Archetipi. Come far entrare il 13 nel 12? E’ chiaro… ed allo stesso tempo è anche oscuro.
Cerchiamo di vedere in che modo percepire gli originali 13 archetipi lunari negli attuali 12 solari. Di primo acchito sembra un’operazione impossibile, dal punto di vista matematico non c’entrano. Eppure questo processo è avvenuto, attraverso uno scioglimento lento e persino doloroso sino ad ottenere, stiracchiando ed oscurando, una quadra. Per migliaia e migliaia di anni l’uomo ha contato in lune, compiendo un percorso circolare segnato da tappe stagionali in progressivo mutamento, ed ogni luna rappresentava un archetipo, e questi archetipi erano 13 come le 13 lune che sono contenute in un calendario lunare (com’è quello cinese, ad esempio). E’ andata bene così per tutto il periodo matristico poi con il subentrare del periodo patriarcale, con l’accumulo delle risorse, con la necessità di un computo del tempo agevole e logico, è subentrata la suddivisione dell’anno in dodici mesi, in cui l’anno è calcolato per avere un inizio ed una fine, linearmente.
Si è assestato tutto in suddivisioni precise: 4 stagioni di tre mesi ciascuna. Dalle 4 stagioni sorgono le 8 direzioni mediane, segnalate nell’I Ching come i Trigrammi di base, e poi altre 4 ulteriori posizione intermedie aggiunte per arrivare alle dodici desiderate. Però, come dice Chuang Tzu, c’è differenza fra la spontaneità del Tao e l’attenersi alla via di mezzo. Stare a metà strada fra il valore e la mancanza di valore (qui inteso come ragionevole saggezza) sembra una buona posizione, in realtà non lo è, non ci si potrà mai districare dai guai del ragionamento e dello stare in bilico. Egli disse: “Nel caso del corpo, è meglio lasciarlo andare insieme con le cose. Nel caso delle emozioni, è meglio lasciarle seguire i propri desideri. Andando assieme con le cose eviti di diventare qualcosa separata da esse. Lasciando che le emozioni seguano i loro desideri, eviti la stanchezza”.
Nell’anno del calendario lunare delle 13 lune si potrebbero osservare dei passaggi interconnessi, addirittura un po’ confusi, come avviene nella vita di ognuno in cui il passaggio del tempo è una sorta di continuum in cui le mutazioni sono gradienti impercettibili, in un movimento di variabilità cicliche.
Dovremmo considerare e valutare il tempo, considerandolo momento per momento, come nell’antica visione taoista che lo compara ad un fiume, che sorge e sfocia, sempre uguale e sempre diverso. All’inverso il riconoscimento dei 12 archetipi all’interno dell’anno solare risponde all’esigenza di un computo matematico del tempo in forma lineare ed utilitaristica. Ed ora non riusciamo più con la nostra mente logica a percepire, tantomeno comprendere, lo svolgersi dei 13 archetipi originari antecedenti. 13 soste o punti di osservazione di uno stesso cammino, in cui il primo passo comprende anche l’ultimo. 13 momenti emozionali in un exursus analogico, denso di immagini e profumi e colori e meraviglia.
Come possiamo osare attingere alla memoria ancestrale, al cerchio della luna, senza sentire che ci viene a mancare la ragione, che le sicurezze alle quali ci siamo avvezzati (per pigrizia e comodità) vengono meno….?
Eppure i 13 archetipi lunari stanno lì, dentro la nostra storia, un po’ come la tredicesima tribù scomparsa di Israele. Scomparsa o dimenticata, scomparsa od integrata per convenienza di ragionamento? Così anche il tredicesimo archetipo mancante non è andato “perduto” è lì presente negli altri dodici “costituiti”.
Ma qualcosa resta anche in superficie. Ad esempio la ricorrenza della Pasqua, sia cristiana che ebraica, che viene celebrata considerando le lune. E la stessa cosa avviene nel calendario cinese per quel che riguarda l’inizio della Primavera (che più avanti esamineremo meglio). Questo significa che la memoria di una individuazione deve rispecchiare la pariteticità dell’evento ricordato che non può essere estraniato dalla condizione in cui l’evento stesso si è manifestato. Altrimenti la commemorazione è fallace, manca di sentimento, poiché cerca di integrare quel che è dispari con quel che è pari.
