venerdì 31 ottobre 2025

USA. Il "destino manifesto" affonda?

 


Piccola ipotesi indirettamente proporzionale all’eventualità: burevestnik

Atto 0 – Premessa

L’emozione statunitense detta Destino manifesto impone ai suoi coinvolti una psicologia da crociata. L’intento di diffondere nel mondo il proprio modello socio-economico considerato il migliore in assoluto per l’individuo, per la società e per l’economia, può essere riconosciuto come matrice della politica interna ed estera prima e della geopolitica poi.

Un intento fondamentalisticamente puritano all’origine che, nel tempo, è evoluto in volontà di egemonia, perdendo con la muta lo spirito morale per acquisire quello cinico. In sostanza, God bless America, in voga ancora oggi, non è che una patina adatta a nascondere le pretese di potentati plutocratici finanziari, tecnologici, industriali, sempre taciuti e per molti occulti, con i quali, chi più, chi meno, i presidenti degli Stati Uniti devono fare i conti per restare in sella. Non rispettarne il potere è mancare al primo comandamento della religione egemonica, uno sgarbo grave che può costare loro la vita.


Atto I – Lungimiranza

Verso l’epilogo della Seconda guerra mondiale, gli argonauti di Jalta (1945) scomposero e ricomposero il mondo a proprio gusto, diritto ed equilibrio.

Quell’evento aveva offerto agli statisti statunitensi l’opportunità per implementare la forza del proprio potere militare, economico e di comunicazione. Infatti, due anni più tardi, la lungimiranza del Piano Marshall (1947) avrebbe permesso loro di estendere virtualmente il proprio territorio all’Europa occidentale intera.

Gli aiuti economici per la ricostruzione legavano economicamente e sentimentalmente buona parte del Vecchio continente agli Stati Uniti. Un amore, ancora oggi, irrinunciabile per molti nostalgici e un giogo condivisibile per presunto interesse da parte di progressisti e conservatori d’Italia, tanto per impiegare termini obsoleti che andrebbero sostituiti e unificati con filoamericani, abiuranti di sovranità, ripudianti d’indipendenza. Un declino che questi considerano intelligente nonostante i tamburi di guerra che echeggiano da tempo e sempre più vicini.


Atto II – Preda

Ma gli aiuti agli alleati europei del Blocco Atlantico erano un cavallo di Troia per scongiurare l’eventualità, seppur lontana, ma pur sempre da considerare, di restare soli in mezzo al mare, in possibili balie di tempeste d’oltre oceano. Un timore vivido, a causa della neo-potenza sovietica e della nascita del Patto di Varsavia (1955), contraltare della creazione della Nato (1951).

Non era opportuno sottovalutare l’eventualità di soccombere militarmente al nuovo blocco orientale, con il quale, dopo la riunione in Crimea, si sarebbe dovuto fare i conti. La competizione per la conquista dello spazio, la corsa agli armamenti, gli scudi satellitari, l’implementazione delle armi nucleari prima e tecnologico-digitali poi, il filone hackeraggio, intelligenza artificiale inclusa.

Se il destino manifesto aveva animato la politica statunitense nei confronti di un mondo impreparato a quella modalità pragmatico-mercantile di rapportarsi, dal termine della Seconda guerra il campo mondiale non era più indifeso e in discesa. L’imperialismo dell’Unione Sovietica e i paesi che controllava, avrebbero potuto prendere il sopravvento e ridurre gli Stati Uniti e l’America settentrionale terra di conquista o costretta all’autarchia.


La Guerra di Corea e quella del Vietnam, insieme a numerose altre azioni e politiche, solitamente e giustamente considerate quali interventi di accerchiamento dell’Urss, contenimento dei paesi filosovietici e filo comunisti, estensione del controllo politico e installazione di basi militari – Giappone e non solo incluso – non sono solitamente concepiti anche nella prospettiva di esorcizzazione del rischio di autarchia nord-americana.


Atto III – Sorpresa

Il collasso dell’Unione Sovietica (1991), con la conseguente indipendenza e diritto all’autodeterminazione dei paesi che la costituivano, aveva resuscitato il pensiero di un definitivo dominio mondiale per gli Usa.

Nonostante la strada spianata, nonostante le primavere arabe e quelle colorate e il sostegno agli islamisti, tutto a regia statunitense, per allungare definitivamente i propri tentacoli intorno al globo, la storia rilasciava la sua nuova sorpresa. Putin riusciva prima a tenere insieme la Confederazione, nonostante El’cin e la relativa svendita dei beni statali e la conseguente creazione di potenti oligarchi spiritualmente antirussi e filoamericani e poi realizzava una ripresa economica sufficiente a non sottostare ai diktat d’oltre oceano.


Di diversa natura ma di pari eccezionalità, una grande educazione popolare e un costo del lavoro considerevolmente inferiore a quello occidentale, permettevano l’avvento della Cina sul teatro geoeconomico e geopolitico.


