lunedì 8 agosto 2011

Memorie di Karina Piermarteri su San Giusto (o San Maroto) di Pievebovigliana


Segnalo il blog della mia "nipotina" Karina, una ragazza piena di vita e di talento. Questo post che segue mi è particolarmente caro perchè parla di un luogo delle Marche del quale ho bellissimi ricordi di bambina, quando ci andavo a trovare i suoi bisnonni che erano agricoltori ed allevatori di bovini di razza marchigiana. Ricordo anche una passeggiava con raccolta di fiori e di una pianta particolare, secca, che fa un profumo di liquerizia. La stessa pianta la trovo nella spianata dove lascio l'auto per poi scendere alla grotta di S. Sperandia, o per andare alla Roccaccia, vicino a San Lorenzo di Treia e tutte le volte che vedo quella pianta e che sento quel profumo, mi ricordo di quella gita da bambina.

Quanto mi piacerebbe tornarci, mi ci porti, Karina?
Caterina Regazzi


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San Giusto
Questa frazione del comune di Pievebovigliana, una manciata di case all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, mi ha sempre affascinato e catturato. E’ sempre stato il punto di partenza per ogni mio viaggio tra queste montagne, un rito, a cui non mi sono mai sottratta. Ogni viuzza, portone, pietra mi parla di cose lontane, di storie, di aneddoti e di racconti, come quando negli anni ’50 si ascoltava la radio nella piazza, c’era ancora il piccolo negozio di generi alimentari e di tutto un po’, si iniziava a vedere la luce pubblica e a installare i primi pali per la linea telefonica, c’erano i balli con l’organetto e la fisarmonica per dimenticare i giorni che si andava sulla macchia a far pascolare le pecore… Ora ci sono rimaste le case, le viuzze, la chiesa, il pozzo, e le poche persone affezionate a San Maroto, e si strano a dirsi ma fin dai tempi della mia bisnonna questa frazione per gli abitanti si chiamava San Maroto e non San Giusto come è sulla carta.

San Giusto si rianima in estate, quando fanno ritorno i nipoti, i pronipoti, gli amici, per riaprire le imposte delle vecchie case, togliere la polvere da sopra il mobilio, rassettare un po’ la cucina, il bagno, per poi farsi cullare dallo scorrere del tempo, prendere un po’ di sole, respirare aria di fieno, di mucche, oziare. Ci si mette fuori dal portone, si fa una partita a tre sette con il vicino, due tiri a bocce, si ricama, si raccolgono erbe aromatiche, si parla dei tempi passati.

E’ un richiamo per tutti, sia per giovani che per quelli un po’ meno, ci si ritempra dalla velocità delle cose e degli eventi, tipici delle grandi città, e ci si immerge del tutto in un tempo che non è scandito più dai minuti, dalle ore. C’è tempo per alzarsi dal letto e pranzare a qualsiasi ora, i bambini posso ancora giocare in mezzo alla strada, i libri prendono vita e la tv è un lontano ricordo. La chiesa di San Giusto, di stile romanico primitivo a pianta centrale con quattro cappelle, inizia a essere un po’ troppo affollata in estate, non che ne occorrano molti di fedeli essendo piccolina, e da un banco a un altro si passa dal dialetto camerte e maceratese a quello romano e sardo. C’è chi preferisce essere riscaldato dalla luce del sole e chi starsene più al fresco, perché particolare di questa chiesa è la disposizione delle finestre, non riferite agli assi della pietra, ma piuttosto in funzione del percorso del sole.  ...............

continua su http://piermarteri.wordpress.com/

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