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domenica 8 luglio 2012

Grazia e realizzazione del Sè... nelle parole di Ramana Maharshi

Ramana Maharshi


In risposta ad alcune domande sulla Grazia del Maestro e su come realizzare il vero Sé,  Sri Ramana Maharshi rispose:

La stessa Grazia è quel vero Sé.

Quel che serve è sperimentare la sua costante presenza. Il sole è semplicemente una forma di luce, per il sole non esistono tenebre, ma quando c’è l’alba al mattino noi supponiamo che le tenebre siano scomparse con la luce del sole.

Ma non è l’alba che rimuove le tenebre, è la terra che ruotando si sposta dalle tenebre alla luce.

Allo stesso modo un discepolo ritiene che, in seguito alla Grazia del Maestro, il velo dell’ignoranza venga rimosso. In verità non è il Maestro che rimuove la tua ignoranza, sei tu che giri l’attenzione dalle tenebre alla luce.

Anche se sei circondato dalla luce solare per riconoscerne la sorgente è necessario  girare la testa verso la giusta direzione.

Ovvero significa dirigere l’attenzione verso il vero Sé.

Un Maestro ti guiderà verso il raggiungimento del  Sé che è solo Uno. Esiste un unico  vero Sé soltanto. Siccome tu non lo sai  e ritieni che esiste un mondo materiale attorno a te  sentirai parimenti che c’é qualche altro mondo spirituale  nell’esistenza.

(Traduzione italiana di Paolo D’Arpini)


Testo in inglese:

Grace itself is that true self. What we need to know is, to experience that it is there.
The Sun is just a form of light only. There is no darkness to that Sun. But When Sunrises in the morning, we conclude that the darkness is gone with the Sunlight.
It is not Sunrise which removed the darkness; it is the rotation of earth from darkness to sunlight.
Similarly a disciple will conclude that, due to Guru’s Grace only, his veils of ignorance are removed. But it is not Guru who has removed your ignorance, it is You, who turned from darkness to sunlight.
Even though your surroundings are filled with sunlight, for experiencing that you need to turn towards it by going in right direction.
It means you need to turn towards that true self.
A Guru will guide you in reaching out to that true self.
What is existing is only ONE.
That is the true self only.
As you don’t know that, you are feeling that there a physical world around you.
You will also imagine that there is some other spiritual world is in existence.
Sri Ramana Maharshi

mercoledì 4 luglio 2012

Libero arbitrio e destino… nell'ottica della spiritualità laica

Paolo D'Arpini,  mentre scrive nella vecchia casarsa di Calcata


Appena me ne uscii, in una lettera sul tema del destino e del come esso si manifesta, affermando che “l’anima nel momento dell’assunzione del corpo sceglie il proprio destino” immediatamente un’amica sempre attenta a queste cose mi scrisse: “…Vedo che per la prima volta parli di scelta, quindi l’anima (almeno lei beata) può scegliere il destino del corpo per soddisfare le esigenze della sua posizione evolutiva..”

Per un po’ ho dovuto tacere sull’argomento, anche per evitare di dover controbattere su un tema che è assolutamente dubbio… se affrontato con motivazioni religiose od empiriche. Ma che può essere analizzato in termini di spiritualità laica, soprattutto facendo riferimento all’esperienza personale.

Il testo che segue è perciò limitato alla mia esperienza diretta e non viene discusso sulla base di ciò che è stato scritto su libri più o meno sacri (che in fondo sono solo un “sentito dire”).

Oggi sento il bisogno di fare ulteriore chiarezza, per quanto possibile, sul discorso della scelta del destino, della vita e morte del corpo, del significato dell’anima individuale e della libertà assoluta dello Spirito.