Atto IV – Mastice scaduto

E siamo alla guerra Ucraina e a quella Israeliana, ancora una volta necessarie a ridurre il rischio di trovarsi soli in mezzo al mare, per non dire schiavi. L’Ucraina quale ultimo tentativo di scalzare Putin e smembrare la Confederazione russa, lo sterminio palestinese per attestare un proprio pari in un’area altrimenti nemica, nonché presenza mediterranea e quindi italiana, terra a stivale quale vedetta di controllo, garitta di protezione e rampa di lancio per ogni futura necessità.

Un rischio autarchia che, per essere sventato, tra tutto richiede proprio la guerra e la sua industria che solo se produttiva permette agli Stati Uniti buona parte del galleggiamento internazionale, nonostante la navigazione nelle acque abissali del suo debito pubblico. Ma anche nazionale, visto il crescente ribollire bellico-civile, per il quale il mastice del God bless America e dell’America first potrebbero non bastare più.


Atto V – Poli, non polli

E siamo ai Brics, ultimo colpo di teatro della vicenda geopolitica, creazione per ora su un’idea precisa e pochi fatti, a parole fondata sulla collaborazione internazionale e sul rispetto reciproco, al fine di una pace commerciale capace di emanciparsi dalla necessità delle armi.


Si tratta di una filosofia potenzialmente traumatica per l’identità e la psicologia statunitense, abituata ad identificarsi con la forza del messaggero celeste prima e con la necessità della guerra poi. Dunque tutto un rampicante da seguire nelle volute che il futuro ci mostrerà.

Tuttavia nonostante l’incertezza degli sviluppi geopolitici, le pretese dello stato profondo e i conigli sempre saltellanti nel cilindro della storia, l’epoca trumpiana, più che mai direi quasi confucianamente pragmatica e animata dall’America first, potrebbe essere la giusta ricetta galenica per tenere a bada un mal di testa americano altrimenti esplosivo.


Atto ipotetico – Il mare intorno

L’abbandono da parte statunitense e, giocoforza della Nato a propria – diretta o indiretta – guida, dell’Unione Europea meticciata UK in merito alla guerra ucraina potrebbe essere un segnale a favore di questa ipotesi di disponibilità di spartizione del mondo di matrice Brics.

O di paura? Perché non chiederselo? Cina e Russia affiancati da Pakistan, India, Brasile e altri paesi a questi sodali, avrebbero molte ragioni di vendetta per lasciare solo il Nord America con il mare intorno.



Lorenzo Merlo


giovedì 30 ottobre 2025

Milano Cortina 2026... e la devastazione del Nordest...

 


… per i Giochi che devastano le montagne. Nel Nordest un’opera su quattro non sarà pronta per l’inizio del grande evento nonostante il budget quadruplicato.

Non si capisce ancora bene dove saranno premiati gli atleti vincitori dei Giochi olimpici invernali di Milano Cortina 2026. In particolare quelli di discipline come sci alpino, sci di fondo, bob, skeleton, slittino, curling, salto, combinata che si disputano tra Cortina, Trento, Bolzano e zone limitrofe. Dovevano essere premiati nella nuova Piazza delle Medaglie, da erigersi ai piedi del vecchio trampolino delle Olimpiadi invernali di Cortina 1956.

Chiuso più volte, definitivamente nel 1990, quel trampolino era uno dei simboli più noti dei tanti mostri costruiti per i grandi eventi sportivi e poi abbandonati. Ferite di cemento che fanno sanguinare le montagne e deturpano il paesaggio. Come quelle che ancora si trovano nelle montagne piemontesi dopo i Giochi olimpici invernali di Torino 2006. Ma la Piazza delle Medaglie non ci sarà.

Milano Cortina 2026: nel Nordest un’opera su quattro non sarà pronta

Come racconta il Gazzettino, infatti, la Piazza delle Medaglie di Cortina non sarà pronta in tempo per i Giochi di Milano Cortina 2026. Questo ennesimo tentativo postmoderno di trasformare un vecchio mostro architettonico in una nuova opera inutile forse vedrà la luce a primavera. Forse in estate. Quando non avrà più senso di esistere. E si trasforma in un nuovo simbolo dei grandi eventi sportivi, quello delle opere mai finite. O che saranno terminate fuori tempo massimo. Questo nonostante i Giochi di Milano Cortina 2026 siano stati assegnati dal Cio il 24 giugno 2019. Più di sei anni fa.

Secondo il Corriere del Veneto, in generale nel Nordest un’opera su quattro non sarà conclusa in tempo. Sette su venticinque non saranno pronte entro la data d’avvio. Mentre quattro di quelle concluse in tempo lo saranno solo parzialmente. In attesa di capire se la famigerata pista di bob di Cortinadi cui abbiamo ampiamente scritto su Valori, sarà davvero pronta per il 5 novembre. E lo sarà o meno con costi più che raddoppiati a 118 milioni di euro, rispetto al budget iniziale di 47 milioni poi aumentato a 85 milioni. Di sicuro non sarà conclusa la maggior parte delle opere stradali. E le decine di cantieri aperti per altre opere inutili, tra memoriali e foresterie.

