sabato 31 agosto 2019

Amazzonia: "Non solo alberi, in fiamme....)

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E’ fatta di singoli animali in carne ossa e sofferenza la ricca biodiversità nella foresta amazzonica e negli altri polmoni verdi in fiamme. Esseri viventi che a milioni incontrano una morte orribile, chi ardendo fra le lingue di fuoco, chi agonizzando a lungo, chi soffocando per il fumo – a causa del quale gli stessi uccelli spesso non sono in grado di salvarsi volando via.

E’ un bradipo il filo conduttore dell’articolo «El perezoso y la huguera» nel quale l’ambientalista boliviano Pablo Solon, anni fa rappresentante per il suo paese ai negoziati per il clima, denuncia gli interessi economici alla radice di una moderna inquisizione contro la Terra e i suoi abitanti. In Amazzonia i roghi stanno uccidendo alberi e animali, oltre a minacciare gli abitanti umani e il clima.

Il bradipo ha una faccia come sorridente, pelosa. E’ il mammifero più lento al mondo, il contrario dei predatori e infatti vive di foglie, germogli, ramoscelli e frutti. Solitario, sempre appeso agli alberi, longevo; se non viene catturato da un predatore può vivere fino a 30-40 anni. Ma l’incendio non lascia scampo né a lui né agli immobili alberi. Spiega Solon: quando, fra i rami che sono la sua casa, viene svegliato da un tizzone che gli brucia il pelo, gemendo sale piano piano con le sue unghione verso la cima dell’albero. Ma tutto l’orizzonte è in fiamme. Difficile che il bradipo, e la vecchia grande creatura vegetale che lo sostiene, possano resistere fino alla pioggia.

Invano per decenni tanti hanno provato a denunciare il collegamento fra la devastazione della foresta amazzonica e il modello alimentare a forte componente animale tuttora imperante non solo in Europa e Nordamerica. Si chiama «ettaraggio fantasma» questo fenomeno: non avendo abbastanza terre per nutrire gli allevamenti intensivi nostrani, e non producendo abbastanza carne a basso costo per soddisfare le abitudini alimentari della popolazione, l’Europa utilizza colture foraggere e pascoli ricavati nelle foreste d’altri.

Adesso per la prima volta anche il grande pubblico occidentale appare finalmente addolorato per l’immenso rogo, come mai prima. Ma bando all’impotenza: coerenza e efficacia richiedono un cambiamento drastico a livello di palato. E per favorirlo, si imporrebbero scelte politico-economiche: senza l’importazione di mangimi per gli allevamenti intensivi nostrani, e di milioni di polli gonfiati a soia e antibiotici, l’Italia e l’Europa potrebbero permettersi solo un consumo molto limitato di carne e prodotti animali.


Marinella Correggia

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Fonte: 
https://cambiailmondo.org/2019/08/30/amazzonia-il-bradipo-le-fiamme-e-noi/

giovedì 29 agosto 2019

Pianeta Terra in default ...6 gradi posson bastare!

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Riportiamo un nostro studio, sull'ipotesi di aumento della temperatura da 1 a 6 gradi,  corroborato dal contributo del nostro comitato scientifico, effettuato un paio di anni fa che prendeva in esame l’aumento graduale della temperatura terrestre e i suoi effetti globali sul clima e l’ambiente planetario, nonché sulla vita degli esseri viventi.
Aumento di 1 grado:
Accelerazione della fusione dei ghiacci dei due poli e delle principali catene montuose del pianeta. Fenomeni meteo estremi: maggiori e più forti tornado, uragani, tifoni, ecc. In particolare aumento esponenziale dei tornado soprattutto negli USA. Inizio di uragani anche nel Mediterraneo. Diminuzione delle precipitazioni soprattutto in Africa e nel Medio Oriente. Aumento del livello dei mari di 20 o più centimetri.

Aumento di 2 gradi:
Accelerazione ulteriore della fusione dei ghiacci della Terra. Apertura della navigazione navale sul Polo Nord per oltre 8 mesi l’anno. Riduzione dei ghiacciai della Groenlandia, immissione massiccia di acqua dolce nel mare e rallentamento della corrente calda del Golfo, con modifiche profonde del clima del nord Europa e in particolare sull’Inghilterra e sull’Irlanda. Aumento della violenza dei Tifoni nell’Oceano Indiano e Pacifico, nonché degli Uragani sull’Atlantico. Aumento dei livelli dei mari di oltre 40 cm. Aumento presenza insetti parassiti e aumento delle morti per ipertermia a causa delle continue ondate di calore. Avanzata dei deserti anche nel Mediterraneo e in particolare in Sicilia, Puglia e Sardegna. Diminuzione delle risorse idriche in Medio Oriente e Africa, inizio di guerre per l’acqua.
I climatologi, gli scienziati dell’atmosfera e gli oceanografi ci dicono che se superiamo i 2° C della temperatura terrestre rispetto all’attuale, arriveremmo ad un punto di non ritorno.
L’umanità dovrebbe prepararsi ad in ineluttabile crisi di sopravvivenza. Il tutto perché la fusione di tutti i ghiacciai della Terra innescherebbe una serie di effetti climatici collaterali negativi in cui ancora oggi non saremmo in grado di immaginarli.

Aumento di 3 gradi:
La Groenlandia ha perso il 60% del ghiaccio che copre l’isola e i mari di tutto il mondo sono cresciuti di circa 3 metri. Molte città costiere devono costruire dighe di contenimento del mare per non finire sommerse. La corrente del Golfo non arriva più sul Mare del Nord e l’Europa del Nord, compresa l’Inghilterra, subisce pesanti effetti negativi del clima. Nel Mediterraneo i mari sono talmente caldi che la fauna ittica va scomparendo e in sua vece arrivano miliardi e miliardi di meduse anche pericolose per l’uomo. L’Italia perde tutte le sue spiagge e il mare minaccia gran parte delle città costiere. Gli incendi ovunque si susseguono senza sosta e i suoli vanno sempre di più inaridendosi. Continuano le malattie climatiche e i morti per ipertermia, mentre popolazioni di insetti infestanti distruggono le coltivazioni e mietono vittime tra gli animali. Molti animali selvaggi soccombono, molte piante e alberi si seccano.
Gli oceani diventano più acidi, senza contare che alcune correnti oceaniche potrebbero risentirne, come abbiamo appena visto. I coralli muoiono quasi ovunque e i cetacei cercano scampo verso i due poli dove le acque sono ancora più fresche e ossigenate.
Migrazioni massicce di popolazioni dall’America Latina e dall’Africa, dove la vita è divenuta insopportabile, verso gli USA e l’Europa. Ciò innescherà profondi squilibri geopolitici, crollo delle economie planetarie e inizio delle guerre di sopravvivenza.

