giovedì 31 maggio 2012

Movimento Nonviolento: "Il 2 giugno 2012 sfileremo noi, per dire no alla guerra!"



ART. 1: L'Italia è fondata sul lavoro
ART 11: L'Italia ripudia la guerra

E' ormai un coro unanime di cittadini, associazioni, partiti, quello che  da tutta Italia chiede al Presidente Napolitano di abolire la parata  militare del 2 giugno e destinare i fondi ai terremotati dell'Emilia.

La richiesta si inserisce a pieno titolo nella campagna "Disarmo e  riduzione spese militari" lanciata dal Movimento Nonviolento al termine  della festa per i suoi primi 50 anni (Verona, 22 gennaio 2012).

Dicevamo: "2 giugno, festa della Repubblica: celebriamo l'Italia che ripudia la guerra, chiediamo che le parate militari siano abolite e
sfilino solo i cittadini disarmati".

Sabato 2 giugno, alla mattina, troviamoci davanti alle Prefetture delle  nostre città, oppure organizziamo dei sit-in in luoghi significativi ed  innalziamo i cartelli con l'articolo 11 della Costituzione, per dire no  all'acquisto dei caccia-bombardieri F35, per chiedere di rimuovere  l'ostacolo delle enormi spese militari ed avere a disposizione ingenti  risorse per dare piena attuazione a tutti i principi fondanti della  Costituzione: lavoro, diritti umani, dignità sociale, libertà,  uguaglianza, autonomie locali, decentramento, sviluppo della cultura e  ricerca, tutela paesaggio, patrimonio artistico, diritto d'asilo  ed oggi anche concreta solidarietà con la popolazione colpite  dal sisma.


Movimento Nonviolento
Mao Valpiana

"Magia, fenomeni paranormali, miracoli, ieri ed oggi” di Antonella Pedicelli

Allo specchio - Affresco di Carlo Monopoli

La verità non è sempre ciò che “appare”, il silenzio porta spesso echi di antica memoria in cui ritroviamo una parte di noi che, in verità, non è mai stata smarrita. Proprio quel silenzio riempie la voce di un istinto primordiale, di un compagno sapiente a cui leghiamo “volti” non ben identificati….

Il sogno, la verità, la magia, la vita….. siamo esseri sospesi nel tempo che noi stessi abbiamo scelto di vivere, come sostanza e come forma.

Mago è colui che trasforma il conoscibile attraverso la sua “voce”, attraverso il suo cuore. La magia è un inizio e una fine, è un viaggio compiuto e mai terminato: cosa cerca chi “vuole” a tutti i costi la magia? Dove spera di “arrivare?” E soprattutto “è in grado di affrontare il viaggio con la corretta prospettiva della meta da raggiungere”?

Oggi sono tante le indicazioni di “superficie” verso le quali ci sentiamo richiamati..come le voci di false “sirene” marine costruite abilmente da creatori di “idoli”.

“L’ideale”, il corretto, il giusto….è sempre presente dentro di noi, è una voce antica che giunge come un debole sibilo alla nostra coscienza e ci lascia assorti, increduli..magici! Prendere carta e penna, cominciare a scrivere, ascoltare quella voce è un percorso magico, è uno svelamento dell’essere nella sua complessa mutevolezza, è l’incontro del mago interiore con la magia “esterna”, è il gioco della vita che finalmente ha la possibilità di manifestarsi.

L’ingenua voce del cuore ha già tanto di magico e si trattiene a fatica in un contesto irreale per la sua verità. Questo Mondo, questa realtà hanno sguardi celati nei boschi del nostro silenzio interiore, hanno timore di ri-velarsi e di fermarsi a conversare con noi. La dimensione della “magia” non ha limiti, non ha confini: lo spazio aperto è la sua dimora; la ricerca continua è il suo nutrimento.

Avere il coraggio di “iniziare” è oggi la sfida aperta per tutti coloro che “sentono” e che operano affidando ogni gesto al loro “cuore”.
Non esiste magia senza sogno, non esiste sogno senza pensiero, non si crea il pensiero dal nulla e… allora…. tutto è sempre stato, come il tempo e lo spazio.

Abbiate la voglia di curiosare nello spazio antico dentro di voi, in quel calderone magico da cui “Tutto” prese vita!

Antonella Pedicelli

mercoledì 30 maggio 2012

Senso dell'etica e immoralità della morale cristiana

Dipinto di Franco Farina



La colpa dei peccati di chi è deputato a rappresentare l’ordine e la legge è dieci volte meno perdonabile della stessa colpa commessa dall’uomo qualunque

Accanto alla morale religiosa, e cristiana in particolare (che limita la sua sfera d’azione alla sola specie umana), va affermandosi sempre più la morale del Movimento Universalista (del quale sono parte viva e palpitante i vegetariani e gli animalisti) che estende i principi di rispetto e di giustizia dall’uomo ad ogni essere senziente: una rivoluzione etica, culturale, sociale ed esistenziale pari solo, a mio avviso, al superamento della cultura schiavista.

Come risponde la chiesa cattolica a questa stupenda realtà che emerge dalle nuove generazioni, che fa onore alla coscienza umana, alla civiltà, al progresso civile, morale e spirituale, che si apre anche alle necessità di coloro che non appartengono alla specie umana, con una capacità di condivisione più vasta?

La morale dei vegetariani e degli animalisti non solo non viene accolta e valorizzata ma spesso vi è un palese rigetto, una totale chiusura ed un’esplicita accusa di sperperare energie e risorse che dovrebbero essere impiegate esclusivamente a beneficio della specie umana: come se gli esseri umani non potessero interessarsi dell’una e dell’altra realtà.

Avete mai sentito dire, da parte del clero, ”dopo che vi siete interessati dell’uomo preoccupatevi del benessere degli animali”?

Nonostante gli animalisti in ogni parte del mondo siano una realtà in crescita esponenziale per la Chiesa il problema degli animali, semplicemente, non esiste,  un problema che nemmeno la sfiora.

Come è possibile che siano i laici (che magari non fanno riferimento alla Patristica, alla Scolastica, né ai Testi Sacri ma semplicemente alla loro coscienza) a chiedere amore e rispetto per le creature più deboli e indifese, vittime del nostro egoismo e della nostra ingordigia? Non dovrebbe forse essere il clero, che per definizione incarna quei principi di non violenza e di amore, sostenere questa nuova ed edificante apertura morale? La Chiesa cattolica non dovrebbe apprezzare ed agevolare ogni espressione umana che tende a rendere l’uomo migliore?

Anche se non è nelle sue priorità assistenziali interessarsi del benessere degli animali non dovrebbe condannare l’indifferenza, lo sfruttamento e l’uccisione degli animali come ciò che incide negativamente sulla coscienza, sulla spiritualità dell’individuo, sull’economia, sull’ambiente, sulla fame nel mondo?

Come può un prete lasciarsi superare in compassione, in sensibilità
ed in senso di giustizia da un uomo qualunque che non ha per istituzione questa missione? L’indifferenza verso la sofferenza altrui non è il vero cancro della coscienza che i preti sono chiamati a curare? Il disprezzo della vita non si oppone al piano del Creatore? Non è forse la misericordia il fulcro della dottrina cristiana? E può la misericordia essere data all’uomo e negata all’animale? Quale amore è quello limitato ad un solo membro della famiglia mentre si è crudeli con gli altri componenti? Come possono i religiosi negare l’evidenza che la nostra visione del mondo e della vita sia più vicina alla dimensione paradisiaca e quindi al progetto stesso di Dio?


Perché la vita e la sofferenza dell’uomo hanno valore proprio mentre la vita e la sofferenza dell’animale sono privi di valore?

Che differenza c’è tra l’angoscia di un animale braccato e quella di un uomo in preda allo stesso terrore? Che differenza c’è tra il pianto di una mucca a cui è stato strappato il vitello per essere fatto a pezzi e mangiato e quello di una madre a cui un criminale ha sottratto un bambino?

La Chiesa cattolica risponderà mai alle nostre domande o continuerà ad ignorare le nostre istanze chiudendosi, come è sempre successo in passato, di fronte alle nuove esigenze dell’animo umano? Quanto sangue dovrà essere ancora versato prima che la Chiesa e gli educatori religiosi si accorgano che sono anacronisticamente chiusi nella loro torre d’avorio, sordi al pianto delle loro vittime innocenti?

Franco Libero Manco

martedì 29 maggio 2012

Siria, Iran, Russia, Cina, Israele, USA…. “La democrazia non esiste.. esiste solo il potere del denaro” – Una risata cosmica li sommergerà!

“L’Eternità è un attributo del Divino ma non per questo in essa è contenuta anche l’immutabilità… e per fortuna questo è un mondo transeunte.. la terra trema e fa tremare i cuori della gente…. ma è sveglia… lei…. è viva…. lei…. e ribelle… già ribelle!”


Paolo D'Arpini pensieroso, prima del "The Day After"


Il “pacifista” Bernardo Enrico Levi (su consiglio d’Israele) invita il neo presidente francese Hollande a fare la “sua parte”, cioè a portare la democrazia in Siria come il suo predecessore fece in Libia.

Peccato che la democrazia, come la intende Bernardo, sia solo una forma di prevaricazione e sottomissione dei popoli in nome del denaro. Eh già perché chi può permettersi di aspirare al governo di una nazione, come avviene negli USA, se non è sorretto da un potere economico?

Che siano democratici o repubblicani chi li finanzia sono gli stessi potentati e sono questi potentati (infine) a decidere, a indirizzare le scelte. E questi potentati, hanno interesse ad ampliare sempre più la propria influenza ed a propagarsi in ambiti sempre maggiori. Per ottenere questo risultato un buon medium di trasmissione è la cosiddetta “democrazia”. Stiamo ovviamente parlando della democrazia rappresentativa non di quella diretta.

I risultati della democrazia li abbiamo visti e li vediamo giornalmente anche qui in Italia ed in Europa. Le nazioni sono comandate e dirette in funzione di soddisfare le esigenze dei potentati economici. Si creano meccanismi coercitivi sempre più pressanti finché il popolo non può far altro che ubbidire per poter sopravvivere. Ma lasciamo da parte questi discorsi e torniamo alla Siria. Tanto per cominciare vediamo che la Siria, come tutti gli altri stati del Medio Oriente e del Nord Africa, è una nazione creata a tavolino dagli inglesi e dai francesi in seguito alle spartizioni degli ambiti d’influenza dopo lo smembramento dell’Impero Ottomano.