Nonostante il governo Meloni continui a versare soldi: anche quelli destinati alle vittime di mafia

E pensare che proprio il vecchio trampolino di Cortina era stato definito dal governatore Luca Zaia come «simbolo iconico della tradizione sportiva veneta». Forse accettando proprio l’idea che i simboli iconici dei grandi eventi sportivi sono proprio le opere mai finite o abbandonate. Al di là delle opere che non saranno mai concluse, resta ovviamente il problema dei costi. Il budget iniziale di 1,4 miliardi di euro previsto nel dossier di candidatura di Milano Cortina 2026 è oramai salito a oltre 6 miliardi. Quasi tutti fondi pubblici, ovviamente. Ma non è finita qui.

In estate la Fondazione Milano Cortina ha presentato i bilanci. Perdita di 30 milioni di euro, deficit salito a oltre 150 milioni. E debiti per oltre 340 milioni. Il tutto nonostante i 300 milioni promessi a luglio dal governo attraverso il decreto Sport varato in tutta fretta per coprire gli enormi buchi delle Paralimpiadi. E degli enormi problemi di trasparenza e possibili infiltrazioni mafiose per cui rimandiamo al report Open Olympics 2026, redatto da Libera e altre associazioni.

E chissà, forse proprio per ovviare al problema delle possibili infiltrazioni mafiose, il governo Meloni ha compiuto un involontario capolavoro del ridicolo. Secondo l’inchiesta di Libera, infatti, altri 43 milioni sono stati sottratti al fondo per le vittime di usura e distorsione mafiosa e dirottati proprio ai Giochi di Milano Cortina 2026. Benvenuti alle «Olimpiadi più sostenibili di sempre». Che si alzi il sipario. Ah no, non è ancora pronto…

 Luca Pisapia (*)


(*) Link all’articolo originale: https://valori.it/milano-cortina-2026-cantieri/

Fonte secondaria: https://www.labottegadelbarbieri.org/milano-cortina-2026-cantieri-in-alto-mare/

mercoledì 29 ottobre 2025

Potenza Picena ed il pericoloso radar NATO...


Risultati immagini per Potenza Picena radar NATO
 Potenza Picena (MC). Centro radar USA con copertura NATO.

Tra le basi NATO "ufficiali" presenti sul suolo italiano risulta anche il potente Radar di Potenza Picena, in provincia di Macerata. Di questo argomento ne abbiamo parlato in diversi articoli nel corso del tempo, non soltanto per il rischio che pone l'esistenza di questa struttura militare nella nostra Regione,  in caso di conflitto diretto con la Russia (o qualsiasi altro "nemico"), ma anche e direi "soprattutto"  per i danni che tale pericoloso impianto procura, con le sue emanazioni venefiche, alla popolazione, in primis quella di Potenza Picena direttamente sottoposta alle radiazioni ma anche agli abitanti dei paesi limitrofi. 

Tempo addietro, qui a Treia, ne parlavo con una persona informata sui fatti, la quale mi ha confermato non solo la pericolosità  di questo radar ma anche il rischio  rappresentato, in caso di conflitto,  dalla raffineria di Falconara e dalla base militare "segreta" del Monte Conero. Insomma la presenza di strutture NATO nella Regione Marche potrebbe in vari modi causare gravi danni alla comunità. Quello che lascia perplessi è il silenzio che i media "ufficiali" e le amministrazioni locali mantengono su questo tema scabroso... 

