SÌ-AMO
LA TERRA!
Un
appuntamento per il popolo dei tanti SÌ
all’ambiente,
alla solidarietà, alla pace, alla cultura, alla giustizia,
all’uguaglianza,
ai beni comuni, alla bellezza, all’autodeterminazione,
al diritto di aver diritti
al diritto di aver diritti
E’ il
momento di dire SÌ,
assieme.
- perché abbiamo compreso, tutti, la gravità del momento attuale.
- perché conosciamo il valore dei nostri sogni.
- perché solo uniti così potremo raggiungere quanto sogniamo.
SÌ
alla
convergenza in una grande manifestazione nazionale
per
i diritti e per l’ambiente.
SÌ, ABBIAMO COMPRESO LA GRAVITÀ DEL
MOMENTO
Le questioni ambientali e
quelle sociali, del lavoro, dell’istruzione, della tutela dei beni
comuni e dei diritti inviolabili delle donne, degli uomini e di tutte
le specie del Pianeta sono tutte strettamente ed intimamente
connesse.
La crisi ambientale e
climatica senza precedenti che sta investendo l’Umanità è il
portato di un sistema di produzione e consumo miope e violento,
totalmente orientato alla forsennata ricerca del profitto e basato
sulla devastazione dei territori, sulla spoliazione di intere
comunità dei loro beni primari, della loro cultura e sulla loro
espulsione dalle loro terre, sullo schiacciamento dei diritti e
sull’annientamento dei cosiddetti “diversi”, sulla sistematica
distruzione del diritto ad un’istruzione vera e non manipolata,
alla conoscenza ed al diritto di critica e di parola.
Lo dimostrano i numeri
crescenti di una tragedia umanitaria senza fine, che si sta
consumando alle porte meridionali del Sud dell’Europa e, in un
crescendo autoritario, anche all’interno del nostro Paese e del
Vecchio Continente.
Stiamo attraversando
forse una delle fasi più drammatiche della storia del Pianeta: una
catastrofe umanitaria ogni anno condanna alla morte circa 9 milioni
di persone in tutto il Mondo, di cui 8 per malnutrizione; che consuma
più del doppio dello stock annuo di risorse rinnovabili di cui il
Pianeta dispone; che crea ogni anno 244 milioni di migranti "di
necessità", che innalza muri e recinti, semina morte, violenza
e terrore, che schiaccia ogni forma di specie vivente in nome della
crescita.
Il sistema economico
globale ci ha imposto regole ferree, falsi miti, falsi bisogni e
nuovi-antichi tabù (quello della povertà, ad esempio), ci ha
trasformato in macchine dedite alla produzione e al consumo, ci ha
diviso gli uni dagli altri, rendendoci meno liberi e meno uguali,
uniformandoci gli uni agli altri, colonizzando il nostro immaginario,
alimentando divisioni, paure, egoismi e razzismo.
Nel Mediterraneo sappiamo
che in ballo c'è il controllo delle ricchezze petrolifere
in Libia ed in Algeria. Sappiamo che in ballo ci sono i miliardi
della ricostruzione di una guerra a lungo cercata ed imposta, oggi
diventata ingovernabile. Sappiamo che in ballo c’è lo scontro
tra grandi potenze e multinazionali per il controllo e
per la penetrazione nell'africa subsahariana, per stringere un patto
d’azione con la Cina, che sta man mano conquistando l'Africa.
Si tratta di una guerra
geopolitica, che somma alle coordinate Nord/Sud gli scenari di
pressioni ed interessi Est/Ovest, che condiziona integralmente la
politica energetica italiana. Per sganciarsi dalla Russia è
necessario diversificare le fonti ed operare un’inversione dei
flussi, secondo cui oggi il gas importato a Sud è destinato al
Centro Europa.
Alla soglia degli anni’20
del 2000, le dinamiche dell’arricchimento di pochi a scapito della
stragrande maggioranza dell’umanità; il nucleo fondante delle
motivazioni fattuali degli attuali scenari bellici, restano ancora
legati al controllo speculativo delle fonti energetiche
e ad un modello estrattivista.
COSA FARE?
Una transizione
energetica vera, partecipata, condivisa dal basso non può
prescindere dalla capacità di raccordare tutte le energie sociali ed
intellettuali libere e disponibili per dare voce alle esigenze dei
territori.
Bisogna anzitutto
liberare le energie della ricerca, dell’informazione,
dell’università, della Scuola, per poter strappare ed allargare
spazi di democrazia reale.