Attualmente in Siria c’è un governo autoritario laico che dal punto di vista della democrazia summenzionata non può essere considerato “democratico”. I suoi rappresentanti non sono propriamente eletti dal popolo. Allo stesso tempo questo governo è il risultato di un tentativo nazionale di mantenere l’integrità territoriale della Siria, consentendo anche un equilibrio nella presenza istituzionale, visto che la Siria è composta da molte minoranze etniche e religiose. Solo una forza laica in verità può consentire pari dignità a tutte le componenti della nazione.

Ed una ragione per cui -ad esempio- Al Qaida si pone come fomentatore di terrorismo in Siria è proprio quella di causare la perdita della laicità ed agevolare la presa di potere da forze confessionali.

Stranamente è esattamente quel che vuole Israele e le potenze occidentali, magari per ragioni diverse. Per Israele la frammentazione degli stati vicini, su basi etniche e religiose, è essenziale per consentire attorno a sé un variegato inoffensivo firmamento di deboli poteri diversi che gli consenta di giocare su più tavoli, garantendo la sua egemonia territoriale.

Per l’occidente, visto che in Siria non c’è il petrolio come in Libia, l’interesse è quello di scardinare le componenti mediorientali autonome e compiere un passo ulteriore verso l’avvicinamento all’Iran, questo sì che il petrolio ce l’ha, e completare così l’accerchiamento della Russia, ricchissima di materie prime e prossima vittima del gioco espansivo dei potentati economici.

C’è da dire che questa lotta di erosione e di controllo delle risorse sta avvenendo anche attraverso un fronte interno in Russia. I potentati economici hanno lì uno caposaldo e lo dimostra il fatto che la politica estera di questo paese è cangiante. Una volta si oppone ed un’altra invoca. Passando da una difesa strenua del governo Assad ad una richiesta di intervento da parte dell’ONU. La Russia è un po’ schizofrenica. E la Cina non è da meno, in quanto, a dire il vero, sia la Russia che la Cina, sono obbligate dalla “mano sinistra” che già opera al loro interno.

Allora dobbiamo aspettarci, come chiede Bernardo anche a nome di Israele, un prossimo intervento occidentale in Siria e subito dopo in Iran? Non è detto… Non è detto perché il sistema “democratico” sta facendo acqua da tutte le parti. La moneta debito sta strozzando la capacità produttiva di ogni nazione, USA in primis. L’espansione dei consumi non è più consentita dalla precaria situazione economica mondiale. Le popolazioni scoppiano, le migrazioni sono sempre più massicce, le grandi città (vere e proprie bombe ad orologeria) stanno per esplodere tutte, la produzione di alimenti reali (non quella fittizia di beni superficiali) sta crollando in seguito al perverso sistema monocolturale ed all’inquinamento dell’habitat.

Siamo infine giunti ad un punto limite in cui l’umanità per salvarsi può solo fare un passo indietro, un passo indietro che significa allontanarsi dal baratro dell’autodistruzione e della guerra continua.

Forse qualcuno dovrebbe spiegarlo anche a Bernardo Enrico Levi.

Paolo D’Arpini

lunedì 28 maggio 2012

Oro - Il valore del metallo senza valore e la confusione fra valore e prezzo...

La leggenda di Creso


"Todo necio siempre confunde el valor con el precio" (Antonio Machado) [1]


“Prendi e mangia di quel che bramasti per tutta una vita”, disse Re
Orode II dei Parti nel versare oro fuso in bocca (alla testa mozzata)
di Marco Licinio Crasso, dopo la disfatta di Carrhae nel 53 a.C.
Fu un caso estremo di commestibilità del metallo giallo.

Prima di Crasso l’oro aveva irretito re Creso di Lidia (m. 546 a.C.), con
l’idea di monetizzare pezzi di electrum, una lega naturale di oro e
argento di cui era ricco il fiume Pactolus in Asia Minore.
“Viva Licurgo”, diceva però il suo contemporaneo Pitagora, “che bandì
l’oro, causa di tutti i crimini”.

Licurgo, vissuto tre secoli prima, aveva capito quel che ancora oggi
ci si rifiuta di capire, cioè che una moneta fatta di metallo prezioso
spacca in due una società: il gruppo necessariamente minoritario dei
suoi possessori, e quello maggioritario di chi ne ha bisogno per
lavorare. Per cui Licurgo, dopo aver confiscato oro e argento, aveva
emesso i ‘Pelanor’, moneta di Stato fatta di ferro.

“Un gran numero di vizi sparì da Sparta” commenta Plutarco, “giacché a
chi sarebbe venuta la voglia di rubare una siffatta moneta? E chi la
negherebbe ingiustamente, essendo niente affatto facile da nascondere,
o di vantaggio a possederla, o accettarne una tangente, e infine
inutilizzabile se fatta a pezzi? Certo, perché quando il ferro era
ancora al rosso vivo lo si raffreddava in acido, così da rendere quasi
impossibile il forgiarlo”.[2]

Con il signoraggio (differenza tra il valore facciale e quello
materiale) re Creso divenne immensamente ricco, tanto che il suo nome
è ancora oggi eponimo di quei superstiziosi che si credono ricchi
semplicemente perché un certo numero registrato in un computer a loro
nome in un tempio di Mammona[3] lo ‘prova’.
E la superstizione continua ad ammaliare quei gonzi che si precipitano
a comprare metalli preziosi in tempo di crisi. The Economist, supremo
oracolo di Mammona nel mondo anglosassone, soffia sul fuoco:

“Se i governi dovessero trovarsi oberati da debiti, state sicuri che
l’indipendenza [degli investitori] verrà tolta. E ancora una volta, la
carta che avrete in tasca avrà lo stesso valore della promessa di un
uomo politico.[4]

Nel 1987 venne fondato il World Gold Council, rappresentante di Re
Creso a 26 secoli dalla scomparsa. Il quale strombazza:
“In tutto il mondo si investe in oro per varie ragioni [...] L’oro
offre sicurezza contro l’insuccesso della Borsa, e ha liquidità, come
provato da rifugiati che scappano via dai loro paesi. Una clientela
sempre più numerosa capisce che investendo in oro si protegge da una
serie di rischi, come la debolezza del dollaro USA, una inflazione
inattesa, e bassi profitti da altri investimenti. C’è chi vuole
sicurezza. L’oro è reale e mantiene il valore durante tempi
lunghi”[5].

Davvero? Cominciamo con il cosiddetto ‘mercato’ dell’oro. Chi crede
che il prezzo ne venga stabilito dalle mitiche ‘domanda e offerta’
vive in un altro mondo. Il prezzo dell’oro viene stabilito
giornalmente, alle 11 del mattino, da quattro - cinque signori che
anonimamente, e unanimemente, si riuniscono in una delle tante sale
del ‘Vaticano’ di Mammona, cioè la City di Londra.
Non è dato sapere chi siano costoro, o secondo che criteri decidono il
prezzo dell’oro per quel giorno. Non è neanche dato sapere se la
decisione parta da loro o se la ricevano da altre fonti. Il ‘mercato’,
in altri termini, è truccato.[6]

E cosa succederebbe se un bel giorno codesti signori decidessero di
stracciarne il prezzo? Se lo chiedano i gonzi convinti ad investire
fortune per possedere quel mitico “valore intrinseco”; e si ricordino
di Marco Licinio Crasso.

E l’argento? Già, l’argento, perché questo metallo è ‘salito di
prezzo’, da 270 a 820 euro per chilogrammo in due anni!
Il cosiddetto ‘valore’ di qualsiasi cosa è un fattore puramente
soggettivo. L’argento ‘vale’ 820 euro/kg solo per chi è disposto a
spendere quella somma per possederne un chilogrammo. Il gran numero di
gonzi che lo stanno comprando ne fanno aumentare il prezzo. Per gli
altri, vale zero.

Chi abitualmente confonde valore e prezzo è ovviamente all’oscuro di
come funziona la speculazione  di materie prime, tra cui l’argento (e
il petrolio).

Quando un documento che ne certifica una partita arriva al cosiddetto
‘mercato’, a volte in luoghi lontanissimi dalla produzione[7], non lo
compra un fabbricante, ma uno speculatore, che la vende ad un altro
(speculatore, s’intende) e costui ad un altro, fino a 14-15 volte[8],
ognuno aggiungendo il suo pizzo. Quando la partita arriva al
fabbricante, costui deve ricuperare la sommatoria dei pizzi, ed ecco
perché un vestito nuovo costa un accidente, mentre uno usato (cioè
nuovo, ma con difetti anche minimi) ha un prezzo ragionevole. Così
l’argento. Per capirne l’aumento di prezzo bisognerebbe sapere per
quante mani la partita è passata prima di arrivare al mercato degli
usuari. Lo faccia chi ha voglia di ‘proteggersi’ contro i mali
sbandierati dal World Gold Council.

La moneta di carta, come argomenta Gesell [9], è garantita più
efficacemente di quella di metallo prezioso, giacché una cartamoneta
può fallire solo quando fallisce lo Stato che la emette. Ma Stato o
non Stato, la vera, naturale copertura di una moneta è la produzione
di beni e servizi acquistabili con essa. Quando l’economia e
rispettiva moneta si separano, il ‘valore’, cioè il potere d’acquisto,
di quest’ultima, sia qual sia la materia di cui è fatta, si azzera
istantaneamente.

Storicamente ciò avvenne in Africa Orientale allo scoppio delle
ostilità Germano-Britanniche nel 1914. L’amministrazione coloniale
tedesca dovette sgomberare in fretta Dar Es Salaam, insieme a una
forza armata capitanata dal generale von Lettow e composta da 200
sottufficiali germanici, 4000 soldati africani e circa 800
‘vivandiere’. Il governatore Herr Schnee, come comandante in capo
delle forze armate, insistette a portarsi dietro delle casse piene di
cartamoneta coloniale, convinto, chissà come, che quella carta avesse
miracolosamente conservato il suo ‘valore intrinseco’. Il generale von
Lettow tentò inutilmente di farlo entrare in ragione, conscio, da
militare pratico, del valore zero di quei quintali di carta straccia.