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana



Articolo collegato: 
Sos Marche - “Aiutateci a non morire. Siamo assediati da un nemico invisibile e silenzioso: un super radar militare che uccide lentamente con i suoi impulsi a microonde”. 
La provincia di Macerata, in particolare Potenza Picena, registra un macabro primato italiano: un numero record di tumori, morbo di Crohn, ictus, cardiopatie ischemiche, suicidi, interruzioni di gravidanza, sterilità maschile, nascita di bambini con patologie congenite, convulsioni senza febbre, sclerosi, cataratte e disturbi psicosomatici.
Mentre l’Aeronautica si trincera dietro il segreto militare, Giovannella Maggini Mazzarella, insegnante in pensione, ha raccolto le prove del disastro. 
Una vicenda che un membro della New York Academy of Sciences, Gianfranco Valsè Pantellini, ha definito “la strage degli innocenti”. I radar militari operano in deroga alle normative di protezione sanitaria ed ambientale, nonostante i rapporti scientifici dell’Istituto Superiore di Sanità che 30 anni fa segnalavano i pericoli. Uno studioso italiano, il dottor Franco Sarto, già nel 1978 aveva documentato danni al Dna, esaminando il caso di numero radaristi militari. Tant’è che il Ministero della Difesa da allora ha inibito al medico di proseguire le sue ricerche cliniche.
Nel 1982 la Circolare 69 del Ministero della Sanità avverte che «quelle dei radar sono le sorgenti elettromagnetiche più pericolose per l’organismo umano». In barba al principio di precauzione, lo Stato non prende alcuna contromisura. «Il numero dei radar attualmente impiegati è elevato ed in continuo aumento» prosegue il documento ministeriale «Non sono disponibili dati precisi, perché segreti, sui radar militari, ma è nota la continua richiesta di sempre nuovi e più sofisticati dispositivi di questo tipo».
Quella marchigiana è una storia dimenticata per anni sulle scrivanie dei Ministeri della Sanità, dell’Ambiente, della Difesa, del Tesoro e delle Finanze, del Presidente della Repubblica, della Magistratura, dei Carabinieri, dell’Enea, dell’Ispesl, del Parlamento Europeo, della Prefettura, dell’Autorità Sanitaria Locale e perfino di onorevoli e governanti Verdi (Pecoraro Scanio).
Lo studio - La signora Mazzarella ha riunito anni di indagini, ricerche, dati, relazioni, denunce, lettere. La sua battaglia per il diritto alla salute comincia nel 1986, quando muore il marito per un tumore al cervelletto. Nell’87 l’Aviazione di Stato potenzia l’impianto radar presente nel territorio comunale (vincolato paesaggisticamente dal 1983). Si installa un ‘Argos 10’, sostituito nel ’99 da un dispositivo automatizzato dell’Alenia ancora più potente. Le accresciute dosi di radiofrequenza e microonde si avvertono subito: cancelli radiocomandati che si aprono e si chiudono da soli, televisori impazziti, computer e apparecchiature elettroniche in tilt, radio e impianti stereo che si accendono autonomamente, stimolatori cardiaci che si bloccano, frutta che non matura, conigli che non prolificano, neonati colpiti da palatoschisi e labbro leporino, anomali incidenti stradali. La Rai comunica che «Le interferenze sono dovute alla presenza, a poca distanza dalle abitazioni di impianti radar aventi caratteristiche tali che l’impianto ricevente di utente esce dalle condizioni di normale funzionamento».
Anche l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni imputa alla postazione Nato, la causa degli inconvenienti: «Gli accertamenti tecnici hanno evidenziato l’esistenza di interferenze ai servizi di radiodiffusione dovute alle emissioni radar prodotte dalla locale base dell’Aeronautica Militare».
Il 2 febbraio 1990 si costituisce l’Ader (Associazione per la difesa dalle emissioni radar) che inizia a dar battaglia all’Arma Azzurra per conoscere i dati operativi e valutarne l’impatto sulla salute umana. Ma il segreto militare è una barriera impenetrabile. L’Ader ostacolata dall’amministrazione comunale e dall’ente pubblico Regione Marche, non potendo studiare le cause, analizza gli effetti di quei campi elettromagnetici. E riscontra un aumento sospetto di tumori e disturbi su persone, animali e piante. I cittadini si rivolgono pure all’Istituto Superiore di Sanità che si defila senza spiegazioni.
Stato latitante - Le istituzioni balbettano: Ministri e Sottosegretari dicono “che è tutto sotto controllo”. Ma la gente continua ad ammalarsi e a morire. Tutti si arrendono tranne la signora Giovannella. Lei ha raccolto età, professione, abitazione delle vittime, riportando caso per caso su una mappa topografica. Operazione che ha ripetuto per ogni patologia. Migliaia di fogli segnati con cerchietti rossi: tumori, aborti, suicidi, cataratte. E ogni disegno corrisponde a un nome: un bambino, una mamma, un papà. Andrea, Lucia, Alberto, Giuseppe, Enrica. Un piccolo nato con una malformazione; un altro con gravi complicazioni all’intestino. Centinaia di casi all’anno - su 14 mila residenti - che dovrebbero far riflettere.
L’anziana donna si mette alle ricerca di tutti quei cittadini che hanno cercato le cure e sono morti a Bologna, Genova, Milano, Roma, Lione. Ottiene i certificati necroscopici e scopre che il suo paese ha sui decessi per tumore una percentuale del 36 per cento - confermata dall’Istituto Centrale di Statistica e dall’Università di Ancona - superiore di 9 punti al trend nazionale.
