martedì 28 aprile 2015

Treia - Intervento di Alberto Meriggi alla presentazione di "Treia: storie di vita bioregionale" tenuta alla Talea il 26 aprile 2015

Intervento presso la Talea – Festa dei Precursori – 26 aprile 2015. In occasione della presentazione del libro di Paolo D’Arpini: “Treia: storie di vita bioregionale”


Ringrazio Paolo per l’invito e saluto tutti i presenti. Gli incontri che Paolo organizza sono sempre molto interessanti sia per i temi trattati, sia per le riflessioni e gli stimoli che i dibattiti propongono. Per questo e per l’amicizia che mi lega a Paolo ormai da anni partecipo volentieri e accolgo con piacere i suoi inviti, tanto che a volte ho paura che non arrivino, ma questo è un rischio che non c’è mai perché l’invito è esteso sempre non più tardi dell’estate dell’anno precedente a quello dell’incontro. Stasera poi vi è anche un briciolo di curiosità perché viene presentato un suo libro di cui si parla da tempo, ma che l’autore ha tenuto blindato fino a stasera. Lo ringrazio anche per aver voluto inserire nell’appendice del libro i miei interventi che ho fatto nelle ultime tre feste dei precursori. 
Poco fa, finalmente vedendo il libro, ho avuto la possibilità di accertarmene.

Il libro che stasera viene presentato ha un titolo significativo: “Treia: storie di vita bioregionale”. Mi permetto di apportare un lieve cambiamento al titolo: “Treia: storie di vita bio-locale”, restringendo un po’ il campo. Questo perché desidero parlare di una storia recente, tutta treiese, che ha visto protagonisti me stesso e l’amico Paolo. E’ una storia bioregionale.

Vedete, io e Paolo non abbiamo niente in comune, ma proprio niente! Abbiamo concezioni e stili di vita opposti e idee diverse un po’ su tutto: lui è convinto vegetariano e io poco convinto; dal punto di vista religioso io sono cattolico, lui non si capisce bene cos’è, adora la madre terra e le sue erbe, parla di spiritualità laica; sul piano politico io sono un ex democristiano, oggi renziano, lui proprio, ma proprio no, e anche in tale settore non si capisce come la pensa, nonostante gli sforzi che gli amici fanno per cogliere qualche elemento chiarificatore nelle cose che scrive su facebook; io non disdegno di mostrarmi con giacca e cravatta, lui non conosce questi due capi d’abbigliamento e si lascia accompagnare da un fedelissimo tascapane che somiglia ad una scarsella medievale; io come il campione treiese Carlo Didimi, cantato dal Leopardi, ancora posso dire di essere “bello e aitante nella persona”, lui… è un po’ così. E mi fermo qui!

Ho insistito su questo, scherzando ovviamente, per dimostrare e testimoniare che la vera amicizia non tiene conto delle diversità, vere o presunte, anzi se essa è vera “davvero”, le trasforma in ricchezza per chi ne è coinvolto. Dunque, io e lui, due persone molto diverse, ma che quando si ritrovano sono capaci di assaporare tutto il piacere di stare insieme. 

Solitamente questo accade due volte la settimana, nella mattinata del martedì e del sabato, quando un terzo amico tiene aperta la bottega facendo finta di lavorare. Quell’oretta dedicata a chiacchiere di politica che non portano mai a qualcosa di concreto, a confidenze personali dettate quasi sempre col freno a mano tirato, a scambio di consigli difficilmente applicabili, alla colazione nel baretto di Giovanna, alla fine quasi sempre offerta dal terzo … da un po’ di tempo, credetemi, quell’oretta così strutturata, se non avviene, se non si materializza, finisce per mancarmi, lasciandomi l’amaro in bocca per tutta la giornata.

Io e Paolo ci siamo conosciuti casualmente grazie ad una questione che, invece, in quel caso entrambi condividevamo: la salvaguardia a Treia del paesaggio e della natura in un momento in cui c’era un’invasione di impianti fotovoltaici a terra. Da allora molto uniti, pur nella diversità, e io sempre presente nelle feste dei precursori nelle quali…ecco il punto, d’accordo con Paolo e su sua richiesta, ho cercato di far conoscere agli ospiti la storia di Treia e della nostra comunità, ma facendolo attraverso riscontri e agganci, ripescati nel passato della nostra zona, con le tematiche che nelle feste venivano trattate.

E così nella festa del 2012, quando si parlava di “Cultura e coltura e antichi mestieri connessi all’agricoltura e all’alimentazione”, feci un intervento sui “Mestieri legati al cibo negli statuti comunali cinquecenteschi di Treia”. Gli statuti sono lo specchio della società e io avevo pubblicato da poco tempo il libro sugli statuti comunali di Treia. Nell’intervento cercai di dimostrare che, come altrove, anche a Treia la terra era considerata il più valido strumento di approvvigionamento alimentare e di profitto e che fu così fino all’affacciarsi dell’industrializzazione. Mostrai che i principali mestieri erano quelli atti a soddisfare i bisogni primari della popolazione, vale a dire i produttori e fornitori di generi alimentari di base: pane, vino, verdure, frutta e legumi. Questi erano i principali prodotti che sia i ricchi che i poveri mangiavano, naturalmente con differenze tra le classi sociali nella quantità e nella qualità. La carne non mancava, ma la sua produzione non avveniva su larga scala, ma legata all’autoconsumo familiare. Nel Medioevo e anche nei primi secoli dell’Età moderna a Treia e nei paesi della zona non esisteva un commercio di viveri con terre lontane, non c’erano cibi esotici. Ogni comunità si manteneva con quanto produceva il proprio territorio. In questo stando in perfetta sintonia con il sistema alimentare bioregionale.