Non ci fu verso. Fu la dura realtà a far cambiare idea a Herr Schnee.
Dopo due anni e duemila miglia di spossanti marce per l’immensa
savana, von Lettow ebbe la soddisfazione di appiccare il fuoco a tutta
quella carta con le sue mani, come aveva promesso.
Gli ipnotizzati dalla superstizione di Creso che confondono ‘esser
ricco’ con ‘avere molto denaro’ non riflettono che quando non c’è
niente da comprare, la ricchezza reale si sposta drammaticamente e
subitamente al bene di prima necessità: il cibo.

Storicamente ciò avvenne a Taiwan nel 1949. Al passaggio
dall’amministrazione di occupazione giapponese a quella di
Chiang-Kai-shek, una malaugurata sovraemissione di cartamoneta prima
fece salire i prezzi alle stelle e poi trasformò quella massa
monetaria in carta straccia. A quel punto solo chi aveva cibo vi
poteva comprare automobili, ferramenta, case, e perfino terra. Chi non
ne aveva poteva considerarsi in bancarotta. Una gallina ovaiola
comandava un prezzo più alto di quello di una oncia d’oro!
Il valore reale di un dato cibo non ha nulla a che vedere con il suo
prezzo. Quel valore non è che la salute (che nelle facoltà di medicina
viene definita come “assenza di malattia”, ma sorvoliamo). E non tutto
il cibo ha valore-salute, come dimostra la storia che segue.

Ai primi di aprile del 1915 l’incrociatore ausiliario tedesco
Kronprinz Wilhelm si vedeva costretto ad approdare in un porto
statunitense (gli USA erano ancora neutrali). 150 membri
dell’equipaggio avevano contratto polmonite, pleurite e reumatismi
vari. Le ferite tardavano a chiudersi. Cos’era successo?

In 215 giorni di scorrerie, quella nave da guerra aveva catturato e
affondato naviglio, per lo più passeggeri, razziandone naturalmente le
riserve alimentari. Il poco cibo fresco andava alla mensa ufficiali,
mentre la ciurma si andava abboffando di carne di manzo, pane bianco e
scatolame vario. E fu lo scorbuto, che lasciò indenni gli ufficiali ma
assestò durissimi colpi al sistema immunitario dei marinai.

Quella nave, messa fuori combattimento dalla malnutrizione da
scatolame, non prese più il mare sotto la bandiera della Kriegsmarine.

Passiamo alla terraferma. L’aumento sfrenato di megalopoli durante
tutto il secolo scorso ha creato altrettante potenziali trappole senza
scampo dal momento in cui per qualsiasi motivo si impedisca alle
derrate agricole di arrivarvi. Ogni città diverrebbe proprio un
covile, con gli scaffali dei supermercati svuotati in questione di
ore. In una siffatta crisi, oro, argento e pinzillacchere non servono.
Cosa serve invece?

Quello che serviva a una piazza militare assediata: granaglie.
Perché le granaglie sono il prodotto che più si avvicina alle
caratteristiche di oro e argento. Frutta e verdure avvizziscono e
marciscono; oro, argento e granaglie, no. Questo Mammona lo sa, ecco
perché si adopera per costringere gli agricoltori a portare le
granaglie “all’ammasso”. [10] Chi ha la memoria lunga ricorderà che il
conflitto a fuoco che nel 1943 spinse Salvatore Giuliano alla macchia
avvenne per due sacchi di grano sottratti all’ammasso.

Ma questo è un punto secondario. Quello primario è che oro e argento
non sono commestibili, il grano sì. Ma non come tale. Con esso si fa –
si faceva – il PANE.

E qui viene il bello. Perché la “squola” d’obbligo [11] insegna come si
fa l’acido solforico, non come si fa il pane. Però si può sempre
imparare un’arte e metterla da parte. Non ci si pentirà mai di aver
investito tempo apprendendo a fare il pane. E non è neanche necessario
farlo giornalmente: un’infornata dura una settimana.

Farlo è semplice, ma costoso e solo relativamente facile. Analizziamo.
È semplice perché non più di quattro sono gli ingredienti: farina,
lievito, acqua e sale. Meglio se quest’ultimo è grezzo.
È costoso in termini di tempo e lavoro, perché il grano non lo si
trova nei supermercati. Bisogna andare ad acquistarlo in campagna,
macinarlo, farne pasta, lievitarla e infornarla.

E fare il pane è solo relativamente facile perché le operazioni
summenzionate richiedono abilità disuguali.

Si ricordi che in regime di emergenza è molto probabile che manchi
l’energia elettrica, per cui per macinare e impastare sono d’obbligo
utensili a mano e olio di gomito.

Per i tempi di lievitazione, cottura, ecc. rimando a un ricettario
qualsiasi. Qui mi limito solo a predire, senza tema di smentita, che
chi odorerà e assaggerà il PANE come qui proposto, non confonderà più
valore con prezzo, e non comprerà mai più quella pappa che ne usurpa
il nome, e la cui storia vale la pena raccontare.

Panem nostrum

Se ho fatto uso del passato “si faceva” invece del presente “si fa”, è
perché è venuto il momento di svelare la storia di due scoperte
esecrande ad opera di due uomini onesti, che manco a dirlo la solita
“squola” d’obbligo si guarda bene dal menzionare, figuriamoci poi di
entrare nei particolari.

Il primo fu Freiherr Justus von Liebig (1803-73) circa un secolo e
mezzo fa. Il buon barone ‘scoprì’, da illustre ‘scienziato’, che le
piante non si nutrono di humus, come si era sempre creduto, ma di sali
minerali. Il che è vero, ma se avesse studiato logica avrebbe evitato
di concludere che l’humus non svolge ruolo alcuno nella nutrizione
delle piante.

Le conseguenze di quell’errore furono, e continuano ad essere,
esiziali. Liebig non si accorse che il cosiddetto “humus” non è
“materia morta insolubile in acqua” come i suoi esperimenti sembravano
rivelare, ma un substrato vivo: la microflora del suolo. Un ettaro di
terra ne possiede ben 100 tonnellate, con miriadi di microorganismi la
cui analisi è lungi dall’esser completa. La loro funzione primaria è
di convogliare i sali minerali alle radici nei tempi e modi dettati
dalla natura. Il sistema radicale si beneficia quindi per primo,
divenendo profondo, robusto e praticamente immune da attacchi
parassitari.

Altri microorganismi fanno da efficacissimi insetticidi. Un nematode,
per esempio, è un verme lungo 5mm con un diametro di 50 micron, metà
di quello di un capello umano. Non ha quindi difficoltà alcuna a
penetrare in una qualsiasi larva di insetto attraverso le aperture
naturali, introdurvi batteri e digerirne il contenuto, così
trasformando il potenziale parassita in utile fertilizzante. Ogni
microorganismo di quella microflora, anche se sconosciuto, è amico
dell’agricoltore e fattore di salute.

Le piante germogliavano rigogliose, avendo avuto tempo e modo di
sintetizzare tutto un assortimento di sostanze adattissime a sostenere
la salute di chi se ne nutriva.

Gli agricoltori pertanto sapevano, anche se non gliel’aveva insegnato
nessuno, che l’unica pratica sensata fosse di nutrire non le piante,
ma quella microflora, con stallatico mescolato a residui vegetali e
fatto fermentare in apposite gabbie. Era un lavoro lungo e duro, ma
che sapori! Le pere, tenere e dolcissime. Le albicocche facevano
venire l’acquolina in bocca solo a odorarle. Ogni verdura aveva il suo
sapore. I polli sapevano di pollo, ed erano una leccornia da tavola
del re. E mangiando bene, si stava bene.[12] Chi stava male lo doveva
ai vizi e alle cattive abitudini più che al cibo in sé, il quale
conteneva tutto il necessario per mantenere la salute.

Justus von Liebig, da uomo onesto, si avvide del suo errore e
rettificò, ma sul letto di morte. Era troppo tardi. I fertilizzanti
inorganici avevano cominciato a far strage della microflora del suolo.
La Grande Guerra segnò la fine dell’uso del nitrato del Cile. Con la
liquefazione e distillazione dell’azoto atmosferico si fabbricarono i
potenti esplosivi che avrebbero seminato morte e distruzione durante
quei quattro anni di carneficina. E che fare di tali esplosivi a
guerra finita? Fertilizzanti, naturalmente. Così l’industria poteva
continuare a distribuire “lauti dividendi” agli azionisti in tempo di
pace come in tempo di guerra. Che poi si stesse sempre peggio,
azionisti inclusi, che importa?

L’uso di concimi chimici, che ancora oggi acceca gli agricoltori con
promesse di introiti elevati, e governi con promesse di ‘successo’
delle loro politiche agrarie, fece il suo ingresso in Italia ai primi
del secolo scorso, infettando le menti dei più con una confusione tra
valore e prezzo mai debellata.

Fu quella confusione a sconfiggere Mussolini nella ‘battaglia del
grano’ mossa contro le “demoplutocrazie” come si beava di tuonare il
Duce.

Ma una battaglia, tanto meno una guerra, non si vince tuonando slogan
ma conoscendo il nemico, evitandone le forze e approfittando delle sue
debolezze. E il nemico da vincere non erano le “demoplutocrazie” ma la
confusione tra valore e prezzo.

Il valore-salute di un grano coltivato secondo natura è incalcolabile,
come la vita. È il valore di un oro commestibile, che fa star bene
senza bisogno di ingerire farmaci inutili quando non dannosi.

Il prezzo è irrilevante. Chi ne è convinto, non esiti a pagare per un
sacco di grano d’annata anche il doppio di quello che offre un
acquirente intermediario.

A farlo, la battaglia del grano tra il 1925 e il ’29 si sarebbe vinta.
E si imposero dazi e balzelli invece di pagare agli agricoltori il
prezzo che li avrebbe invogliati a coltivarlo, quel grano, non solo in
pianura per mieterlo a macchina, ma anche dove lo si sarebbe potuto
mietere solo con falce e olio di anche.[13] E si sarebbe mietuto il
fabbisogno nazionale, in eccesso degli 80 milioni di quintali a cui si
arrivò, e dai quali si è discesi oggi a 60-70.