Alla base di tutto pongo la mia esperienza, impiantata nella memoria, del momento in cui la coscienza stava illuminando la formazione di un corpo nel grembo di mia madre, essendo questa coscienza individuale denominata “anima”, in cui percepii chiaramente il decorso karmico che quella forma psicofisica (quel me stesso) era destinata a compiere. Vidi le sue propensioni, le sue radici geniche, le tendenze innate, le vicende destinate, le difficoltà, la gloria, il sacrificio, insomma tutto quel che doveva essere compiuto attraverso quello specifico individuo umano.

Ebbene nel percepire tutto ciò chiaramente sentivo una certa riluttanza ad affrontare le prove, meglio dire a testimoniarle, o renderle possibili attraverso la presenza cosciente che io sono. Eppure, il delinearsi del destino incipiente nello specchio della mente, che lo registrava e quindi lo immagazzinava come una pellicola che poi sarebbe stata proiettata nel corso della vita, comportava una parvenza di libero arbitrio nell’accettare il fato o nel rifiutarlo.

Certo questa sensazione di accettazione o rifiuto era totalmente soggettiva e non poteva in alcun modo modificare il corso degli eventi preordinati, ma avrebbe potuto lasciare una traccia sotto forma di insoddisfazione e rifiuto, con le conseguenze che potete immaginare nel dispiegamento della vita che stava per manifestarsi.

Il senso di ribellione che avrebbe comportato tale rifiuto avrebbe perniciosamente ritardato il compimento dello scopo prefisso dell’anima stessa…. Ma, un momento, occorre chiarire un concetto.

Cos’è l’anima?

In sanscrito essa viene chiamata “Jivatman” che significa anima individuale, mentre l’Assoluto viene chiamato “Paramatman”. Avrete notato che il suffisso “Atman” permane in entrambi i termini, mentre cambia solo il prefisso. Da ciò si intuisce l’identità fra le due espressioni.

L’anima individuale quindi è la “coscienza personale” che illumina la particolare forma, non essendo però diversa nella sua natura dalla Coscienza Universale, che viene definita anche Ishwara o Dio. Allo stesso tempo questa suddivisione in Dio, Anima e Mondo è solo funzionale alla manifestazione, che si svolge nell’ambito dello spazio-tempo, in realtà esiste solo una pura ed assoluta consapevolezza non duale e priva di ogni empiricità, essendo Unica e quindi non osservabile né conoscibile. Questa consapevolezza è lo Spirito.

Allorché questa pura Consapevolezza si riflette in se stessa, come moto spontaneo della sua natura, sorge l’“Io”. Da questa prima illuminazione nasce poi la sembianza “Io sono” (Dio è definito nella Bibbia “I Am That I am”) e dall’”Io sono” deriva l’identificazione “Io sono questo” (ovvero lo specifico nome e forma).

Da questo processo ne consegue un’osservazione e riflessione a tutto campo delle variegate espressioni vitali (viene posta in atto la creazione e la molteplicità degli esseri).

Avrete però intuito che l’identità indivisa dell’Essere unico, lo Spirito, non perde le sue caratteristiche pur rivestendosi di un’ipotetica illusione separativa, utile ai fini della manifestazione.

Insomma il puro ed assoluto “Io” non duale è sempre presente, in forma immanente e trascendente, in ogni cosa ed in ogni aspetto della coscienza manifesta. Nella materia bruta è latente (”in fieri”) e nella coscienza universale ed individuale è l’aspetto illuminante della consapevolezza.

Il compimento del destino globale, inscindibile nell’insieme, è presente nella summa di tutti i fotogrammi possibili (ed impossibili) delle infinite forme e nomi (che nascono e muoiono in continuazione) e che sono le varianti del decuplo aspetto dell’illusione (la Creazione stessa).  Essendo questi i dieci aspetti: coscienza ed energia; le tre qualità: armonia, moto, inerzia; i cinque elementi sottili e materiali (Etere, Aria, Fuoco, Acqua, Terra).

