martedì 7 febbraio 2017

Radioattività nelle carni bovine in Val di Vara, la valle del biologico


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La Val di Vara l’ho esplorata interamente negli anni appena successivi alla scelta pionieristica, compiuta una ventina di anni fa dal compianto sindaco di Varese Ligure (capoluogo della Val di Vara ed anche il più esteso comune della Liguria, coi suoi 545 kmq), Maurizio Caranza, di convertire il borgo e gradualmente l’intera valle al rispetto per l’ambiente, ottenendo per primo in Italia la certificazione ISO UNI 14001 ed EMAS, fornendo in tal modo un modello di riferimento che fu presto emulato da altri comuni liguri ed italiani, che capirono l’importanza strategica di una simile scelta, non solo per migliorare la qualità della vita delle popolazioni locali ma per favorire un turismo ambientale e naturalistico, attratto anche dalla graduale conversione all’agricoltura biologica di molte aziende agricole e casearie della valle, organizzatesi in cooperative. 

Grazie a queste scelte intelligenti e lungimiranti fu favorita la piena occupazione nella valle evitando ulteriori emigrazioni ed abbandoni. In breve avevo rilevato luoghi idilliaci ed amministrazioni lungimiranti, ambienti apparentemente incontaminati, cibo biologico e cucina tradizionale di elevata qualità (qualche incongruenza ed incuria l’avevo colta, ma non mi sembra questo il contesto appropriato per puntualizzare). 

All’epoca e negli anni successivi alla mia esperienza in loco, la località era ormai nota a livello nazionale come la Valle del Biologico e non si pensava minimamente alla contaminazione invisibile ma estremamente pericolosa provocata dalla radioattività depositatasi in valle dopo l’incidente di Chernobyl, che impatta in modo inquietante coi ricordi che conservavo dell’esperienza in valle e disillude duramente. 

E’ ovvio che se non si fanno controlli mirati non possiamo che essere disinformati ed illuderci che le cose procedano nel migliore dei modi. 

Certo che ottenere certificazioni di qualità ambientale e di produzioni biologiche e poi riscontrare ad esempio che il foraggio con cui si nutrono le mucche è radioattivo, crea un certo scompiglio e fa perdere fiducia non solo nelle istituzioni (che già è ai minimi termini da tempo) ma anche nella filiera del biologico, che dovrebbe essere un poco più accorta e meglio organizzata nei controlli, prevedendo anche simili rischi e non limitandosi solo a ricercare residui chimici negli alimenti. Inoltre scoprire che in Italia importiamo frumento dall’Ucraina e quindi anche da zone limitrofe alle aree contaminate non è certamente indice d’avvedutezza e rassicurazione. 

Claudio Martinotti Doria

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LE CERTEZZE DELL’ESPERTO E I DUBBI DEL  CITTADINO
Comunicato stampa di Mondo in Cammino sul riscontro di radioattività in Val di Vara

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