sabato 1 febbraio 2014

2 febbraio 2014 - Candelora a metà, tra Spilamberto e Treia.. e l'ecologia del momento presente


Caterina e Paolo 

Spilamberto addio, nel giorno della Candelora ce ne andiamo "fora".. Caterina ed io partiamo per Treia. Mi fermerò qui per qualche mese, per preparare la Festa dei Precursori (dal 25 al 27 aprile 2014). Speriamo che il vecchio detto "candelora, candelora.. dell'inverno semo fora" sia veritiero perché se "piove e tira vento dell'inverno semo drento" e lì a Treia al momento, oltre il camino, non abbiamo riscaldamenti. Infatti andiamo giù anche perché deve venire l'idraulico a montare una nuova caldaia termica. Ieri, in previsione della mia lunga permanenza, siamo andati a fare incetta di vari prodotti che a Treia non si trovano facilmente: pasta integrale, zucchero integrale di canna, liquirizie naturali, spezie, zenzero, riso basmati, dhal, ortolina, thaini, etc. Gli amici ci aspettano....

La coincidenza della partenza e della festa delle candele è rimarchevole. Dicevo alcuni anni fa che "Il gioco dell'io si compie attraverso l’affermazione di sé ed anche attraverso la negazione. Ora cancello l’orgoglio del raggiungimento e resta l’orgoglio della cancellazione. Tolgo e metto, piango e rido. L’aumento e la perdita sono merce dell’oste". Come rinnegare questo pensiero? Aspettando che la luce aumenti prepariamo i tempi in cui la luce diminuirà. Pochi giorni fa era luna nuova ed è anche cominciato l'anno cinese del Cavallo, oggi per stare in sintonia con la Candelora torniamo a Treia. Affrontiamo gli opposti: Yang (la casa calda che lasciamo a Spilamberto), Yin (la casa fredda che troviamo a Treia). Viaggiamo verso l'androgino (la coesistenza) e verso il neutro (la conservazione).

"Un monaco domandò al maestro Tung-shan: "Come posso evitare il caldo e il freddo?" Il maestro rispose: "Perché non ti trasferisci là dove non fa né caldo né freddo?" "E dov'è questo posto?" Disse Tung-shan: "La dove, quando fa caldo, il monaco si sventola e, quando fa freddo, il monaco si riscalda" (Storia Zen).

Il discorso comincia lontano, dallo iato del neolitico, e percorre le tappe dell’umana evoluzione sino all’agonia cronica dello stato presente. Un momento questo che presuppone un mutamento ineluttabile. E la spinta al cambiamento viene da quella ‘terza parte’ che sempre provvede a far pendere da una parte o dall’altra il piatto della bilancia. Per capire meglio come questa continua trasformazione influisce sulle nostre vite quotidiane ieri abbiamo preparato un minestrone che riscalderemo appena giunti, per capire che la vita è sempre la solita "minestra riscaldata" ma in fondo una buona minestra calda "pronta" è quel che ci vuole in una casa fredda....


A proposito di ecologia vi sottopongo un articolo interessante:



Ecologia del momento presente

L’ecologia del profondo non ipotizza il ritorno al primitivismo bensì individua nelle attuali condizioni della società avanzata l’occasione di un riequilibrio. La continuità della nostra società, in quanto specie, richiede una chiave evolutiva, una visione globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla consapevolezza di condividere con l’intero pianeta l’esperienza vita.

Questa visione è l’ecologia del profondo, la scienza dell’inscindibilità della vita.

Ne consegue che l’economia umana può e deve tener conto dell’ecologia per avviare un progresso tecnologico che non si contrapponga alla vita e che sia in sintonia con i processi vitali del pianeta.

La scienza e la tecnologia in ogni campo di applicazione dovranno rispondere alla domanda: "E’ ciò ecologicamente compatibile?"

I macchinari, le fonti energetiche, lo smaltimento dei sottoprodotti, dovranno essere realizzati in termini di sostenibilità ecologica. Verrà avviato un rapido processo di riconversione e riqualificazione industriale ed agricola che già di per se stesso sarà in grado di sostenere l’economia. Infatti la sola riconversione favorirà il superamento dell’attuale stato di enpasse impartendo grande input allo sviluppo economico e sociale.

Una grande rivoluzione umana comprendente il nostro far pace con la vita ‘globale’ del pianeta.


Paolo D’Arpini

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