Da non dissipare, ma da
rafforzare, quindi, la funzione dei movimenti reali, che hanno
dimostrato in questi anni di essere in grado di orientare dal basso
fornendo allo stesso tempo strumenti importanti di interpretazione di
fenomeni complessi in costante divenire. Nostro compito è
valorizzare quindi autonomia e capacità organizzativa dei
movimenti, cercando di essere all’altezza della situazione.
Oltre la parzialità e la
frammentarietà delle rivendicazioni locali, dobbiamo saper
restituire a tutto tondo la complessità e l’interrelazione delle
problematiche energetiche e dei beni comuni a partire dalle Regioni
dove sono dislocati i vecchi siti nucleari, gli
impianti estrattivi e di stoccaggio oil & gas, i
centri di trattamento e stoccaggio dei rifiuti,
gli inceneritori, partendo da dove le
attività impattanti hanno creato maggiore conflitto a difesa
dell’acqua pubblica bene comune.
LE QUESTIONI APERTE
La Strategia
Energetica Nazionale
La nuova Sen
risente di un’impostazione fortemente viziata. L’Italia ha
raggiunto gli obiettivi 20/20 per la decarbonizzazione, ma il
tasso di incremento delle rinnovabili è addirittura in decrescita.
Il gas viene considerato elemento di transizione per la
decarbonizzazione, ma in realtà è anch’esso fortemente
climalterante e non fa meno danni del petrolio e dei suoi derivati.
Emblematica la
trasformazione della Lombardia in vero Hub del Gas,
dove stanno realizzando depositi di stoccaggio di gas in coincidenza
di sorgenti sismogeniche, dove i privati usano il territorio per fare
profitti privati. Oltre alla pericolosità insita in questi progetti,
va denunziata l’assurdità del complesso di operazioni che ad essi
si sottendono, visto che durante alcuni mesi si accumula il metano
nei depositi di stoccaggio, per poi tirarlo su ed esportarlo nei
restanti mesi dell’anno.
La nuova Sen è una
contraddizione e una truffa.
Mentre si zittiscono i
territori con le royalties, diminuisce vistosamente il bisogno
effettivo di energia. Abbiamo più potenza installata di quanto
necessiti per i consumi reali. Notevoli sono anche gli sprechi,
mentre le regioni del Sud sono letteralmente invase dall’eolico
selvaggio e l’acqua è spesso destinata ad usi
impropri e soggetta a forme devastanti di contaminazione. Crescente
il numero delle ordinanze sindacali di divieto di utilizzo dell’acqua
al rubinetto da trialometani e numerose sostanze inquinanti in molti
centri.
Con l’eolico si
continuano a fare grossi investimenti dove l’energia non serve, ma
questi investimenti servono a riciclare denaro, a fare gli interessi
delle organizzazioni mafiose.
E’ il livello di
crisi ambientale e sanitaria che impone ampia unità di azione
Antinucleare, No Tap, No Triv, con i comitati per l’Acqua Pubblica
e tanti altri, se vogliamo conseguire un comune beneficio anche in
termini di democrazia reale!
La tendenza in atto
all’automazione spinta ed alla robotizzazione, che attraversa i
processi produttivi e la ristrutturazione dei trasporti, contribuisce
a produrre ulteriori forme di disoccupazione forzata di massa.
Mentre i megawattora chiusi da ENEL riflettono il calo della
domanda dovuta al perdurare della crisi economica, la Sen ci
obbliga a conservare il surplus di disponibilità energetica, al solo
scopo di attivare la borsa del kW per remunerare oltre misura i
gestori del surplus.
La gestione delle
scorie radioattive
Alle soglie di un
passaggio epocale per le fonti energetiche, con un calo dell’uso
del petrolio e del carbone, un aumento del gas ed un’elevata
produzione di energia elettrica, restano in piedi tutte le
contraddizioni legate all’attuazione del Programma Nazionale
per la gestione delle scorie radioattive, in particolare per
quanto riguarda l’annosa vicenda del Deposito Unico,
su cui permane l’incertezza governativa, accompagnata da timidezza
ed impreparazione, a fronte di lobbies terribili, ad iniziare dalla
potente lobby di Sogin, che dopo 20 anni di attività è ancora
soltanto al 20% del decommissioning, avendo già speso il 40% della
dotazione finanziaria di scopo disponibile. In tale contesto, è
molto probabile che il problema dell’individuazione del sito unico
slitterà oltre la data prevista del 2025, mentre si registra la
tendenza a conservare i siti esistenti lì dove sono.
