giovedì 2 febbraio 2012

Fonti alimentari autoctone, kaput קאַפּוט - Piccoli agricoltori spremuti e compressati dalla manovra "salva italia"...

Desolazione campestre



Cari amici bioregionalisti, temo che  sia una eventualità molto remota che un governo tecnico  che dovrebbe 'salvare l'Italia' si voglia occupare anche di  contadini e piccola agricoltura, ma anche di agricoltura in generale, settore già sofferente in gran parte in crisi da molti anni. Per ora le uniche azioni che hanno svolto a favore dell'agricoltura sono state quelle di aumentare il carico fiscale, che secondo il conteggio della Confederazione Italiana agricoltori  può arrivare al 450% solo grazie all'introduzione dell'Imu su case e fabricati rurali (stalle fienili, ricoveri attrezzi, ecc). e senza considerare l'aumento delle accise sui carburanti che faranno lievitare anche i costi di produzione che nelle zone di montagna collina e altre zone svataggiate erano già molto alti.
Vi riporto un articolo uscito nella newsletter di Agribio Italia su questo tema, per il resto ritengo che si debba lo stesso andare avanti con lo sviluppo di idee proposte e inziative per questa importante campagna dell'agricoltura contadina. Saluti,  Aldo Nardini


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IMU e altre stangate

La spremitura fiscale si abbatte anche sull'agricoltura, in particolare su quella di montagna. Un settore che potrebbe generare nuova occupazione se sgravato da burocrazia e fisco viene sottoposto a nuove forme di tassazione


La "manovra" del governo, basata sul monocorde ricorso all'aggravio fiscale, penalizza l'agricoltura con l'IMU e l'aumento delle accise sul gasolio. L'agricoltura di montagna paga in modo particolare a seguito della riduzione del differenziale delle aliquote contributive e del peso particolare della consistenza dei fabbricati rispetto alla capacità di produzione di reddito.


Tra le categorie si ritengono beffate da quel richiamo all' "equità" della manovra ci sono sicuramente i contadini di montagna. L’articolo 13 del decreto Legge n. 201 del 6 dicembre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 284 dello stesso giorno (il decreto sbandierato come "Salva-Italia") è risultato particolarmente indigesto a tutte le categorie agricole proprietarie di fabbricati ad uso abitazione o "funzionali".


Un po' di respiro è poi arrivato dalla proroga dei termini per l'accatastamento dei fabbricati rurali che non sono già classificati nelle categorie A/6 (immobili abitativi) o D/10 (fabbricati strumentali) del catasto urbano ma che erano ancora compresi nel catasto terreni. Il termine scadeva a settembre ma il lasso di tempo concesso per effettuare l'operazione era stato ridicolo tanto che gli uffici del catasto respingevano le domande. Così il governo nel decreto "milleproroghe" ha finito per rimandare il termine al 30 marzo. In tal modo per il 2011 i fabbricati interessati sfuggiranno all'IMU.



Il comma 8 del d.l. 201 (Manovra Monti) prevede espressamente l’pplicazione ai fabbricati rurali dell'imposta con l’aliquota dello 0,2 per cento. Si tratta dei fabbricati a uso strumentale (stalle, ricoveri per attrezzi e prodotti) di cui all’articolo 9 del Dl 557/1993 che prevede i requisiti di ruralità che - per richiamarli in sintesi- prevedono un reddito agricolo del titolare superiore al 50% del reddito totale e l'assoggettamento all'immobile di una superficie minima di 10.000 m2 (3000 m2 in montagna). Ai sensi dell’articolo 7 del Dl 70/2011 si tratta delle costruzione iscrivibili in catasto fabbricati nella già ricordata categoria D10. Nessuna esclusione viene prevista per le abitazioni rurali che non essendo in alcun modo citate ricadono inevitabilmente nella categoria dei fabbricati classificati nella categoria A (aliquota di imposta 0,4% se si tratta di abitazione principale).