Alle indagini sul campo si affiancano i sostegni scientifici dell’Università di Camerino. Roberto Monti, primo ricercatore del Cnr di Bologna attesta che «certi casi si spiegano con l’abnorme intensità dei campi elettromagnetici presenti nella zona». L’Ader chiede un monitoraggio epidemiologico e sporge denuncia alla Procura della Repubblica di Macerata per “strage continuata”, ma i giudici archiviano in un baleno.
L’11 febbraio 1999 il Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi certifica che «Non è possibile delocalizzare il radar di Potenza Picena perché manca una normativa di supporto. Si tratta di una zona di inquinamento elettromagnetico non regolata dalla normativa». Infatti, sia il decreto 381 del ’98 (regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana) sia la legge quadro sull’elettrosmog (numero 36 del 22 febbraio 2001) non si applicano ai radar civili e militari.
Stivale a rischio - Col pretesto del segreto bellico, il Ministero della Difesa - supino ai voleri dell’Alleanza atlantica - procede con nuove e pericolose postazioni a tutto spiano, incurante della salute collettiva. A Marsala in provincia di Trapani il radar dell’Aeronautica dista 200 metri dalle abitazioni; a San Giovanni Teatino, nel territorio di Chieti, appena 40. Su Monte Filau, lungo la costa sud occidentale della Sardegna nell’agro di Domus de Maria, lo Stato ha installato un radar tridimensionale nonostante il diniego della Regione; a Cagliari l’impianto Tlc della Marina opera sul centro abitato alla stregua delle strutture gemelle di Sassari, Olmedo, Monte Limbara e Tavolara. Infine il governo Usa si accinge ad installare illegalmente potenti radar in Sicilia, dopo aver ricoperto abusivamente l’intero Stivale.
In Europa si registrano attualmente valori di campo elettromagnetico da «un milione a un miliardo di volte più alti che nel 1950», documenta l’Organizzazione mondiale della sanità. «Colpisce il silenzio attorno a questo tema e la mancanza di una normativa europea ed italiana che preservi la salute dell’essere umano e protegga l’ambiente - denuncia Greenpeace - fornendo limiti di esposizione e distanze di rispetto da queste fonti di inquinamento».
Stellette nel Belpaese - A Potenza Picena, nel 1956, lo Stato italiano impianta un sensore General Electric ‘Anf-Ps8′. Sei anni prima si era materializzato a Ferrara il primo radar (di fabbricazione canadese). L’antica Montesanto diventa Bracco: un anello della nascente catena difensiva che salda il vuoto tra la postazione ferrarese e quella di San Giovanni Teatino (CH).
Nel 1962 la difesa aerea della penisola italiana viene integrata in quella Nato, entrando a far parte del Nadge (Nato Air Defence Ground Envinronment), l’ombrello statunitense che si protende dalla Norvegia alla Turchia. Il sistema ‘Argos 10’ della Selenia - oggi Alenia - Marconi Systems (azienda Finmeccanica, ovvero dello Stato in joint-venture con la britannica Gec) - viene configurato nel 1987. Quel radar aveva un’antenna che girava 5 volte al minuto, con l’emissione di un fascio elettromagnetico ottimizzato per la scoperta alle alte quote (fino a 70 mila piedi), anche se poteva intercettare bersagli mobili al di sotto dei 2 mila.
Il circuito radar dell’Alleanza atlantica utilizza i segnali che arrivano da Potenza Picena, inseriti nel sistema di controllo dei due Roc (centri operativi di regione) di monte Venda e Martina Franca. Nel 1999 il sistema ‘Rat-3lSl’ dà il cambio all’‘Argos 10′. E’ un impianto che funziona automaticamente, i cui segnali arrivano al Cofa (Centro operativo del comando della Forza Armata) in un bunker a Poggio Renatico (Ferrara). Il ‘Rat-3lSl’ ha una portata di oltre 300 miglia nautiche (circa 600 chilometri), capace di intercettare oggetti volanti oltre 100 mila piedi (una trentina di chilometri). Distingue un piccolo deltaplano di plastica su Belgrado, e se su tale deltaplano il pilota ha un bottone di metallo o un orologio al polso o una carta di credito in tasca è già scoperto.
Densità di energia elettromagnetica? ‘Top secret‘ dichiara il Ministero della Difesa. Il potentissimo radar di guida (attacco e difesa) - in contatto con satelliti, aerei-spia (U-2, Awacs) e bireattori Prowler - è in grado di concentrare gli impulsi intorno al bersaglio, ed intercettare le emissioni radar avversarie, disturbandole con contromisure elettroniche.
Ufficialmente nell’ex giardino d’Europa i siti radar più pericolosi assommano ad una trentina, tutti collegati tra di loro. La base Imaz, in provincia di Taranto, è uno dei centri nevralgici delle rete di comando e controllo della Nato. Le sue antenne ascoltano, commutano e rilanciano tutte le informazioni che passano per le linee collegate con i comando dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo. Imaz coordina anche la difesa radar di Jacotenente (nel cuore del parco nazionale del Gargano), Licola (Napoli) e Siracusa che svolgono compiti di avvistamento e guidacaccia nei cieli meridionali.
Il governo italiano viola leggi e normative a protezione della vita e non risponde alle interrogazioni parlamentari. Come per gli esperimenti segreti delle scie chimiche, la popolazione è mera carne da macello.

