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giovedì 5 gennaio 2012

Materia bruta e divino sono Uno in Shiva!

Ganga, il fiume sacro, che scende sulla terra attraverso Shiva


Tu offri a Shiva la nudità del tuo Cuore, la nudità in rapporto ai concetti, ai dogmi, alle credenze che sono avversari al Risveglio e che non hanno più presa su di te.

Tu offri a Shiva il tuo spirito che comincia a placarsi, ma anche la tua intelligenza bruta, non tagliata, come una pietra naturale che non sia ancora passata dalle mani dell'orefice.

Questa intelligenza non sollecitata è la materia prima, vigorosa, senza macchia, la scintilla divina che è in lei. In seguito a causa della cultura, del taglio, l'intelligenza può sembrare più brillante, più scintillante, ma è mutilata della sua purezza originale.

Il taglio, la cultura, la rendono simile alle pietre tagliate e l'intelligenza, lo spirito, perdono così la loro unicità e si fondono nel gioco sociale dove si sminuiscono, nell'illusione di crescere. Ciò che è veramente divino è la materia bruta, perché essa è in armonia con l'universo.

Nessuno taglia le stelle, nessuno disegna la forma dei torrenti, essi scorrono da loro stessi. Il tantrika è come un torrente, non cessa di scorrere nel divino fino a che il divino non cessa di scorrere in lui.  D.O.

domenica 23 ottobre 2011

Spirito-ma​teria? Spirito-na​tura? Spirito-la​ico? - Il Cuore è sempre lo stesso. Lo Spirito non cambia....

"Andavano al buio, nella deserta notte, attraverso le ombre,
attraverso le vuote case di Dite e i regni muti,
e il cammino era incerto nel bosco sotto pallida luna,
quando Giove il cielo raccoglie in un nero velo
e la notte tetra al mondo cancella il colore"

(Eneide, Libro Sesto)



Il Seme della Vita di Sofia Minkova



Nel mondo dei concetti e delle convenzioni sociali possiamo dare il nome “spiritualità laica” a quella “nostalgia” per ciò che realmente siamo: quel Cuore. I cercatori spirituali che riconoscono in sé e negli altri la presenza dello spirito (coscienza ed intelligenza) si fondono nel tutto  in  una condivisione “alchemica”,  un’unione osmotica di intelligenza laica e libera da dogmi ma “vicina” al Cuore  di ognuno.

Si parla tanto,  in questo periodo,  di riscoperta della sacralità della natura!   E cosa è quest’ultima  se non  la visione spirituale di tutti coloro che si sentono parte indivisa  della natura e del cosmo?  Correttamente parlando questa “spiritualità laica”  (comune a tutti) non è una religione, come non lo è l’ecologia profonda,   ma  un moto spontaneo interiore dell’uomo  che ricosce l'integrità dell' "olos"  e di  se stesso.

Una degli aspetti più coinvolgenti del  panteismo, o della spiritualità laica, è il culto della vita,  l’adorazione delle forze naturali  identificate nella  Terra Madre e le sue stagioni. In questa riscoperta si inserisce ad esempio la spiritualità centrata sul femmineo sacro,  il matrismo  e lo shaktismo,  e la venerazione  degli aspetti femminili che rappresentano la creazione, il sostentamento e la trasformazione, insomma:  morte e  rinascita.

Questo movimento olistico tende soprattutto alla rivalutazione del femminile  in un mondo dominato dal patriarcato e dalla ragione. E ciò è anche un bene... ma finché la sacralizzazione non coinvolge anche il mascolino restiamo  nei termini di una dualità in cui una parte viene ad essere considerata migliore dell’altra. Occorre quindi riconoscere il sacro in entrambi i generi: maschile e femminile.

La nobiltà del maschile sovente è anch’essa collegata alla nascita ed alla morte, ad esempio il sangue versato dall’eroe rappresenta il sacrificio che conduce alla vita allo stesso modo del sangue mestruale femminile che significa  fecondità.