Aumento di 4 gradi:
I Poli artici sono ormai un ricordo, le nevi sopravvivono solo in parte sulle vette più alte dell’ Himalaya. La foresta Amazzonica si è ormai trasformata in savana. L’Europa meridionale deve sopportare temperature torride e l’Italia con l’aumento dei livelli del mare perde oltre il 10% del suo territorio. La Groenlandia e parte dell’Alaska sono ormai senza più ghiaccio e i mari si sono alzati ovunque di oltre 7 metri. Gran parte delle città costiere finiscono per essere sommerse. L’acqua per il Sud del Mondo diventa una risorsa sempre più rara, molti fiumi cominciano a seccarsi. Ovunque i deserti si espandono e popolazioni disperate cercano di fuggire dalle loro terre, innescando inevitabili scontri armati con le genti di Paesi più a nord del pianeta. La popolazione mondiale si ridurrà ancora e da circa 7miliari e 800 milioni di oggi scenderà a meno della metà.
Il denaro inevitabilmente perderà il suo valore, si ritornerà in alcuni casi al baratto. Anche nelle nazioni occidentali verranno a mancare gli aiuti sanitari, economici e comunque sociali che hanno caratterizzato la civiltà umana a partire dall’800. Solo uno sparuto gruppo di ricchi, di personaggi che fino all’ultimo hanno fatto profitti sulla pelle della gente, avrà la possibilità di rifugiarsi in zone preparate precedentemente in previsione di questa catastrofe climatica. Anche l’Antartide si fonde completamente e i mari continuano a crescere inesorabilmente. La gente fugge dalle città cercando rifugio sulle alte colline e le montagne, zone queste però già occupare per cui inevitabili saranno gli scontri armati.

Aumento di 5 gradi:
Sopravvivono ancora i soliti ricchi che soprattutto in Antartide hanno trovato dove andare a vivere. Per tutti gli altri mortali solo una lenta agonia.

Aumento di 6 gradi: ?

Fonte: A.K. N. 34

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Articolo di opposta opinione di Franco Battaglia:
 https://www.nicolaporro.it/il-riscaldamento-globale-e-una-congettura-lo-dice-la-scienza/2/

mercoledì 28 agosto 2019

Ecologia della mente - Scambio epistolare tra Stephen Saunders e Paolo D'Arpini



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L'etica è logica le felicità analogica – Scrive Stephen Saunders a commento dell'articolo http://www.lteconomy.it/blog/2019/08/23/ecologia-della-mente-letica-e-logica-la-felicita-e-analogica/ : 

"You cover a good deal of philosophical or maybe I should say intellectual territory in this fine article, Paolo. I would like to extract from the totality of it by focusing on the concepts of detachment you define. My idea of detachment before I read your 4th paragraph was that the poor man is closer to God, that purity such as celibacy is also Godlike, and that these lead to detachment. Admittedly this is a Western assumption but holds true in Eastern thought as well. I say assumption because the feeling of contentment in not having too many belongings or wealth can be sort of projected as a basis of detachment too. You can connect dots but still it seems an assumption; though it is considered by some to be Devine because of it’s place in Holy Books. Hua Hu Ching in paragraph 4 states that love and hate and having expectations prevent detachment, and says it follows that a detached person has an unstructured attitude. But I find that people I consider holy do have attitude problems in that they can be antisocial, arrogant, isolative or at least reclusive, etc. But my real question is, what is the purpose and function of detachment? Is it not in a sense to help the soul “travel” to heaven more easily? And to do more good while residing in the fleshly person while still on Earth? These are my thoughts — if you can straighten out any errors in logic or especially assumptions, I would appreciate that."  

Stephen Saunders


Mia rispostina: 
"Caro Stephen, l’intelligenza evolutiva, l’inconscio collettivo dell’umanità, utilizza sovente persone, come te e me, per inserire nuove forme pensiero e nuovi paradigmi. Per fungere da catalizzatori sociali queste persone non debbono incarnare alcuna forma di supremazia, autorità o controllo apparente nella società. E tu intuisci perché…. Tutto ciò che è apparente ha solo una funzione apparente mentre ciò che non appare resta sempre come substrato. Ho una mia visione sincretica dell’intelligenza umana e ritengo che agire ed intervenire sui mali correnti delle religioni, come pure del pensiero materialista, sia utile e necessario per l’evoluzione della nostra specie. Ho notato che esistono forti preclusioni all’intelligenza sincretica (cioè all’accettazione della spiritualità laica ed al libero pensiero nelle sue varie sfaccettature) sia in campo ateo che in quello religioso, ma lascio da parte il campo ateo giacché non influisce molto sulla società mentre voglio continuare a indicare il male religioso come il più virulento. Non so se sarà così facile scardinare un “potere” che non è solo religioso ma economico e politico. Qui siamo sfavoriti contro nemici ben difesi da un numero assurdo di credenti, alcuni sono in buona fede altri sono semplicemente furbi.

Insomma per contenere l’ingerenza religiosa -secondo me- occorre provocare i caporioni sul loro stesso piano (quello spirituale), attirarli fuori dalle mura del dogma e colpirli uno ad uno appena escono.
Di fronte a tanti “matti” serve solo la discriminazione ed il distacco, una partita a scacchi del pensiero. Non lasciamoci prendere dalla foga, non reagiamo gettando il bambino assieme all’acqua calda, usiamo discernimento: va bene cancellare l’ignoranza, le religioni e le ideologie ma non cancelliamo lo spirito dell’uomo, il suo cuore…
Nella Spiritualità Laica si intende che la ricerca spirituale debba essere indirizzata unicamente all’auto-conoscenza. Per conoscere se stessi non c’è bisogno di alcuna istruzione o azione formale ma solo di meditazione ed auto-indagine sulla vera natura della Coscienza. Le prove da affrontare nella vita sono tante! A noi la libertà di crescere interiormente senza farci trascinare dagli eventi. Ciò si ottiene attraverso la discriminazione e il distacco (viveka e vairagya)…" 
(Paolo D’Arpini)
Paolo D'Arpini

“You either let yourself be carried by the river of life and love represented by your Guru, or you make your own efforts, guided by your inner star. In both cases you must move on, you must be earnest. Rare are the people who are lucky to find somebody worthy of trust and love. Most of them must take the hard way, the way of intelligence and understanding, of discrimination and detachment (viveka-vairagya). This is the way open to all.” 
(Nisargadatta Maharaj)
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martedì 27 agosto 2019

Biopolitica contraffatta ed il cetriolo democratico



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Qualche domanda e qualche considerazione guardando in casa nostra, consapevoli di essere osmotici ad intenzioni che arrivano da fuori.

Non saprei da dove avviare la questione. Provo con una domanda. Chiedo, “È democrazia il popolo da un lato e il parlamento/governo dall’altro?” Domanda elementare la cui risposta è chiara ed univoca a chiunque. Fatto salvo a chi, invece dei principi democraticamente ovvi, preferisce la dialettica politica fino all’eventuale contratto col nemico. Se unire forze prive di consenso sia cosa costituzionalmente prevista non sposta l’importanza della questione.