Il Nuovo
Disciplinare Tipo
Sul fronte estrattivo si
gioca inoltre un’importante partita riguardante l’effettività
delle prerogative decisionali e della democrazia.
Il nuovo Disciplinare
Tipo consente alle Compagnie di modificare il programma dei lavori
con pozzi aggiuntivi anche entro le 12 miglia marine, mentre le
Regioni non hanno più la possibilità di opporsi alle decisioni
dello Stato. Un decreto legge del Luglio 2016 (Dlgs 127, che modifica
il c. 14-quater della L. 241/90), due mesi dopo il referendum sulle
trivelle, ha tolto alle Regioni la prerogativa che il Titolo V della
Costituzione conferiva loro; quella di avere uguale peso rispetto
allo Stato su argomenti come l’energia. Con questa nuova norma,
approvata alla chetichella, decide tutto lo Stato, come accaduto ad
esempio per Sulmona e Taranto.
Mentre si approva una SEN
che apparentemente non ritiene più centrale la partita del petrolio,
il Governo punta comunque su di esso con i numerosi progetti di
ricerca che vanno avanti (vedi Spectrum, ricerche nello Jonio, Tempa
Rossa, ecc.).
Il Piano delle Aree
Va rilanciato il progetto
di legge del Piano delle Aree, decaduto con lo
scioglimento delle Camere. Va di nuovo stimolato il ruolo delle
Regioni, che devono deliberare, pretendendo da un lato una corretta
pianificazione, dall’altro più democrazia. Su questioni come
l’ilva vanno rimesse al centro le ragioni della salute e dei
territori, anche alla luce della recente sentenza della Corte
Costituzionale (2018) che ha finalmente stabilito che il
problema della salute è centrale e non subordinato al diritto al
lavoro. Non basta quindi aver difeso la Costituzione con il
Referendum del 4 Dicembre 2016, serve esigerne l’applicazione!
La Scuola Pubblica
Anche per questo ci
appelliamo in particolare agli studenti, alla
necessità che lottando per la difesa del carattere plurale e
democratico della Scuola Pubblica italiana sappiano riconnettere con
entusiasmo le tante battaglie diffuse nel Paese, per contribuire alla
prospettiva di una concreta transizione sociale ed energetica.
E’ cruciale in tal
senso, dopo due decenni di dominio del pensiero unico di stampo
neoliberista, di aziendalizzazione in nome di una falsa autonomia,
garantire l’effettiva libertà di insegnamento,
abbattendo lo strapotere di dirigenti plenipotenziari che
privilegiano la pratica degradante dei quiz Invalsi e
l’addestramento ad una vita precaria e senza diritti universali
perseguita dall’alternanza Scuola
Lavoro.
E’ cruciale saper
ribaltare la dimensione di mero fruitore acritico in una società
omogenea per conquistare la dignità dell’etica del cittadino
consapevole e della pratica critica e solidale del “comune”.
Chi si occupa di
costruire opposizione alle pratiche assurde e distruttive
dell’alternanza Scuola/Lavoro nella scuola si oppone anche alla
logica ed alla pratica dell’ossessione valutativa imposta
dall’invalsi. I grandi gruppi aziendali sono interessati
all’alternanza Scuola/Lavoro perché è un modo di acquisire
manodopera a costo zero e preparare alla logica di un mercato del
lavoro iper flessibile e precarizzato. Non a caso eccellono in questa
pratica i grandi gruppi, le grandi compagnie come ENI, interessati ad
un cambio di assetto formativo e giuridico, sulla scorta di quanto
normato dalla L. 107/2015, c.d. “Buona scuola”.
La “Buona scuola”
conferisce all’apprendimento in azienda lo stesso valore formativo
della scuola, avvinghiata ormai da una crescente e ramificata
offerta, calibrata su una comune funzione ideologica finalizzata alla
messa a valore dei discenti/precari, così ulteriormente
incrementando la cultura dell’individualismo e della
competizione.
I lavoratori delle grandi
aziende e le rispettive rappresentanze sindacali sono doppiamente
interessati da una lotta contro l’aziendalizzazione e la
mercificazione dell’istruzione. Una generazione di
giovani addestrati alla flessibilità, alla precarietà, alla
competizione individuale, sarebbe la migliore garanzia per la
distruzione dei diritti residui duramente conquistati in decenni di
battaglie operaie.