La sacralità dell’energia sessuale maschile, unita al femminile, è  simboleggiata orograficamente, in chiave bioregionale,  allorchè si osserva una collina circondata da uno o più corsi d'acqua, un acrocoro  erto in una valle, un'isola nell'oceano, etc.  In India questa immagine si definisce shivalingam-yoni e rappresenta l’incontro creativo del maschile e del femminile. Il lingam è il fallo di Shiva   e la yoni umidificata dalle acque fecondanti è la vagina della matrice universale.

Nel bellissimo romanzo di Maria Castronovo “Il silenzio del fauno”  l'attenzione è tutta centrata, come il titolo stesso lascia supporre, su una religiosità maschile che è rimasta in silenzio ma che chiede riconoscimento, questo romanzo secondo me è stato il primo vero tentativo di riscoperta della venerabilità maschile compiuto negli anni recenti.  Ricordo inoltre il libro "Shiva e Dioniso" di Daniel Danielou, in cui si parla dell'adorazione fallica e della vagina e  delle analogie di questo culto,  nella tradizione induista,  in quella della antica Grecia ed in altre culture.  

La Resurrezione del Dio Pan, che  non è mai morto nelle coscienze degli uomini delle grandi civiltà, non è semplicemente un fatto ritualistico   è un modo per elaborare una “filosofia politica”,  intendendo con ciò una potenzialità culturale ed un percorso esistenziale capaci di amalgamare persone coscienti della crisi in atto per le quali il cambiamento sia  condizione per l’esistenza.

Sulla base della teoria unitaria del mondo fisico e biologico in natura esistono due opposte tendenze. Una entropica, verso la degradazione ed il livellamento, caratteristica dei fenomeni fisici, ed una opposta tendenza sintropica verso l’organizzazione e la differenziazione, caratteristica dei fenomeni biologici. Tale doppia tendenza si manifesta a tutti i livelli, e dalla lotta tra l’ordine ed il disordine ha origine il divenire.

Secondo la teoria shivaita, l'aspetto maschile viene visto come latenza, o coscienza,  mentre l'aspetto femminile, o Shakti,  rappresenta l’energia creatrice,  o Madre Divina, che tutti ci compenetra  e che produce ogni fenomeno. Nella consapevolezza di questo costante flusso, presente in tutto ciò che vive, si manifesta la libertà espressiva della Spiritualità Laica.

Ma una volta accettata la teoria come si fa a realizzarla nella pratica, nel contesto della vita quotidiana, senza dover ricorrere a forme religiose? Il metodo consigliato,  è quello dell’interrogarsi sul “qui ed ora” sul “carpe diem”  soprattutto  chiedendoci:  “Chi è che vive questo momento?”  “Cosa è questo sè che percepisce i fenomeni?”  “Non è forse la stessa mente cosciente della sua esistenza,  la consapevolezza priva di esternalità e di pensieri?”.     Infatti si dice che la mente pulita dai pensieri è il Sé supremo, il substrato, la base, senza cui non potrebbe esserci alcunché… Ogni pensiero è solo un riflesso, un’increspatura,  in questa pura coscienza. Nella quiete dell’osservazione distaccata ci godiamo la presenza, restiamo assorti nella eterna beatitudine dell'Essere.    

Questa sì che è Vita!
 

Paolo D’Arpini

mercoledì 14 settembre 2011

Settembre a Treia, con Demetra e Persefone, con Dioniso e Shiva...

Frammenti d'infinito - Dipinto di Franco Farina

Si avvicina con l'equinozio di autunno il momento in cui l'uomo tende a riflettere sulla sua condizione e sul suo destino. Ed è ovvio che sia così infatti con l'autunno vediamo che la natura inizia a perdere la sua vitalità espressiva rivestendo però i colori più belli. Insomma come è detto nel Libro dei Mutamenti questo è il momento in cui si comincia  a dar valore alle cose.. che sentiamo stanno sfuggendo.

