martedì 28 febbraio 2012

Rutilio Sermonti: "La ragione contro il senno..."



Tutti gli esseri viventi paiono conoscere perfettamente il modo migliore concesso alla loro specie per sopravvivere, per riprodursi e per proteggersi, senza che vi sia stato alcuno a insegnarglielo. Semplici forme di apprendimento per imitazione si riscontrano solo in pochi predatori sociali, ma per la quasi totalità tale sicura conoscenza è assolutamente innata, in uno scorpione come in un falco.
Unica eccezione è la specie umana, che, essendo dotata di ragione, può compiere proprie scelte volontarie. Da qualche tempo (geologicamente insignificante) gli uomini si sono convinti, come di un dogma indiscutibile, che la detta ragione sia un chiaro segno di superiorità, tanto da immaginarsi un Signore Onnipotente fatto più o meno come uno di loro, difetti compresi, progettista ed esecutore dell'intero Cosmo solo per il comodo degli uomini stessi. In cambio, Costui (variamente denominato) richiederebbe soltanto di essere lodato e osannato. Avrebbe fatto quel popò di lavoro, galassie comprese, solo a quel frivolo scopo. Della ragione -cominciamo col registrare- non fa parte il senso del ridicolo. Ma , prima di quel tempo (siamo nell'ordine dei 5-6000 anni ), la nostra specie nutrì seri dubbi sulla innocuità della ragione lasciata a se stessa e sulla sua elezione a regola suprema di vita. Non occorreva grande perspicacia, innanzi tutto, per costatare che - a fronte della sicurezza e coerenza della conoscenza istintiva - quella "razionale" presentava grande varietà. " Tot capita, tot sententiae", dissero i Romani. Tante teste: tante opinioni. Come scegliere quella giusta ? Con la ragione di chi ?
No, cari pensatori professionisti - rispose la Tradizione: ragionate quanto vi pare, ma sopra ci deve essere qualcosa di stabile, di sicuro, di sacro, di solenne, non filiazione della ragione umana ma dell'armonia cosmica, struttura portante di ogni civiltà.
E' tutto un arbitrio!- strillarono i razionalisti. Tutto un trucco per giustificare privilegi di casta !
-Ah, si ? E l'usignolo ?  -Che c'entra l'usignolo?
-C'entra, c'entra ! Anche i suoi gioiosi, meravigliosi gorgheggi sono trucchi per giustificare la casta dei preti ? Sono anch'essi creazioni della ragione umana ?
-Nessuno pensa questo !
-E neppure quella stellina lassù, che magari è mille volte più grande del Sole e sta a 6 milioni di anni-luce ?
- No, certo.
- E allora, di grazia, in che ragione rientrano, usignoli e stelle? Non sarebbe il caso di "sintonizzarsi" con quell'ordine, limitando l'uso della ragione umana alla funzione pratica ( non conoscitiva) per cui fa parte della nostra naturale dotazione? Chessò: a come tenersi su i calzoni , o a come sospingere un natante ?
Nelle poche, immaginarie battute che precedono, abbiamo voluto sintetizzare, per il c.d. "uomo della strada" l'obiezione di fondo che noi opponiamo al cosiddetto illuminismo. Ma non è certo con le obiezioni che si può guarire una follia collettiva. Sarebbe come voler curare il paranoico convinto di essere Cesare Augusto, esibendogli il suo certificato di nascita.
La colpa, non è della ragione, è solo del modo errato in cui si pretende di usarla. Se uno a cui piace il brodo pretende di assumerlo usando coltello e forchetta, non può prendersela col brodo nè con le posate se non ci riesce. Deve solo decidersi a usare il cucchiaio, che Dio lo benedica! E' con la propria stolta ostinazione che deve fare i conti. Ma per quello occorre il senno, non i sillogismi !
La ragione, invero, ce l'hanno anche i folli, solo che la usano in modo improprio e sconsiderato. E, infatti, si levò tra loro una piccola voce: " Ma se tante difficoltà derivano dalle differenze, perchè non abolire le differenze ? Consideriamo tutti uguali e saremo fuori dei pasticci !" I saggi, li guardarono d'intralice, come si guarda un povero scemo. Sembrava loro talmente evidente che le differenze fossero un attributo naturale e fecondo delle persone umane, e che non si potessero quindi "abolire" con una convenzione! Ma sbagliavano i saggi, e fu un errore fatale. Forse, anche loro sopravvalutavano la ragione e la ritenevano capace di resipiscenze, dinanzi allo spietato collaudo della realtà. Così non è. La ragione non ha nulla a che fare col senno. E' a tal punto narcisisticamente innamorata di se stessa da ignorare persino ogni buon senso e ogni pessimo risultato che ponga in discussione qualche sua trovata. Essa si trasmette per contatto, come una malattia infettiva: non ha alcun bisogno di convincere, per conquistare. Sua tremenda caratteristica è di darsi ragione da sè, senza bisogno di prove, anzi, malgrado ogni prova contraria.
