lunedì 1 giugno 2020

Ecosofia, il mito e i diritti di Madre Natura



Le Metamorfosi di Ovidio ci raccontano della ninfa Dafne, la quale per sfuggire alle insidie di Apollo, rivolse una richiesta di aiuto al padre Peneo, divinità fluviale, il quale la sottrasse alle brame del dio trasformandola in alloro. Talvolta mi capita di pensare alla ninfa Dafne le cui bianche carni mutarono in fibre di legno ed i cui capelli, un tempo sciolti al vento, divennero fronde.

A stare ad Ovidio, Apollo, rivolgendosi alla ninfa trasfigurata in pianta disse: Poiché non potrai essere mia moglie, sarai almeno il mio albero. Dopo una tale affermazione l’alloro, quasi assentì muovendo i rami appena germogliati. Il mondo antico è ricco di testimonianze che ci portano a considerare la natura come un essere animato. Le Amadriadi erano ad esempio ninfe che risiedevano nel tronco degli alberi. La loro disposizione d’animo mutava a seconda dell’albero che le ospitava. Esse piangevano al cadere delle foglie ed esultavano quando le leggere brezze primaverili scrosciavano sul fogliame.

È pacifico che per gli antichi le piante e la natura erano dotate di un’anima e probabilmente tale idea, che ci è pervenuta grazie ad alcuni miti, è il prodotto di remote culture ancestrali. Purtroppo nel corso dei secoli questa concezione è andata affievolendosi fino ad essere totalmente assorbita nel paradigma della natura intesa come risorsa produttiva, da consumare con cupa avidità. La natura da anima è divenuta oggetto o peggio ancora bene commerciabile. È possibile rintracciare la fondazione della visione atropocentrica nella sofistica e più tardi nella razionalità della visione cartesiana che mette al centro l’uomo quale unico protagonista del mondo. Le conseguenze di un tale modo di vedere le cose sono sotto gli occhi di tutti.

Una mattina primaverile, al risveglio, mia figlia di quattro anni mi chiese: papà, che stagione è oggi? In un primo momento sorrisi, poi compresi che quella domanda nascondeva una nuova percezione del fattore climatico. Ormai, agli occhi di una bambina, un’unica giornata poteva essere attraversata da stagioni diverse.

Un rapporto dell’ottobre 2018 dell’Intergovernmental Panel Climate Change (IPCC), il gruppo intergovernativo che si occupa dello studio dei cambiamenti climatici, ci comunica che in maniera inequivocabile siamo ad un punto di svolta. La temperatura è già aumentata di un grado rispetto all’anno di riferimento per lo studio del clima, il 1880.

Un aumento di 1,8°C o peggio di 2°C, comporterebbe dei cambiamenti inauditi. Strano? Non credo. In fin dei conti basta pensare alla nostra condizione quando becchiamo una semplice influenza. Una cosa è una temperatura di 37° ed altra è una temperatura di 39° o oltre. La differenza è sensibile.

Negli anni ’60 uno studioso che aveva collaborato ai programmi della NASA, James Lovelock, aveva avuto modo di parlare del pianeta terra, Gaia, come un grande super organismo vivente, in cui gli organi erano rappresentati dai vari ecosistemi. L’umanità era intesa come parte di uno spazio di esistenza in cui tutte le forme di vita erano in relazione reciproca e quindi interdipendenti. Se questo non bastasse, Lovelock gettò un nuovo sguardo sulla teoria darwiniana consentendone una inedita chiave di lettura. La dinamica evolutiva non si basa sul prevalere del più forte, ma sulla cooperazione tra tutte le forme del vivente. Questo processo è definito simbiosi. L’uomo può esistere fintantoché gli ecosistemi, e tutte le parti della biosfera, mantengono una relazione di equilibrio ed in un certo senso, mantengono aperto il dialogo fra di loro.

Purtroppo il surriscaldamento, la febbre che sta attanagliando la nostra amata Gaia, sta minando gli equilibri biosferici. Le ragioni scientifiche, filosofiche, economiche, giuridiche che sin qui hanno sostenuto i passi da gigante compiuti dalle nostre civiltà, purtroppo sono insufficienti a fronteggiare una situazione di tale complessità. In ogni campo, tocca inventarsi qualcosa di nuovo.

Secoli di filosofia del diritto ci hanno riconsegnato un’idea di natura intesa come bene giuridico. Quest’idea ci sta conducendo evidentemente al capolinea. Sono maturi i tempi per iniziare a pensare in termini di ecosofia del diritto.

ORFEO - dalle METAMORFOSI di Ovidio

In giro per il mondo vanno sviluppandosi teorie che intendono la natura come soggetto di diritto. Fino ad oggi il diritto, nel suo punto di contatto con la realtà, aveva reagito con un ripiegamento antropocentrico. Oggi non più. Oggi, in alcuni casi, come quello della Costituzione dell’Ecuador o delle Leggi ambientaliste boliviane, il diritto prova ad aprirsi, e lo fa in maniera sorprendente, riconoscendo Madre Natura, o Pacha Mama, come soggetto di diritto.

Tutto ciò è il prodotto della recezione da parte di alcuni Ordinamenti Costituzionali delle culture ancestrali basate sul concetto di Sumak Kawsay, cioè dell’idea di piena cittadinanza dell’essere umano in quel complesso sistema di comunità viventi rappresentato da fiumi, foreste, montagne, laghi, oceani. Grazie a tale normativa, nel 2011 il fiume Vilcabamba si è potuto costituire in un processo contro la minaccia rappresentata dalla cementificazione. Non vi sembri assurdo che il fiume abbia visto riconosciuto il proprio diritto.

La soggettività giuridica ormai non è più prigioniera del limite angusto dell’umano ma, saltati gli argini, rifluisce nel soggetto naturale. Le nuove norme recepiscono questo dato ed è come se ci sussurrassero: torno di nuovo alla vita. Ciò avviene proprio nel momento in cui sembra insidiata la capacità della natura di auto rigenerarsi.

La storia dei diritti è stata una lenta ed inesorabile marcia per l’estensione degli stessi ad un campo sempre più largo di soggetti. Oggi siamo agli albori di un cambiamento epocale. La sfida è che essi possano essere riconosciuti, sul piano biosferico, a tutte le forme del vivente. In Italia da poco si è iniziato a riflettere su questi temi, eppure anche dalle nostre parti c’è chi ormai ritiene che il riconoscimento della soggettività giuridica alla natura possa avvenire a livello costituzionale. Un’innovazione di questo tipo implicherebbe un salto di qualità epocale, consistente in un vero e proprio cambiamento di paradigma: dalla filosofia del diritto, all’ecosofia del diritto. 

Io sono fiducioso e probabilmente quando ciò avverrà ci renderemo conto di aver elaborato un rimedio naturale per far fronte ai mali ed alle febbri che affannano Gaia.

Nicola Nardella,  avvocato penalista e studioso dei sistemi normativi di tutela dell’ambiente e della natura.



Nicola Nardella sarà presente all'incontro "Bioregionalismo. Stati generali dell'ecosofia" che si tiene all'Anio Novus di Tivoli, il 20 e 21 giugno 2020, per presentare il suo libro "I diritti di Madre Natura": https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2020/03/i-diritti-di-madre-natura-recensione.html


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