Il mese di settembre inoltre è quello della raccolta degli ultimi frutti, quelli più dolci e più succosi ed i più adatti a rallegrare l'inverno: l'uva, i fichi, le more ed altre bacche, le noci, le nocelle... etc.

Il vino nell'antichità era considerato bevanda sacra e nobile, infatti anche  il cristianesimo l'ha assunto come simbolo divino nella comunione. Ma la preparazione del vino inizia con la raccolta dell'uva e le cerimonie orgiastiche che l'accompagnano sono sempre state occasione di giubilo e magnificenza. Demetra/Persefone, la grande Dea,  che in primavera sale dagli inferi per portare abbondanza e messi ed in autunno ridiscende sotto terra per conservare i semi...


Ed il vino è l'ultimo suo dono, la consolazione per gli uomini costretti a sopportare l'inverno e le tenebre.... Perciò con l'inizio dell'autunno comincia anche il percorso interiore  e quindi il periodo è benedetto.

Il primo culto misterico europeo  di cui ci parla la storia è quello eleusino, che si rifà al viaggio di Demetra (la dea greca della fertilità- un’immagine della Grande Madre, Cerere per i Romani) in cerca di sua figlia Persefone (Proserpina per i Romani), scomparsa nel mondo sotterraneo perché rapita da Ade, il dio degli Inferi. I “misteri” conducono l’adepto nel mondo delle tenebre, delle sue tenebre personali, affinchè possa – se non comprenderle – accettarle e integrarle nel sé come strumento di trasformazione, proprio come noi accettiamo il fatto che per sei mesi l’anno (Autunno-Inverno) Demetra, ossia la natura, piange la figlia che deve rimanere sottoterra, e le messi non crescono; mentre quando Persefone, per sei mesi all’anno (Primavera-Estate), si ricongiunge con la madre sulla superficie della terra, ecco che Demetra fa festa e ritorna la vita alla natura.


Il mistero del ciclo di vita e morte non è comprensibile razionalmente, ma se ne può penetrare l’essenza, riconducendola nell’ambito della sfera personale, entrando in sintonia con una percezione più profonda. Demetra - Persefone, spesso considerata una dea duale (e quindi avrebbe in un certo senso la stessa valenza) rappresenta sia la vita , nella sua veste di Demetra, che la morte, quando si cala nei panni di Persefone: perciò essa apre e chiude un ciclo. La vita, paradossalmente, origina la morte, come Persefone è figlia di Demetra, e anzi il suo alter ego. E’ quindi un tutt’uno.
 
Nello stesso filone spirituale possiamo inserire  i culti dionisiaci, la cui origine è ascritta al culto di Shiva,  in cui l’ebbrezza del vino provocava alterazioni: si potrebbe anche pensare che i culti dionisiaci siano una degenerazione dell’uso dell’alterazione della coscienza, ma in realtà servivano ad esplorare i limiti che dividono anima e corpo, sanità e follia, come momenti di crisi ma anche di opportunità e crescita. Forse il precipitarsi da un estremo all’altro, caratteristico dei culti dionisiaci, che vedevano momenti di euforia seguiti a momenti di depressione, di estrema agitazione e poi di calma innaturale, serviva proprio a far capire quanto fosse labile il confine fra una vita e l’altra, o meglio fra la vita e la morte. Il segreto è riuscire a camminare sulla linea di confine. In ogni caso  i misteri dionisiaci, come quelli eleusini, rievocavano momenti di sprofondamento nella morte per poi celebrare il ritorno alla vita.
 
Oggigiorno, come contraltare al trionfo del materialismo, si moltiplica il numero di chi cerca quelle risposte che può solo trovare dentro sé, ma il cammino non è più quello degli “aiuti” esteriori. Si tratta invece di un lavoro molto più riflessivo, un itinerario tutto interiore alla ricerca di se stessi. La conoscenza di sé porta necessariamente alla trasformazione del mondo.