I fertilizzanti artificiali, impiegati purtroppo durante quella
battaglia perduta, vennero imposti massicciamente agli agricoltori
americani dalla politica dei Rockefeller a partire dagli anni 1950.
L’azione contro natura ha spezzato il ciclo dello zolfo, così
eliminando ingredienti essenziali per la salute.[14] Solo la Finlandia
riconosce il pericolo, e proibisce l’uso di codesti concimi.

Molti agricoltori farebbero volentieri uso del letame, ma la direzione
presa dall’industria zootecnica lo rende spesso introvabile. Non è che
un suggerimento, ma il concime organico naturale potrebbe benissimo
prodursi come servizio pubblico municipale e offerto a prezzo di
costo, o anche gratis.

L’allarme di malnutrizione avrebbe dovuto darlo la fredda cifra
statistica del 1942: i riformati alla leva militare USA superavano
quelli del 1914 del 14%; ma si sa, queste informazioni non fanno
rimbombare la grancassa mediatica.

Poco dopo la morte di Liebig una seconda, disgraziata scoperta si
abbatté sul pane, e con esso sulla salute del genere umano. Un
ingegnere ungherese, certo Hoffenberger, inventava e commercializzava
il mulino a dischi piani di acciaio. L’invenzione fu dovuta alla
particolare durezza di una varietà di frumento coltivato in Ungheria,
ma ebbe due risultati inaspettati. Il primo fu di separare amido,
crusca ed embrione, che venduti separatamente rendono proventi
straordinari e inattesi. Una pacchia per i produttori di cereali di
lusso e leccornie varie, ma chi mangiava il pane così prodotto si
accorgeva di non estrarne più la resistenza di prima. Il carcere duro
a pane e acqua, adesso, avrebbe fatto morire un detenuto di
inanizione. Neanche i coleotteri si avvicinano a una farina di amido
puro. Per cui da allora il pane bisogna “migliorarlo” per conferirgli
un sapore che l’amido puro non ha. Lo si fa con ingredienti
completamente estranei al chicco di frumento, i quali migliorano sì il
gusto, ma non la qualità [15].

Il secondo risultato fu di consentire la produzione di quantità enormi
di macinato, così bolscevizzando l’industria dalle mani di molti
mugnai piccoli e “inefficienti” a pochi, grandi ed “efficienti”[16].
E la confusione tra valore e prezzo continua. Il pane ottenuto da
frumento cresciuto su suolo morto o moribondo e macinato
industrialmente “costa meno” di quello cresciuto su un suolo con la
microflora intatta. Sempre che si aggiunga hic et nunc. Il prezzo lo
si pagherà a suo tempo, in termini di un sistema immunitario
indebolito e semidistrutto e di una degenza ospedaliera chissà quanto
lunga.

Il Bandolo della Matassa

Durante un viaggio in auto la frase di un amico, a proposito di
tutt’altro discorso, mi colpì. Disse che faceva il commercialista per
conto di una società agricola specializzata nella sterilizzazione del
suolo. Solo la cintura di sicurezza mi impedì di balzare dal sedile
dell’auto.

Sterilizzare il suolo! L’enormità della frase chiudeva il circolo
pernicioso che da von Liebig passava per l’indebolimento dei raccolti,
alla loro mancanza di resistenza a parassiti più o meno letali, alla
manifattura di pesticidi potenti e velenosissimi, al loro
lisciviamento nel suolo ulteriormente avvelenandolo, all’indebolimento
dei raccolti attaccati da parassiti sempre più resistenti, e
all’eliminazione di questi ultimi sterilizzando il suolo. Questo,
ridotto a substrato puramente minerale, non alberga più i parassiti, è
vero, però, come le colture idroponiche, produce raccolti che sono
apparenze senza sostanza.[17] Quella società specializzata aveva
sterilizzato un suolo con bromuro di metile, fino a quando qualcuno
scoprì che codesto composto organico è velenoso (sfido io, capace
com’è di far fuori 100 tonnellate di microorganismi per ettaro) così
che ora stavano provando un’altra sostanza chimica il cui nome l’amico
non ricordava (e va a sapere se non altrettanto tossica). Accennai
allo stallatico e al trattamento organico del suolo, ma mi rispose che
ormai quello non lo si faceva più, dato che era più facile
(evidentemente) comprare il sacco di concime chimico dal distributore.

Di colpo tutto diveniva chiaro. Il bandolo della matassa mi permetteva
di allineare tutta una serie di osservazioni che fino allora
apparivano indipendenti. Eccole, a cominciare dalle macroeconomiche.
·        La politica agricola dell’UE. Si pagano i piccoli agricoltori
(i poveretti sono “inefficienti”, no?) per non produrre, e si
incoraggiano i grandi a produrre quantità smisurate (e costosissime da
immagazzinare) di cibo che di tale non ha che il nome.
·        La crescita spettacolare dell’industria del cancro, alla
caccia di microorganismi fantasma supposti ‘cause’ di quello che non
sembra essere altro che un collasso del sistema immunitario aggravato
da anni di malnutrizione. Decenni di ricerche e sperimentazioni non
riescono ad impedire che individui apparentemente sani e perfino
atletici vengano improvvisamente afflitti da un dolorino qui, che
diventa un tumorino là, e che porta alla tomba in un paio di anni.
·        La sala d’aspetto di una clinica stipata di gente un giorno feriale.
·        La politica antifumo, assurta a vera crociata. Non è che un
dubbio, ma perché siamo diventati tanto sensibili al fumo oggi, e non
lo eravamo fino a 20 o 30 anni fa? Non potrebbe codesta sensibilità
esser stata acuita dalla malnutrizione e inasprita da un eccesso di
farmaci sintomatici (da chi si ritiene danneggiato del fumo altrui)?
·        Una mandria di bovini osservata durante un’escursione a piedi
vicino a Capo Rama, Sicilia nord-occidentale. Impressionavano le corna
storte, l’andare dinoccolato, le ossa sporgenti, e uno dei sintomi più
chiari della salute impoverita: gli escrementi, neri e liquidi.
·        La frutta insipida e il pane dolciastro (da edulcoranti
artificiali) da Londra a Palermo (si salvavano le arance a onor del
vero). La crusca invece “si compra oggi in farmacia”, come
disinvoltamente assicurava l’amico.
·        Il fiume Belice che ingialliva il mare per un paio di miglia,
mandandogli tonnellate su tonnellate di un suolo senza più struttura.
·        E le masserie, una volta fiorenti e che oggi si dedicano al
mal chiamato “agroturismo” (sarebbe più corretto chiamarlo “turismo
agro”), fornendo vitto e alloggio a turisti di passaggio con cibo
comprato al supermercato.

A queste osservazioni si aggiungevano ricordi d’infanzia come la
‘disinfezione’ delle ferite e il fantomatico cianuro nei semi di
albicocca.

Uno di questi ricordi fu di quel grosso maiale di razza Large Black
con la groppa scalfita da canne maldestramente portate a spalla da una
ragazza, e che mia madre volle ‘disinfettare’ con alcol etilico. La
bestia, trasformata istantaneamente da mansueto porcello in cinghiale
selvatico, si mise a caricare tutti i presenti tra i grugniti più
inferociti e le urla di chi ne veniva travolto.

Fu la vita a insegnarmi che una ferita pulita ed esposta all’atmosfera
ne fa ristagnare il sangue istantaneamente (se un po’ profonda la si
chiude in cinque minuti congiungendone le labbra con le dita) mentre
il cerotto ne allunga la guarigione di giorni; e fu internet a
informarmi che il cianuro dei semi di albicocca è una bufala messa in
giro per non far sapere che, come per tutte le Rosacee, codesti semi
contengono potenti sostanze anticancro, così come le contengono i semi
di lino e la manioca).

Perché continuare? Esiste una via di uscita?

Agibilia et Agenda

Esistendo un legame naturale tra agricoltura e sanità, sarebbe
desiderabile che lo stesso legame esistesse a tutti i livelli, quello
politico compreso. Idealmente, i due ministeri omonimi dovrebbero
amalgamarsi. Meno idealmente, un esperto di agricoltura potrebbe far
da sottosegretario al ministro della Sanità, e un medico stagionato a
quello dell’Agricoltura. Ma ciò compor-terebbe l’esistenza
dell’ossimoro “burocrate pensante”. Burocrazia a parte, cosa può fare
la gente ordinaria oltre a fare il pane come precedentemente
descritto?

·        Educarsi. Saper definire la salute e percepirne i sette
sintomi: l’appetito, il sonno, l’urina, le feci, la resistenza alle
infezioni, la chiusura delle ferite e la forma fisica.
·        Nutrirsi, che è ben più che “mangiare”. Informarsi dove
esistono ancora agricoltori che non si sono lasciati abbindolare dalle
sirene del debito, dai concimi chimici e dai raccolti GM, che
praticano la rotazione dei raccolti e degli animali, e che sgobbano
per preparare lo stallatico come natura vuole. I sintomi di salute di
un’azienda agricola sono la multicoltura, la gabbia di fermentazione
dello stallatico, la struttura del suolo (che fa i cosiddetti “grumi”)
e l’odore che se ne sprigiona dopo una pioggerella anche leggera.
·        Trovata l’azienda che produce organicamente, pagarne i frutti
secondo giustizia: è iniquo che ortaggi pagati a € 0,06 il chilo
all’origine vengano venduti a €1,20 al mercato, e per giunta
mischiando quelli organici con quelli prodotti da pratiche
antinaturali da Monsanto & Co.
·        Non farsi impaurire. Diceva H.L.Mencken[18] che “l’arte di
governare consiste nel mantenere il volgo in permanente stato
d’allarme e pertanto ansioso di venir tratto in salvo, minacciandolo
con una serie interminabile di spauracchi completamente immaginari”.

E smetterla una buona volta di confondere valore con prezzo.

