sabato 11 agosto 2012

Yoga della devozione - Introduzione di Sathya Sai Baba al Bhakti Yoga della Bhagavad Gita

Sri Rada e Sri Krishna
Sri Rada e Sri Krishna
 
 
Cari Amici. Ecco l’introduzione del Primo libro: “Bhakti Yoga” dei discorsi di Sathya Sai Baba sulla Bhagavad Gita.
 
Per il sottoscritto, amante viscerale della Gita, divoratore  quotidiano nel passato di varie edizioni e commentari di vari autori, tra cui Sri Shankara Acharya, Srila Prabhupada, Swami Sivananda, Padre Anthony Elenjimittan, ecc., il “commentario” di Bhagawan Baba nella Githa Vahini e di questo testo che sto traducendo mi hanno fatto scoprire prospettive del tutto nuove, semplici, essenziali e di estrema praticità. Talmente folgorato che ho smesso di leggere tutte le altre e leggere sempre e solo queste.
 
Beh…… direbbe un amico….. se non fosse così…. che Bhagawan sarebbe Baba?
 
Ricordo che rimasi scioccato, stupito, pieno di gioia quando mi imbattei nel concetto del “Mama Dharma”, cioè dell’essenza della Gita data da Baba.
 
La Gita ci esorta a compiere il nostro vero dovere.
 
Tutta la Gita è solo una parafrasi della vita umana:
L’uomo sul campo di battaglia, che è la vita di ogni giorno, ad un certo momento è preso dallo sconforto e dalla disperazione di vivere in questo mondo che non sente più a sua misura..….la tentazione è di gettare la spugna…..ed è lì, nel momento di più buia disperazione, che invoca l’aiuto del Maestro, di Dio, che come un Amico suggerisce cosa fare e soprattutto lo invita a  fare il suo dovere sempre e comunque nonostante le difficoltà.
 
E se tutto viene fatto come offerta al Divino allora le difficoltà si trasformeranno e verranno anestetizzate dalla Grazia del Signore.

 
Ed il concetto di Sharanagathi: accettare tutto ciò che viene come volontà del Signore.
 
Offro questa traduzione umilmente ai Divini Piedi di Loto di Madre Sai, che instancabilmente ci consiglia con l’Amore di mille Madri ad abbandonarci con piena fiducia tra le sue braccia, proprio come un bambino fa con  la propria madre.
 
Jai Sai Ram
Salvatore
 
 
 
Danza di Kali prosaica 
 
 
Poesia Aggiunta
.....................
 
Non voglio sapere quel che fai per sopravvivere.
voglio sapere per che cosa soffri,
e se sai almeno sognare di accettare la passione del tuo cuore.
Non voglio sapere le pene dei tuoi anni.
Voglio sapere se sai rischiare di sembrare matta per amore,
per i tuoi sogni, per l'avventura di essere viva...
Non voglio sapere quali pianeti sono in quadratura con la tua luna.
Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei stata aperta ai tradimenti della vita
o se ti sei ritirata e chiusa per paura di ulteriore dolore.
Voglio sapere se puoi star seduta con il dolore, il mio o il tuo,
senza far niente per nasconderlo, o mascherarlo o immobilizzarlo.
Voglio sapere se puoi stare con la gioia, la mia o la tua;
se puoi danzare nascostamente nel silenzio
e lasciare che l'estasi ti riempia fino alla punta delle dita
senza ammonirti di stare attenta,
di essere realista, o di ricordarti le limitazioni dell'umano.
Non voglio sapere se la storia che stai raccontando è vera.
Voglio sapere se puoi deludere gli altri per essere vera con te stessa,
se puoi sopportare l'accusa di tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se puoi essere fedele alla tua fede silente,
se sai vedere la bellezza anche nell’orrore di ogni giorno,
e se sai nutrire la tua vita della Sua presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fallimento, il tuo e il mio,
e ancora ergerti sulla riva di un lago e gridare all'argento della luna piena, “SÌ!”
Non voglio sapere dove o come o perché vivi .
Voglio sapere se puoi continuare a vivere dopo un giorno di pena e disperazione
addolorata e ferita fino alle ossa, e fare ciò che c'è da fare...
Non voglio sapere se sei felice o no, se lo sono o no.
Voglio sapere se sai stare al centro del fuoco insieme a me e non ti ritirerai.
Non voglio sapere dove o cosa o con chi hai vissuto e vivi.
Voglio sapere che cosa ti sostiene quando tutto il resto cade giù.
Voglio sapere se puoi stare sola con te stessa,
e se veramente ti piace la compagnia che ti dai nei momenti vuoti
di ogni presenza.
 
(Indiano americano anonimo)

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