Questo è  il prossimo passo dell’evoluzione umana?

Paolo D'Arpini

domenica 26 giugno 2011

Fine del matriarcato ed inizio dell’età dei conflitti - Riflessioni sul disfacimento morale e sociale nel rapporto maschile-femminile in vista dell’esaurimento del Kali Yuga


Fine del matriarcato ed inizio dell’età dei conflitti - Riflessioni sul disfacimento morale e sociale nel rapporto maschile-femminile in vista  dell’esaurimento del Kali Yuga

Dobbiamo partire da una notizia di cronaca recentissima in cui si indicano i paesi che si affacciano sull’oceano indiano (Pakistan, India, Somalia, ecc.) come i luoghi in cui maggiormente la donna soffre  di persecuzione e violenza. Ciò fa pensare e riflettere sull’inversione di tendenza nel rapporto maschile-femminile che proprio in questa area  vide  la nascita della parità dei generi e del rispetto verso il femmineo. Infatti, verosimilmente, sia sulle coste dell’Africa che nell’India pre-ariana, il matrismo originario sorse e prosperò.

Ma oggi osserviamo che il cambiamento nelle relazioni fra il maschile ed il femminile può essere considerato un termometro per misurare il decorso della malattia nella specie umana. Tale malattia prese origine con l’avvento dell’era oscura, definita in India Kali Yuga, che si fa risalire a circa 5000 anni fa. L’inizio di qust’era, che corrisponde al termine della guerra descritta nel Mahabarata, diede avvio ad un lento processo di degrado che portò la società egualitaria e sacrale, fino allora vigente in quasi tutto il mondo conosciuto, a deteriorarsi sotto l’influsso sempre più pressante del patriarcato e dell’avvalorazione del senso del possesso.

In Europa quello stesso periodo, definito  tardo neolitico, descritto con dovizia di particolari  dalla studiosa ed archeologa Marija  Gimbutas  si concluse con   l’affermarsi del potere maschile esercitato con la violenza e con la perdita della libertà femminile (tramite l’acquisto della donna a scopo riproduttivo, guerre di razzia, perpetuazione della patrilinearità, etc.). Contemporaneamente abbiamo notizia di simili eventi accaduti anche nell’antica civiltà cinese, ove  prese il sopravvento il modello prevaricatorio e controllativo del mondo femminile. Tale momento viene anche evocato nel Libro dei Mutamenti relativamente alla descrizione dell’esagramma “Il farsi Incontro” in cui si immagina il femminile che spontaneamente va incontro al maschile e di conseguenza ne riceve un giudizio negativo. Allo stesso tempo, nella lettura dei commenti, si evince che questo “farsi incontro” rappresentava il modo di funzionamento antecedente nella società. Tale mutazione nello stile dei rapporti intergenerici (uomo-donna) è stato considerato l’inizio dell’era dei conflitti  (traduzione corretta del significato di Kali Yuga) e chiude la precedente era dell’incertezza (Dvapara Yuga).

Ora dobbiamo esaminare come gli antichi saggi accuratamente descrissero le caratteristiche dell’era corrente evocando una serie di avvenimenti e tendenze che sono facilmente riconoscibili in questo momento storico.  Senza voler evocare calendari Maya o altre descrizioni apocalittiche più o meno credibili, riportiamo, in ogni caso, alcune affermazioni storiche certificate, vecchie  di migliaia di anni.