Silvano Borruso
silbor@strathmore.ac.ke


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[1]1875-1939. ‘Necio’ vuol dire ‘stolto’ Il resto non ha bisogno di traduzione.
[2] Plutarco, Vite Parallele: Licurgo
[3] Una banca.
[4] Heading for a fall, by fiat? 28 febbraio 2004 p. 82.
[5] http://www.world.org/.
[6] Ciò non vuol dire che un mercato libero di oro non esista. L’oro è
acquistabile in bancarella ad Hargeisa, ex-Somalia Britannica,
indipendente de facto ma non riconosciuta de iure dalla cosiddetta
‘comunità internazionale’.
[7] Quello della lana, per esempio, è ad Hong Kong, dove non vive una
sola pecora.
[8] Per il petrolio fino a 27 volte. Non sono solo le tasse a farne
aumentare il prezzodal benzinaro.
[9] 1862-1930, autore di Ordine Economico Naturale.
[10] Di Stato o privato non ha importanza. Il grano delle praterie
americane va all’ammasso dei grandi ricettatori del medesimo, che
formano un cartello mondiale preoccupante. Nel 2010 gli speculatori
hanno cominciato a giocare al rialzo con le derrate alimentari,
facendone salire i prezzi del 30% annuale.
[11] E “gratuita” se non si tiene in conto l’altissimo costo del
ritardo mentale da essa causato.
[12] Ecco perché diceva il grande Ippocrate: “Che il tuo cibo ti sia
di medicina, e che la tua medicina sia il tuo cibo”.
[13] È la falce portata a spalla da Monna Morte, non il falcetto che
decora i simboli comunisti.
[14] Per esempio gli aminoacidi cistina, cisteina e triptofano, le cui
molecole hanno atomi di zolfo.
[15] Non pubblicizzati, naturalmente. Quanti di essi sono di valore
nutritivo nullo, quando non tossici?
[16] Abituati a misurare “efficienza” in denaro, ci si è dimenticati
come farlo in termini qualitativi.
[17] Chi si fa irretire dalle dimensioni di ortaggi da record, provi a
gustarli: sono per lo più acqua.
[18] 1880-1956. Giornalista, umorista e commentatore sociale americano.


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Cari Amici, un nuovo quesito mi giunge dall'amica Lidia, che vorrebbe saperne di più in merito alle valutazioni, insomma chi stabilisce i prezzi,  dei vari beni e preziosi. Confido nel vostro aiuto per la risposta. Ciao, Paolo

Caro fratello, ancora non mi è molto chiaro chi stabilisce il prezzo dell'oro nel mondo.
Ho pensato che se ad esempio nel nostro Paese costa 10 mentre in un altro Paese costa 50, chi possiede un po' di oro, va in quel Paese e lo rivende con un incasso di 5 volte superiore al prezzo nel nostro Paese. Ovviamente se un tizio che possiede molto oro è anche lo stesso che ne stabilisce il prezzo nei Paesi del mondo, capisci da solo che si arricchisce in maniera smisurata, se non si tratta di una persona onesta! Che cosa dicono in merito a questo tema gli esperti di economia e finanza?
Inoltre, chi stabilisce il prezzo delle pietre preziose, del petrolio, del metano..ecc..ecc...?
Un abbraccio Lidia

domenica 27 maggio 2012

Antropolog​ia, ecologia e biodiversi​tà - Allevament​o, ripopolame​nto e caccia

Ritorno all'habitat originario?


Non so qual’è il confine fra l’uomo e gli animali, quali sono i loro reciproci diritti e doveri, qual’è il punto d’incontro della sopravvivenza reciproca, senza causare sconvolgimenti ecologici, non so nulla di questo, mi limito io stesso a sopravvivere, a volte combatto a volte recedo, non mi pongo modelli, sono anch’io un animale che ha bisogno della natura, sono una espressione della natura”.  (Saul Arpino)
 

Gli interventi dell'uomo nel tentativo di "aggiustare" le presenze del mondo animale sono diventati talmente pesanti da mettere a rischio la stessa esistenza umana. Infatti il controllo sulle altre specie coinvolge anche l'uomo, che non è separato dal mondo animale.
Le regole della vita sono molto semplici, ogni specie sia vegetale che animale ha una interrelazione mutualistica con il suo habitat e con tutte le specie che lo condividono. Le piante hanno bisogno degli animali per la loro riproduzione e propagazione, gli erbivori sono controllati dai carnivori  e così  si mantiene un equilibrio fra ambiente e suoi abitanti.

Ma dove l'uomo è intervento immediatamente questo equilibrio è andato perso. Lo abbiamo visto con la desertificazione del nord africa e del medio oriente causata da un esagerato incremento dell'allevamento domestico e di transumanza. Questo più l'abitudine venatoria nei confronti di specie ritenute nocive o -al contrario- utili all'economia umana hanno trasformato talmente  l'habitat da renderlo irriconoscibile... Tuttò ciò in passato avveniva in modo quasi impercettibile, poichè gli avvenimenti sopra descritti si protraevano per lunghi periodi di tempo, secoli, se non millenni, ed era alquanto diffilcile per l'uomo riconoscerne gli effetti (legati al suo comportamento).

Ben diversa è la situazione attuale. Oggi l'intervento umano ha una conseguenza pressochhè immediata e non si può far a meno di considerare le cause -come gli effetti strettamente interconnessi-  delle mutazioni ambientali in corso.  Dove l'uomo interviene immediatamente la natura e la vita recedono..

Persino ove l'uomo cerca di rimediare ai mali del suo operato anchè lì combina guai peggiori. Lo abbiamo visto ad esempio con la politica dei ripopolamenti artificiali di specie faunistiche scomparse in una data bioregione  e recuperate in altri luoghi del pianeta per esservi reimmesse. Questa politica  di recupero ambientale è invero deleteria. I danni causati all'habitat dall'introduzione di specie non autoctone sono enormi. Tantè che di tanto in tanto, con la scusa del sovrappopolamento, ci si inventa partite di caccia per il contenimento di dette specie.

A dire il vero la mia impressione è che questa politica ambientale è solo funzionale ad interessi altri.. che non sono quelli della natura.  La natura, se lasciata a se stessa, trova sempre il modo di armonizzarsi, creando una altalena di presenze fra specie predate e specie predatorie.. ma dove interviene l'uomo appare il caos...  Ma é impossibile che la natura sia lasciata a se stessa, dovrebbe scomparire l'uomo. L'uomo é aumentato numericamente a dismisura e non ha predatori, né le grosse epidemie che secoli fa decimavano la popolazione umana, e cibare tutte queste persone, carnivori o vegetariani che siano, porta comunque ad un'alterzione dell'habitat naturale.

Inoltre gli animali sono sempre più visti come oggetti di abbellimento -se inseriti nei parchi- o d'uso alimentare o industriale -se allevati intensivamente.         

Il rapporto fra uomo ed animali è andato nel corso di questo ultimo secolo deteriorando sino al punto che  essi, un tempo simboli di vita,  totem, archetipi e divinità, sono relegati nelle riserve o negli zoo ed utilizzati come cavie o produttori di carne da macello, come fossero “oggetti” e non esseri viventi dotati di intelligenza, sensibilità e coscienza di sé.  Anche se etologi famosi, come ad esempio K. Lorenz e tanti altri, hanno raccontato le similitudini comportamentali e le affinità elettive che uniscono l’uomo agli animali, il metodo utilitaristico, che per altro si applica anche nella società umana verso i più deboli ed i reietti, ha preso il sopravvento.  

Pare… ma non è detto che al momento opportuno si risvegli nella coscienza umana la consapevolezza della comune appartenenza alla vita.

Ma oggi vorrei solo toccare alcuni aspetti dell’incongruenza nel rapporto umano con gli animali. Da una parte vi sono quelli cosiddetti “da compagnia” -e cioè i cani e gatti- che godono di una relativa protezione ed anzi contribuiscono assieme all’uomo allo sfruttamento delle altre specie  -in chiave alimentare,  sotto forma di allevamenti intensivi da carne- e poi vi sono gli “ultimi selvatici”  quelli che apparentemente vivono in libertà ma è solo una finzione costruita per favorire l’uso della caccia. 

Spesso leggiamo (nelle  notizie  di cronaca)  di delibere di vari enti di abbattere un certo numero di animali selvatici (ma immessi dall'uomo) dichiarati “in  eccesso” in una certa area. Cervi, caprioli, cinghiali.. etc.  Questo fatto  causa ogni volta un polverone mediatico e politico, estrinsecato nel gioco delle parti. Ovvero l'antagonismo fra  associazioni venatorie da una parte e  le associazioni animaliste  dall’altra,  con le istituzioni nel mezzo che cercano di soddisfare entrambe, ben sapendo che è tutta una finzione e che la selvaticità e la difesa della vita o il diritto alla caccia sono solo funzionali alle entrate economiche previste (turismo o carne, o tutti e due).  

La verità è che i "selvatici" sono stati “immessi” sul territorio non per il  loro  bene ma a scopo speculativo, essi  non  sono    dissimili dalle capre, pecore, maiali, etc.  allevati dall’uomo.  Ma come  fare un discorso ragionevole con tanti scalmanati a parlare? Il fatto è che bisogna stare molto attenti al numero di ungulati o facoceri  che  pascolano in un territorio, questo non solo nel caso di greggi difese dall’uomo, ma anche per gli pseudo selvatici  che vi vengono immessi, queste bestie ai giorni nostri  non sono  soggette alla falcidiatura naturale causata dai predatori. Qui in Italia il lupo, la lince e l'orso sono praticamente estinti e nei boschi i caprioli od i cervi  non hanno  nemici naturali che limitino la loro prolificazione, per cui si "deve" ricorrere a battute di caccia.

Come il deterioramento nel rapporto uomo/animali porta al deterioramento nel rapporto fra umani e l'habitat.


Insomma bisogna capire le “ragioni” di queste immissioni…. che certo non avvengono per amore delle bestie anzi… vi è la certezza che siano  operazioni di ripopolamento legate ad interessi manipolatori  od -al meglio- a false speranze di recupero naturalistico.  Basti vedere  quanto è  avvenuto -ad esempio- con i grossi cinghiali dell’est europeo che,  come sappiamo, sono stati liberati sul territorio del centro Italia proprio per la loro prolificità e stazza, con il risultato che hanno soppiantato i cinghialetti italici  ed ora imperversano a centinaia di migliaia  e con le loro disastrose incursioni   procurano anche un danno all’erario (per via dei rimborsi dovuti ai contadini). La storia dei caprioli e dei cervidi  è la stessa, un ripopolamento  voluto dagli assessorati alla caccia di varie province d'Italia. 