Effettivamente le due posizioni – tra chi inorridisce a immaginare un governo estraneo al consenso popolare e chi no – sebbene inconciliabili nei loro principi, sono entrambe disponibili agli uomini. A quale verità vogliamo appartenere?

All’ambito popolare che non ha più nulla da spartire con quello dei suoi rappresentanti? Sembra un’imbecillità chiederselo, ma non lo è. Sono decenni che si osserva il crescendo della distanza tra le due parti. Ma è soprattutto la conseguenza implicita – anzi maledettamente esplicita – che dovrebbe iniziare ad essere presa popolarmente in esame: la democrazia è certamente stata concepita, ma è mai nata? La sua promessa quanto è stata mantenuta? Quanto ha fallito? O è abortita?

In ogni caso, la teniamo attaccata al polmone artificiale. Ci si prodiga ad allungarne l’agonia. Questioni affettive? Paura di perderla? Nella speranza si riprenda? Eppure da un punto di vista funzionale, non c’è più niente da fare. Stato vegetativo si direbbe personificandola. La nuce che conteneva non diventerà realtà. Comprensibilmente ci si esalta nei momenti in cui sussulta. Ma a questo punto sembrano più diversivi pilotati, assi che escono dalla manica del grande joker piuttosto che salute effettivamente riconquistata.

Allora torniamo alla domanda tanto elementare quanto fondamentale. È democrazia il popolo da un lato e il parlamento/governo dall’altro? Anche se ha una risposta per molti univoca è obbligata. Va posta, per riflettere, per svegliare, per creare il necessario che la scongiuri, per prendere coscienza che il lavoro è lungo e smettere di pretendere e accontentarsi di risultati immediati. Noi del popolo dobbiamo porcela e avviare processi privato-politici utili alla salute della moribonda democrazia. Dobbiamo porcela e darci da fare per evitare di essere collusi con il suo funerale. Al quale si accoderanno uomini scesa da ogni lato del parlamento.

“Per il bene dell’Italia”. È la risposta di coloro che ritengono che la democrazia sussista anche separata dal consenso popolare, assoggettabile a mediazione. Una prospettiva elastica fino ai lontani confini dell’ossimoro. Mi riferisco naturalmente al principio democratico, non a quanto esiste nel dibattito parlamentare. E proprio in quest’ultimo sono rintracciabili i virus del do ut des, malattia degenerativa della mercificazione e compravendita dello spirito che ha costretto la democrazia al reparto Terapia Intensiva.

Niente compromessi allora? Parlamento inutile? No. Rinunciare alla propria modalità di esecuzione di un progetto politico, accomodarla dopo aver ascoltato altre parti fa parte della dialettica. Rinnegare le promesse e gli impegno, svendere la propria idea politica, privilegiare l’interesse personale, imbrogliare il prossimo è altra cosa. È mercificazione di sé. È incompatibile con l’idea di democrazia che media e istituzioni seguitano a venderci.

“Per il bene dell’Italia”, passo-passo si è arrivati a stringere accordi con élite che non ci riguardano; a dimenticare a chi si era stretto la mano. Ai tempi, un gesto che valeva come la ceralacca, oggi, il tempo che trova. Chi s’è visto, s’è visto. O, meglio, business is business. Una formuletta magica onnipotente adatta a tutti i tavoli di lavoro, a mitigare tutti i mali, salvo non siano etici.

In sostanza siamo immersi nel genere – sì, come per i tipi di programma tv – democratico-mediatico. Del resto, nella società dello spettacolo sempre più citata in questi ultimi anni, è più opportuno riferirsi ai generi che non a progetti politici di lunga prospettiva. Dalle sue trincee di raso, chi dispone della comunicazione combatte una guerra che non perderà mai.

Ma anche noi partecipiamo al degrado. Chi vuole più aspettare? Dopo aver vissuto la Milano da bere, dopo aver visto il trionfo dell’edonismo individualista. Una spaccatura profonda della tradizione culturale italiana e molto milanese che aveva coperto di gloria sonante e in tempi brevi, schiere di giocatori in borsa e rampanti consulenti finanziari. Che questi avessero sostanzialmente derubato il loro prossimo, era cosa da soprassedere, la legalità glielo permetteva. Loro incassavano, gli altri piangevano. Meglio più furbi che più buoni.

Era la nuova era, il nuovo equilibrio. Dove, anche a cercarla, non c’era più parsimonia, frugalità, senso della vita. Il piacere immediato aveva sostituito quello della pagnotta guadagnata. I media, di quello parlavano, mica dei poveracci. Con gli strilli dedicati ai nuovi ricchi vendevano. Nessuno di loro aveva letto fino in fondo la leggenda del re Mida. C’era solo da spettare. La realtà gliela avrebbe servita.

Da lì, da quel punto, passaggio chiave di una via verso la giustizia sociale, la direzione della democrazia ha cambiato rotta. “Novanta a dritta” è stato l’ordine silente e convincente arrivato dalle eminenze ai capitani. Solo così avrebbero raggiunto il porto giusto. Al diavolo le alte vette della purezza. Ad attendere l’equipaggio festante c’erano gli oligarchi dell’ammiragliato. I capi della grande flotta che solca tutti i mari del mondo erano in banchina ad attenderli. In pochi semplici esami i nostri uomini hanno superato le richieste della commissione. Manco a dirlo i commissari erano tedeschi, francesi, americani, generali e qualche anonimo, che ha preferito rimanere nell’ombra.

Democraticamente la democrazia ha così camuffato – o cancellato? – se stessa. Sì, perché se si tolgono gli elettori dalla scena resta un giochetto per pochi oligarchi. Maestri del vincere facile.

Le scelte dei nostri prodi vassalli li avevano portati a giurare fedeltà a corone superiori con le quali il doppio gioco non è neppure pensabili. Così, per mantenere la nuova, edulcorata ma posticcia libertà, si attengono al giuramento che le hanno dovuto prestare. Quell’altro, compiuto con i loro elettori, che vuoi farci, complicava troppo le cose.

Girala di qui e girala di là, chi vuole ancora credere nella democrazia almeno faccia mente locale e si chieda se è in corso – per essere gentili – una sua parabola discendente. Se non siamo arrivati fin qui sospinti avanti, come l’asino, dalla carota democratica.

Quelli che invece ne hanno già visto l’arco ormai spento oltre l’orizzonte della giustizia sociale, del bene comune, della lungimiranza, dell’identità culturale con cui allevare i nostri figli, di un progetto condiviso per il quale rimboccarsi le maniche e strapparsi di dosso i lamenti dei bottegai – come successe per il boom economico – speriamo rimangano calmi e caccino via idee violente e dinamitarde.