“Trovandosi immersi nell’ignoranza, sicuri di sé, ritenendosi saggi, gli sciocchi si aggirano urtandosi a vicenda, come ciechi guidati da un cieco” (Mundaka Upanishad)

“Ora difatti è proprio l’età del ferro, né mai gli uomini cesseranno di soffrire il giorno, per le fatiche e le miserie, e la notte di struggersi per le gravi angosce che gli dei gli daranno. Né allora il padre sarà simile ai figli, né i figli al padre, né l’ospite sarà caro all’ospite, l’amico all’amico, il fratell al fratello come nel tempo passato. Essi avranno in dispregio i genitori, appena cominceranno ad invecchiare, li insulteranno con parole villane; né essi, ai genitori invecchiati, daranno il necessario per vivere, usando il diritto del più forte; infine saccheggeranno a vicenda le città. E allora non vi sarà più gratitudine per l’uomo giusto, ma piuttosto si terrà in onore l’uomo artefice di mali, la giustizia sarà nelle sue mani; il pudore non esisterà più. Il malvagio recherà danno all’uomo dabbene, agli uomini miseri sarà compagna la gelosia, amante del male dall’odioso aspetto… e non ci sarà più scampo dal male” (Esiodo, Opere e giorni).

Nel Linga Purana, antico testo Shivaita,  vengono descritti gli uomini del Kali Yuga come tormentati dall’invidia, irritabili, settari, indifferenti alle conseguenze dei loro atti. Sono minacciati da malattie, da fame, da paura e da terribili calamità naturali. I loro desideri sono mal orientati, la loro scienza è usata per fini malefici. Sono disonesti.
In questo tempo sono in declino i nobili e gli agricoltori mentre la classe servile pretende di governare e di condividere con i letterati il sapere, i pasti, le sedie e i letti. I capi di stato sono per lo più di infima origine. Sono dittatori e tiranni.

“Si uccidono i feti e gli eroi. Gli operai vogliono avere ruoli intellettuali. I ladri diventano Re, le donne virtuose sono rare. La promiscuità si diffonde. La terra non produce quasi nulla in certi posti e molto in altri. I potenti si appropriano dei beni pubblici e cessano di proteggere il popolo. Sapienti di bassa lega sono onorati e partecipano a persone indegne i pericolosi segreti delle scienze. I maestri si degradano vendendo il sapere. Molti trovano rifugio nella vita errante.

“Verso la fine dello yuga gli animali diventano violenti (perché sfruttati n.d.r.).
Gli uomini dabbene si ritirano dalla vita pubblica. Anche i sacramenti e la religione sono in vendita. I mercanti disonesti. Sempre più numerose le persone che mendicano o cercano lavoro. Quasi tutti usano un linguaggio volgare e che non tiene fede alla parola data. Individui preminenti senza moralità predicano agli altri la virtù. Regna la censura… Nelle città si formano associazioni criminali. L’acqua potabile mancherà, così pure la frutta. Gli uomini perdereanno il senso dei valori. Avranno mali al ventre, ed  i capelli in disordine. Verso la fine dello yuga l’aspettativa di vita non andrà oltre l’adolescenza,. I ladri deruberanno i ladri. Molti diverranno letargici e intorpiditi, le malattie saranno contagiose. Topi, serpenti e insetti tormenteranno gli uomini. Uomini affamati e impauriti si troveranno nei pressi del fiume Kausichi.
Alla fine di questa era un po’ ovunque nel mondo si diffonderanno i praticanti di riti sviati. Persone non qualificate si spacceranno da esperti. Gli uomini si uccideranno l’un l’altro e uccideranno i bambini, le donne e gli animali. I saggi saranno condannati a morte”.

Tuttavia, ancora secondo il Linga Purana, alcuni uomini potranno raggiungere in breve tempo la perfezione. In un certo senso il Kali Yuga è un periodo privilegiato. I primissimi uomini delle ere antecedenti, ancora prossimi al divino, erano saggi in una società di saggi. Ma gli ultimi uomini, questi del Kali-yuga, avvicinandosi all’annientamento, si avvicinano anche al principio in cui tutto ritorna alla sua fine. In mezzo alla decadenza morale, alle ingiustizie, alle guerre, ai conflitti sociali e alla persecuzione del femmineo, che caratterizzano la fine di questo yuga, il contatto con il divino, per via discendente, diviene più immediato.

