mercoledì 30 agosto 2017

Bioregionalismo ed ecologia profonda nel matrismo del neolitico

"I concetti relativi al  bioregionalismo ed all'ecologia profonda erano già presenti nelle società matristiche del neolitico" (Saul Arpino)

Dal paradiso terrestre siamo stati scacciati, almeno così dice la Bibbia, forse però questa è solo una favola “religiosa” – magari anche un po’ pretenziosa – poiché sulla terra ci siamo ancora e forse potremmo immediatamente ritrovarci in quel paradiso perduto il momento stesso che la nostra esperienza tornasse all’armonia  uomo natura animali. Prima di tutto quello che è da riequilibrare, ovviamente è il rapporto fra i due generi della nostra specie, il femminile ed il maschile…

Yin e Yang, come dicono i cinesi, sono le due forze interconnesse, Terra e Cielo, che creano il mondo… Ma ora non voglio parlare di cultura cinese, vorrei solo approfondire il discorso sullo studio del periodo pre-patriarcale e di come viene descritto dai vari ricercatori che si occupano di questo tema. Sono soprattutto ricercatori donna, ovviamente, anche se non manca qualche “maschietto”…

Ora vediamo che negli studi matriarcali portati avanti da ormai un ventennio ad opera di numerosi studiosi e studiose nel mondo convenuti per la prima volta al convegno mondiale di Bruxelles nel 2003  la questione matrismo e matriarcato è un tema oggetto di discussione, con varie posizioni.

La Gimbutas utilizzava il termine matristico per definire le antiche società neolitiche, Riane Eisler per risolvere il problema ha coniato addirittura un nuovo termine, gilania, unendo la radice greca di femminile (gyn) e maschile (an) con una ‘l’, lettera che evoca il termine link, ‘legame’. Invece Heide Göttner Abendroth, che possiamo definire la fondatrice di questa corrente di studi, considera la parola adeguata da usare matriarcato, e lo spiega dal punto di vista etimologico non come ‘potere delle madri’, bensì come ‘antiche madri’, da cui la semplice evidenza che queste società tengono in alta considerazione la funzione materna come principio intorno a cui si organizza la società, per cui essendo il rapporto d’amore e di cura madre-figlio l’aspetto fondante della società non esistono le gerarchie tipiche del patriarcato.

Nel matriarcato non c’è il dominio, il valore centrale è il rispetto della vita e delle differenze, per cui non esiste la disparità fra generi. Esso rappresenta un’alternativa praticabile al patriarcato poiché storicamente già esistito, vedi il saggio di Riane Eisler sulla storia umana letta in chiave di società della dominanza e società della partnership (Il calice e la spada). Secondo la Abendroth è importante utilizzare il termine ‘matriarcato’ anche per ragioni culturali, essendo stato tale termine oggetto di spietata censura da parte della cultura patriarcale, quindi va difeso e sostenuto, riabilitato, e non mascherato con neologismi. Dunque, il dibattito è aperto.

Nel commentare un parere da me espresso, in merito alla capacità creativa delle donne e degli uomini vissuti nel neolitico, la ricercatrice Mariagrazia Pelaia afferma: “L’arte nel neolitico faceva parte della vita quotidiana, il vasellame è riccamente decorato e descrive una società elegante che si modella sulla bellezza della natura e non solo, perché è anche un’arte molto astratta, simbolica e quindi con livelli di comprensione molto raffinati e complessi. L’arte è una componente essenziale della quotidianità, e la quotidianità da sempre è l’ambito femminile per eccellenza. La cosa sorprendente di quei tempi è che la quotidianità era condivisa alla pari e considerata sacra, e dunque era patrimonio comune dei due sessi. Astrologicamente invece la situazione è molto chiara: l’arte è simbolicamente connessa ai pianeti femminili Luna e Venere. Gli uomini devono avere una parte femminile molto sviluppata per diventare artisti. E mi pare che non ci siano dubbi al proposito. In età patriarcale le donne sono state relegate al ruolo di muse, segnalando comunque una stranezza di fondo: perché mai le custodi e le ispiratrici delle arti sono donne e non uomini se si tratta di produzioni del genio maschile?”.

Seguendo questa logica non sarebbe possibile ipotizzare – come talvolta viene fatto – che nel 3000 a.C. sia nato un “matriarcato” come dominio delle donne…  Ma  si potrebbe affermare che il patriarcato per legittimarsi adottasse degli schemi matriarcali di facciata, che ovviamente dovevano far presa sulla gente cresciuta in quell’ambito. Quella dei sacrifici rituali maschili è stata una trasposizione letterale del rozzo spirito patriarcale dei miti di vita-morte-rinascita legati al ciclo naturale. 

Nel 3000 a.C. infatti inizia il periodo critico delle invasioni Kurgan, popolazioni nomadi, legate al cavallo e all’uso delle armi, che probabilmente hanno sottomesso e assimilato le popolazioni matriarcali contadine autoctone.

Paolo D’Arpini

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Post Scriptum
La matrice maschilista e patriarcale  delle religioni  di origine semitica è evidente. Ad esempio la misoginia della chiesa cattolica  è congenita dalla sua nascita, il dio giudeo è un dio patriarcale e la sottomissione della donna appartiene alla "cultura" giudeo cristiana, fatta propria anche dall'islam. Le donne per lungo tempo furono considerate prive di "Anima" come gli animali. Insomma la trilogia monolatrica odia le donne e se le "ama" (a fini di piacere) le vuole succubi e prone ai voleri del maschio. 

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