
Nell’inceneritore di chiusura del ciclo dei rifiuti (termovalorizzatore o waste to chemical) che vuole realizzare la Regione Liguria confluiranno anche 260 mila tonnellate annue di rifiuti pericolosi e rifiuti speciali “come avviene negli analoghi impianti in tutta Italia”: lo ha confermato polemicamente (riferendosi a Roma) l’assessore regionale all’Ambiente, Giacomo Giampedrone.
Che precisa: “A fronte di una produzione di 800mila tonnellate di rifiuti urbani, la Liguria produce 2,6 milioni di tonnellate annue di rifiuti speciali di cui 10-15% di rifiuto speciale inerte e circa 200mila tonnellate annue di rifiuti pericolosi, flussi che in quota parte (con particolare riferimento ai rifiuti sanitari, di cui 20mila tonnellate a rischio infettivo – come siringhe, garze o altri presidi ospedalieri che per legge devono essere smaltiti tramite termodistruzione, attualmente inviati ad impianti di altre regioni – e 40mila all’anno dei fanghi di depurazione, oggi destinati alle discariche) potranno trovare opportune sinergie nel trattamento e recupero in un impianto di ambito regionale di chiusura del ciclo, diminuendo quindi il ricorso a discariche regionali o l’invio in altre regioni, con benefici ambientali ed economici“. Così si arriva alle 320mila tonnellate annue stabilite dalla Regione di raccolta differenziata, che non si intende aumentare.
Perciò per incenerire si è scelta una struttura enorme, dove andranno, anche rifiuti speciali e pericolosi. Finora, l’unica alternativa ipotizzata è quella di mettere i rifiuti speciali e pericolosi nei cassoni della diga foranea del porto.
La neo sindaca di Genova, Silvia Salis, in campagna elettorale aveva precisato che per lei “non sarebbe stata una soluzione ideale fare un impianto sovradimensionato in una discarica che sta per chiudere”, cioè Scarpino (una delle aree individuate come idonee dallo studio del Rina per l’agenzia regionale Arlir), però non ha mai escluso la possibilità di collocarlo altrove.
Rete Ambientalista
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