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sabato 15 settembre 2012

L'etica non etica e la morale non morale della spiritualità naturale (o laica)


Sogno di una notte di mezza estate


Ricordo parecchi anni fa un momento magico vissuto a Calcata, nelle grotte di Jorgen, l'amico danese che se ne tornò al suo paese per morire... Nelle grotte di Jorgen fu messa in scena una commedia mitologica e misterica: Il Risveglio di Titania.

Nella commedia Titania è una splendida creatura fatata che se ne va in giro per i boschi col suo fedele corteo di spiritelli. Shakespeare ha scritto del loro litigio e della vendetta del suo legittimo sposo Oberon, dopo che Titania non ha voluto vendergli il suo prezioso paggio indiano, motivo delle gelosie di Oberon.

Così Oberon sorprende Titania addormentata e le spreme sugli occhi il succo della viola del pensiero, fiore fatato capace di far innamorare chiunque della prima cosa che vedrà. Così, al suo risveglio, Titania si innamora di Bottom, un orribile uomo dotato di una testa d'asino. La storia ha comunque un lieto fine,  i due sposi magici si riconciliano superando i concetti restrittivi di gelosia, invidia,  etica e morale.

Questa storia, come tutti i racconti di Shakespeare evoca diversi significati. L'addormentarsi di Titania è come  la morte ed il risveglio è in verità il sogno che noi prendiamo per realtà. In esso godiamo l'illusione dei sensi ed amiamo ciò che non possiamo riconoscere. La riconciliazione è il momento del ritorno alla libertà, il superamento delle illusioni e della schiavitù dei sentimenti imposti.

Etica e morale, due pensieri cangianti e relativi, i cinesi antichi avevano la faccia tosta di ammettere che queste due qualità fossero solo una convenienza sociale. Nel   Taoismo erano considerate due forme ipocrite di asservimento alle consuetudini. La morale e l’etica sono state usate da tutte le religioni monoteiste come bandierine simboliche per giustificare il bene programmato a sistema, mentre l’amoralità e il “difetto” di contegno sono indicati come grave carenza sociale e religiosa. Ma ora lasciamo da parte questi aspetti che riguardano specificatamente il comportamento ed i costumi nella società attuale. 

In fondo l'esempio di Titania è alquanto leggero e ludico, il risveglio "vero" avviene attraverso l'amore, che purifica gli occhi e rende chiaro l'intelletto.  Ben diverso il caso in altre storie mitologiche  in cui  la sofferenza volontaria od espiativa degli eroi viene descritta in termini di emancipazione, come nella storia di Odino o Prometeo.

Cristo e Dioniso anch’essi morirono volontariamente per la salvezza altrui…. Insomma nella morale e nell’etica si accetta tranquillamente che il sacrificio di sé sia un bene supremo se rivolto ad una causa ritenuta nobile e degna… ma dal punto di vista della vita dov’è la differenza fra un suicida per disperazione ed un esaltato religioso?

Scriveva Elemire Zolla, in Discesa all'Ade e resurrezione: "Senza l’Essere l’ente non sussiste: infatti ne promana e ne fa parte.
Ma l’essere non si restringe a spazio e tempo. Senza lo spazio non spaziale del luogo efficiente, suscitatore, dove si figura il punto, non nasce la geometria del mondo in divenire. Come designare questa fonte eterna? In latino proporrei “februare”, che Semeraro fa derivare dall’accadico “haburu”, germoglio, dal dio agrario Ha-ab-bu-ru; Servio informa che “februm” era un tratto di pelle lupesca, salata; nelle cerimonie februanti si celebrava il dio dell’impulso primaverile, Lupercus, e i luperci erano giovani coribanteschi che animavano, flagellandole, le donne, con fruste di pelle lupesca, i “febri”. Le potenze generatrici « non avvennero mai, ma sono sempre: l’intelligenza le vede tutte insieme in un istante, la parola le percorre e le espone in successione» diceva l’osservatore platonico alla conclusione del mondo antico"

Ben diversa questa morale non-morale dalla moralità bacchettona dei nostri "santi padri" che predicavano e praticavano l'autoflagellazione, la misoginia, l'allontanamento dalla natura, la menzogna etica e religiosa, evidentemente anche maleinterpretando il messaggio salvifico del Cristo (ove quest'ultimo fosse realmente esistito...).