Occorre però capire che tutto questa descrizione in corso appartiene comunque al modo manifestativo, per cui rientra in una conoscenza relativa e dualistica. Non può essere perciò considerata “Conoscenza” spirituale, che è aldilà di ogni descrizione possibile essendo pura esperienza diretta del Sé, ma serve ad accontentare l’anima, o mente speculativa, che sente il bisogno di ragionamenti sottili per poter alfine decidere di sottomettersi al Potere Superiore del Sé.

Non che la sua sottomissione sia necesaria alla realtà già in atto, nel senso che diviene operativa attraverso una specifica “scelta”…. meglio infatti sarebbe dire che tale sottomissione corrisponde al riconoscimento della propria identità originaria ed alla rinunzia dell’illusione separativa.

Nel percorso apparente che l’anima compie verso il ritorno a casa (dalla quale non si è mai allontanata se non nella considerazione speculare dualistica) essa attraversa il mondo infernale dell’identità con le forze egoiche e materiali più dense, il mondo umano delle emozioni e dei sentimenti ed il mondo paradisiaco del compimento del bene e dell’amore. Queste chiaramente sono tappe intermedie, trappole della coscienza duale per mantenere l’anima avvinghiata all’illusione separativa, parte del gioco che “imprigiona” ciò che mai può essere imprigionato.

Per cui l’anima sembra dover scegliere attraverso le esperienze di vita e di coscienza che l’attendono come portare a compimento questo percorso.

Ed a questo punto debbo riferire anche dell’esperienza diretta del Sé, che ognuno di noi può avere nel momento opportuno, in cui si ha la piena consapevolezza della propria natura originaria, dell’identità nello Spirito eternamente libero, e tale esperienza è uno degli aspetti che aiutano infine l’anima a rinunciare alla sua illusoria identità separata. Corrisponde al momento in cui la maturazione dell’anima è vicina al superamento dei vincoli infernali, mondani e religiosi e si manifesta sotto forma di “Grazia” del maestro interiore, dello Spirito che è la sola ed unica verità.

Ed a questo punto ogni discorso tace.

Paolo D’Arpini

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Commento di Nazzarena Marchegiani: "Complimenti Paolo! bell'articolo, belle riflessioni, ma, soprattutto bella conquista... la 'Grazia'... un istante di consapevolezza del 'senso' di...Tutto. Ma mantenere lo 'stato di Grazia' è possibile?"

Risposta: ‎"La divina energia (Shakti) una volta risvegliata lavora incessantemente e permanentemente nel discepolo. Questa è l'Energia che sempre cresce, che sempre più manifesta la sua gloria. Energia divina è solo un altro nome per Volontà divina. Così meravigliosa è questa Energia che è perfetta in ogni sua parte come nella sua interezza. Una volta che la Coscienza è stata risvegliata gli effetti della Grazia si manifestano sino al compimento finale della totale liberazione." (Swami Muktananda in risposta alla domanda: “L'effetto di Shaktipat è temporaneo o permanente?”)


Destino e libero arbitrio – Scrive Sara Laurencig: “Buongiorno Paolo ho letto il tuo articolo su destino e libero arbitrio. Vorrei fare una precisazione: Dio dice "io sono quel che sono" che è molto diverso da "io sono questo...." Il messaggio Suo è un indizio per l'anima che necessita di conoscerlo, non un identificazione in qualcosa... che non sarebbe possibile”

Mia rispostina: “Cara Sara, la traduzione italiana da te riportata non e corretta, il testo dice "I Am That I Am" che significa tradotto letteralmente "Io sono quell'Io sono" - Il che indica molto chiaramente la natura del Sé”