Poter cogliere la
dimensione e la velocità dei cambiamenti climatici (stanno cambiando
i dati rispetto a quelli della Cop 21 di Parigi di meno di 3 anni
fa!) vuol dire avere la chiarezza di un piano di riconversione
industriale, dei trasporti, dei servizi, altrettanto rapido e deciso.
Per fare questo occorre
una direzione in grado di congiungere lavoratori, produttori
autonomi, agricoltori, associazioni ambientali, scienziati,
ricercatori, studenti.
Emblematico dello stato
di stallo e di incertezza di questa assurda “fortezza Europa” è
il fatto che la Cop24 si terrà in Polonia, in un distretto dove si
estrae carbone. Lì (come in molti altri posti…) i sindacati
polacchi fanno fatica ad accettare l’idea della necessità di
abbandonare il carbone entro il 2030, poiché i lavoratori polacchi
del settore sono tantissimi.
SÌ, ABBIAMO MOLTI SOGNI E TUTTI BISOGNO DI
UN ORIZZONTE COMUNE:
Tutte le nostre singole
battaglie possono trovare un momento di sintesi e riprendere così
vigore. Tutti nostri sogni hanno bisogno di un orizzonte e di una
visione comune, ed i nostri tanti percorsi di convergere e farsi uno.
Sogniamo, desideriamo,
sconfiggiamo l’individualismo ed apriamoci a cose grandi; ad
esempio, ad un’Italia, un’Europa e ad un Mondo a emissioni zero e
a zero veleni; ad un modello energetico decentrato e democratico; ad
un sistema che non riduca la vita a solo lavoro; ad un rapporto tra
produzione e consumo che tenda al “Km0”; ad un modello agricolo
ed alimentare sostenibile; ad uno stop definitivo al consumo di suolo
ed alla realizzazione di mega-infrastrutture e di grandi opere
inutili; ad un sistema a rifiuti Zero e con acqua e servizi
essenziali finalmente pubblici; al prevalere della tutela del diritto
alla salute sopra ogni altro interesse nazionale o strategico che dir
si voglia; ad un sistema educativo e formativo fondato sul diritto
alla conoscenza; ad un “sistema Mondo” che tuteli e valorizzi le
minoranze, che non ponga limite alcuno al diritto di uomini e donne
di muoversi liberamente, in cui cessino i conflitti armati, le
violenze, e le donne e gli uomini si riconoscano eguali.
SÌ, UNIAMOCI E FACCIAMO SENTIRE LA NOSTRA
VOCE:
Pretendere che tutto
questo è nostro diritto!
Battersi e far
emergere la consapevolezza che questo potrà avvenire unicamente
attraverso una radicale e profonda riconversione morale ed ecologica
del sistema è nostro preciso dovere!
Chi dovrebbe farsi carico
di un passo così arduo se non le donne e gli uomini che hanno a
cuore l'affermazione di quei diritti civili e sociali (istruzione,
salute, lavoro, giustizia, ambiente, parità di trattamento e di
opportunità a prescindere da razza,
etnia, religione, convinzioni personali, handicap, età e tendenze
sessuali, non violenza, ripudio della guerra, ecc.) così vivi e
presenti nella Costituzione?
Reclamare politiche
energetiche e climatiche responsabili e porre in cima a tutte le
priorità la difesa del clima e la sopravvivenza di tutte le
specie vegetali ed animali del Pianeta significa andare esattamente
in questa direzione.
Denunciare l'ipocrisia e
l'inadeguatezza degli accordi raggiunti dai potenti della Terra nelle
varie COP (Parigi su tutte), ciascuno da un particolare punto di
vista (Sì Acqua Pubblica, No Buona Scuola, No Triv, No Tap, No Tav,
ecc.) e nelle forme sperimentate negli ultimi anni non basta più.
Di tanti No possiamo
fare un grande Sì!
Alla gravità delle
minacce che incombono è possibile rispondere in un modo
soltanto: unendo mondi, culture e sensibilità diverse in un'unica
grande coalizione, ecologica e sociale, che chieda a gran voce e sia
in grado di ottenere, dispiegando un'azione di lungo periodo e con
una "Carta" fortemente condivisa, una nuova politica
nazionale e transnazionale per il clima e per l'energia, senza cui
sarebbe impensabile ed impraticabile qualsiasi forma di contrasto
alla violenza, allo sfruttamento e all'oppressione.