E così  avviene ogni anno con lepri e  fagiani e simili, che massimamente vengono importati da allevamenti della Slovenia e viciniori a prezzi stratosferici. Questi animali “liberati”  servono solo alla categoria dei cacciatori  -tra l’altro- anch’essi ben salassati da imposte e tasse varie.  In verità la caccia è tutto un bussines basato sulla morte  ed è anche causa -per inciso- di  inverse speculazioni da parte di associazioni che fanno da contro-canto  ponendosi contro la caccia e ricevendo anch’esse prebende e fondi pubblici dallo stato.

Potete allora vedere  che questo gioco delle parti danneggia tutti i cittadini  e la natura stessa che è continuamente manipolata pro e contro questo e quello. Insomma un pretesto affaristico in una società che non considera  l’animale diversamente da un plusvalore qualsiasi.

Io personalmente sono vegetariano ma sono pure ecologista e quindi non sono affatto favorevole all’immissione di nuove specie in natura,   ed è per questo che ritengo che la caccia andrebbe completamente vietata in Italia  per il semplice fatto  che  è un esercizio “vizioso”  inutile e dannoso in assoluto. 

Giacché  la caccia non è   un’attività libera e naturale ma una specie di gioco di ripopolamento ed uccisione, un divertimento  sadico e crudele. 

Ma anche l'allevamento di armenti e animali da cortile va ripensato. Consentendolo solo allo stato brado o semi-brado e limitando il numero dei capi in considerazione di quanti ne possono vivere al pascolo in un dato fondo,  riequilibrando così la ciclicità della presenza animale con l'uso agricolo del territorio.


Paolo D’Arpini

bioregionalismo.treia@gmail.com

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Di questo e simili temi se ne parlerà durante l'Incontro Collettivo Ecologista del solstizio estivo 2012, previsto ad Aprilia dal 22 al 24 giugno 2012 - Programma: http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/post/2718386.html

sabato 26 maggio 2012

Treia... ed i suoi legami con la cultura matristica e celtica

Luna piena a Treia


Avevo già pubblicato diverse chicche storiche su Treia, la città che prese nome dalla Dea Trea,  una forma  di Iside. Numerosi  sono i reperti neolitici e preromani che attestano la venerazione per l'aspetto femmineo della divinità. 

Il culto matristico è confermato anche dalla presenza della copia 'originale' più antica della "Madonna Nera", qui conservata nella chiesa di Santa Chiara, e da altri reperti e testimonianze.
(Vedi articoli:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/page/2/?s=luna+piena+treia - ed anche: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/search?q=treia+in+un+museo).

Ora la mitologia treiese si arricchisce di alcune "presenze" che suggeriscono un legame fra Treia e la cultura celtica. Tra l'altro confermato anche dal fatto che il patrono tutelare della città è San Patrizio, il missionario che convertì l'Irlanda.

Ma soprattutto è motivo d'interesse storico  la raffigurazione di un cinghiale, nella chiesa del SS. Crocifisso,  un animale che è collegato alla Dea Freya che viene spesso raffigurata in groppa al facocero. Il cinghiale (o maiale) è da sempre  un simbolo della Dea Madre,  in tutte le culture matristiche, sin del neolitico.  
(Paolo D'Arpini)


Cinghiale del SS. Crocifisso a Treia

Testimonianze:


Treia è una cittadina maceratese dove si respira una celticità diffusa tanto che il suo patrono è San Patrizio, il santo celtico per eccellenza, quello che ha liberato l’Irlanda dai serpenti cioè dai pagani.

Narra un vecchia leggenda popolare che i cittadini treiesi non avendo un proprio santo da festeggiare, per conquistarsi i favori di un patrono, decisero di affidarsi alla cabala: misero in un bussolotto tanti bigliettini su cui erano scritti i nomi di tutti i santi cattolici.
All'estrazione uscì il nome di San Patrizio, ma il santo così poco popolare e soprattutto di una così lontana cultura non fu proprio gradito, per cui si decise di rifare l'estrazione.

Il santo tutelare di Treia - San Patrizio

Ma il destino volle che uscisse ancora una volta il nome del santo irlandese. "Se Dio vuole così, così sia". E da allora Treia ha questa sorta di legame poetico con la vecchia Irlanda. Alla periferia del paese c’è la chiesa del Santissimo Crocifisso, una costruzione de primi del ‘900 che presenta nelle sue pareti esterne un’infinità di simboli.

Uno è veramente strano ed insolito: un cinghiale. Cosa ci fa un cinghiale, simbolo celtico per eccellenza, in una chiesa cattolica?


Se si pensa all’usanza di mettere dei simboli pagani nelle chiese cristiane per attirare i seguaci di altre religioni si potrebbe pensare che l’animale sia lì per ricordare la Dea Celtica Freya, la divinità della bellezza e dell’amore che, con il seno scoperto,  cavalcava il cinghiale.
 

Dea Freya in groppa al cinghiale

Treia – Freya: la rima c’è ed anche la pronuncia è simile. Viene in mente l’ipotesi che il nome della cittadina maceratese possa provenire da quello della Dea. Chissà, ci vorrebbero gli esperti per confermarla ma, allo stato, gli esperti mancano. In una saletta interna di questa chiesa ci sono, attaccati al muro, diversi stendardi con la croce celtica. Chissà qual’è il motivo di questa presenza, chissà da dove provengono e a quale epoca risalgono. Il fatto importante, comunque, è che stanno lì.

Proseguendo, per la strada adiacente a questa chiesa, verso una località chiamata San Lorenzo ad un certo punto, sopra una collinetta si può osservare la chiesetta omonima. Guardandola si ha l’impressione di osservare un miraggio, infatti sopra al tetto c’è una cosa veramente inaspettata: una croce celtica. In tutte e due le chiese descritte immancabilmente ci sono i simboli dei celtici Templari. Anche nella stola di San Patrizio c’erano le croci templari, chissà perché?

A conferma di questa diffusa celticità non bisogna dimenticare che a Treia è stato ritrovato, in seguito a scavi archeologici, un elmo celtico.

Cecco d'Ascoli Giuseppe Matteucci
Pres. Associazione "La Cerqua Sacra"
Cultura Popolare Sibillina 
lacerquasacra@email.it  -  http://blog.bar.it/?p=2187

venerdì 25 maggio 2012

Treia - Quante cose si imparano al bar, il giovedì mattina... con i finanzieri al fianco

Guardia di Finanza - Foto di repertorio


Ogni giorno si impara qualcosa..

Da un bel po' di anni non mi capitava di incrociare dei finanzieri (non banchieri o giocatori in borsa ma militi della finanza) ed oggi ne ho incontrati due al baretto di Treia.

La volta precedente fu parecchissimi anni fa quando fui fermato in un “agguato” da parte di questi signori, in aperta campagna, per un controllo “di routine” su quel che trasportavo in auto.. Allora me la cavai (evitando una sonora multa, che sempre è d'uopo) con qualche sguardo truce e minacce velate... ma seppi ben vendicarmi alla prima occasione in cui incrociai il maresciallo finanziere mentre un giorno correvamo in auto in direzioni opposte ed io fingendo distrazione quasi lo infrociai... Si prese un bel cagotto.. e venne a fermarmi per dirmelo.. al che io mostrai meraviglia affermando che “non mi ero accorto di nulla..”.. Mi guardò ancora più storto della prima volta ma da allora in poi non si parò più sulla mia strada.

Beh, ormai sono invecchiato, mica faccio più certe cose.. Però oggi quando al baretto ho incrociato quei due begli ufficialetti, in divisa pulita, con guanti riposti nel cappello, mostrine gialle fiammanti, capelli corti e baffetti di repertorio.. ho pensato “Toh, eccoti qua due ufficiali finanzieri, a Treia, e che ci son venuti a fare?”.

Io mi ero appena alzato dal tavolo, dopo aver letto le notiziole tragicomiche del giorno ed aver sorbito il mio cappuccino bollente. Le notizie sono particolarmente patetiche oggi: “Il neo sindaco di Parma litica con il Grillo ed il Casaleggio (il patron del Grillo) sulla nomina del direttore generale del comune".

Ci si prepara dunque all'affossamento del M5S. Esperimento Grillo è già bello e chiuso. Ormai sul Corriere un giorno sì e l'altro pure si insinuano dissidi fra grillini e si parla del ruolo dei Casaleggio nel movimento, si menziona l'insipienza e la burineria del Grillo e si sottolineano i dissidi fra membri e capo. Non credo che il Grillo arriverà alle politiche del 2013, verrà sicuramente smontato prima.. e d'altronde se lo merita.. è solo un fenomeno da baraccone che ha saputo raccogliere (usare e strumentalizzare) la protesta in Italia.

Ora è finito, i suoi altarini vengono, opportunamente, scoperti!
Ah, altra notiziola che mi ha divertito è la filippica di Dominique Strauss-Kahn in difesa del libertinaggio, tenuta durante il suo processo in Francia. Meno divertenti le altre news sulle mosse necrologiche del duo monti-fornero e sulle mossette di accordo elettorale fra “al cafone” (Alfano) e “porta-borse” (Bersani, agente del baffetto dalemino) e gli altri accoliti dei partiti e partitini. Da ridere molto -invece- la ciceroniana difesa dei soldi ai partiti "perorata" da Sposetti (il tesoriere del baffetto).

Stavo quindi lì a guardarmi i due finanzieri al bancone, occupavano tutto lo spazio, aspettando i loro caffettini macchiati, mentre la barista si sdilinquiva in convenevoli e dava tutte le informazioni richieste sui movimenti in piazza: “...ci sarà una festa organizzata dalle parrocchie per denunciare il connubio fra droga e rock, verranno a piedi da Appignano tanti giovani, accompagnati dai parroci, e ci sarà un concerto di beneficenza, per questo hanno installato il palco in piazza...”. Il capitano -so riconoscere i gradi perché ho fatto il militare- assentiva e si allisciava il cappello visierato nelle mani... e notava i miei atteggiamenti con la coda dell'occhio (buon segugio). Infatti avendo capito che osservavo i suoi movimenti col cappello lo ha immediatamente riposto nella nicchia retrostante, dove stanno pure i giornali. Bravo capitano, ha visto pure che gli osservavo i gradi e le mostrine e perciò non accennava a spostarsi dal bancone.