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Ora è tempo di pace...

 


Dobbiamo interrompere la spirale della Terza guerra mondiale.  È possibile farlo e le recenti  mobilitazioni straordinarie  sono state l’espressione della forza che comitati, reti, sindacati, partiti e organizzazioni di base insieme a “liberi cittadini” (lavoratori, studenti, pensionati, ecc.) possono mettere in campo se decisi a convergere verso un obiettivo giusto.

Dobbiamo valorizzare tutte le prossime mobilitazioni contro la guerra, contro il riarmo, contro la NATO, contro il genocidio in Palestina, per promuovere l’unità dei movimenti e organismi di lotta verso obiettivi comuni: per fermare la Terza guerra mondiale è necessario un fronte di lotta unitario per liberarsi dal cancro che rappresenta l’occupazione USA-NATO del nostro paese, dalla sottomissione all’Unione Europea e ai suoi diktat, dall’influenza e dai legami che il nostro paese ha con i criminali sionisti che possono continuare a sterminare il popolo palestinese solo grazie al supporto (militare, finanziario, politico, mediatico) della NATO, degli USA, dell’UE e di Paesi come l’Italia. Bisogna liberarsi allo stesso modo dal governo Meloni e da tutti quei partiti e organismi che eseguono gli ordini dei promotori della Terza guerra mondiale.

Organizziamoci: piccole e grandi iniziative, dai banchetti alle iniziative di lotta, dalle assemblee ai presidi e i cortei, possono e devono servire per rafforzare l’organizzazione e il coordinamento degli organismi che lottano contro la guerra e chi la promuove!

Coordinamento Nazionale No Nato

coordinamentonazionalenonato@proton.me - 3791639218

martedì 28 ottobre 2025

UE: "Basta green viva il riarmo!"

 


Il Consiglio europeo seppellisce l’ambiente in nome della Competitività, la nuova parola magica di Bruxelles che segue quella di Riarmo. Da quando Von der Leyen ha lanciato le prime proposte di riarmo, la frenata è arrivata in forma ufficiale e solenne, da parte del Consiglio europeo, che riunisce i capi di stato e di governo Ue. L’Italia tra i promotori della svolta.

Meno vincoli per le imprese e più veleni nell’aria

«L’Europa accelera sulla competitività per frenare sul Green deal», la sintesi di Andrea Valdambrini. Perché l’Europa economica è nei guai ma il sostegno armato all’Ucraina non si tocca e neppure in neo patriottismo riarmato. Prima i conti reale della spesa con Zelensky dove, la politica ‘creativa’ scopre che non si possono rubare i soldi del tesoro russo che Mosca aveva depositato soprattutto nelle banche belghe, avverte il governo locale. Acquisito di essere al verde, il taglio definitivo alla già asmatica politica verde dell’Unione, perché serve più competitiva per armarsi meglio. Precondizione competitività, scrivono 19 dei 27 (Italia in testa), è la ‘semplificazione legislativa’. Come chiesto/preteso da Trump mille volte. Europa americana.

Addio favola ambientale. Ma l’obiettivo del 90% di riduzione delle emissioni rispetto al 1990 entro il 2040 resta sulla carta. Per salvare almeno le apparenze.

Interessi nazionali anche sulla salute

E ‘l’Europa del fare’ promette mezzi definiti ‘pragmatici e realistici’, nel perseguimento degli ‘obiettivi climatici’. Ovviamente sulla base della «situazione della competitività globale». Primo ‘sconto’ dedicato all’ «automotive» dove l’Italia, di sponda con la Germania, cerca uno spiraglio sull’utilizzo dei biocarburanti. Bisognerà però convincere Francia e Spagna, esplicitamente contrarie a ogni deroga. E la Commissione media al ribasso con lo spettro dell’aumento dei prezzi di carburanti ed energia. Poche voci contro ed esterne ai governi. «Siamo di fronte al più grande attacco di sempre contro il Green deal», denuncia Bas Eickhout, europarlamentare olandese e leader dei Verdi europei che accusa l’Ue di «consegnando le chiavi del futuro delle tecnologie pulite alla Cina».

Ma l’aula europarlamentare ribolle

Mercoledì nell’Aula di Strasburgo si sono coalizzati i malumori dei progressisti, messi di fronte al ‘flirt  tra popolari e destre’. Quasi un matrimonio. Un voto ha respinto di misura due direttiva di ‘sconto ambientale’. Immediata reprimenda dal leader Ppe Weber e del cancelliere tedesco Merz, mentre la presidente del Parlamento europeo Metsola –invece di tutelare l’assemblea simbolo della democrazia popolare europea, ha promesso un voto di riparazione: «È nostro compito mantenere gli impegni». ‘Nostro’ di chi e impegni verso chi? Oltre all’inciampo organico ‘baltico’ nella Commissione, ora anche la splendida e minuscola isola di Malta.

Neo ambientalismo alla Salvini

Per Luca Martinelli «Basta forse leggere le parole di Matteo Salvini per capire perché il Green Deal europeo è sotto attacco». E con la sintesi proverbialmente moderata elenca in vero Green Deal leghista. «Il ponte sullo Stretto, l’alta velocità ferroviaria, la Tav o il Tunnel del Brennero o la Napoli-Bari sono il Green Deal. Non le idiozie di Bruxelles». Idiozie precedenti, non queste ultime. A massacrare certi ‘buoni propositi’ è stata la stessa maggioranza, in particolare il Partito popolare europeo, alla rincorsa certi consensi elettorali.