Nel libro trovate il mio intervento che feci nella festa del 2013, quando il tema riguardava l’uso delle acque. Parlai delle tradizioni contadine a Treia, ma anche di quelle cittadine, in riferimento all’uso delle acque e sottolineai che nel passato della nostra comunità locale città e campagna sono state sempre in stretta connessione. Il centro urbano di Treia dipendeva molto dalla campagna circostante soprattutto per quanto concerneva i prodotti alimentari e anche per l’uso delle acque. Treia centro, per orografia e consistenza del suolo, non ha mai potuto contare sulla presenza di fonti sorgive e, dunque, l’uso dell’acqua è stato sempre riservato solo all’alimentazione e all’igiene privata e pubblica. A fatica l’acqua veniva trasportata nel centro urbano e conservata in cisterne e recipienti domestici. Questo da sempre e fino al 1886 quando venne inaugurato l’acquedotto, dopo 31 anni dall’inizio dei lavori. Diversa la situazione per la zona di Passo di Treia dove scorre il fiume Potenza e dove l’acqua ha visto un uso per mulini e irrigazioni per coltivazioni. Analoga situazione per la zona di Chiesanuova contrassegnata da terreno alluvionale con numerose sorgenti e pozzi. Parlai delle 40 fonti circa, distribuite nel territorio di Treia, documentate dal 1389 al 1808, con nomi legati ai santi, ai proprietari dei suoli, ma anche a comunità come quella degli ebrei, a volte detta dei giudei, o a quelle dei frati e delle monache. Parlai anche delle coltivazioni particolari nel territorio che potevano e dovevano usufruire dell’acqua e feci qualche riferimento alle modalità di consumo della stessa per l’igiene personale e pubblica.

Lo scorso anno il tema riguardava “L’economia alternativa ed agricola e società solidale”. Feci qualche cenno all’economia silvo-pastorale che caratterizzò queste zone nell’Alto Medioevo, basata su risorse naturali come caccia, pesca, allevamento brado e raccolta di frutti spontanei. Accennai ai nuovi mestieri del Basso Medioevo, soprattutto riguardanti l’artigianato, ma sempre legati ai prodotti della terra. Epoche quelle, compresa la successiva Età moderna, nelle quali in queste nostre zone continuava a sopravvivere quella concezione della vita basata sul reciproco aiuto, sull’assistenza e sulla solidarietà, nonostante l’affacciarsi e il dilagare poi del Capitalismo. Cercai di fornire esempi significativi, riguardanti l’economia alternativa, legati alla tradizione contadina e artigianale tipica delle nostre zone.

Se volete rileggete quegli interventi che, comunque, sono un po’ più ricchi della estrema sintesi che oggi vi ho proposto.

Ecco, per concludere, mi piace ancora una volta rimarcare che il mio ruolo è stato quello di far conoscere Treia e il suo territorio attraverso il recupero di storia, memorie e tradizioni legate alle tematiche di cui il Circolo di volta in volta si è occupato. La cosa mi è piaciuta e mi piace e, se Paolo vorrà, anche in seguito continuerò a dare il mio modesto contributo in tal senso. Però devo dire con dispiacere che quest’anno Paolo non mi ha invitato, infatti ieri non ero presente e il dispiacere è aumentato quando ho visto che nel programma era presente Alberto Pompili con l’ “ottava rima poetica”, cosa che ha procurato stupore e sconcerto in me, in tanti amici e in buona parte della popolazione treiese. Ho saputo anche che il Pompili, attraverso un esperimento, è stato indotto in trance per pochi secondi, poi è tornato tra i viventi. Ma l’amico Paolo che, in verità, mi aveva accennato in precedenza a questa possibilità, non ha mantenuta la promessa di far tenere il Pompili in trance almeno per un mesetto.

Naturalmente scherzo! Paolo mi ha invitato e come, ma non potevo essere presente, per motivi familiari. Siamo tutti amici che si vogliono bene, tanto che proprio con Alberto Pompili l’altro ieri sono stato ad Apiro per un convegno sulla letteratura italiana dell’Ottocento, nel quale ho trovato modo anche in quella sede di parlare di Treia. E dunque, consapevole della grande amicizia che regna tra tutti noi, stasera, senza timore alcuno, mi sono permesso, ora e anche all’inizio, di fare delle battute, proprio perché qui so di essere tra amici, pronti al sorriso e, se ce ne fosse bisogno, anche al perdono. Devo dire che il clima che si crea in questi incontri mi fa star bene e procura piacere e serenità.

Anche per questo vi ringrazio.

Alberto Meriggi

Album fotografico completo del 26 aprile 2015:

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