Ma io imperterrito mi sono avvicinato e gli ho appoggiato davanti la mia tazza vuota, costringendo la barista a scostargli la tazzina del caffè in arrivo, e mi sono piazzato al suo  fianco.. in modo che pure lui si è dovuto un po' (poco poco) spostare verso il lato, avvicinandosi al suo collega (un tenentino). Poi gli ho pure posto di fronte una moneta da 2 euro, per pagare la mia consumazione, mentre la barista tutta premurosa serviva i due caffè e continuava nelle sue comunicazioni d'intelligence. Finalmente lei ha “notato” i due euro e mi ha chiesto “sono tuoi?”, alla mia conferma li ha presi ed avvicinandosi alla cassa ha emesso lo scontrino d'obbligo e presi 20 centesimi di resto li ha deposti lì sul bancone, il più lontano possibile dai caffè finanziari.

Ho preso i 20 e con la mano destra li ho intascati e avendo notato lo sguardo indagatore e sospetto del capitano con la sinistra ho afferrato pure lo scontrino e con esso mi sono allontanato dalla bella scenetta...

E certo, non volevo mica farmi beccare in castagna, lasciando lo scontrino sul bancone sarei stato punibile di ammenda! Il finanziere lo sapeva,  ed io pure... Tiè..

Quante cose si imparano a Treia....


Paolo D'Arpini 

Paolo D'Arpini che scrive resoconti a Treia

giovedì 24 maggio 2012

Essere incondizionato nella spiritualità laica e "maschere" che velano il Sé secondo l'Advaita Vedanta

Sagoma indistinta di Paolo D'Arpini




Il Vedanta, letteralmente “dopo i Veda” è una scuola di pensiero laico  sull’Assoluto non duale, detto “Brahman”  nelle Upanishad, i testi filosofici vedantici (posteriori ai Veda).

Sulla datazione dei Veda e del Vedanta le opinioni degli studiosi, storici e religiosi, divergono alquanto. La differenza di vedute è soprattutto fra ricercatori occidentali e quelli indiani. Secondo gli europei, proni al credo filo occidentale di una culla di civiltà medio-orientale e mediterranea, i Veda sono posti attorno al primo millennio a.C. e le Upanishad al periodo appena antecedente la nascita del Buddha storico (VI secolo a.C.). Ovviamente per alcuni storici indiani le date sono diverse e si allontanano moltissimo da quanto affermato dagli storici europei. Ma analizziamo i concetti espressi e lasciamo da parte le datazioni (irrilevanti ai fini della sostanza). 


La peculiarità della filosofia Advaita Vedanta è che non si rifà ad alcuna divinità.  L'Assoluto non duale è  tra l'essere ed il non essere. Esso è il  Sé (Atman), ovvero la  Consapevolezza priva di attributi,  che è contenitore e contenuto di tutto ciò che si manifesta,  autoesistente, e contemporaneamente   aldilà di ogni manifestazione e pensiero.  


Il Sé gode della sua stessa illusione di esistere come oggetto separato e distinto da se stesso e -secondo il Vedanta- questa commedia si rende possibile attraverso  cinque maschere o “guaine” (in sanscrito “kosha”) che nascondono il Sé al sé (l’Io assoluto all’io relativo).

Esse sono: “annamaya”, “pranamaya”, “manomaya”, “vijnanamaya” e “anadamaya”.

Annamaya è la guaina composta dal cibo, il corpo fisico. I suoi costituenti sono i cinque elementi nello stato grossolano, in vari gradienti di mistura. Dello stesso materiale sono fatte le cose del mondo oggettivo sperimentato.

Pranamaya è la guaina dell’energia vitale (nella Bibbia “soffio vitale”) è quella che denota la qualità vitale, la sua espressione è il respiro, in sanscrito “prana” e le sue cinque funzioni o “modi”: “vyana” quello che va in tutte le direzioni, “udana” quello che sale verso l’alto, “samana” quello che equipara ciò che è mangiato e bevuto, “apana” quello che scende verso il basso, “prana” quello che va in avanti (collettivamente vengono definiti con il termine “prana”). Alla guaina del “prana” appartengono anche i cinque organi di azione, ovvero: la parola, la presa, il procedere, l’escrezione e la riproduzione.

Manomaya è la guaina della coscienza, o mente individuale, le sue funzioni sono chiedere e dubitare. I suoi canali sono i cinque organi di conoscenza: udito, vista, tatto, gusto ed olfatto.

Vijnanamaya è la guaina dell’auto-coscienza, o intelletto, cioè l’agente ed il fruitore del risultato delle azioni. Questa maschera, od involucro, è considerata l’anima empirica che migra da un corpo fisico ad un altro (nella teoria della metempsicosi).

Anadamaya è la guaina della gioia, non la beatitudine originaria che è del Brahman, essa è la pseudo beatitudine (sperimentata nel sonno profondo) del cosiddetto “corpo causale”, la causa prima della trasmigrazione, Un altro suo nome è “avidya” ovvero nescienza od ignoranza del Sé.


Secondo lo studioso indiano T.M.P. Mahadevam è possibile riordinare queste cinque maschere in tre “corpi”:

1 - “annamaya”, il corpo fisico grossolano;

2 - “suksma-sarira” il corpo sottile, l’insieme delle tre guaine di prana mente ed intelletto  (”pranamaya, “manomaya” e vijnanamaya”);

3 - “karana-sarira”, il corpo causale della guaina “anandamaya”.


E’ per mezzo di questi tre corpi che noi sperimentiamo il mondo cosiddetto “esterno” nei tre stati di veglia, sonno e sonno profondo.

L’esperienza empirica si manifesta attraverso le cinque guaine, proiettate o riflesse nel concetto di “spazio” e “tempo”, senza di esse la coscienza relativa di un “mondo” non potrebbe sussistere.

Come diceva il filosofo  M. Heidegger : "Com’è che l’esistenza umana si è procurata un orologio prima che esistessero orologi da tasca o solari?…Sono io stesso l’”ora” e il mio esserci il tempo? Oppure, in fondo, è il tempo stesso che si procura in noi l’orologio? Agostino ha spinto il problema fino a domandarsi se l’animo stesso sia il tempo. E, qui, ha smesso di domandare...”

Paolo D’Arpini



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Commento ricevuto:

Ringrazio Paolo D'arpini, per questo commento-esposizione in merito ad un argomento ostico ai più in questo nostro mondo occidentale,  che si affida a più rassicuranti e altrettanto illusorie dogmatiche forme-pensiero, tralasciando intuizioni e conoscenze che implicano un più profondo e faticoso lavoro di scavo e di ricerca interiore, oltre che, naturalmente, di dare spazio, tanto spazio ad "una Visione" veramente senza confini, come senza confini e senza tempo è l'Essenza stessa dei Veda, e dell'Infinito, nell'interazione con l'Atma in noi e nell'Assoluto tutto. 
Franca Chichi

mercoledì 23 maggio 2012

Spirituali​tà Laica - Atomi ed Archetipi, Natura Naturans e Natura Naturata... nella visione di Leonardo Chiatti

Il fisico Leonardo Chiatti


Nel corso del nostro ultimo, conviviale incontro al Circolo Vegetariano, il buon Paolo mi ha invitato a redigere un breve resoconto sulla mia “ipotesi degli archetipi”. Lo faccio volentieri e spero di fare cosa utile.

Premetto che il mio campo di attività è quello della fisica, non quello della psicologia, della filosofia o delle mantiche; quindi il concetto di archetipo di cui parlerò non ha niente a che vedere con Jung, con Platone, i Tarocchi, l’Astrologia cinese od occidentale, l’I Ching e quant’altro. Si tratta di una ipotesi –che ancora attende conferma- formulata per spiegare certi fenomeni nel campo della
fisica.


Per far capire di che si tratta (in una esposizione non tecnica non saprei fare di più) devo richiamare cinque notizie chiave. La prima è che tutta la materia è costituita da entità elementari, quali gli atomi e le molecole, e dunque non è suddivisibile all’ infinito. La seconda cosa che occorre tenere presente è questa: mentre il movimento degli oggetti macroscopici che si vedono nella vita di ogni giorno è continuo, il movimento di queste entità elementari non lo è. Per capirci, se uno sposta una carriola, la carriola occuperà gradualmente tutte le posizioni dello spazio intermedie tra il punto di partenza e quello di arrivo: non vedrete mai una carriola sparire nel nulla o apparire dal nulla, né scomparire qui per riapparire magicamente di là. In un certo senso, questo è invece ciò che accade agli atomi ed alle molecole: il loro movimento è discontinuo, “a salti”.

Questi salti sono chiamati “salti quantici”.

La terza notizia chiave è questa: quando una di queste entità elementari fa uno di questi salti, il risultato del salto (cioè la nuova configurazione dell’ entità) è imprevedibile. Negli scorsi decenni si è dibattuto molto su questa imprevedibilità. Secondo alcuni, il risultato di un salto quantico è imprevedibile perché non conosciamo abbastanza a fondo le leggi che lo governano. Sembra però, da molte risultanze, che questa imprevedibilità non è dovuta alla nostra ignoranza di come funziona il mondo (che rimane ad ogni modo grandissima) ma è un aspetto della natura stessa del salto quantico.
Pauli, che negli anni trenta-quaranta fu uno dei primi a rendersi veramente conto di ciò che questo implicava, vedeva nel “salto quantico” una maniera di esprimersi “irrazionale” della natura, e ne parlava con apprensione. Personalmente, invece, sono più tranquillo; secondo me nel salto quantico la Natura non esprime irrazionalità, ma creatività, il ché è diverso.

La quarta nozione che devo propinarvi è questa: ogni oggetto macroscopico, sia esso il Sole, una sedia o voi stessi, è un agglomerato costituito dal verificarsi di un numero enorme di questi “salti” ogni frazione di secondo. In realtà, ogni cosa è un “ribollire” di movimento atomico a salti, ed appare stabile e solida solamente perché noi percepiamo il comportamento medio di un numero enorme di salti. È un po’ come fissare una fiamma nel camino: la forma della fiamma appare stabile, ma la fiamma è in effetti composta di miriadi di particelle incandescenti in movimento rapido e spesso caotico. Questo comportamento medio è, a differenza dei singoli salti, perfettamente prevedibile, e questa è la ragione per cui la materia, come la vediamo ogni giorno, sembra manifestare un comportamento inerte e prevedibile, privo di iniziativa e creatività.