Scrive Ale Russo: “Grazie Paolo, hai risposto anche a me. A volte mi capita di risvegliarmi in quel centro in cui non si ha bisogno più di nulla, nemmeno dei Maestri. Si è e basta. Ricordo di non avere nome, di non avere corpo, di essere l'universo e più in là, di non essere nemmeno questo, ma solo pensiero e gioia. In comunione con Dio, ricordo la mia natura divina. Ma poi, ritorno nell'apparente dualità. Un ruscello di conoscenza continua a scorrere in me, notte e giorno. Spoglio maya dai suoi veli come sfogliassi un libro, lasciandomi trasportare dalla corrente dei miei liberi pensieri. Se solo l'uomo riuscisse ad essere meno complicato e più tollerante, la felicità si diffonderebbe a macchia d'olio, in breve tempo, su tutto il pianeta”

Scrive Caterina: “Fose non si sposta l'asse dal pre-giudizio all'esperienza perchè l'esperienza non sempre gratifica come il pregiudizio...”

Mia Rispostina: “Quando dici "io" è evidente che ti riferisci alla coscienza. Quindi perché ritenere che una aggregazione di pensieri, tendenze e memorie possa essere sede di identità.. per se stessi e per gli altri? Quando si innesca il meccanismo pregiudiziale, noi riteniamo di "conoscere" per mezzo della memoria e dell'esperienza passata. Ma questa conclusione è fallace.. è soltanto una illazione. Se noi non possiamo essere una aggregazione di pensieri parole, tendenze e meccanismi come possiamo ritenere che lo siano gli altri? Perciò il pre-giudizio è una proiezione mentale.. mentre l'osservazione distaccata, testimoniale, consente di percepire le risposte da ognuno date come consequenziali ad un insieme di fatti, in cui l'agente e le azioni stesse sono da considerare un tutt'uno. E le corrispondenze che si creano appartengono al dominio delle risposte contingenziali richieste dalla situazione vissuta. Ma questo non ha nulla a che vedere con "l'identità" della persona. Perciò giudicare la persona sulla base delle azioni compiute, responsabilizzandola o rendendole merito, è un meccanismo appropriativo della mente. Per questo nell'articolo facevo riferimento al Libro dei Mutamenti in cui vengono esaminate le diverse possibili manifestazioni, legate agli aspetti caratteriali e ambientali in cui la persona si trova... Insomma la lucidità nell'auto-osservazione consente di non giudicare gli altri secondo i metri mentali del buono cattivo ed allo stesso tempo non impedisce, anzi agevola, la giusta risposta alle condizioni in cui ci si trova.. Non più costretti da metri di giudizio comportamentale...”

Obiezione di Caterina: “Sono d'accordo, a parole, finchè le tendenze mentali mi opprimono e mi accompagneranno farò avanti e indrè, come quando uno prende la rincorsa per spiccare il volo a volte si cade e si deve ricominciare da capo ma con maggiore consapevolezza della propria energia e dopo aver visto cosa c'è al di lò del muro. Intanto dico: questo é buono, questo é cattivo, io sono brava, io sono asina..."

Mia replica: “La capacità di discernimento non deve trasformarsi in identificazione. Ovvero i pensieri non rappresentano l'identità. La coscienza/dio, l'Io, quindi non risiede nel contenuto, che è il riflesso mentale, ma nella pura Consapevolezza priva di attributi che consente ogni manifestazione”

martedì 11 ottobre 2011

Una considerazione laica sulla spiritualità, in qualsiasi condizione umana ci si trovi

Paolo D'Arpini con una parte della sua famiglia, sui gradini della chiesa di Calcata


Ancora una volta mi sono interrogato sull'attuazione di una spiritualità laica e di come essa possa influire sulla nostra vita quotidiana, soprattutto in considerazione che oggigiorno la nostra vita nel mondo deve corrispondere ad esigenze di efficienza e di partecipazione, in quanto nella società non sono più accettate forme di “assenza” che siano specificatamente dirette alla ricerca spirituale. Questo soprattutto nella consapevolezza che la spiritualità laicità non può essere inserita in alcun filone “religioso” e quindi un “convento per i laici” (come lo definiva Antonello Palieri) è di là da venire... Esistono solo comunità ed aggregazioni per cristiani, maomettani, buddisti.. insomma per gli “impegnati” nelle religioni, e basta!