Lorenzo Merlo  - 26 agosto 2019

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venerdì 23 agosto 2019

UE. Controllo sulle emissioni atmosferiche inquinanti


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Le emissioni di importanti inquinanti atmosferici, come anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri, da grandi impianti di combustione sono diminuite in modo significativo nell'Unione europea (UE) tra il 2004 e il 2015: - 81% le emissioni di anidride solforosa, - 49% di ossidi di azoto, - 77% di polveri. Questi inquinanti sono importanti in quanto dannosi per la salute umana e gli ecosistemi e causa di una vasta gamma di perdite economiche.

Secondo un rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente, il merito di queste importanti riduzioni sarebbe soprattutto della Direttiva UE sui grandi impianti di combustione, che continuano comunque a rappresentare importanti fonti di emissione in molti paesi europei per anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri.

La Direttiva avrebbe in primo luogo svolto un ruolo importante nell'armonizzare le prestazioni ambientali del settore in tutta Europa: gli Stati membri con i livelli di emissione più elevati nel 2004 avrebbero migliorato maggiormente le loro prestazioni ambientali, portando a differenze molto più piccole tra Stati membri entro il 2015.

Il rapporto prende anche in considerazione aspetti della Direttiva che avrebbero potuto essere più ambiziosi.

Le riduzioni delle emissioni nei grandi impianti di combustione forniscono una chiara storia di successo su cui costruire future politiche e regole, anche in altri settori. La valutazione e la comprensione dei motivi dei precedenti successi in materia di politica ambientale e climatica, infatti, sono fondamentali per garantire che le nuove politiche siano efficaci nello stimolare la transizione verso un'Europa più sostenibile.


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(Fonte: Arpat)

mercoledì 21 agosto 2019

“Tribù indiane. Capitale e proletari nella storia del Nord America” di Giorgio Stern – Recensione

Qualche tempo addietro, verso la metà di luglio del 2019, ricevetti una email da Giorgio Stern in cui mi chiedeva un indirizzo postale per farmi pervenire il suo libro “Tribù indiane. Capitale e proletari nella storia del Nord America” (Zambon Editore), in quel periodo mi trovavo in Emilia, a casa di Caterina, e nel giro di pochi giorni ricevetti il volume. Conoscevo solo di nome Giorgio Stern e la sorpresa nel ricevere questo dono inaspettato fu tanta. Ma in fondo non c’era poi da meravigliarsi, poiché sia lui che io facciamo parte della lista No-Nato e quindi dal punto di vista “politico” già condividiamo diverse opinioni.
La curiosità solleticata dal come ero venuto in possesso del libro mi spinse immediatamente alla lettura, anche perché delle vicissitudini e delle sofferenze degli indiani d’America avevo iniziato ad interessarmi dai tempi di “Soldato blu” un film epico e drammatico che per primo modificava l’approccio verso l’epopea del “selvaggio West” (pellicola del 1970, diretto da Ralph Nelson e ispirato al romanzo storico di Theodore V. Olsen, Arrow in the Sun, a sua volta ispirato ai reali eventi del massacro di Sand Creek del 1864. Si tratta di uno dei primi film western a schierarsi dalla parte degli Indiani d’America).
L’epopea e la tragedia del popolo dalla pellerossa sono descritte in dettaglio nel libro “Tribù indiane” di Stern ed è subito chiaro sin dalla prefazione dell’autore, in cui è detto: “Quanto qui brevemente esposto riassume un capitolo di storia determinante nei suoi sviluppi successivi, facilmente documentabile per l’accesso alle fonti e per i numerosi studi editi negli stessi Stati Uniti, spesso disatteso o snaturato dai mezzi di diffusione di massa e dagli storici di professione”.
Insomma si tratta, come diremmo oggi, di un “libro verità” in cui i vari aspetti ed eventi che portarono allo sterminio, da parte dei “civili yankee” di una popolazione indiana stimata attorno ai 14 milioni di persone ed oggi ridotta a poche centinaia di migliaia. Un olocausto tremendo perpetrato non tanto per motivi “ideologici” quanto per motivi di rapina.
Il “selvaggio west” del popolo dalla pelle rossa è stato così descritto da un esponente Sioux, Standing Bear, nel 1890: “Noi non abbiamo mai considerato le grandi pianure, la distesa delle colline e i tumultuosi torrenti fiancheggiati da folti cespugli, come qualcosa di “selvaggio”. Solo per l’uomo bianco la natura era un “mondo selvaggio”, e solo per lui la terra era “infestata” da animali selvaggi e da gente “selvaggia”: Per noi tutto era famigliare e domestico. La terra ci ricopriva di doni ed eravamo circondati dalle benedizioni del Grande Mistero. Solo quando l’uomo peloso venuto dall’est con la sua brutale frenesia rovesciò ingiustizie, su di noi e sulle cose che amavamo, questo mondo divenne “selvaggio”. Quando gli stessi animali della foresta cominciarono a fuggire davanti ai suoi passi, ebbe inizio per noi l’epoca del “Selvaggio West”.
Già da queste parole potei capire e dare una giusta collocazione agli eventi storici contenuti e particolareggiatamente descritti nel libro di Stern. Gli imbrogli, le nequizie, le stragi, la diffusione volontaria del vaiolo e dell’acqua di fuoco, lo sterminio gratuito dei bisonti, il continuo restringimento entro piccole riserve desertiche, l’espropriazione delle stesse ove facesse comodo alla costruzione di reti ferroviarie o allo sfruttamento di risorse minerarie. Insomma la riduzione in schiavitù e la quasi estinzione di un popolo nobile e generoso. Questo fecero i fautori della democrazia e della religione cristiana e giudea che ancora osano mettere sulla loro monete e sui loro simboli: “In God we trust”.

Quale Dio?, mi chiedo, forse trattasi di Mammona, se non peggio. E ciò viene evidenziato anche nel capitolo relativo all’affermarsi del primo capitalismo bancario, finanziario e industriale e conseguente sfruttamento delle masse popolari di immigrati affamati ed oppressi.
Leggendo le tristi vicende occorse ai lavoratori bianchi “di serie b” trucidati durante gli scioperi e costretti ad orari sfibranti per soddisfare la sete di denaro dei padroni, nonché alle mistificazioni portate a scusante dell’eccidio del popolo pellerossa, libero e pulito, è più facile oggi comprendere la frenesia di dominio e di sfruttamento dimostrato da questi “uomini bianchi pelosi” nei confronti di ogni altra nazione del mondo. Gli sterminatori “religiosi e democratici” che affermano “In God we trust” ma solo per giustificare ruberie e distruzioni, allora come ora!
L’emozione provata scorrendo i vari nitidi capitoli del libro mi ha impedito una lettura continuata, ho dovuto riporre il volume più volte, per non soccombere alla rabbia ed alla frustrazione. Insomma ho impiegato quasi un mese a completare la lettura di un testo di appena 160 pagine.
“Tribù indiane” si conclude con le vicende attuali di un ultimo eroe indiano perseguitato dai “democratici e religiosi”, Leonard Peltier, tutt’ora imprigionato senza giusta causa ma solo per punirlo del suo amore e rispetto verso la sua gente e verso le tradizioni ancestrali.
Che dire di più? Termino con le parole della mia compagna, Caterina Regazzi, che a sua volta avendo preso in mano il libro di Giorgio Stern gli scrisse: “Gentile Sig. Stern, sto anch’io leggendo il suo libro su “Tribù indiane…” e lo sto trovando veramente esaustivo , interessante e illuminante su tanti aspetti non certo edificanti della storia degli Stati Uniti d’America. Credo che meriti di essere diffuso e conosciuto…. Cordiali saluti!”
Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana




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Giorgio Stern

martedì 20 agosto 2019

Salvare le foreste è l'imperativo della UE

Si intensifica l'azione dell'Europa per proteggere e risanare le foreste del pianeta.

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La Commissione Europea ha pubblicato una comunicazione di ampia portata in cui vengono delineati nuovi quadri d'azione contro la deforestazione. L'obiettivo è quello di aumentare la salvaguardia delle foreste esistenti, soprattutto quelle primarie, e di accrescere la superficie forestale mondiale, nel rispetto della sostenibilità e della biodiversità.

Il documento intende nello specifico stimolare nuovi interventi di regolamentazione per ridurre la deforestazione causata dai consumi degli Stati membri individuando cinque priorità.

In primo luogo minimizzare l'impronta dei consumi sul suolo e incoraggiare il consumo di prodotti provenienti da catene di approvvigionamento che non contribuiscano alla deforestazione all'interno dell'Unione, attraverso la creazione di una piattaforma che coinvolga i vari portatori di interesse, e il miglioramento dei sistemi di certificazione dei prodotti.

Con l'intento di agire anche dal punto di vista dell'offerta commerciale, l'Unione intende collaborare con i paesi produttori per diminuire la pressione sulle foreste, supportandoli nella creazione di politiche e bioeconomie nazionali sostenibili che aiutino i piccoli agricoltori nella gestione del suolo agricolo e forestale.

Dal punto di vista della cooperazione allo sviluppo l'UE si impegna inoltre a promuovere nei consessi internazionali questo tipo di politiche e garantisce che gli accordi commerciali stipulati con l’Unione prevedano disposizioni per la conservazione delle foreste esistenti e per fermare il degrado forestale.

A livello di finanziamenti sia per quanto riguarda il settore pubblico che per quello privato, la Commissione si impegna anche a incentivare una gestione sostenibile delle foreste esistenti e a favorire la rigenerazione di nuove superfici boschive. Uno degli strumenti prevederà la collaborazione degli Stati membri nella promozione di una finanza verde che incoraggi nuove sovvenzioni.

Con l'obiettivo di supportare una maggiore disponibilità, una più alta qualità e un più facile accesso alle informazioni sulle foreste e sulle catene produttive si propone infine di istituire un Osservatorio Europeo sulla Deforestazione e sul Degrado Forestal e, nell'ottica di garantire un monitoraggio continuo e una misurazione dei cambiamenti sulla superficie forestale globale che permetta a enti pubblici, consumatori e imprese di attuare scelte sostenibili supportate dal controllo della filiera di approvvigionamento. Tra le possibilità vagliate dalla Commissione rientra anche quella di ricorrere in maniera sistematica al sistema di osservazione satellitare Copernicus.

La più recente comunicazione sulla protezione delle foreste si inserisce all'interno di un percorso decennale di lotta al disboscamento che ha visto l’Unione Europea porsi obiettivi ambiziosi quali quello di fermare entro il 2030 la perdita globale di superfici forestali e di dimezzare nello specifico la deforestazione tropicale entro il 2020. Obiettivi che però negli anni hanno trovato difficoltà ad essere raggiunti.

Le foreste del pianeta conservano circa l’80% della biodiversità terrestre e rappresentano una fonte diretta di sostentamento per le comunità locali, pari a un quarto della popolazione mondiale, oltre a rappresentare un valore culturale, sociale e identitario. Inoltre sono una risorsa fondamentale per la lotta contro l’emergenza climatica. Secondo le Nazioni Unite le foreste catturano un terzo delle emissioni prodotte ogni anno dai combustibili fossili e la seconda causa di emissioni è proprio il consumo e i cambiamenti d’uso del suolo dovuti alla deforestazione, che sono responsabili del 12% del totale della anidride carbonica presente in atmosfera.

Per raggiungere gli obiettivi di abbattimento delle emissioni fissati dagli Accordi di Parigi sarà necessario invertire il trend con cui le foreste stanno scomparendo. Fin dagli anni novanta si stima siano andati persi oltre 130 milioni di ettari di foreste, a causa dell’aumento della domanda di alimenti, mangimi, biocarburanti, legname e dall’aumento generale dei consumi soprattutto di materie prime quali soia, olio di palma, carne, caffè e cacao, di cui l’Europa è grande importatrice. Secondo il documento della Commissione, i consumi dell’Unione sarebbero responsabili di circa il 10% della deforestazione su scala globale, questo riconoscimento di responsabilità viene visto così come l’occasione per assumere un ruolo da battistrada nella salvaguardia delle foreste.

Per approfondire leggi la comunicazione Stepping up EU Action to Protect and Restore the World’s Forests 

Testo di Giulia Casasole

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(Fonte Arpat)

lunedì 19 agosto 2019

Addio Venezia (e dintorni) - Riscaldamento globale e innalzamento del livello del mare


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La tendenza è certa. Può variare solo la misura dell'aumento della temperatura. E per gli effetti, per esempio l'innalzamento del livello del mare, la prospettiva varia tra i 50-60 cm., nel caso di comportamento virtuoso di sostanziale progressivo azzeramento delle emissioni, e il doppio mantenendo la dinamica di aumento delle emissioni. Già sono delineate le vaste aree litoranee minacciate da sommersione. 
Una prospettiva in fase di accelerazione ma già avviata già  da alcuni decenni.  Al livello locale dati ISPRA per il pregresso decennio  indicano  in almeno 3 mm./anno l'innalzamento (eustatismo) del livello del mare rispetto alle terre emerse nell'area veneziana, ai quali si aggiungono 3 mm./anno della perdita di quota (subsidenza) di queste ultime rispetto al medio mare. Quindi solo negli ultimi 10 anni  sono 6 i centimetri di quota perduti e l'accelerazione futura riguarda di entrambi i fenomeni, non solo l'eustatismo per l'innalzamento della temperatura ma pure la subsidenza, dinamica naturale che si amplificata nel caso del suolo della bonifica e in particolare del collasso per salinizzazione, come già succede nell'area di Cavarzere-Cona dove nel giro di qualche decennio l'abbassamento del livello del suolo ha supera il metro e la salinità di risalita prospetta la sterilità del suolo agricolo. Pure l'emungimento di acqua dal sottosuolo in prossimità del litorale alimenta la perdita di quota, che permane ad esempio a Cavallino-Treporti, per le pratiche agricole, mentre doveva essere bloccato già entro il 1999 . 
L'emungimento degli acquiferi e l'esigua portata fluviale già alimentano il pericolo di intrusione del cuneo salino (acqua salata al posto dell'acqua dolce nel sottosuolo), a sua volta agevolato dalla perdita di quota del litorale. 