La quinta ed ultima notizia è la seguente. Quanto ho appena detto non è sempre vero. Ci sono situazioni nelle quali gli effetti del singolo “salto quantico” possono essere ingigantiti fino a fare irruzione nel mondo macroscopico della vita quotidiana. Molti fenomeni biologici, ad esempio la mutazione genetica spontanea, la percezione visiva, aspetti dello sviluppo embrionale, la insorgenza di alcune forme di cancro, sono di questo tipo.

Lo stesso cervello è un amplificatore efficientissimo di “imprevedibilità quantica” e secondo alcuni ricercatori, come lo scomparso Mario Ageno, questo fatto potrebbe spiegare aspetti importanti della “imprevedibilità” umana.

A questo punto posso finalmente dire qualche parola sul mio lavoro. Io ho rianalizzato le modalità con le quali i salti quantici si connettono tra loro, ed ho trovato che oltre alle modalità ben note e descritte in fisica da più di ottanta anni potrebbero essercene delle altre. Dico potrebbero perché l’argomento è sottile e il condizionale è d’obbligo. Secondo la mia ipotesi, va superata l’ idea che i salti quantici avvengono nello spazio e nel tempo. Essi emergerebbero invece da un livello più profondo, inosservabile, della realtà fisica, una sorta di Arché o, se si vuole, una riedizione moderna della Natura naturans (con la “n” maiuscola). Questo livello più profondo è al di là dello spazio e del tempo ed a questo livello, quindi, tutti i salti quantici della storia passata, presente o futura dell’Universo sono connessi.

Ciò che noi vediamo dei salti quantici è il prodotto del loro emergere, che è simultaneo all’ emergere di quelle particolari relazioni tra essi che sono lo spazio ed il tempo.

Se questa ipotesi è corretta, tra i salti quantici dovrebbero esistere correlazioni insospettate, ed ho chiamato “archetipi” gli schemi di queste correlazioni. Per quanto l’argomento possa sembrare più filosofico che scientifico, in effetti non è così, perché è possibile fare degli esperimenti per verificare se gli archetipi, definiti in questo modo, esistono davvero.

Supponiamo che la ipotesi sia vera, e che gli archetipi esistano veramente. Quali sarebbero le conseguenze? Sul piano pratico, penso nessuna. Infatti la connessione archetipica da me proposta non sarebbe attivabile dagli umani secondo la loro volontà, e dunque non potrebbe costituire la base di alcuna nuova tecnologia.

L’impatto sulla nostra visione del mondo sarebbe invece, penso, più sostanziale. La biosfera è piena di dispositivi (gli esseri viventi) che sono amplificatori eccezionali di salti quantici. Pertanto, se la ipotesi è corretta, nella biosfera e nella storia della sua evoluzione si dispiegherebbe un ordine nascosto di origine “arcaica” (nel senso che dicevo prima) a noi completamente ignoto. La comparsa di questo ordine non sarebbe l’espressione di una legge o divinità esterna al mondo naturale, ma piuttosto di una capacità creativa interna alla Natura stessa (per la quale è allora completamente giustificata la “N” maiuscola).

Va da sé che questa visione del mondo naturale è a priori incompatibile con quella che vede la Natura nel solo aspetto di "natura naturata", cioè di insieme di oggetti manipolabili. La assolutizzazione di questo secondo aspetto ha condotto all’attuale crisi ecologica ed alla inquietante tematica degli OGM.

Leonardo Chiatti



Breve commento:

Voglio aggiungere solo qualche parola a questa interessantissima lettera-articolo di Leonardo. Ho già parlato di Leonardo in una mia reminescenza karmica  (vedi url:http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/10/16/%e2%80%a6-da-grottaferrata-a-calcata%e2%80%a6-un-viaggio-lungo-mezzo-secolo/) e debbo dire che la sensazione che vivo ogni volta che lo incontro è quella di trovarmi con un vecchio compagno di viaggio con il quale sento di avere dei debiti di riconoscenza. Ma è impossibile per me cercare di saldarli poiché in effetti è sempre Leonardo che mantiene la parte del “donatore” ed io mi limito a svolgere quella del “ricevente”. La mia consolazione sta nel fatto che in definitiva non può esserci reale divisione fra chi da e chi riceve, essendo solo due aspetti funzionali al compimento e questo –nello stato fisiologico- mi pare anche il discorso sottinteso nell’articolo di Leonardo che ringrazio per l’implicita corresponsione alla legge di causa-effetto.

Come dice Arthur Avalon, nel suo The Serpent Power: le due fasi della manifestazione vitale sono inscindibili: Natura Naturans e Natura Naturata.

Paolo D'Arpini


Paolo D'Arpini, simpatico



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Commento di Guido Dalla Casa: “In altre parole: Non esiste alcun "mattone fondamentale della materia": Esiste solo una meravigliosa danza di energie che continuamente nascono nell'Essere e svaniscono nel Nulla...”

lunedì 21 maggio 2012

Dal 21 maggio al 21 giugno - Stagione dei Gemelli/Cavallo - Esagramma Chien (Il Creativo)

Gemelli bicolore


Con i Gemelli entriamo di soppiatto nell’estate. Castore e Polluce. La curiosità e la provocazione. C’è una storia indiana che può rappresentare questo modello, con una prova di saggezza.  Tanto tempo fa alcuni preti vollero mettere alla prova la realizzazione dell’Uno professata da Janaka, un re che viveva l’unitarietà di tutte le cose.

Essi inviarono alla sua reggia un gruppo composto da un  bramino (casta sacerdotale), un intoccabile, una vacca, un elefante ed un cane. Quando il gruppo giunse davanti al re,  egli inviò il bramino nel posto dove sedevano gli altri sacerdoti,  l’intoccabile in mezzo agli altri intoccabili, la vacca fu mandata nella stalla, l’elefante nella rimessa degli elefanti ed il cane nel branco reale dei cani e diede istruzioni affinché di ognuno  venisse presa cura nel modo dovuto.


Allora i  preti intriganti  lo interrogarono e gli chiesero come mai avesse separato quegli esseri: “Perché li hai separati individualmente, non sono tutti la stessa cosa per te?”.

Janaka rispose “Sì tutti sono Uno, ma l’auto soddisfazione cambia seconda la natura dell’individuo. Ad ognuno di essi deve esser dato secondo la propria natura individuale e le proprie esigenze”.

Anche se in una commedia uno stesso uomo recita diverse parti, il suo comportamento varia in base al ruolo giocato – affermava Ramana Maharshi- egli non viene avvantaggiato ne diminuito dal ruolo impersonato.



Il momento presente.
Questo è il momento del passaggio, dell’attraversamento della frontiera, dall’inconscio collettivo al pragmatismo personale,  si percepisce il tempo sulla base della  condizione spazio temporale vissuta. Questo significa che in questo momento spontaneamente il nostro organismo si predispone ad affrontare e rispondere alle condizioni che si manifestano intorno a noi.
Certo, è sempre così in ogni periodo dell’anno, ma verso il solstizio estivo subentra una speciale “apertura”, il caldo e la maturazione dei frutti ci aiutano, recuperiamo il gap dell’autodifesa dal freddo e ritroviamo lo spontaneo aggiustamento alle condizioni a noi congeniali, l’uomo è nato all’equatore…



I Ching, l'esagramma relativo a questo mese: Chien (Kien)

Sotto vi è il trigramma Kien e sopra il trigramma Kien, tutte le linee sono intere.

Kien significa il Creativo, ed ha come simbolo il Cielo. Rappresenta l’energia Yang nel massimo della sua espressione. Corrisponde alla forza primordiale luminosa, spirituale, salda, attiva. Applicato al mondo umano l’esagramma designa l’azione creativa del santo e saggio, del sovrano degli uomini, il quale desta in essi, mediante la sua forza, la natura superiore intrinseca.

La Sentenza.
Il Creativo opera sublime riuscita, propizio per perseveranza.

Significato.
L’inizio di tutte le cose sta, per così dire, in forma di idee che debbono realizzarsi, ma nel Creativo è insito il potere di conferire una forma a questi archetipi delle idee, ciò è espresso con la parola “riuscita”. Questo processo è rappresentato con un’immagine presa dalla natura: “le nubi vanno, e la pioggia opera, ed ogni singolo essere fluisce verso la propria forma”.  (Genesi, 2 e 5 agg. dove il rigoglio dei singoli esseri è pure ricondotto al cadere della pioggia).


Nella Sentenza dopo aver espresso con i due termini “sublime” e “riuscita” l’atto di creazione, si ricorre alle due espressioni “propizio” (letteralmente creante ciò che corrisponde alla natura) e “perseverante” (ovvero giusto e solido).


L’Immagine.
Il moto del Cielo è vigoroso. Così il nobile rende se stesso forte ed instancabile.



Significato.
Nel raddoppiamento del trigramma Kien è insito il concetto del tempo e quindi il movimento che perdura con forza instancabile, come ad un giorno segue un altro giorno. Questa durata nel tempo è l’immagine della forza inerente al Creativo.

Il saggio ne trae modello da seguire per acquisire durevole efficacia nel suo operato. Il saggio si rende forte eliminando da sé tutto ciò che abbassa ed è volgare.

Commento di Confucio alla quinta linea: “Ciò che concorda nel tono vibra assieme. Ciò che è affine nella sua intima essenza si ricerca. L’acqua scorre verso l’umido, il fuoco si volge verso l’asciutto. Le nubi, che sono il respiro del cielo, seguono il drago, il vento, che è il respiro della terra, segue la tigre. Così il saggio si eleva, e tutti gli altri fissano lo sguardo su di lui. Quello che è generato dal cielo si sente affine a ciò che sta in alto. Quello che è generato dalla terra si sente affine a ciò che sta in basso. Ognuno segue ciò che gli è simile”.


Afferma il Cavallo (Gemelli) simbolo di questo mese: “… Non sono inceppato da vincoli mondani, né oppresso da mete vincolanti…”



Paolo D'Arpini


La libertà espressiva del Cavallo