Paolo D’Arpini



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Commenti ricevuti e rispostine:


Commento di Roberto: ”L'Uomo qualcosa deve inventare per non sentirsi una zanzara dentro una limonata... mha?”

Mia rispostina: “…perchè non restare quel che si è semplicemente?”

Altro commento: “qui è NonCredo e ci piacerebbe scambiare due idee con lei, può chiamarci al ……? (segue numero di telefonino)”

Mia rispostina: “Sarebbe utile e interessante... magari possiamo farlo per email? Io non uso il telefonino, che non ho.... I miei interessi spirituali si estrinsecano in chiave laica (od anche atea). Ovvero  riconosco nella Coscienza la matrice universale. La coscienza è come il profumo di un fiore, la materia si organizza in vita organica e la coscienza è la sua espressione. Ma si potrebbe anche affermare che la Coscienza è alla base della materia ed attraverso di essa prende vita ed assume identità L'identità, dal punto di vista della Coscienza astratta, è come la forma  ed il nome per gli organismi viventi, semplice manifestazione senza reale sostanza autonoma. Da un caleidoscopio con cinque vetrini dentro e tre specchietti ai lati  si manifestano innumerevoli figure. Il moto è la chiave. E la coscienza è la capacità di riconoscimento. Spirito = coscienza e intelligenza.”

mercoledì 24 agosto 2011

La leggenda di Eva, rivisitata alla luce dell'ecologia profonda e della spiritualità laica


Insistere troppo su valori "teisti"  non aiuta la mente umana al  superamento del pensiero patriarcale. Dobbiamo -secondo me- abbandonare la speculazione religiosa e ritornare ad una spiritualità priva di dogmi e non specificatamente  legata al genere (qui ricordo che il sacerdozio nelle religioni monoteiste è precluso alle donne).  


Per carità, va anche bene fare un'analisi storica sulla formazione del cristianesimo e di come  questa religione "semita" abbia attinto al paganesimo pre-esistente. Tra l'altro  la rivalutazione del paganesimo è una delle caratteristiche portanti non solo nel filone New Age ma anche in ricerche storiche serie,  come ad esempio quella di  Daniel Danielou sul mito di Dioniso-Shiva.



Ma dovremmo andare anche più in là riscoprendo i culti più antichi e vicini alle nostre radici, ovvero l'adorazione della Grande Madre o Energia Primordiale  (Shakti). 


Spesso, qui al Circolo vegetariano VV.TT.,  durante le feste da noi organizzate, soprattutto quelle in concomitanza con i solstizi e gli equinozi o per la luna piena e nuova, mettiamo in evidenza gli aspetti sincretici fra cristianesimo e   “neo-paganesimo”, facendoli coincidere con   il nostro spirito laico e simpatetico con la Spiritualità della Natura.


Ad esempio, è avvenuto che durante alcune cerimonie,  già da noi predisposte, si aggiungessero  riti diversi  con offerte alle divinità e fate dei bosci o dei corsi d'acqua, il tutto magari collegandoloo a credenze o leggende cristiane... (tanto per fare un esempio ricordo la Vigilia di San Giovanni, con il battesino dell'acqua e del fuoco, etc.).  Io  lascio fare perché in fondo il riconoscere  il Genius Loci e la sacralità della natura in tutte le sue forme è uno degli aspetti della spiritualità laica e dell’ecologia profonda, che ci contraddistingue.  


In effetti la spiritualità della natura  è un aspetto riconosciuto anche nella fede cristiana antica, soprattutto nel misticismo (sia in quello primitivo che in quello francescano)  in cui prevale  la consuetudine di ritirarsi in grotte, boschi e deserti in stretta comunione con gli elementi naturali e con il mondo animale.  


Aspetti pagani erano presenti persino nella religione ebraica, sia pur condannati, come ad esempio l’adorazione della vacca sacra durante la traversata del Sinai, oppure riconosciuti e facenti parte della tradizione  come avvenne presso la setta degli Esseni che vivevano in strettissima simbiosi con la natura e con  i suoi aspetti magici, avendo essi sviluppato anche la capacità di trarre il loro nutrimento dal deserto, un grande miracolo questo considerando  che erano persino vegetariani….