Ma poi, parlando di pessimi risultati, non bisogna generalizzare. Pessimi per chi? Per quanto essi possano essere dannosi per vaste moltitudini, ci sono pur sempre persone o gruppi per i quali essi sono preziosi. Una stolta riforma che favorisca i furti sarà preziosa per i ladri, come una che ponga limiti alla legittima difesa sarà assai gradita ai violenti e una che abolisca ogni meritocrazia sarà benedetta dai profittatori e dagli ignavi. E costoro organizzeranno efficienti istituti ed apparati destinati appunto a procurare fraudolentemente il "consenso" degli sprovveduti per quelle aberrazioni, mentre le vittime non potranno opporre nulla del genere mancando di qualsiasi forma di coscienza "corporativa".
Tutto ciò funzionò a pieno regime per l'abolizione delle differenze, divenuta in breve, più che un dogma, un "immortale principio", che fosse addirittura "immorale" discutere.
Fu così che, sui gloriosi vessilli che uno dei maggiori geni militari di questo mondo portò a sventolare per tutta Europa, campeggiò una parola dal suono dolce e musicale, lieve come ala di farfalla, dolce come un marron glacè:
E'G A L I T E'
che fu invece per lo sventurato Uomo la più maledetta espressione di degradazione e di strage. Lo fu già di per sè, coi massacri e i patiboli del '93, ma ancor più lo sarebbe stata per la più mostruosa delle sue "logiche" conseguenze: la Democrazia. Una volta accertata e accettata l'uguaglianza tra gli uomini, restava infatti il problema di scegliere tra le loro diverse opinioni, e una scelta qualitativa si presentava sempre ardua, anzi, veniva aggravata proprio dall'egualitarismo, che vietava di pensare a qualcuno che fosse più idoneo degli altri a compiere siffatta valutazione. A rigor di ragione, fu quindi giocoforza ricorrere a un criterio del tutto automatico ed oggettivo: quello quantitativo. Bastava contare le teste e assegnare il governo della cosa pubblica all'opinione professata da più teste ! Semplice, no ?
Semplice, in astratto, ma allucinante nella sua sconfinata balordaggine. E, si badi bene, non si trattava di stabilire li regole per un gioco di carte, ma quelle per la gestione di vaste comunità umane, per il sopperimento delle loro esigenze di vita dignitosa e per la possibilità di esprimere le proprie capacità come singoli e come popoli, per vivere in armonia, anzichè sbranarsi a vicenda. Balordaggini, in tale ambito, non sono consentite, e mascherarle con sofismi è criminale. Invece era proprio ciò che ci si poteva attendere dalla petulante "ragione" auto-referente.
Prima balordaggine: dove mai aveva, quella, pescata la certezza che l'opinione migliore fosse quella professata dal maggior numero ? Non certo dalla saggezza tradizionale, e neppure dall'insegnamento religioso (cristiano compreso), che aveva sempre dichiarato chiaro chiaro che la via percorsa dalle moltitudini conduce alla perdizione, mentre solo pochi trovano quella giusta. Non certo dall'esperienza storica, in cui tutti i momenti migliori dei vari popoli furono legati al nome di sovrani o demiurghi onesti e saggi. Non certo dalla conoscenza degli uomini, che tendono in prevalenza non a ricercare il sistema migliore per tutta la collettività, bensì per se stessi in danno del prossimo. Da dove, allora ?
Seconda balordaggine: come l'esprime la sua opinione, il singolo elettore? Scrivendo ( a matita copiativa ) un trattatello in materia di tutto lo scibile? E poi, come si raggruppano, i trattatelli ? Chi li classifica? Ma la ragione non demorde. A qualsiasi coglioneria dica, trova subito il rimedio. L'elettore sovrano non formula alcuna volontà: conferisce solo una delega in bianco a un formulatore di professione, detto "politico", unito ad altri come lui nei c.d. partiti. Insomma, tutto il potere risiede (?), si, nel popolo, ma consiste solo nel conferire un mandato, a uno che, il più delle volte, il mandante non ha mai visto. E il mandatario -penserete- è tenuto ad attenervisi, come a qualsiasi mandato che si rispetti? Ma neanche per sogno: quello può fare anche esattamente il contrario di quello che ha dichiarato e promesso per avere il mandato!
MA QUESTA E' UNA SOLENNE PRESA PER I FONDELLI !- dovrebbe gridare il popolo, e magari lo grida, ma chi se lo fila, il popolo? Non ha mica i "mass media", il popolo ! Buona parte, così, diserta i seggi e l'altra abbozza.