Tutto sommato ritengo che per noi laici la vita “nel mondo” sia più congeniale, anche perché la nostra ricerca non esula mai dal sé.. ed il sé è presente ovunque ed in ogni tempo... Ed ecco le mie riflessioni notturne su questo tema.

L'io individuale (ego) sorge dal riflesso della coscienza nello specchio della mente. Una sovrimposizione identificativa con l'oggetto osservato. L'oggetto è il corpo-mente che reagisce in relazione (al contatto) con gli altri oggetti esterni.

Il momento che, nell'autoconoscenza, l'identità fittizia con l'agente scompare quel che resta è la pura consapevolezza del Sé. Non è perciò necessario, al fine della realizzazione, che le immagini -il mondo e l'osservatore- scompaiano, è sufficiente che la falsa identità con l'oggetto/soggetto riflesso (ego) scompaia. Ciò significa che il mondo può tranquillamente continuare a manifestarsi non essendo percepito come realtà separata, più o meno come potrebbe esserlo un sogno rispetto al sognatore. A questo punto il Sé e la sua manifestazione sono visti come la stessa identica cosa mentre il senso dell'io separativo (del me e dell'altro) viene obliterato. In fondo il dualismo è soltanto ignoranza di sé.

Il saggio osserva le azioni svolgersi senza che vi sia alcuna propensione o intenzione o giudizio in lui. Spontaneamente ogni cosa avviene confacentemente e conseguentemente al “destino” designato. Il destino è la risposta alla naturale interazione (e predisposizione) dei vari elementi coinvolti... Siccome tutto succede automaticamente non vi è alcuna “preferenza” nell'agire del saggio. Anzi il suo stesso agire è (apparentemente) intenzionale solo agli occhi degli “altri”, giacché per il saggio ogni cosa accade di per sé. Ogni evento vissuto accade semplicemente in sua presenza e lui ne è il testimone silenzioso e distaccato. Il suo agire (o stato) può essere paragonato al sonnambulismo, od al sonno da sveglio.

Ed inoltre anche il concetto di “destino” e di azione ha un senso unicamente nella mente dell'osservatore ancora identificato con l'esterno, ovvero di un ego che si identifica con l'agente e con le sue azioni. Ma il momento -come già detto- che tale identificazione è distrutta ogni altro concetto collegato scompare.

La saggezza consiste nel rimanere immune dalla illusione dopo aver compresa la verità. La paura dell'agire e delle sue conseguenze (karma) permane solo in chi vede la pur minima differenza fra sé e l'altro. Finché esiste l'idea che il corpo/mente è l'io non si può essere espressione di verità.

Ma certamente è possibile per chiunque, ed in ogni condizione, conoscere la propria vera natura poiché essa è assolutamente vera e reale, è l'unicum per ognuno. Infatti lo stato di puro Essere è comune a tutti ed è la diretta esperienza di ciascuno. Vivere la propria vera natura questo si intende per auto-realizzazione, poiché il sé è presente qui ed ora.

Il pensiero di sentirsi separati è il solo ostacolo alla realizzazione dell'Essere onnipervadente ed onnipresente. E pure dal punto di vista empirico identificarsi con l'agente (ego) è un impedimento al buon funzionamento dell'apparato psicosomatico, nel contesto del funzionamento globale . Per cui già l'accettazione intellettuale della verità è una forma liberatoria dalla propensione intenzionale (razionale) ad agire. Ciò che è destinato ad accadere accadrà.

E' nell'esperienza di ognuno che arrovellarsi nella domanda è un handicap a trovare la risposta.

