lunedì 30 luglio 2012

Sathya Sai Baba ed Osho Rajneesh... diversi ed uguali? Sì, con gli occhi della spiritualità laica!

 



 

Sathya Sai Baba ed Osho Rajneesh…. Che hanno questi due in comune?  Comparazione di due saggi indiani mai incontrati… ma conosciuti!



Debbo anticipare che non sono, né son mai stato,  un cercatore spirituale "professionista", cioè non ho mai cercato nessuna verità altra da me stesso,  né ho mai provato il desiderio o la curiosità di andare a conoscere questo o quel maestro.

Sono un fatalista e ho sempre considerato che quello che deve accadere nella vita accade per conto suo e non c’è bisogno di rincorrere nulla. 

Soprattutto verso i santi maschi  ho sempre  mantenuto un occhio critico, pensando che nessuno potesse incarnare meglio di me lo "spirito". Certo ora non vedo più la cosa nello stesso modo, ora per me son tutti come me stesso e quindi l’antagonismo è finito.

Restano comunque i ricordi e le abitudini comportamentali.  

Ma torniamo ad Osho Rajneesh  ed a Sathya Sai Baba …. 
A volte li definisco  “due saggi opposti” e  perché? Osho Rajneesh rappresenta la trasgressione in senso intellettuale e sociologico mentre Sathya Sai Baba incarna il modello devozionale indiano classico.

Il primo fece di tutto per creare scalpore e rompere  ogni schema, parlando male di tutti e persino di se stesso. Era famoso per i suoi scherzi crudeli come quello –ad esempio- in cui annunciò che alcuni dei suoi “discepoli” si erano realizzati per poi osservare le loro reazioni e svergognarli adeguatamente  per la finzione da loro dimostrata negli atteggiamenti esteriori. Osho era un nato nell'anno della Capra perciò vi potete immaginare il tipo. Tutti i discepoli di Osho erano una macchietta con i loro panni indaco vistosi, pieni di collane e di rosari, si dicevano “sannyasin” (rinuncianti) ma si comportavano da grandi epicurei (in tutti i sensi).

L’ashram di Poona era famoso per le libertà espressive manifestate in ogni campo… Allo stesso tempo Osho era  capace di tenere a bada quella mandria di scalmanati e li condusse –almeno alcuni di essi- pian piano all’annullamento del senso dell’io ed alla comprensione della vanità  dell’ottenimento mondano. In qualche modo restarono tutti “fregati” dalle sue trappole diaboliche ma i più saggi non se la presero ed andarono oltre….. Questo metodo di Osho  potrei definirlo  “psicologia transpersonale pura”.

 Praticamente da quando frequento ambiti spiritualisti ho costantemente incontrato e fatto  amicizia con discepoli di Osho, con loro mi sono divertito un mondo, ho amoreggiato con alcune e  litigato con alcuni.  Malgrado non avessi mai voluto incontrare e conoscere personalmente Rajneesh si vede che fosse mio destino incontrarlo attraverso i suoi seguaci in cui mi sono imbattuto e mi imbatto ovunque io vada.  Siccome non l’ho mai  incontrato di persona posso dire di conoscerlo   “indirettamente”.

Mi sono dilungato su Osho perché ho per lui una simpatia antipatia innata, ci avrei litigato di sicuro ma siccome non l’ho mai voluto né potuto incontrare mi resta affettuosamente vicino e apprezzo i suoi tricks furibondi. 

In qualche modo la stessa cosa  accadde con Sathya Sai Baba. Pensate che per anni ed anni sono andato e  risiedei per parecchio  tempo in Andra Pradesh , lo stato indiano in cui si trova Puttaparti,  dove c’era il suo ashram.  Abitavo a pochi kilometri da lui ma (come avvenne per Poona  che si trova a poche miglia da Ganeshpuri) non mi passò mai per la capa di andarlo a visitare, ma  anche così non potei fare a meno di essere continuamente e costantemente frequentato dai suoi devoti. Ancora    oggi succede ed infatti ho rapporti epistolari e di amicizia con tanti “beneficiati” di Sai Baba.

Voglio però qui raccontare come  accadde che da una iniziale diffidenza nei  confronti degli avvenimenti miracolistici a lui attribuiti  appresi a considerarli come un gioco utile all’avvicinamento verso la “coscienza”. 

Tanti anni fa stavo a Jillelamudi,  lì viveva anche un certo Siam, un ragazzo inglese originario di Malta, il quale non si dichiarava particolarmente interessato alle pratiche spirituali, mi diceva “non so dove andare e siccome qui mi danno da mangiare e da vestire ci resto finché posso”,  ma non dovete meravigliarvi della cosa perché questa era l’atmosfera dell’accoglienza totale ricevuta nella Casa di Tutti di Anasuya Devi. Un giorno  chiesi a Siam se avesse mai conosciuto Sathya Sai Baba e lui mi rispose che aveva vissuto a Puttaparti a lungo.

Per curiosità gli domandai ancora se avesse avuto qualche esperienza miracolistica con il santo,  a questo punto Siam mi guardò più seriamente e mi  narrò una sua esperienza. “Stavo lì già da parecchio tempo senza mai aver avuto un particolare rapporto con Sai Baba, poi accadde che  mi beccassi la rogna, una malattia epidermica  che spesso si attacca dal contatto diretto con  i cani,  vedi anche qui a Jillellamudi succede perché i bambini della scuola per il freddo dormono con i cani randagi al fianco e  si beccano la rogna,  insomma mi ero preso l’infezione e le mie mani erano piene di piaghe, una situazione dolorosa e pareva che non vi fossero cure adeguate a guarire dal male. Una notte sognai che Sai Baba stava passando in rassegna tutti noi e quando si trovò davanti a me mi guardò e mi chiese come  stavo,  io gli mostrai le  mani piagate e dissi –non posso più nemmeno mangiare per il dolore che provo- (in India si mangia con le mani ed il contatto con le spezie piccanti  procura bruciore)…  al che Baba, sempre nel sogno, mi disse di non preoccuparmi e mi prese le mani fra le sue… l’indomani mattina ero guarito…”.  

Dopo che Siam mi ebbe raccontato questa storia compresi come mai si stava dando tanta pena  a curare dei bambini che avevano preso la rogna  e smisi di pensare che “certe esibizioni miracolistiche di alcuni santi del sud” non erano affatto conduttive alla spiritualità. Insomma accettai  i miracoli di Sathya Sai Baba come un possibile  aiuto spirituale….   Ed allora eccomi al termine della “comparazione” fra Osho e Sathya e traggo una conclusione: Le vie del karma sono imperscrutabili! ed andare avanti con il paraocchi non conduce alla pienezza… .  


 Paolo D’Arpini


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