Il nome Groenlandia non è casuale: tradotto significa, infatti, “terra verde”. Fu per via di un’ondata di caldo anomalo che interessò l’emisfero boreale fra l’anno Mille e il Trecento. Le stagioni impazzirono e le estati duravano fino a cinque mesi. Poi il clima cambiò repentinamente e fra il 1450 e il 1850 si entrò in una nuova fase detta Piccola Età Glaciale. Ora, secondo gli esperti, staremmo tornando a vivere un processo analogo a quello che consentì alla Groenlandia di coprirsi di verde e ai vichinghi di raggiungere le coste del Nord America, secoli prima l’arrivo di Cristoforo Colombo.
Eric Post è un professore dell’Università della California a Davis. E su Biology Letters ha appena divulgato il suo ultimo studio nel quale rende noto che la primavera, in Groenlandia, arriva con quasi un mese di anticipo. Post lavora nella “terra verde” da dodici anni, ai confini del ghiacciaio Russell, a 250 chilometri dal mare. Dice che non si sarebbe mai aspettato un mutamento del clima così repentino. Secondo lo scienziato i fiori sono sbocciati con ventisei giorni di anticipo rispetto a dieci anni fa. Il riferimento è un genere particolare, molto resistente, nominato carice, della famiglia delle piperacee. È simile alle graminacee e cresce bene anche in condizioni estreme.
La Groenlandia tornerà a essere verde? Sembrerebbe essere questa la tendenza. In contemporanea a un arretramento notevole dei ghiacci, segnalato al Polo Nord, ma anche al Polo Sud. Un fenomeno circoscritto alle alte latitudini? Non proprio. Il Servizio Geologico americano (Usgs) rivela che la primavera è arrivata in anticipo anche a Washington, in Usa; ventidue giorni prima del solito. C’è chi gioisce nel sapere che anche dove dominano freddo e oscurità si potrà presto vivere comodamente; ma potrebbero esserci gravi ripercussioni di natura biologica.
Si teme per la sorte di molti animali. Che seguono l’andamento della luce solare e si spostano in relazione alla durata del giorno e della notte (che non dipendono necessariamente dagli eventi atmosferici). Di questo passo finiranno per subire l’incertezza delle stagioni, e la compromissione dei loro piani alimentari e riproduttivi. Si è visto che i caribù quando giungono nei luoghi dove sono soliti trascorrere l’estate, si trovano a pascolare su radure già “invecchiate”. Circostanza che ha già provocato una diminuzione delle nascite. E potrebbe essere solo l’inizio.
Gianluca Grossi
Vero, e c'è un altro particolare che potrebbe togliere ogni dubbio, la temperatura degi oceani da diversi anni a questa parte è sempre aumentata e niente come questo dato, testimonia l'innalzamento della temperatura del pianeta. Tanto che la marina militare americana, cioè una delle più grandi potenze marittime del pianeta, ha deciso, ormai già da diversi anni, di elaborare un sistema di previsione meteorologico tutto suo. Esiste un sistema di previsioni meteorologiche a lungo raggio, del quale si servono le potenze miitari di molti stati (gli serve per fare previsioni nel caso debbano attaccare qualche paese nemico o per simulare attacchi), questo sistema è stato elaborato più di 35 anni fa e non risponde più alle condizioni ambientali attuali, per questo la marina americana l'ha mollato. 35 anni fa non c'erano 7 miliardi di persone sulla terra, l'inquinamento era assai più moderato, i ritmi di vita un p'ò più calmi rispetto ad oggi, due catastrofi nucleari in meno ( Cernobyl e Fukushima), diverse guerre ancora dovevano scoppiare e c'era molto meno uranio impoverito nell'aria... e chissà quant'altro che non si conosce o non si ricorda.... E c'è un altro tipo di clima che è profondamente cambiato: hai presente quando si dice in quel paese regna un clima di violenza, o di terrore... questo è il clima che è profonadmente cambiato ma non è di terrore o di violenza, peggio, c'è un clima di caos, di disorientamento, di confusione... Come possiamo pretendere che il nostro pianeta Terra, che ci contiene e del quale siamo, insieme agli altri regni, l'espressione vitale, non modifichi anche lei il suo clima, per continuare ad ospitare vita
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