzare un po' troppo. Parla più di fumo che di arrosto, più di strategia comunicativa che di nuove minacce reali. Un esempio di questo atteggiamento ce lo dà il Fatto Quotidiano, con l'intervista, pubblicata oggi, 20 novembre 2024, di Gianni Rosini a Mariana Budjeryn, ricercatrice senior del Project on Managing the Atom (MTA) al Belfer Center della Harvard Kennedy School.

Il titolo del pezzo è, appunto: "Putin modifica la dottrina nucleare russa", l'esperta: "C'è tanta strategia comunicativa, i cambiamenti sono minimi e interpretabili".

Domanda del giornalista: "Che cosa cambia veramente nella dottrina nucleare russa dopo questa dichiarazione?"

Ecco la risposta, per alcuni aspetti eccessivamente rassicurante:

"(Rispetto alla precedente formula dottrinaria) si aumenta il numero dei casi in cui si può ricorrere al nucleare. (…) La Russia ha aggiunto una nuova possibilità di utilizzo dell'arma nucleare rispetto al passato. Nella precedente versione le circostanze erano quattro, adesso ne hanno aggiunta un'altra. E si tratta dell'ottenimento di informazioni credibili su un attacco di massa o massicci raid aerei, includendo aviazione strategica e tattica, missili da crociera, veicoli aerei senza pilota, quindi droni, aerei ipersonici e altri tipi di aerei. Ma questo è qualcosa che Putin ci aveva anticipato già a settembre. Magari, vista la situazione attuale, la domanda che dobbiamo porci è quali debbano essere considerati confini russi".

E ancora: "Fondamentalmente dà a Putin, quindi alla leadership politica militare russa, un ampio spazio di interpretazione su quando può ricorrere all'autorizzazione sull'uso nucleare. Quindi cercare di essere molto legati al significato stretto delle parole probabilmente non è nemmeno utile perché sappiamo che i russi potrebbero interpretarle nel modo che gli conviene, se decidono di agire. Quindi c'è uno spazio di manovra e di interpretazione più ampio per la leadership russa. Un altro punto è che una dottrina nucleare non è un algoritmo per l'uso del nucleare. Non sarebbe giusto dire che è un documento di propaganda, ma una comunicazione agli avversari e al pubblico interno. Non è che Putin resterà seduto con questa dottrina spuntando caselle relative alle singole condizioni soddisfatte o meno. Non significa che, anche se tutte queste condizioni vengano soddisfatte, si arrivi a una risposta automatica".

Il Giornalista: Dovremmo considerarla una sorta di linee guida?

Risposta: "Sì, si tratta di linee guida, ma senza un vero automatismo per autorizzare una risposta nucleare nonostante alcune di queste condizioni possano essere soddisfatte. Ripensiamo all'ottobre 2022, quando il rischio dell'uso nucleare della Russia in Ucraina era piuttosto alto: sappiamo che la l'intelligence statunitense ha stimato quel rischio in quel momento al 50%. Putin le avrebbe usate in una situazione sfavorevole per la Russia, per fermare l'avanzata ucraina a Kharkiv e nella regione di Kherson durante la controffensiva. Ma questo non avrebbe rispettato alcuna delle condizioni di cui abbiamo parlato e il fatto che non le abbiano usate ci dimostra che i russi tengono queste condizioni ancora in considerazione. Penso che la Russia stia davvero cercando di comunicare con l'Occidente e di bloccare certe decisioni più di ogni altra cosa".

Per l'esperta lo scenario plausibile di impiego da parte russa dell'arma atomica tattica è solo il seguente:

"Se la Russia si ritirasse proprio come nell'ottobre del 2022, con le truppe russe sbaragliate, per fermare questi progressi Mosca potrebbe usare un'arma nucleare. Questo è uno scenario plausibile. Ma proprio le difficoltà di ottobre e novembre 2022 ci mostrano anche quali siano alcuni dei fattori che potrebbero impedire alla Russia di farlo. Ha considerato l'uso del nucleare e poi ha deciso di non farlo, perché? Quello che sappiamo è che si è trattato di una combinazione di cose. Una di queste è stata una comunicazione molto chiara da parte degli Stati Uniti, con il direttore della Cia Bill Burns che si è recato a Istanbul e ha parlato con la sua controparte, Naryshkin, dicendo sostanzialmente che ci sarebbe stata una risposta convenzionale Usa-Nato contro obiettivi militari russi sul territorio ucraino, inclusa la Crimea, se la Russia avesse fatto uso del nucleare in Ucraina. Quella era una minaccia deterrente. In aggiunta a ciò, la Cina è intervenuta e ha comunicato in privato, ma anche pubblicamente, che non sosterrebbe l'uso dell'arma nucleare da parte della Russia. Anche il primo ministro indiano Modi ha rivolto lo stesso appello alla Russia. Inoltre, ci sono anche degli svantaggi piuttosto significativi nell'usare un'arma nucleare tattica direttamente sul campo di battaglia perché inquina e complica la situazione delle truppe sul terreno. Condurre operazioni militari in un teatro colpito dall'uso nucleare è molto difficile, nessun esercito è addestrato per questo. Quindi la combinazione di questi fattori ha funzionato per impedire alla Russia di usare un'arma nucleare durante un ritiro".

L'errore di rilevamento e di valutazione in un contesto di escalation: ecco ciò che si tende colpevolmente a sottovalutare, anche da parte pacifista. E per capire che chi propone l'argomento non fa dell'allarmismo da quattro soldi più che dei ragionamenti astratti è utile proporre la conoscenza di fatti che sono effettivamente accaduti e che sono lì ad ammonirci sui pericoli che realmente corriamo.

Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. Oggi, rispetto al periodo della guerra fredda, in cui avvenne l'episodio in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov rimediò a un falso allarme nucleare contro la capitale Mosca, evitando una guerra nucleare per errore, questo rischio tende ad aggravarsi sia per il caos geopolitico (si pensi alle guerre sul territorio ucraino e in Medio Oriente), sia per i progressi tecnologici male indirizzati (miniaturizzazione delle armi, velocità ipersonica, intelligenza artificiale). Quella notte trovammo "un uomo giusto, al posto giusto, al momento giusto".

Stanislav Petrov riuscì a capire che le tracce di missili americani in avvicinamento apparse sui computer del centro di avvistamento vicino Mosca, che comandava, erano in realtà un falso allarme da parte dei satelliti di rilevamento (onde elettromagnetiche del sole riflesse dalle nuvole, abbiamo saputo poi); non avvisò allora i superiori evitando che si innescasse il meccanismo della risposta nucleare.

Consigliamo a tutti la visione del film di Peter Anthony, The man who saved the world, sulla vicenda del colonnello sovietico e sulla crisi del 26 settembre 1983, su You tube alla URL: https://www.youtube.com/watch?v=8TNdihbV5go.

Citiamo la petizione (https://www.petizioni24.com/ricordiamo_petrov_no_rischio_nucleare ) con la quale abbiamo proposto e proponiamo alle attiviste e agli attivisti pacifisti italiani di darsi da fare perché siano intitolate vie o piazze all'obiettore russo (obiettore dell'intelligenza!) per sensibilizzare sul crescente rischio nucleare.

Un terreno di opposizione disarmista che si è aperto, con possibili implicazioni antinucleari, riguarda la decisione di installare in Germania nel 2026 missili a raggio intermedio (da 500 a 5.500 km), che è anche frutto della disdetta del Trattato INF (Forze nucleari intermedie), dichiarata, nel 2019, dall'allora presidente USA Donald Trump.

A Berlino, il 3 ottobre 2024, si è svolta una grande mobilitazione nazionale del movimento pacifista tedesco. Su questo punto dei cosiddetti EUROMISSILI l'esperienza "storica" del Cruisewatching a Comiso (oggi sede della Pagoda per la Pace) e in Europa, sviluppatasi dal 1984 al 1987, dà l'indicazione di non mollare mai, fino al possibile, riconosciuto, successo (allora costituito dalla firma del Trattato da parte di Gorbaciov e Reagan).

Ma il filone principale dell'impegno antinucleare riguarda la campagna ICAN (Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari), premio Nobel per la pace 2017.

Sul sito ufficiale icanw.org della campagna è riportata la notizia che 73 Stati hanno già ratificato il Trattato di proibizione delle armi nucleari.

In Italia le forze aderenti ad ICAN lavorano per coinvolgere gli Enti Locali nell'ICAN PLEGDE (100 città, tra le quali la capitale Roma, grazie in particolare a WILPF Italia), cui attualmente aderiscono circa 30 parlamentari, nella modalità per essi predisposta.

A New York si terrà nel marzo 2025 la terza riunione degli Stati parte del Trattato e i Disarmisti esigenti hanno da presentare per l'occasione un working paper che intende mettere in relazione la Campagna ICAN con la Campagna No First Use.

Il working paper propone che, per l'obiettivo del disarmo nucleare effettivo, tutti i 9 paesi che possiedono armi nucleari (insieme ai loro alleati) dovrebbero sedersi allo stesso tavolo delle trattative, con l'ONU nel ruolo di mediatrice riconosciuta, avendo compreso che il possesso di armi nucleari costituisce un rischio inaccettabile, in primo luogo per loro stessi.

Il pericolo concreto di una possibile "guerra nucleare per errore" andrebbe messo in cima alle ragionevoli preoccupazioni di chiunque abbia a cuore la sopravvivenza della specie umana sulla Terra. Se da un lato spetterebbe a questi Stati dotati di armi nucleari prendere questa iniziativa, spetta anche a noi, società civile, aiutarli a raggiungere tale consapevolezza anche mediante una "esigente" pressione dal basso. Di conseguenza dovremmo concentrarci principalmente sui fattori di rischio per convincere gli Stati dotati di armi nucleari a decidere un disarmo nucleare globale. Quindi, l'adesione universale al TPNW, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, non dovrebbe più incontrare ostacoli. Come contributo a questo approccio, proponiamo di lavorare per armonizzare e integrare la Campagna ICAN con la Campagna No First Use (NFU) perché riteniamo importante schiudere ammorbidimenti e contraddizioni nel fronte nuclearista, già non del tutto monolitico. Sarebbe apprezzabile che l'adozione ufficiale di dottrine sulla deterrenza che escludano un primo colpo nucleare in qualsiasi circostanza sia accompagnato da misure, sotto controllo IAEA, che rendano più difficile la guerra nucleare per errore, come la deallertizzazione delle testate e la separazione delle stesse dai vettori. Il TPNW già, all'articolo 4, prevede un periodo di conversione e una certa flessibilità nelle forme di adesione da parte degli Stati dotati di armi nucleari e degli Stati che ospitano armi nucleari controllate da un altro Stato. Entro la prossima conferenza di revisione, fissata nel 2027, possiamo stabilire una categoria riconosciuta formalmente di Stati "collaboratori", "fiancheggiatori" (o altro termine similare) del Trattato. Sarebbero Stati non aderenti a pieno titolo ma orientati positivamente verso il percorso della proibizione giuridica, valutato quale strumento utile e opportuno, compatibile con le istanze di sicurezza globale, per giungere a un mondo senza armi nucleari.   

A cura di Alfonso Navarra, coordinatore dei Disarmisti Esigenti