Il riscaldamento globale comprometterà pertanto non solo la più nota e discussa validità del progetto MOSE,  nel caso entrasse in funzione,  ma pure la prospettiva del limitrofo litorale veneziano come terra emersa. Già ora la sua erosione è un problema, che genera continui costi pubblici, sia per il ripascimento richiesto dagli operatori turistici  dipendenti prevalente dalla praticabilità dell'arenile, sia per le opere di sicurezza idraulica necessarie per la funzione di difesa della laguna e dell'entroterra dalle mareggiate.   
Rilevazioni recenti indicano l'accelerazione della subsidenza, un paio di mm. in più, in corrispondenza delle costruzioni delle torri a Jesolo, accelerazione forse temporanea ma indicativa degli effetti dell'urbanizzazione.

Rispetto alla già preoccupante stato idrogeologico del litorale veneziano, con la prospettiva di perdita ulteriore di quota del suolo rispetto almare intorno ai 20 centimetri  nei prossimi 20 anni, è di questi giorni la resurrezione dell'"autostrada del mare", project financing ritornato in auge con la sponsorizzazione "lungimirante" della giunta Zaia e l'avallo del CIPE. Richiesta dalle Amministrazioni del litorale come soluzione  delle difficoltà presenti e future di accesso dei flussi turistici, persegue la scontata consenquenzialità sviluppo infrastrutturale-sviluppo economico locale, ma pure  l'implicito supporto alle aspettative di valorizzazione delle vaste superfici già destinate all'economia turistica dai piani urbanistici comunali, per altro approvati senza alcuna attendibile valutazione di compatibilità ambientale, sia VAS che VINCA; in alcuni casi l'espansione turistico-insediativa prevista  ricade anche su aree inedificabili (aree di duna e pineta o di prossimità fluviale o lagunare), individuate da norme (PALAV) vincolanti e sovraordinate  ai piani comunali, delle quali però Comuni e Regione (prima Giunte Galan-Chisso e poi pure ZAIA) si sono forse dimenticati strada facendo. 
Pertanto ulteriore iniziativa infrastrutturale per supporto e promozione di incrementi della presenza turistico-insediativa già predisposta dalle pubbliche amministrazioni, ma per effetti ambientali che per la combinazione/sinergia col riscaldamento globale  non potranno che essere di accelerazione della subsidenza  e il corollario del cuneo salino. 

E' tale la conseguenza del consumo aggiuntivo/impermeabilizzazione di suolo e del consumo aggiuntivo di acqua dolce, generati dal carico antropico aggiuntivo in condizioni già allarmanti di insufficienza della portata idrica di Piave, Brenta e pure Sile. E' conclamato lo stato di penuria del deflusso idrico recapitato a mare dai fiumi, oggetto di sostanziali derivazioni/prelievi lungo tutto il percorso, unitamente alla progressione del livello del medio mare rispetto al suolo che agevola la risalita, avvenuta o potenziale, del cuneo salino e la sua penetrazione sotto il suolo della bonifica con effetti che interferiscono con le sue caratteristiche geomeccaniche per cedimenti differenziali, che non dovrebbero costituire questione  trascurabile in ambiti di densa urbanizzazione, presente e futura. Pure il ripascimento dell'arenile, notoriamente già in stato di erosione/arretramento diffuso e  in natura dipendente dal trasporto solido fluviale (sedimenti fini trasportati  in sospensione dai fiumi alpini sul litorale ), da tempo dipendente dai sedimenti e roccia collocati con mezzi meccanici e scarso successo dalla spesa pubblica, ha già difficoltà di sostenibilità economica e in prospettiva  pregiudicata l'efficacia per la progressiva perdita di quota dell'arenile rispetto al mare. 

Non trascurabile ma prioritario pertanto l'aspetto dell'approvigionamento idrico per gli insediamenti, di Chioggia-Sottomarina, Jesolo, Caorle, Eraclea e oltre, per la dipendenza dalle citate aste fluviali, dalle quali dipende pure Venezia, che richiedono prelievi massimi per il periodo di punta del flusso turistico coincidente con situazioni stagionali di particolare penuria del deflusso idrico; la funzionalità delle opere di presa degli acquedotti sono è condizionata dall'intrusione del cuneo salino già allo stato attuale del carico antropico e della condizione climatica.
  
Quindi autostrada del mare per proseguire secondo logiche infrastrutturali e prospettive insediative che, come consuetudine, sono perseguite indipendentemente dalla sostenibilità ambientale. Nel caso specifico avranno l'effetto di accelerare la crisi dell'economia locale (turismo e pure agricoltura) per le ricadute negative sulle dinamiche ambientali proprie del litorale sabbioso. Inevitabile anche la prospettiva dell'accelerazione della spesa pubblica per di difesa/sicurezza idraulica del litorale e della laguna.  
La gestione sostenibile del territorio litoraneo resta quindi  l'imperativo per non accelerare i devastanti effetti futuri del riscaldamento globale sulla fascia litoranea.  La gestione della risorsa acqua dolce, del flusso e dell'assetto degli alvei fluviali  rappresenta un'altra problematica essenziale per il futuro prossimo di tali aree. La sostenibilità ambientale come variabile indipendente è il presupposto per le politiche delle amministrazioni pubbliche nella gestione del territorio, a differenza della gestione corrente che alimenta la capacità insediativa come variabile indipendente e indipendentemente dalle norme di tutela ambientale vigente (VAS, VINCA, VIA, per piani e progetti)  ricondotte a puro eserrcizio formale di uffici  pubblici spesso privi di adeguate competenze professionali oltre che di terzietà di giudizio.

