domenica 14 giugno 2015

Clima - Tromboni al G7... suonano lo spartito dell'ambiente trascurato



Chiacchiere a spese dei contribuenti al G7, per ammirare la Baviera e firmare un coraggioso accordo contro i cambiamenti climatici. Ma coraggioso solo a parole.

L’accordo sul clima firmato ieri in Baviera dei 7 grandi del mondo (Usa, Germania, Francia, Giappone, UK, Canada e Italia) è ancora una volta un accordo ambizioso, che “farà la storia” (come ha detto un rappresentante del WWF), che “sancisce la fine dell’era del carbone”(Greenpeace), che fa di Angela Merkel, che ha insistito per mantenere in agenda la questione nonostante i vasti e importanti temi di politica internazionale in tavola, “un’eroina del clima” (Avaaz).

Questi solo alcuni dei commenti entusiasti della firma sancita con un documento davvero molto deciso. Si parla di cambiamenti climatici, che saranno arrestati a un aumento della temperatura non superiore a 2 gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale, riducendo nel contempo i gas serra dal 40 al 70% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010; si parla quindi anche di conversione energetica, sicurezza alimentare, efficientamento delle risorse, e della necessità di proteggere il nostro malmesso ecosistema marino. Tutto questo senza tralasciare i Paesi poveri, l’accesso alle rinnovabili in Africa, e dando chiaramente un enorme contributo nel convincere la Cina a fare altrettanto, dal momento che ci avviciniamo (novembre 2015) alle attese trattative di Parigi.

Di tutto l’entusiasmo espresso, tuttavia, condivido solo il fatto che Angela Merkel sia un’eroina ambientalista. Cosa tuttavia insufficiente. Gli altri leader mondiali si sono infatti rifiutati – come da lei proposto – di sottoscrivere tagli immediati alle emissioni. Dunque tutti hanno firmato buone, buonissime intenzioni che bene o male ricadranno sulle spalle di altri leader, mentre l’attuale politica messa in campo degli stessi firmatari è contraria alle parole espresse e ai protocolli firmati. Prendiamo due esempi tra quelli che conosciamo meglio. Obama ha recentemente – ma proprio neanche un mese fa – autorizzato le contestatissime trivellazioni nell’Artico. Se gli Usa e il Canada, poi, sono gli unici a non aver aumentato il ricorso al carbone negli ultimi anni, è solo perché si sono buttati sul più vantaggioso ma molto pericoloso fracking, tranne rare eccezioni di coraggiosa resistenza.

Che dire del primo ministro italiano? Matteo Renzi, che ha firmato e ha fatto sapere su Twitter di essere soddisfatto del risultato raggiunto, è anche lui, in patria, come noto, quello che ha autorizzato trivellazioni petrolifere off-shore e non, anche in zone sensibili da un punto di vista ambientale; mentre è accusato, e a ragione, di aver affossato lo sviluppo delle rinnovabili, solare in primis. Volendo procedere ci sarebbero molte altre cose da dire, ma mi limito a ricordare il rapporto Oxfam – tanto per chiudere il quadro di questo ridicolo accordo (e costoso, visto che ogni sessione di g7 ci costa all’incirca 340 milioni di euro) – che mostra come proprio i Paesi G7 abbiano negli ultimi anni aumentato – del 16%, considerati tutti insieme, nel 2013 rispetto al 2009 – il ricorso a combustibili fossili e abbiano più o meno tutti i programma di costruire nuove centrali a carbone. Tutto questo mentre agivano firmando trattati come questo, ma facendo pressioni sui Paesi poveri perché si impegnassero a consumare meno. 

 Michela Dell’Amico




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