Tra il 3 ed il 14
dicembre 2018 si terrà in Polonia, a Katowice, la COP 24. In
quell’occasione i Potenti della Terra tenteranno di raggiungere un
accordo per dare piena attuazione agli Accordi di Parigi sul Clima.
Le previsioni di
innalzamento della temperatura a fine secolo rispetto ai livelli
preindustriali si attestano su un tragico +3,6 °C, contro il
modestissimo +2°C fissato a Parigi, il cui conseguimento eviterebbe
comunque sconvolgimenti dai forti impatti ambientali (es.:
dimezzamento dei raccolti nelle regioni tropicali; riduzione del 20%
della risorsa acqua disponibile nel Mediterraneo, ecc.).
Inoltre, dalla COP 21 ad
oggi non si sono registrati ravvedimenti sostanziali nelle politiche
cosiddette di “sviluppo sostenibile” dei paesi maggiormente
industrializzati: il sistema economico globale e l’iniquo rapporto
di forza tra i primi e gli “ultimi” rende ancor più urgente non
una correzione o mitigazione bensì una radicale inversione di rotta,
un cambio radicale di regole e prospettive.
Nei giorni che
precederanno ed in cui si terrà la COP 24 gioco forza i mezzi di
informazione, anche quelli generalisti e di massa, si confronteranno
con questi temi. Di questa breve ma intensa “finestra” temporale
potremmo giovarci per lanciare e far passare i nostri messaggi e le
nostre istanze.
Immaginiamo un
documento condiviso, un manifesto o una “Carta” scritti a più
mani, con richieste nette e date precise, su cui misurare l’operato
del Governo nazionale e delle Istituzioni dell’Unione.
Immaginiamo anche un
Osservatorio permanente che vigili sul rispetto degli impegni
che i Governi nel frattempo avranno assunto, richiamando l’attenzione
dell’opinione pubblica su omissioni, ritardi ed inefficienze.
Di questo vorremmo
parlare e su questo confrontarci con tutte quelle realtà che, prima
e dopo i sanguinosi fatti di Genova, si sono impegnate per i diritti,
la pace e la solidarietà.
L’obiettivo è
ambizioso: verificare la possibilità di ritrovarci tutti all’interno
di un orizzonte comune e di dar corpo ad un’imponente campagna
nazionale, articolata sui territori, e ad una manifestazione
nazionale in vista di COP24.
Fonte: retemovimentoecologista@googlegroups.com
Post Scriptum:
COP 24 ci dà modo di mettere l'accento sulle molte cose che non vanno e su quello che potremmo fare esercitando tutta la pressione di cui siamo capaci sui decisori pubblici per quello che con molta enfasi si definisce "cambio di paradigma".
Non vuole essere solo la proposta di una manifestazione ma di rilancio di una nuova convergenza su questi temi, spinta che sta emergendo da molte parti.
Pensiamo ad una serie di incontri in tutta Italia, ad una campagna di sensibilizzazione e di informazione, alla redazione di una proposta programmatica articolata in più punti per avviare la tanto attesa riconversione ecologica del sistema, ad una manifestazione conclusiva a Roma ed alla nascita di un Osservatorio.
Non pubblichiamo ancora le adesioni perché il documento è aperto a emendamenti e proposte. Vuole davvero essere un documento collettivo.
Attendiamo le idee di tutt* e speriamo in un forte sostegno attivo all’iniziativa.
Mai come ora ambiente e diritti hanno bisogno di tutte e tutti noi.
Roberta Radich - coord Naz. NO TRIV
r.radich@fondazionecapta.it
RispondiEliminaCommento di Angelo Baracca:
“Mi sembra molto buono: un po' lungo, è chiaro che l'esplicitazione di tutti i punti richiede di entrare nei dettagli, per lo meno raccomanderei un sintesi più facilmente fruibile da chi (e temo siano tanti) non abbia pazienza o voglia di leggere tutto il documento; facile da dire e credo difficile da fare, ma mi sembra necessario coinvolgere più gente possibile.
Personalmente non ho rilievi da fare, ripeto mi sembra molto buono.
Mi limito a osservare che nella parte, molto opportuna e ben formulata, sulla Scuola Pubblica, dove giustamente si critica l'alternanza scuola-lavoro, mi sembrerebbe molto opportuno - collegandolo alla parte introduttiva dei conflitti per le risorse - un riferimento all'offensiva dei militari nei confronti della scuola, dove fra l'altro scelgono di intervenire sui più piccoli, che non hanno nessuno strumento per vagliare criticamente i messaggi che ricevono.
Grazie, Angelo Baracca"