Roberto Scarpa

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Articolo collegato:   https://www.leggo.it/italia/cronache/mutazioni_clima_meteo_previsioni_luca_mercalli-3248872.html

martedì 13 agosto 2019

Ricerca storica-antropologica sull’origine dell’attuale crisi ambientale e climatica


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In tutto questo sfacelo ambientale e climatico in cui noi, poveri mortali, assistiamo impotenti, ci si chiede se questo modello di società, reo di quanto sta accadendo, era ed è l’unica strada percorribile dall’umanità o se invece esistono altri percorsi capaci di scongiurare questa profonda crisi ambientale. Personaggi di alto valore intellettuale, filosofi e storici, di ieri e di oggi ci dicono che esistono alternative a questa società consumistica e aggressiva nei confronti dell’ambiente. Già a partire della nostra era industriale qualche intellettuale proponeva forme di società e di sviluppo alternativo, vedi il socialismo e poi il comunismo, che, comunque, alla fine hanno dimostrato anche loro profondi limiti. Tra tutte le altre formule sociali proposte in alternativa, primeggia comunque la filosofia di Erich Fromm: “Essere o Avere”. Oggi abbiamo capito che la nostra è solo la società dell’avere e, quindi, della sistematica e continua distruzione della nostra stessa casa: l’ambiente. E’ possibile a questo punto invertire la marcia? Molti pensano di NO. 

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I grandi cambiamenti tanto necessari per invertire la marcia verso il baratro, ormai si possono fare solo a parole, attraverso conferenze o trattati, ma nulla più. La nostra società si è talmente “incartata” che è quasi impossibile portarla su una strada diversa. Dobbiamo purtroppo prendere atto che questa macchina di distruzione del clima e dell’ambiente è come un grande volano, una volta attivato non si ferma più. Dopo 50 anni di studi, spedizioni all’estero e varie esperienze, nel tentativo di capire il perché di questa situazione ambientale e climatica critica, oggi abbiamo capito che dobbiamo rassegnarci a quello che verrà. L’ultimo rapporto dell’IPCC, presentato a Ginevra alcuni giorni fa, avvalora questa tesi. Forse le cose dovevano andare così, forse era scritto nel destino di questa umanità, (per i Veda la nostra è la quinta umanità, dopo ci sarà la sesta e poi la settima) per cui non ci rimane che rassegnarci al triste futuro che ci si para davanti. 

Tuttavia una soddisfazione vogliamo prendercela: capire quando e dove è scoccata la scintilla che ha determinato questa situazione. Vediamo allora di cercare nell’archivio del tempo per capire. 5 Molti storici danno per scontato che l’inizio di questa situazione è iniziata nell’era industriale, a partire dall’invenzione della propulsione a vapore per arrivare all’era dei combustibili fossili. Altri si avventurano ancora indietro nel tempo facendo iniziare la crisi ambientale e climatica addirittura all’impero romano. Noi invece andiamo ancora più indietro nel tempo, all’origine delle prime civiltà dell’uomo, all’incirca intorno al 6/5.000 a.C. 

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Sono pochissimi in effetti che si avventurano nel lontano passato per comprendere la situazione ambientale dei giorni nostri, eppure tutto questo ha radici lontane. Ci si dice che la grande rivoluzione culturale dell’uomo iniziò in Europa, una rivoluzione che nei millenni ha gettato le basi della società che stiamo vivendo. ( Molti però pensano che l’origine delle grandi civiltà sia iniziata ancora prima e in particolare in Mesopotamia, ma di questo ne parleremo in futuro). In questo breve articolo pertanto ci occuperemo delle civiltà del Mediterraneo e del nord Europa. Stiamo parlando delle civiltà Matriarcali Mediterranee dove era la donna e non l’uomo a gestire le società di allora. Esempi luminosi sono i ritrovamenti neolitici delle statuette della Dea madre in alcune caverne europee, mentre più significativi sono i resti archeologici di Çatal Hüyük in Turchia e dei templi dedicati alla dea madre a Malta (circa 10.000). 

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 La Dea Madre rinvenuta in un tempio di Çatal Hüyük e a fianco la ricostruzione della città Tempio alla Dea Madre a Malta a forma di utero Venere Paleolitica dormiente – Malta Secondo i più accreditati antropologi, in particolare lo scienziato Johann Jakob Bachofen, il matriarcato fu l'organizzazione originale dell'umanità, e solo più tardi venne sostituita dal patriarcato. I primi esempi di società matriarcali si fanno risalire all’inizio del neolitico, circa 15000 anni fa. La donna, quale generatrice della vita, era ritenuta una figura importante e, pertanto, riconosciuta come capo supremo. In quello 6 stesso periodo si era scoperta l’agricoltura e l’addomesticamento degli animali per cui si erano formati i primi insediamenti umani stabili. Il matriarcato pertanto incarnava una società tranquilla e pacifica dedita all’agricoltura e all’addomesticamento degli animali. In quello stesso periodo a nord del Mediterraneo nel bacino del Volga, nella Russia europea e nel Mar Nero era presente una popolazione patriarcale, la civiltà dei Kurgan, in cui il dominatore assoluto non era più la donna ma l’uomo. Un popolo che per quei tempi potremmo definire guerriero, dedito quasi esclusivamente alla caccia e alla pastorizia, sostenuto alimentarmente oltre che dalla carne animale dai frutti della natura, quindi ancora in parte frugivoro e raccoglitore. 

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Ad un certo punto, all’incirca 13000 anni fa, l’emisfero nord della Terra subì un fortissimo raffreddamento climatico (Younger Dryas) e molte terre si coprirono di ghiaccio, il tutto durò circa 1300 anni (*). Questa nuova, se pur breve, era glaciale obbligò popolazioni situate più a nord rispetto al Mediterraneo ad emigrare, nella ricerca di terre libere dal ghiaccio ( vedi illustrazione). Inevitabilmente la civiltà patriarcale e violenta dei Kurgan venne in contatto con quella pacifica del Matriarcato, gioco forza in pochi secoli la cultura matriarcale fu spazzata via. E’ al suo posto nacquero gli Achei, gli Etruschi, i Fenici, ecc. ecc. “Un regalo”, si fa per dire, venuto dallo spazio che ha modificato profondamente il clima terrestre permettendo a tribù guerriere e assassine di azzerare civiltà pacifiche che se fossero sopravvissuta fino a noi forse l’uomo non avrebbe commesso efferati genocidi e, alla fine, sganciato 2 bombe atomiche su popolazioni inermi. Da quel momento la cultura dell’ESSERE (in parte rimasta in alcune aree geografiche dell’Oriente) lasciò il posto alla cultura dell’AVERE, di cui ancora oggi ci nutriamo. 

Ecco quindi, secondo noi, da dove è partita la cultura dell’avere che ha generato le società che oggi governano il pianeta e che minacciano tutti gli equilibri della natura e del clima terrestre. Circa 12800 anni fa, il pianeta Terra ha attraversato un breve periodo di freddo non correlato con nessuna era glaciale. Oggi si sa che tale periodo fu causato da un asteroide o una cometa che si sgretolò nell’alta atmosfera producendo sulla terra una pioggia di frammenti che, soprattutto nel centro America causò l’estinzione di tutta la fauna presente e la fine della civiltà Clovis (noto come la teoria dell'impatto cosmico del Dryas recente).