Ad esempio far saltare i vincoli per la riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030, «Il che significa che continuerà l’uso di sostanze chimiche nocive, perpetuando un pesante costo per la salute umana, l’ambiente e l’economia», avverte il Corporate Europe Observatory.

Ennio Remondino  - (ripreso da remocontro.it)












(Fonte secondaria: https://www.labottegadelbarbieri.org/addio-europa-verde-ci-impongono-il-modello-americano/)

Pianeta Terra: da verde a grigio... (cosa significa la parola "bioregionalismo"?)

 


Nella definizione di bioregione si prefigura un  territorio caratterizzato dalle sue conformazioni geologiche naturali e  dalle forme di vita che vi si svolgono, quindi anche dall'uomo. Il problema è -soprattutto nei luoghi densamente abitati dalla nostra specie-  che  la morfologia del territorio subisce enormi mutazioni a causa nostra. 

Non si parla più di ambienti naturali, ovvero di bioregioni governate dalla natura, come poteva essere la foresta amazzonica, la tundra, la pampa, gli ambienti montani od i deserti, ecc. Con la costante crescita della popolazione umana, degli agglomerati urbani, delle industrie, degli allevamenti e delle coltivazioni intensive, della sfruttamento di tutte le risorse reperibili in qualsiasi ambiente, ecc. ormai si può dire che le "bioregioni", ovvero i luoghi governati dalla natura, sono ormai in esaurimento e definitivamente compromessi.

Ad esempio, per quanto riguarda  il consumo di suolo e delle  aree verdi nell’UE è stato appurato che, ogni anno, l’Europa perde 1.500 km² per edifici e infrastrutture ed invasione delle aree naturali per scopi destinati agli umani.  Stiamo perdendo, ad un ritmo di 30 km² alla settimana, l’equivalente di 600 campi da calcio al giorno. L’Italia è al 6° posto, con 479 km² di terre naturali distrutte negli ultimi anni... (Fonte: Salviamo il Paesaggio)

Ma la distruzione dell'ambiente naturale e della biodiversità non è solo un problema del cosiddetto "primo mondo civilizzato", ormai la devastazione ha raggiunto tutti gli ambiti territoriali, con escavazioni per l'estrazione degli ultimi giacimenti di materie prime necessarie al mantenimento del sistema economico e tecnologico.  Causa questa -inoltre- di competizioni, guerre di rapina e inquinamento sempre più estensivo e definitivo.

Forse oggi parlare di bioregionalismo, come fecero i poeti bioregionalisti americani degli anni '70 del secolo scorso,  ormai significa soltanto esprimere "nostalgicamente" un rimpianto per la vita che abbiamo distrutto, quella degli altri esseri viventi  e dei nostri successori umani (se mai ci saranno).  

Se la specie umana sarà in grado di fermarsi, prima del crollo finale, prima di alienarsi  ciò che è  quasi irrimediabilmente perduto,  o lungi dall'essere parzialmente riconquistato,  forse sarà in grado  di intraprendere un cammino pratico verso un modo reale di vivere il bioregionalismo.

Altrimenti andiamo avanti con l'ambientalismo di facciata stile "Mulino Bianco" e finché dura c'è verdura...
 
Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana



domenica 26 ottobre 2025

Comunità, identità e autonomia bioregionale...


“Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo. Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti ed inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.” (Ramana Maharshi)

Il tentativo di frantumare gli stati in sub-entità regionali, come pare stia avvenendo oggi in varie parti d’Europa (Italia compresa), è un modo malsano di affermare la propria autonomia. Infatti non è suddividendo in piccoli “regni” la comunità Europea che si può raggiungere un miglioramento nella gestione della cosa pubblica, poiché se la gestione nazionale e sovranazionale pecca di inefficienza e di immoralità gli stessi difetti saranno presenti in una amministrazione regionale. Anzi una amministrazione regionale corrotta può procurare ancora più danni alla comunità, con l’ampliamento dei ruoli di governo e la moltiplicazione delle clientele.

In verità nell’ottica bioregionale della gestione collettiva della Comunità Europea dovrebbe prevalere l’identità e l’autonomia ristretta ai comuni ed alle province (in qualità di ambiti bioregionali omogenei) e le attuali regioni dovrebbero scomparire (vedi: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/10/08/paolo-darpini-%E2%80%9Cil-vero-federalismo-e-solo-bioregionale-no-alle-regioni-carrozzoni-si-alle-province-espressione-della-comunita-locale-%E2%80%9D/)

Prima di tutto nella UE molte cose dovrebbero cambiare, a partire dalla costituzione europea che oggi è centrata solo sul controllo finanziario economico esercitato dalla BCE, unitamente al potere gestionale delle Commissioni che decidono il bello ed il cattivo tempo, mentre il parlamento europeo è un semplice organo notarile di conferma delle norme decise dalle Commissioni e dalla BCE.