Il rispetto e l’adorazione  della natura, definito dalla chiesa cattolica (un po’ dispregiativamente) “panteismo” è uno degli stimoli da sempre presenti nell’uomo,   tra l’altro questo sentimento panteista è  alla base dell’exursus evolutivo della specie.  


Ciò  mi fa  ricordare  una storiella,  che amo spesso raccontare,   sull’origine della specie umana. Ormai è certo che ci fu una “prima donna”, un’Eva primordiale. L’analisi   del patrimonio genetico femminile presente nelle ossa lo dimostra inequivocabilmente…
Mi sono così immaginato una donna, la prima donna, che avendo raggiunto l’auto-consapevolezza (la caratteristica più evidente dell’intelligenza) ed avendo a disposizione solo “scimmie” (tali erano i maschi a quel tempo)  dovette compiere una opera di selezione certosina per decidere con chi accoppiarsi in modo da poter avere le migliori chance di trasmissione genetica di quell’aspetto evolutivo. E così avvenne conseguentemente  nelle generazioni successive ed è in questo modo che pian piano dalla cernita nell’accoppiamento sono   divenute rilevanti qualità come: la sensibilità verso l’habitat, l’empatia,  la pazienza,  la capacità di adattamento e di gentilezza del maschio verso la prole e la comunità, etc. etc.  Pregi che hanno  portato la specie  verso una condizione “intelligente” che riconosciamo (o riconosceremmo se nel frattempo non fosse subentrata una spinta maschilista involutiva).


Purtroppo in questo momento storico, in seguito all’astrazione dal contesto vitale e alla manifestazione della religiosità in senso  metafisico (proiettata ad un aldilà ed ad uno spirito separato dalla materia),  molto di quel rispetto (e considerazione) verso la natura e l’ambiente e la comunità è andato scemando,  sino al punto che si predilige la virtualizzazione invece della sacralità vissuta nel quotidiano. Ed in questo buona parte della responsabilità è da addebitarsi al radicamento dei credo monoteisti (Ebraismo, Cristianesimo ed Islam).


Ma quello che era stato scacciato dalla porta spesso rientra dalla finestra, infatti la psicologia sta riscoprendo i miti, le leggende e le divinità della natura descrivendole in forma di “archetipi”.


All’inizio della  civilizzazione umana, nel periodo paleolitico e neolitico matristico, la sacralità era incarnata massimamente in chiave femminea, poi con il riconoscimento della funzione maschile nella procreazione tale sacralità assunse forme miste  maschili e femminili, successivamente con i monoteismi patriarcali fu il maschile che divenne preponderante.


Ora è tempo di riportare queste energie al loro giusto posto e su un totale piano paritario. Anche se già in una antica civiltà, quella Vedica,  questa parità era stata indicata, come nel caso della denominazione (maschile) “Surya” che sta ad indicare l’identità del sole in quanto ente divino, che  viene completato dall’aspetto femminile “Savitri”  che è la capacità irradiativa dell’energia solare.


E noi sappiamo che fra il fuoco e la  sua capacità di ardere  non vi è alcuna differenza....  



Paolo D’Arpini  

Circolo vegetariano VV.TT.
Via Sacchette, 15/a - Treia (Macerata)





“La nostra anima nel profondo non ha mai smesso di dirsi pagana; basta solo ascoltarla con attenzione per capirlo. Il nuovo paganesimo non è affatto un concetto stravagante o qualcosa di intellettuale costruito a tavolino; è semplicemente un atto di auto-consapevolezza: una presa di coscienza della nostra natura e di ciò che è estraneo  ad essa”. (Alfonso Piscitelli)





Canto pagano di chi viaggia verso il Sé.  
Ascoltatemi spiriti del Vento, essenze immortali  che abitate nelle pieghe nascoste  dell’aria, delle rocce, delle acque. Oso invocarvi e presentarmi dinanzi a voi per compiere il mio passaggio a cui mi preparo  nel cielo di una notte d’estate, investito dal caldo mormorio dei grilli, inumidito dalla rugiada che bagna il muschio, stremato nel desiderio di correre verso un destino che mi avvolgerà come un non visto mantello…..  da vincitore o da vinto io non so. Vorrò però essere ricordato come un uomo che ha provato a parlare con voi e da ciò apprendere la poca o molta saggezza che si può richiedere  a un sorso d’acqua gelida,  al fuoco notturno degli amici, al pianto solitario di un bimbo che accende la pianura di suoni che non le appartengono, ma che grata accetta, come il passo silenzioso del viandante che la rende sacra con l’amore del suo andare.   (Simone Sutra)

sabato 20 agosto 2011

Bioregionalismo e religiosità naturista - Lettera di Nico Valerio sul tema della "Spiritualità Laica"


