Alcuni sindaci di piccoli e grandi centri urbani italiani si sono uniti nel “Coordinamento interregionale per problema pale eoliche e fotovoltaico” e hanno redatto un Manifesto che chiede di raggiungere gli obiettivi di crescita delle rinnovabili senza speculazione e senza consumare altro suolo
Manifesto del “Coordinamento interregionale per problema pale eoliche e fotovoltaico”
I SINDACI PER UNA TRANSIZIONE ENERGETICA RISPETTOSA DEI TERRITORI E DEI CITTADINI: raggiungere gli obiettivi di crescita rinnovabili senza speculazione e senza consumare altro suolo.
COSTITUZIONE ITALIANA
art. 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”
art. 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
La transizione energetica si è purtroppo avviata in Italia con i peggiori auspici, impedendo alle comunità locali da noi rappresentate di incidere con cognizione di causa sull’ubicazione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile, malgrado la conoscenza e la vocazionalità dei territori da noi amministrati.
Ma un processo così importante e delicato deve essere incardinato dentro percorsi politici e democratici condivisi con la popolazione che non può subirne supinamente le conseguenze anche gravi e non può essere attuato in palese violazione del dettato costituzionale, che grazie al rinnovato articolo 9 della Carta fondamentale, tutela il paesaggio, gli ecosistemi e la biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni. Nessun principio costituzionale può essere sacrificato per realizzarne un altro o, men che meno, per perseguire un contingente “prioritario interesse nazionale”: i singoli valori espressi e tutelati dalle disposizioni della Costituzione sono tutti assoluti e dello stesso rango, all’interno di un impianto complessivo orientato a promuovere la dignità della persona umana nel suo contesto ecologico e sociale.
Le leggi emanate in materia energetica, vanno al più presto ripensate e riformate perché di fatto stanno favorendo un settore economico privato in grandissimo fermento per i grandi guadagni realizzabili con bassi rischi d’impresa vista la notevole mole di incentivi pubblici ricadenti sulle bollette elettriche dei cittadini e sulla fiscalità generale. In un Far West senza programmazione pubblica sono stati presentati 6.000 (seimila!) progetti per grandi ed impattanti impianti industriali di produzione di energia rinnovabile, per una capacità elettrica di oltre 5 volte i già ambiziosi traguardi del green deal, spesso senza nessun riguardo per gli aspetti ambientali tutelati, in contrasto se non in antitesi con la vocazionalità dei territori interessati, a deprimere e demolire le filiere produttive locali frutto di decennali investimenti e impegni organizzativi che non possono essere spazzati via insieme al lavoro che garantiscono, principale freno a un pericoloso e desertificante spopolamento.
Tutto ciò non fa altro che avvalorare la tesi che i progetti in questione non siano volti al bene comune e al contrasto al cambiamento climatico (che non ha certo cause locali, ma GLOBALI) come millantato in varie sedi, ma rispondano esclusivamente a logiche di economia speculativa.
Le terre fertili sempre più scarse, gli ineludibili servizi ecosistemici del suolo, la produzione agricola sempre più deficitaria, il paesaggio identitario, la nostra storia e cultura, la grande Bellezza che richiama crescente turismo sostenibile, in nome di una irrisoria riduzione di CO2 GLOBALE è tecnicamente inutile, un suicidio ambientale ed economico, socialmente ed eticamente vergognoso.
Nessuno nega il cambiamento climatico, ma non è certo un problema locale, ma notoriamente GLOBALE e quindi si combatta dove è provocato: Cina, Usa, BRICS emettono ca il 90% di CO2, l’Italia solo lo 0.71%! E il nostro eventuale completo folle sacrificio permetterebbe una risibile e soprattutto inutile a livello GLOBALE e di riflesso LOCALE riduzione al massimo dello 0.2%. Negli ultimi anni la Cina ha costruito altre 1000 centrali a carbone, e altre ne progetta, ed emette allegramente 16 milioni di tonn di CO2 a sostenere la sua dilagante economia vincente, mentre noi ci autoflagelliamo e perdiamo competitività e correlato benessere.
Noi sindaci chiediamo, interpretando la volontà del tessuto sociale dei luoghi da noi amministrati, che la produzione e la distribuzione dell’energia ridiventino un servizio pubblico essenziale con progettazione e programmazione degli impianti gestiti in maniera trasparente, evitando frenetiche rincorse speculative di aziende private che agiscono in nome dei propri profitti non conoscendo o trascurando la specificità dei luoghi e delle terre agricole o naturali che non possono essere considerate res nullius.
Solo così la produzione energetica da fonti rinnovabili non sarà più ambientalmente, socialmente ed economicamente insostenibile e non aggredirà il prezioso suolo ancora non consumato.
Le aree collinari, montane e interne sopravvivono allo spopolamento grazie a un tipo di sviluppo basato su turismo sostenibile, agricoltura ed eccellenze alimentari locali in ambienti protetti e adesso dovremmo buttare tutto all’aria ospitando mega impianti industriali di irreversibile invasività?
Solo enti pubblici collettivi, rappresentando l’interesse generale, potranno dedicarsi all’indispensabile passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili con interventi finalizzati alla riduzione degli sprechi energetici e all’utilizzazione in via primaria di tetti industriali, commerciali e civili insieme ai suoli e le aree già consumate, molto abbondanti in tutta la nazione per l’ubicazione degli impianti industriali FER senza ulteriore consumo di suolo: secondo ISPRA, ente pubblico di grande e indiscusso livello scientifico e terzietà, sarebbero già disponibili quasi 10.000 chilometri quadrati, ossia un milione di ettari! Una superficie grande quanto l’Umbria occupata da tetti, infrastrutture dismesse, capannoni agricoli e industriali, cave e miniere in disuso etc., grazie alla quale si potrebbero facilmente e di gran lunga a superare gli 80 Gigawatt da raggiungere entro il 2030 e arrivare a saturare anche il fabbisogno del successivo ventennio.
Per concludere, i territori sono prima di tutto gli ambienti vitali di chi li abita, e non possono trasformarsi in zone di espiazione e sacrificio perché “assegnate” alla monocultura energetica da iniziative private: devono essere vissuti serenamente dai residenti, dagli agricoltori, dagli allevatori, dagli apicoltori, dai pescatori, dagli operatori di un turismo sostenibile che con cammini e ciclovie permettono frequentazioni anche estere e quindi un indotto variegato con la valorizzazione di eccellenze enogastronomiche locali e relativi addetti ai servizi, da chi costruisce giorno per giorno un rapporto spirituale ed emotivo con il paesaggio, con un approccio che non è estetico ma etico, insomma da tutte le categorie che noi Sindaci abbiamo l’onore e l’onere di rappresentare.
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