Ma cerchiamo di andare per gradi e analizziamo la situazione italiana…

L’Italia arranca. La crisi sociale ed economica è causa di incertezza sul futuro, le soluzioni governative sono “demenziali” e l’opposizione non ha migliori idee. 

Possibile che dobbiamo dichiarare forfait senza nemmeno tentare di salvare la società umana dalle bassezze e stupidità in cui è precipitata? Possibile dunque che dobbiamo rassegnarci a diventare topi o scarafaggi sperando che in quella forma l’intelligenza trovi maggiori possibilità di sviluppo?

Allora in difesa della specie umana compiamo uno sforzo, partendo dalla consapevolezza personale di ognuno ed è giusto che ognuno operi nel proprio ambito e nella propria comunità (dice bene il proverbio “ognuno per sé e Dio per tutti), infatti se ognuno risolve i problemi interni del proprio Paese non serviranno più banchieri e finanzieri internazionali né gendarmi del mondo che vengano a “salvarci” (a spese nostre).

Perciò vediamo quali potrebbero essere le soluzioni.

Mai, come in questo momento si può constatare, senza ombra di smentita, che l’Italia sta trasformandosi in una repubblica fondata sul "vassallaggio”. Poche famiglie sono in possesso del 50% del patrimonio nazionale e costoro sono sostenuti dal consenso elettorale di servitorelli rappresentanti circa il 30% dell’elettorato (trattasi di tutti coloro che vivono nel e del sistema).

Questo capitalismo selvaggio sta cancellando la definizione costituzionale di repubblica democratica fondata sul lavoro. Ed è incontestabile che quasi tutti i politici ed i parlamentari nostrani, nominati ma non eletti, di destra e di sinistra, non intendono farsi rottamare e quindi rinunciare ad una poltrona di scandalosi privilegi finanziati dal 70% di contribuenti/consumatori/elettori/lavoratori che ne pagano le spese (e che oggi apprendiamo dovranno lavorare sino a tarda età, perché -dicono all’Istat- la durata della vita si è allungata… ma evidentemente non vengono considerati i suicidi e le morti per cancro o dovute alla violenza).

Dunque, ultima ratio, se quel 70% di cittadini, indipendentemente dalla posizione politica o ruolo rivestito nella società, intende risolvere i propri problemi, non si faccia più plagiare dal 30% di succhiatori di sangue e, attraverso la disubbidienza civile ed il rifiuto dell’oppressione burocratica, si auto-organizzi in una forza laica per la riconversione ecologica di tutta l’economia e tecnologia.

Il governo deve essere composto da rappresentanti del popolo tecnicamente qualificati che si impegnino a lavorare gratuitamente per il Paese.

Qualcuno potrebbe chiedersi: “Come potrà avviarsi questo progetto di riconversione sociale? Chi inizierà questo processo?”.

Una sola riposta è possibile: “Occorre sviluppare una capacità di determinazione, o intento, che possa influire sulla psiche collettiva fino al punto che spontaneamente il processo prende l’avvio da sé…”

Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana

P.S. Consiglio la lettura di Post Utopie:
https://www.vorrei.org/persone/11050-post-utopie-la-spiritualita-laica-il-bioregionalismo-e-l-ecologia-profonda.html

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Commento ricevuto da Ida Rosalba Di Biase L’articolo, interessante , termina così: ”occorre sviluppare una capacità di determinazione , o intento, che possa influire sulla PSICHE COLLETTIVA fino al punto che spontaneamente anche il processo prenda l’avvio da sé …”
L’autore, però, forse non sa che, l'INGEGNERIA del CONSENSO ha potentissimi mezzi di PERSUASIONE della PSICHE COLLETTIVA! Per esempio il DOMINIO delle frequenze RADIO-TELEVISIVE-COMPUTERISTICHE  ad esso prostituite e che esercitano un grande potere di CONVINCIMENTO sulla collettività, i cui membri sono essenzialmente video-dipendenti! Occorrerebbe una RIFORMA RADICALE del sistema informativo! Ma, i POTERI FORTI che lo utilizzano, non se la sognano minimamente di farla. Per ovvie ragioni!”

Mia rispostina: “Ma tu come fai ad essere certa che la spinta sottile evolutiva non possa influire sulla psiche collettiva in mancanza di mezzi di controllo “materiali” esterni? La psiche è materia estremamente sottile non grossolana. Mezzi grossolani possono influenzare solo la sua superficie e solo su quelle forme già predisposte ad essere influenzate. La coscienza collettiva si muove come una locomotiva: un passo avanti uno indietro ed un altro avanti. E’ una sorta di rincorsa prima del salto Forse dovresti leggerti questo breve articolo sulla Teoria degli pseudopodi: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2014/09/05/successo-non-significa-riuscita-la-teoria-degli-pseudopodi-e-del-corpo-massa-nel-riciclaggio-della-memoria/