Carissimo Paolo D'Arpini, intervengo sul tema della Spiritualità Laica, da te toccato. Premetto che non sono spiritualista né religioso, ma avendo un bellissimo e significativo anagramma perfetto (Nico Valerio = Invero Laico) non posso essere contrario al tuo uso del termine “laico” in questo caso. Che è ben diverso da quello machiavellico e truffaldino dei clericali, Papa in testa (”ed è subito Pera”, scriverebbe Quasimodo), per cui i “laici” sarebbero loro, nientemeno… ?

Non so che cosa è, ma posso ammettere che esista una “spiritualità laica”.  L’espressione suona bene ed è analoga alla famosa “religiosità laica” di cui erano animati i grandi liberali del passato, da Benedetto Croce a Parri, da  Omodeo a Nathan, a tutti quelli di “Giustizia e Libertà” e del Partito  d’Azione e poi del settimanale Il Mondo, da Ernesto Rossi ad Aldo Capitini  (tra l’altro grande vegetariano e teorico della non-violenza gandhiana).
Grande generazione, l’ultima ad aver dato dignità e onore all’Italia. Che  era una forte esigenza morale, una intransigenza ideale che aveva del  religioso, e che accomunava anche quelli che tra loro erano atei ai grandi  Riformatori, ai Calvinisti e comunque ai protestanti del passato. Che, non  dimentichiamo, ripulirono la Chiesa di Roma delle sue corruzioni, dalle  vendita delle indulgenze, dalla simonia, dall’ipocrisia, dal “perdonismo”  ambiguo e complice.

Ma così, certo, apparvero molto più severi, e quindi  impopolari nel corrotto mondo cattolico italiano. Ma da naturista mi chiedo, essendo anche tu immerso totalmente nella Natura come me, se non sia forse il caso di definire questo genere di  trascendenza morale, questa urgenza etico-naturalistica, questo immanentismo etico, appunto, come “spiritualità naturalistica”. Sarebbe un bel nome.
Attento, però, se fai una ricerca scopri che qualche matto emarginato  tedesco lo ha già usato per collegare, nientemeno, la cultura ecologica alla presunta e aberrante “spiritualità” del Superuomo nazista. Fatti loro,  dirai: se qualcuno, come la Chiesa o i nazisti si appropria di termini  elevati e seducenti per nascondere il proprio vero messaggio, noi che  c’entriamo?  Eh, no…. Le parole sono semantemi – o dovrebbero esserlo – da cui  si dovrebbe in teoria poter risalire alla personalità di chi le usa. Se  scegli questa espressione, perciò, stai bene attento a mettere le mani  avanti e a distinguerti da coloro che approfittando dell’altrui ignoranza,  senza avere nessuna spiritualità (proprio loro, figuriamoci), si definiscono ”spiritualisti naturalisti”.

Però, l’espressione è talmente bella che potreste riappropriarvene. Anzi, il  termine esatto dovrebbe essere “spiritualità naturista”. Deriva da Naturismo  o filosofia della Natura. Com’è noto, per gli antropologi e storici le  religioni antiche, tutte immanentistiche e naturalistiche perché dalla  pianta, dall’animale o dalla Luna arrivavano a ipotizzare un Ente superiore,  quando non adoravano direttamente la pianta, l’animale o la Luna, erano una  forma di Naturismo.  

Nei dizionari migliori Naturismo ha anche questo antico significato religioso. Il grande Gabrielli (in 2 volumi), secondo me  il migliore vocabolario italiano, alla voce “Naturismo”, come terzo  significato scrive: “Nella storia delle religioni, la dottrina che considera certe particolari forme di religioni primitive come la divinizzazione degli elementi e delle forze naturali, personificati spesso in figure di dèi”.
Ma sì,  religiosità naturista. E così non avrete imitatori o concorrenti.
 

Saluti naturisti, appunto. Nico Valerio