Paolo D'Arpini



Testimonianze:

Sia che continuiate a vivere in famiglia o che vi rinunciate e andiate a vivere in una foresta, la vostra mente vi perseguiterà. L'ego è la fonte dei pensieri. Esso crea il corpo e il mondo e vi fa pensare di essere un grihasta (mondano). Se rinuncerete al mondo non farete altro che sostituire il pensiero di sannyasi (rinunciante) a quello di grihasta e l'ambiente di foresta all'ambiente della famiglia. Gli ostacoli mentali però resteranno lì, anzi, in un nuovo ambiente persino aumenteranno. Non serve a nulla cambiare ambiente. L'ostacolo è nella mente, che deve essere “compresa” sia a casa che nella foresta. Se potete farlo in una foresta, perché non nella società? Allora perché cambiare ambiente? Potete impegnarvi nella ricerca anche adesso, in qualunque ambiente vi troviate." (Ramana Maharshi)

...

Ogni sentiero porta all'irrealtà. I sentieri sono creazioni coll'intento di trasmettere una conoscenza. Perciò i sentieri e i movimenti (religioni) non possono condurre alla Realtà poiché la loro funzione è di coinvolgerti nella dimensione dell'apprendimento, mentre la realtà viene prima di questo. (L'Ultima Medicina di Nisargadatta Maharaj)

Commento: Indipendentemente dall'incontrarvi un maestro o no ogni sentiero è valido solo per la mente. Secondo la mia esperienza il rapporto con un maestro non ha lo scopo della trasmissione di qualsivoglia dottrina o insegnamento spirituale bensì di percepire il "tocco" o "profumo" della sua realizzazione. Le sue parole sono solo un sotterfugio per trasmettere la sua "grazia" (non c'è altra parola più pertinente ed appropriata)... trascorrendo il tempo nella sua "presenza"... (P. D'A.)


martedì 30 agosto 2011

Treia e quel forte vento autunnale che allontana ed avvicina... Stefano Andreoli




Caro Saul,

il mio viaggio estivo è giunto al termine, e non mi resta oramai che volgere lo sguardo all'autunno delle foglie e del mio vagare, dato che mi aspetterà un altro anno di fuoco ove frequenti saranno i momenti di vero delirio.

Ho pensato molto al nostro incontro, è stato qualcosa di sempre presente in me durante questi ultimi giorni di libertà. E' stato tutto molto, molto anomalo: spesso le esperienze che intraprendo mi arricchiscono sì, ma aggiungono solo un pò di saturazione al colore senza cambiarne mai la tonalità, mentre in quella notte non sono riuscito a chiuder occhio da tanto che avevo il cervello occupato e ancora in costante lavorazione come quello di un filosofo ammattito. Che vuoi farci, io sono uno che quando con la mente (anche se è solo uno scarno specchio dell'Essere) riesce ad intravedere quello spiraglio che si affaccia alla Verità, che riesce ad oltrepassare la facciata con l'intuito, allora la fa sua e la interiorizza tutta d'un fiato come dopo aver fatto una grande scoperta.

E i discorsi sull'Essere in sé privo di ogni maschera o velo di Maya, l'imparare ad andare oltre l'imitazione dei grandi modelli e la grande fedeltà alla Verità che si rivela con la "famigerata e maledetta Grazia", penso che mi abbiano fatto raggiungere un tale livello di libertà a cui difficilmente sarei arrivato da solo e che in più ho avuto la fortuna di vedere e incontrare con i miei occhi nella tua vita passata e in quella che stai conducendo attualmente.

Tutto ciò incuriosisce e fomenta ancor più il mio anelito alla Ricerca, ovviamente verso quella che noi chiamiamo Verità.
Chevvuoichetidica, sarà stato l'ambiente magico di Treia che mi ha ricordato un pò quei paesini medievali sperduti nella Toscana in stile boccaccesco, intrisi di una bellezza antica e solenne; sarà stata quella casa grandiosa e iperspaziosa con quegli affreschi rinascimentali e quei bei soffitti alti, che invece d'opprimere lasciano spazio ai pensieri e alla vita. Sei stato tu, che (dopo aver sorpassati quegli enormi scogli meramente linguistici che nascono con l'incontro bizzarro tra un mistico di stampo orientale e un futuro psicologo filosofeggiante di stampo prettamente occidentale), mi hai accolto con la bontà di un padre, la preziosa frugalità di un monaco, la saggezza di un guru e, come dici tu, con la semplice ma autentica condivisione dell'Esserci, della tua Presenza.

