lunedì 3 dicembre 2018

Preparedness e baratto - Tenersi pronti, prima dell'emergenza finale




Il baratto, per sua stessa natura, protegge da qualunque crisi o distorsione del mercato finanziario globale. Invece di utilizzare le banconote destinate al deprezzamento come mezzo di scambio, si passa direttamente allo scambio di un bene tangibile con un altro bene tangibile, o di un servizio con un bene tangibile, o di un servizio con un altro servizio.

Uno dei fondamenti della preparedness è il procacciarsi una serie di beni destinati al baratto durante tempi duri. Tuttavia è condizione basilare non imbarcarsi nell’acquisto di prodotti per il baratto prima di aver acquisito tutto quanto necessario per garantire alla propria famiglia una vita autosufficiente.
Per essere utile nel baratto, un bene deve rispondere ad una serie di requisiti:
Avere una utilità per la maggior parte delle persone. Quasi ogni famiglia usa il sapone, ma solo pochi usano aghi per macchine da cucire Singer.

Essere immediatamente riconoscibile. Le marche di buona qualità  non hanno bisogno di presentazioni. Tutte le altre possono essere sospette.

Essere longevo. Ricordiamoci l’importanza della data di scadenza. Se si accumula troppo e non si riesce a barattare tutto prima che il prodotto vada a male…

Essere facilmente condivisibile. Scatole di fiammiferi, torce elettriche a dinamo, gomitoli di corda e lattine di kerosene sono esempi perfetti.

Essere relativamente compatto e trasportabile a costi ragionevoli. La carta igienica è di grande appeal, ma difficilmente trasportabile e immagazzinabile.

Avere una qualità costante. Per esempio, metalli preziosi, monete di purezza nota o attrezzi di utilità riconosciuta.

Essere in disponibilità limitata. In Europa un barattolo di caffè liofilizzato sarebbe l’ideale, ma in America centrale, forse non servirebbe a nulla.

Da: “Prima dell’Emergenza: manuale di Preparedness in tempi di crisi” di Vittorio Oltremare




Mio commentino: “Per la sopravvivenza bruta non smetterò mai di raccomandare agli amici vegetariani (e non) d’imparare a riconoscere le erbe, i tuberi e la frutta selvatica in modo da potersi garantire almeno il necessario per sfamarsi, stagione dopo stagione…” (Paolo D’Arpini)

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