Non si può conservare ciò che è intuibile facendolo diventare riproducibile. E nel Libro dei Mutamenti si fa un chiaro riferimento all’imperfezione della “copia”. La copia non è mai l’originale. La copia è una riproduzione speculativa, una semplice proiezione. L’originale è. La copia diviene.
Tornando al posizionamento dei 13 archetipi lunari ed al loro possibile riconoscimento all’interno dei 12 solari, possiamo solo tentare la via dell’evanescenza: “tra e tra”. Tanto per cominciare vediamo come è avvenuto il passaggio dai 13 ai 12. La mutazione può farsi risalire a tempi antichissimi, quasi mitici, forse avvenne nell’anno 2637 a.C., per la volontà dell’imperatore Huang Ti, il quale stabilì il calendario perpetuo tutt’ora in vigore che, pur mantenendo una composizione di 13 lune, fu integrato nei dodici mesi solari. Altro momento cruciale della trasposizione potrebbe essere quello di un editto imperiale del 140 a.C in cui fu sancito che l’inizio dell’anno agricolo era comunque fissato per il 5 febbraio. Per completare un anno lunare debbono trascorrere 13 noviluni, e l’editto definì il nuovo inizio con la tredicesima luna nuova posta nel mese della Tigre (il nostro Acquario), che va dal 21 gennaio al 20 febbraio, e il giorno 5 febbraio è intermedio. Sorse così l’usanza di calcolare se la tredicesima luna si manifesta prima o dopo quella data, il che dà una diversa valenza alla qualità dell’anno. Se il 13° novilunio avviene prima del 5 febbraio l’anno si definisce “cieco” poiché non vede la primavera. Ad ogni modo ognuna di queste considerazione e spiegazioni è solo una forma di aggiustamento, una concessione al tentativo di coniugare l’imponderabile con il ponderabile, il logico con l’illogico, il mistero con l’utile.
Può avere il paradosso una spiegazione?
Per questo nel tentativo di evocare ciò che è inesprimibile occorre andare a fiuto. Né avanti né indietro, né a destra né a sinistra, la cosa è lì, nell’aria: “fluttua”. Si sa che c’è ma appena si pensa di averla individuata, oggettivata, diviene immediatamente una “copia”. Una descrizione.
Infatti anche se affermassimo che il Tao è “puro essere e consapevolezza” l’abbiamo immediatamente ridotto in un sistema differenziale. Perciò al massimo può dirsi che esso è aldilà dell’essere e del non essere, del consapevole e dell’inconsapevole. O quel che avremmo descritto, come diceva Lao Tzu, non sarebbe il vero Tao.
Ma nel tentativo di “avvicinarci” e di sostare alla sua sponda dobbiamo ricorrere allo specchio della descrizione mentale in successione. Perciò se -come affermavo prima- il Tao è puro essere e consapevolezza, il suo svolgimento così si manifesta:
dalla coscienza sorge l’esistenza, dall’identità viene il riconoscimento, con il distinguere nasce il separare, qualificare comporta emozioni e pensieri, e la scelta conduce all’uso. Insomma l’essere consente l’esistere e l’esistere consente le forme ed i nomi nello svolgimento dello spazio tempo. Ma il Tao è in ogni fase, in quanto consapevole presenza, è nel qui ed ora e non cercandolo nel passato o nel futuro.
dalla coscienza sorge l’esistenza, dall’identità viene il riconoscimento, con il distinguere nasce il separare, qualificare comporta emozioni e pensieri, e la scelta conduce all’uso. Insomma l’essere consente l’esistere e l’esistere consente le forme ed i nomi nello svolgimento dello spazio tempo. Ma il Tao è in ogni fase, in quanto consapevole presenza, è nel qui ed ora e non cercandolo nel passato o nel futuro.
Paolo D'Arpini
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