A questo punto, dir male della democrazia è persino noioso. Dimostrare che non esiste se non a chiacchiere è tempo perso: lo sanno tutti ! Quello su cui, purtroppo, troppi non riflettono è la conseguenza, che è, a dir poco, disastrosa.
Se quella del potere decisionale residente nel popolo è una barzelletta che non fa neanche ridere, non è che un potere non esista o non venga esercitato ! Urpo, se esiste ! Anzi, proprio essendo, quello, assegnato e fruito al difuori di qualsiasi dettame costituzionale, non conosce limiti nè remore. Altro che le vituperate monarchie assolute ! Almeno, in quelle, chi era il "tiranno" si sapeva e pure l'indirizzo e, se esagerava, lo si poteva, al limite, pure ammazzare. Ma gli autocrati plutocratici, si nascondono dietro l'incognito. Hanno lo "ius vitae et necis" (diritto di vita e di morte) su ognuno di noi è non lo sappiamo neppure ! La democrazia mitica che si insegna ai bambini non determina, di fatto, che un colossale vuoto di potere, e, se un vuoto così appetitoso si forma, comincia subito la ressa per riempirlo. Ressa e rissa, ovviamente, tra quelli che hanno interesse e mezzi per parteciparvi: non certo popolani, a cui basta, di regola, tirare a campare. In parole povere: i pochi Mr: Trillion. Costoro non sono scemi, ma hanno alle spalle secolari esperienze e tradizioni di frodi bancarie e di usura, da cui (e non certo dai sudati risparmi) hanno tratto tutta quella illimitata disponibilità di quattrini. Sono quindi maestri nel restare nell'ombra e nell'agire attraverso personaggi mediocri, acquistati al mercato dei "politici", che pagano con l'obbedienza ai padroni gli ingenti privilegi che questi possono loro assicurare a spese delle nazioni.
Dicevamo di conseguenza disastrosa. E quale potrebbe essere più disastrosa di quella realizzata con la "democrazia matura", e cioè con quella che avesse completato e raffinato l'apparato automatico di auto-conservazione ? Come tutti sappiamo, compresi quelli così ipocriti da fingere di non saperlo, il potere politico effettivo è interamente esercitato da un piccolo gruppo di finanzieri internazionali apolidi, che non hanno altra Patria che il lucro, perseguito in modo maniacale e senza scrupoli. Agli ordini di costoro fingono di esercitarlo, in ogni nazione, bande di parassiti dai primi collocati su privilegiatissime poltrone, ma a condizione di servire solo gli interessi di quelli, regolarmente in contrasto con la sovranità , l'indipendenza e l'interesse delle nazioni stesse.
Questo significa, per esempio, che la Repubblica Italiana viene governata e dissanguata nell'interesse di Israele, degli USA o del FMI, e non mai degli Italiani. Dopo gli interessi superiori predetti, restano quelli personali dei "rappresentanti del popolo", unica categoria di dipendenti autorizzata a fissarsi da sè le retribuzioni e il trattamento. Dato il suo livello morale, è inutile dire quale uso faccia di tale autorizzazione: sguazza nell'oro e nel comfort oltre ogni decenza, alla faccia degli affamati.
E' veramente difficile ipotizzare, anche in astratto, come la situazione italiana potrebbe essere peggiore, in qualsiasi campo. Non c'è pubblico servizio che non sia una vergogna, pagata dal pubblico a caro prezzo. Non c'è onesta attività privata in grado di sopravvivere, se non pagando il pizzo a quelle disoneste. Non c'è difesa contro la speculazione fraudolenta e improduttiva, prima tra le quali il signoraggio bancario. Non vi è valore che non venga misconosciuto, salvo quelli di interesse economico o di miope edonismo. Distrutto il matrimonio, distrutta la famiglia, distrutto il rapporto genitori-figli, distrutta ogni dignità e ogni pudore, distrutta ogni solidarietà nazionale, l'osannata gestione "razionale" è riuscita solo a privare i popoli del necessario, scatenandoli all'inseguimento del superfluo, o addirittura del dannoso.
Ma quel che più colpisce è che, nel costatare il disastro, non riveliamo alcun segreto. Chiunque non sia del tutto idiota, ne è pienamente al corrente. La ragione, infatti, come vedemmo, è perfettamente in grado di far accettare i propri dettami fregandosene della realtà. Sorridendo e sculettando, l'Homo sapiens lavora così alla propria estinzione, con una efficacia e rapidità ignota a batteri e cetacei.
Questo significa essere "superiore"?
O sono meglio, nel loro piccolo, le formiche ?

Rutilio Sermonti

http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/

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