martedì 17 febbraio 2015

Pizzone - Memoria di un incontro bioregionale

Memoria dell'incontro bioregionale del 18, 19 e  20 Maggio 2007 - Pizzone (Isernia), Rifugio il Falco, Pianoro delle Forme, Alta Valle del Volturno




Ricordo che l’incontro della Rete Bioregionale del 2007  si svolse in una struttura gestita dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.  Il rifugio che ci ospitava  è situato a 1500 mt. e sulla cima di Pizzone c'era ancora un po’ di neve,  la notte si battevano i denti  malgrado  dormissi vestito (non c'erano coperte a disposizione, solo materassini). Io dormii per terra su un materassino poiché non potevo sopportare di stare su un letto a castello con tre brande una sull'altra, mi sembrava che la struttura potesse crollare al minimo movimento. Per cercare di scaldarmi avevo comprato da Manu, una delle partecipanti, un cappelletto di lana che indossavo la notte. Stranamente di tutti i cappelletti che ho avuto in vita mia quello ancora lo conservo, ce l'ho qui con me a Treia.   Fortunatamente la struttura disponeva di una comoda cucina provvista di pentoloni, piatti, posate e bicchieri per tutti e non ci sono state difficoltà a preparare i pasti e le colazioni (dabbasso potete vedere una foto che mi ritrae in cucina). Ognuno di noi aveva portato qualcosa per riempire la “cambusa”  mentre le verdure fresche erano state comprate all’esterno, da Elena e Gigi, che avevano organizzato l'incontro.

Io ci andai assieme a Luisa (la potete vedere nella foto in fondo che siede su un sasso a fianco di Etain) e non abbiamo avuto difficoltà a raggiungere il posto. L'atmosfera era molto conviviale e debbo dire che questo è stato uno degli  incontri della Rete Bioregionale  in cui ho sentito un senso di vera  fraternità. Forse sarà stata l'atmosfera molisana ed  il sentirsi completamente fuori dal mondo.  

Paolo D'Arpini


Reportage fotografico sull'incontro di Pizzone (Parco Nazionale d'Abruzzo). Tre giornate di dibattito, festa, poesia, musica e tanta natura.  Foto di Stefano Panzarasa





















Resoconto - Giornate bioregionaliste


Nella  primavera del 2007 ho fatto un incontro con un gruppo di gente strana. C'era una donna che danzava con la spada, uno che cantava con la chitarra le fiabe di Rodari, un altro che si ostinava a farci ascoltare le parole degli alberi (che di nome fa Mario), c'era un ragazzone americano che recitava poesie sulla campagna umbra e un omino britannico magro magro, vestito come un aviatore, che non conosceva bene l’italiano ma parlava in continuazione, c'era poi un prete che suonava uno strumento fatto con la pelle di montone e una ragazza dalla voce che ti impregnava il cuore, c'erano bambini che andava in giro come piccoli selvaggi e selvaggi che sembravano bambini, c'era un filosofo buddista che si lamentava di mangiare sempre fave con la sua compagna: una sensibile traduttrice; c'era una brava attrice che desiderava creare un orto clandestino a villa Ada e un poeta dei boschi che vendeva tisane, c'era una ragazza tedesca che produceva del buon vino italiano e una scrittrice inglese capace di stare di fronte a qualunque cosa il destino le manda (che di nome fa Etain); un ragazzo abruzzese, rapito dagli orgoni di Reich più che dal suo bel figliolo biondo, con la silenziosa moglie francese e due guardiacaccia genovesi con un agronomo di Savona, c'era una autostoppista romana, e un ingegnere che portava in macchina materassi nuovi, su cui poi avrei dormito, c'erano due fratelli che allevavano lumache e una logopedista napoletana all’apparenza più attratta dallo sguardo del contadino venuto dal nord (che di nome fa Giuseppe) che dalla sua lucidità di pensiero e dal fatto che fosse il fondatore e portavoce italiano di tutto quel movimento. Intorno una magnifica distesa di verde con l'aria straordinariamente buona e un cielo tanto bello e azzurro da sembrare un mare rovesciato, che invece delle barche di notte si riempiva di stelle, e ancora montagne con spruzzi di neve, quasi fossimo in Abruzzo, anche se eravamo in Molise. Nel casermone dove alloggiavamo non c'era luce, al bagno di notte si andava con la candela, mancava l'acqua calda, e a pranzo cena e colazione servivano sempre fave eppure ovunque regnava un'aria di festa. Ve lo dico così, ma è un evento importante: accade una volta l'anno e lo chiamano incontro bioregionalista. Solitamente si fa tra i monti o in aperta campagna. È una cosa bella, che sa di resistenza, di ideali, di amicizia, di solidarietà, di passione, di amore, di pensiero, di gioia, di conquista, di realizzazione, quelle cose insomma per cui un uomo è (o dovrebbe essere) destinato a vivere. Ma non è una cosa da provare a descrivere è una cosa da vivere. Così non vi racconto nulla di quel che è accaduto in quei tre giorni, ma vi dico quel che, a me cittadino, quei tre giorni e quel gruppo di gente mi ha permesso di comprendere. Ve lo dico perché mi sembra una cosa, che alla fin fine può essere utile anche a voi.
Bene, ho capito cosa vuol dire «Abitare».
«Abitare» non è solo occupare uno spazio fisico, significa innanzitutto il rapporto vivo che abbiamo con noi stessi, con chi amiamo, con chi ci è vicino, con il territorio ben più vasto dei nostri desideri e ricordi. «Abitare» è sapere cosa è essenziale nella vita, saper distinguere in ogni momento ciò che conta veramente, innanzitutto le relazioni vive, da ciò di cui invece possiamo fare a meno. Un buon «Abitare» è fonte di agio e di felicità che si irradiano sul territorio e dunque nel mondo.Voglio dire che non importa dove siamo nati: possiamo «Abitare» in ogni luogo, se comprendiamo realmente cosa vuol dire e ce la portiamo con noi. Ho capito anche che è fondamentale sapere (questo concetto lo devo a Etain) perché si abita in un luogo piuttosto che in un’altro e se quella in cui si risiede non è la città natale, occorre chiedersi come e perché vi si è giunti e con quali aspettative, sentimenti e motivazioni. Queste domande sono importanti perché la ricchezza e la vivacità di un ambiente dipendono da ognuno di noi, dal modo in cui ci diamo da fare, quanto vi investiamo in termini di cura del territorio, lavoro fatto bene, relazioni sociali, invenzione di nuovi forme di rapporti e di convivenza civile. (...)


Dario Fani 

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