Per l'agricoltura che deve disporre di ampie volumetrie per svolgere le proprie attività è una bella stangata. Lo di più per la montagna dove la ridotta delle dimensione delle aziende fa si che l'incidenza dei fabbricati sia ancora maggiore. In più in montagna il numero di immobili di una azienda è molto spesso moltiplicato dalla frammentazione dei fondi dislocati a differenti quote altimetriche e a differenti esposizioni in modo da garantire uno sfruttamento integrale delle risorse (un vigneto nelle località meglio espsoste, campi in diversa posizione per minimizzare le avversità, prati a diversa altitudine per assicurare la catena di foraggiamento durante l'anno).


Ogni minifondo aveva i propri fabbricati. Una famiglia poteva avere sino a una decina di piccole stalle-fienile. Oggi tutti questi fabbricati sono in parte dismessi ma sono ancora molte le aziende che posseggono tre stalle: una in basso (fondovalle o in area pedemontana), una alle quote intermedie (per lo sfruttamento primaverile-autunnale), una in quota per sfruttare i pascoli. Anche l'azienda di montagna di oggi, che pure ha "semplificato" la dislocazione di terreni, boschi prati, seminativi, colture legnose, pascoli e relativi fabbricati, ha una pesante "dote" di fabbricati che spesso rappresentano un forte onere per le manutenzioni. Si tratta in molti casi di fabbricati con valore paesaggistico ed anche storico-architettonico per il quali la collettività bene farebbe a riconoscere dei contributi per la manutenzione. Altro che IMU!


La stangata dei contributi previdenziali
Alla montagna come unica consolazione rimane l'esenzione dall'imposta sui terreni. Ma è una consolazione magra perché sul fronte contributivo arriva un'altra stangata. Una stangata che riduce anche lo "sconto" per la montagna. Lo scatto dello 0,3% parte con il 1° gennaio 2012.


L'aumento delle accise sui carburanti
Succesive stangate hanno portato il prezzo del gasolio agricolo a lievitare dai 55 centesimi dell'autunno 2010 a quasi 1 € con l'ultimo aumento delle accise deciso da Monti (9,5 cent/l). Inutile dire che l'agricoltura paga pesantemente anche il prezzo dell'aumento del gasolio da autotrazione. In una fase di domanda "fiacca" e di aumento di ogni genere di tasse e tariffe i consumatori saranno portati a comprimere i consumi e a orientarsi su prodotti a basso prezzo. Con la conseguenza che a pagare saranno i produttori alla base della catena che vedranno ulteriormente compressa la quota di partecipazione alla formazione del valore aggiunto dei prodotti alimentari. Km 0, filiera corta, ridimensionamento della meccanizzazione possono aiutare il piccolo produttore a restare a galla ma diventa molto difficile che l'agricoltura di montagna (e non) possa svolgere quel ruolo di assorbimento di nuove energie e occupazione che essa potrebbe ricoprire in un contesto di crisi profondissima del sistema economicoi e sociale.


Il miope perseguimento di una politica di cassa per "mettere in sicurezza i conti dello stato" (messa in atto principalmente per rispondere ai "signori dell'Euro" e allinearsi ai desiderata di Berlino e di Bruxelles) rischia di avere conseguenze pesantissime.
Eppure una politica un po' più coraggiosa sarebbe possibile. Proprio in agricoltura dove una larghissima quota della spesa pubblica di sostegno al settore si disperdere in mille canali e va a finire ad agenzie ed enti largamente parassitari. Ma credete che Monti e i suoi "secchioni" oseranno toccare queste aree di privilegio?

Michele Corti
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Di questi e simili temi se ne parlerà durante l'Incontro Collettivo Ecologista del Solstizio Estivo, che si tiene ad Aprilia (Latina), il 22, 23 e 24 giugno 2012 - Info. circolo.vegetariano@libero.it

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