Insomma, tornando alla terra, grazie di cuore, ma grazie davvero, mai e poi mai avrei pensato di stare così bene lì a parlare e condividere il tempo assieme, è significato molto per me e per il mio percorso personale di crescita. Colgo dunque la ghiotta occasione per annunciarti a questo punto:
1) che al fine di ricaricarmi lo spirito e di ritornare alle cose importanti dopo tante ore su aridi libri o su inutili lavori che mi aspetteranno, mi piacerebbe molto venirti a trovare ogni tanto e condividere assieme quello che può essere una vita di semplicità, vegetarismo, meditazione e confronto.
2) che sarò ben lieto di affiancarti nel blog la rete delle reti o in altri tuoi lavori, e, anche se con una frequenza non oltre il mensile, di intervenire con qualche articolo ben meditato.
3) che avrò necessariamente bisogno anche del tuo aiuto per quel progetto di gruppo di cui ti ho accennato per creare un Circolo (magari "dei cercatori", come quello che fece Gurdjieff a suo tempo) e perché no, magari organizzare attività tutti assieme un po' da me e un po' da te.

Ma il lavoro è lungo e ancora tutto da svolgere, il tempo sarà rosicato e bisogna ancora iniziare. Speriamo di farcela. Intanto un forte abbraccio a te e a Caterina che ha reso possibile tutto ciò e che può venirmi a trovare quando vuole nel mio "sottosuolo" autunnale.

A prestooooooo

Stefano Andreoli

“La verità è simile a Dio: non si rivela direttamente; dobbiamo indovinarla dalle sue manifestazioni” (Goethe)

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Risposta di Saul Arpino

Evoè, Stefano, evoè! La fila di oo finali nel presto... non lo rende più prossimo. Anzi, forse lo allontana, perché crea aspettativa. Una delle cose, poche invero, che mi disse il saggio Nisargadatta Maharaj (di cui ti consiglio di leggere Io Sono Quello), fu: "Non esiste il domani, c'è solo l'adesso". Una verità talmente ovvia che è nell'esperienza di ognuno ma nessuno ne tiene conto, tanto siamo protesi verso il futuro (rielaborando i ricordi in funzione di un ipotetico miglioramento nel tempo). Fermarsi nell'adesso è "realizzazione" e siccome già ci siamo.. non è qualcosa che possiamo "ottenere". E così il discorso intrapreso a Treia si conclude... e Tu Sei Quello.

Nel cinema della mente verranno proiettati ancora fotogrammi di vita vissuta, assieme, da soli, avventure, silenzi, chiacchiere... lasciamo svolgersi il tutto mentre la pellicola gira e ci porta la consuetudine del conosciuto.

Bene, son contento, mi sembra che il nostro dialogo sia fiorito.... L'intelligenza quando è molto ricettiva assume forme meravigliose, come cristalli di neve benedetta.

Buona permanenza in te stesso... Saul

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Risposta di Caterina Regazzi

Grazie a te, carom Stefano, per aver preso Treia e Paolo come tappa del tuo viaggio, mi fa piacere che ti sia trovato bene per tutto, quella casa rappresenta buona parte della mia vita e di vite "altre" che sono le mie origini e non me ne staccherei mai. Ora che Paolo la vive, è un po' come se l'avesse fatta resuscitare, un corpo-casa boccheggiante e asfittico, finalmente rianimato. Anche tu passando di là, ci avrai lasciato un po' della tua energia, della tua giovinezza, del tuo spirito.
Ciao, Caterina