In una società dove tutto è già perfetto, gli atti vengono compiuti automaticamente nel bene, mentre in una società degradata occorre discriminazione e coraggio.
Troviamo descrizioni di una tale fine di un’epoca persino in testi apocalittici giudeo-cristiani, compreso quello di S. Giovanni,  che evidentemente si ispirano alle stesse fonti antiche sopra menzionate.

In uno Shiva Purana, nel Rudra Samhita, di molto precedente l’epoca cristiana, viene detto: “La fine del mondo attuale sarà provocata da un fuoco sottomarino, nato da un’esplosione simile a quella di un vulcano, che consumerà l’acqua che i fiumi hanno riversato nell’oceano. L’acqua traboccherà dall’oceano e inonderà la terra. Il mondo intero sarà sommerso”.

Abbiamo visto che, tra i fenomeni caratteristici del Kali Yuga troviamo la comparsa di false religioni antropocentriche che allontanano l’uomo dal suo ruolo sulla Terra e servono di pretesto alle sue predazioni, ai suoi genocidi, e lo portano infine al suicidio collettivo. Le religioni della città prendono il sopravvento sulla religione della Natura, questo è l’inizio della decadenza, che   corrisponde all’affermarsi  delle religioni monoteiste. Si trattava di creare delle fedi illusorie che pervertissero la vera religione della Natura. Ad esempio la creazione di queste nuove religioni (o ideologie) è avvenuta in India nella forma del giainismo e del buddismo, in Cina in forma di confucianesimo e in occidente come cristianesimo e nel medio oriente come islamismo.

Queste religioni, quali che siano stati il carattere e le intenzioni dei fondatori originari, sono diventate essenzialmente religioni “di stato”, a carattere moralistico. Hanno dato modo a un potere patriarcale centralizzato di imporre un elemento di unificazione e controllo su   popolazioni diverse. Ovunque, queste religioni, pur parlando di amore, uguaglianza, carità, giustizia, sono invero pretesto e strumento per conquiste culturali e materiali. Il massacro delle popolazioni avvenuto in varie parti del mondo in mome delle religione, è un dato storico innegabile.

La posizione della donna in tutte queste religioni è secondaria e perciò giustifica l’oppressione di genere. Se e quando il femmineo sacro e la spiritualità della Natura riusciranno a trovare un autonomo e sincero modo espressivo nella nostra società, l’era oscura, e dei conflitti,  potrà considerarsi conclusa.

Paolo D’Arpini

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Commento di Caterina Regazzi:

In un’epoca in cui tutti si sciacquano la bocca parlando di Amore, semplicità, ritorno alla Natura, le donne devono solo continuare ad essere e a fare quello che, silenziosamente, sono state ed hanno fatto in tutti questi secoli oscuri: esseri dedite a dare la vita, a custodirla, a coltivarla e a farla crescere; dare amore, affetto e amicizia  incondizionati.

Basterebbe che gli uomini prendessero esempio da noi donne rivalutando pienamente il periodo del matriarcato: niente guerre e distruzione, solo cura di sé, degli altri esseri viventi, umani e non, in una parola, della Vita.
Le donne, però, non devono farsi imbrogliare dal mito del potere e dell’autonomia personale, smettendo di copiare il maschio nel suo stile competitivo, nella ricerca dell’affermazione di sé.  

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Bibliografia:

Mahābhārata – Sri Veda Vyasa
I Ching – Libro dei Mutamenti (AA.VV.)
Shiva e Dioniso, di Alain Danielou
Il Linguaggio della Dea - Marija Gimbutas
Opere e giorni - Esiodo
Shiva Purana, Rudra Samhita, Linga Purana – Antichi testi Shivaiti
Mundaka Upanishad - Vedanta