Filippo Mariani - A.K. Informa N. 33

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lunedì 12 agosto 2019

Schio: "Bruciare rifiuti produce schifezze..." - Lettera aperta di Gianni Padrin


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Letta l'ennesima lettera di qualcuno che si arrabbia per la raccolta differenziata "alla scarsa" di Vicenza; letto anche il bell'articolo sui risultati del cancerogeno inceneritore di Schio, dove si evince che chi lo ha voluto, non vuole tanto bene agli abitanti di Schio e dintorni (non che sia diverso da quello di Padova o di Acerra), perché anche un bambino capisce che se si bruciano delle schifezze, quel fumo è facile che siano altre schifezze, se non peggio. Peggio ancora tutti i politicanti che in tempi in cui era certificato che escono dai camini solo cancerogeni, hanno fatto poco per limitarne l'arrivo dei camion pieni zeppi, come fossimo nelle terre della camorra... In realtà lo è, e non solo !!

A Vicenza continua la raccolta non eccelsa, rispetto ai comuni contermini; inutile che si sbracci a difenderli il capo Aim. Se i comuni attorno fanno il 75%, Vicenza che ha ancora i cassonetti sempre pieni di schifezze (certificate da foto di vari cittadini) che percentuali può avere ? Anche qui basta un bambino a dare la risposta; non uno di Schio però, perché anche lui potrebbe arrabbiarsi, perché anche lui ha letto dei 18 kg di polveri cancerogeno-mutagene prodotti al giorno dalle ciminiere, che equivale a 6.570 kg all'anno. 

Da aggiungere i roghi della camorra nei capannoni veneti riempiti di veleni, che sembra che nessuno della giustizia se ne interessi, dei Pfas che sono stati buttati nel Poscola dalla fine degli anni 60 e di cave in zona di acquifero indifferenziato, diventate discariche di Veleni, autorizzate dai "nostri" sindaci... Poi c'è ancora qualcuno si stupisce che gli ospedali sono pieni di giovani ammalati di malattie che una volta erano rare! Morire di buona vecchiaia oggi è ormai raro.

Gianni Padrin & molti Amici arrabbiati   alcuni avevano letto la risposta di Aim, non molto piaciuta. Sempre disponibile a chiarimenti anche dettagliati. Info:  lalibertaepartecipazione@gmail.com

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Inceneritore di Schio (Vicenza)


domenica 11 agosto 2019

Ancona. "Non è da buttare" - Una storia bioregionale di Andrea Santini


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Ad Ancona viveva un ciabattino sopra casa mia. Si chiamava Alvaro. Era una specie di chirurgo estetico… solo che non usava la pelle del tuo viso o delle tue braccia o del collo. Andavi nel suo antro buio e nero, ed ancora oggi non capisco come facesse a vedere ciò che faceva, e gli portavi delle cose che erano state scarpe. Lui le guardava e ti diceva sempre: "No... non sono da buttare.!"

Ok detto da un’operatore della finanza, o da chiunque altro lavoratore, sarebbe oggi, garanzia di una truffa. Non è da buttare è stato bandito! Relegato a pochi pazzi accumulatori seriali che avvalorano la teoria che tutto sia da buttare. Ma lui no! Tornavi giorni dopo e le scarpe erano effettivamente tornate belle. A volte, spessissimo, tornavano nuove.
Il mondo quaranta anni fa era veramente differente. Alcuni di noi ne hanno memoria. Di certo non i vecchi, loro hanno perso la memoria quasi subito; già da adulti. Verso la fine degli anni settanta e gli inizi degli ottanta si diffuse uno strano virus che sembrava colpire i giovani ed invece avvelenava gli uomini maturi. Quegli uomini, prima convinti di essere stati ingannati, iniziarono a maturare un orgoglio impressionante e ad odiare i giovani per la-loro-ricchezza. Quell’odio crebbe poiché era stato scientificamente provocato per distanziare gli uomini dalle soluzioni che avevano a portata di mano.
Sarebbe bastato per chiunque osservare l’America e vedere ciò che accadeva lì, per capire ciò che sarebbe accaduto qui. Ma gli uomini detestano sentirsi idioti.!. Manipolati…e in genere chi li fa sentire tali è il loro nemico. Ed invece dovrebbero guardarsi da chi fa finta di farli sentire bene.
Puoi dire qualunque cosa a chiunque, ma non farlo sentire mai un idiota se vuoi derubarlo di qualcosa o se vuoi aiutarlo. Gli uomini vivono un'intera esistenza di menzogne per sentirsi dire che hanno fatto la scelta migliore e che non sono stati idioti.
Parola antica idiota, latina, sarà per questo che le persone la percepiscono in maniera “grave", come un macigno sopra il capo.
Per ingannare gli uomini puoi fare molte cose e tutte molto semplici. Questo post non servirà ad arricchirmi. Non mi farà avere più amici.
Per avere consensi da voi, finendo questo post, voi dovreste sentire il bisogno di comprare da me qualcosa, ma avendo la certezza di avermi derubato. Siete e siamo stati educati così.

Il mondo oggi ha solo questa regola. Nient’altro; far pagare pochissimo scelte che ci uccideranno o uccideranno i nostri vicini. Etimologicamente Rubare, Derubare… conduce a rompere una veste. Ruba era una veste... un bottino di guerra.
Alvaro, che un amica mi ha riportato alla memoria, vi faceva pagare pochissimo la vostra libertà. Ma ad un certo punto la gente ha avuto il bisogno di pagare ancor meno per una schiavitù dorata (via via sempre meno).
Sono state fatte molte scelte e molti uomini capaci si sono venduti ed industriati per rubare le vesti ai più sciocchi o agli sconfitti. Solo i poveri avrebbero, come è sempre stato, pagato il saccheggio e la sconfitta.
Oggi i finti poveri sono venuti a riprendersi il maltolto portati proprio da quei tiranni che li hanno depredati. Non sono veri poveri, quelli sono deboli e moribondi.
Ma l’uomo è idiota e per lui l’unica cosa è importante è... non capire di esserlo! Ed hanno vita facile i signori. Hanno fatto fare battaglie per depredare i popoli, hanno avallato saccheggi, hanno scelto stili di vita che oltraggiano perfino la natura.
Da sempre, suprema idiozia, il popolo ha partecipato a tutto ciò, credendo di poterne godere. Ed odia con forza tremenda chi cerca di scoprire le cause di quei mali. Troppo faticoso capire. Per questo chi ha a cuore “il nostro riposo” è sempre alla ricerca di utili idioti, che spariglino le carte, avvelenino pozzi, credendo di poter godere della protezione suprema dei più forti. Ma il re, il vero re, vuole essere solo. Proteggerà solo sé, "solo" se stesso. Solo.

Si dovrebbe noi tutti avere il coraggio di guardarci dentro e vedere ciò che le nostre azioni producono. Purtroppo, e ve lo dice un idiota, è l’unica nostra possibilità.!.
Ciao Alvaro.

Andrea Santini

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