sabato 8 dicembre 2012

Psicologia transpersonale, biosocialità e spiritualità laica

Albero dell'illuminazione - Immagine di Daniela Spurio


Nell’analisi degli archetipi non possiamo trascurare la ricerca psichica avanzata, iniziata con Jung, proiettata negli schemi di Wilber e Grof. Una sintesi sul pensiero rarefatto che raggiunge il limite dell’esperimentabile. 


Nella fase più densa c’è l’Ombra che rappresenta le condizioni palesi, l’orgoglio ed il bisogno di successo, essa spinge verso l’amore romantico ed idealizzato e la sua controparte è l'odio ed i sensi di colpa. Segue il livello dell’Ego che consente un approccio intellettuale e contribuisce alla comunicazione verbale ed al pensiero lineare e per contro inibisce la spontaneità e la vigilanza equanime. 

Nella sfera del Biosociale si sviluppa la cultura e la civiltà ed il senso di appartenenza sociale contemporaneamente si forma il senso di convenzione e di ripetitività (le tradizioni). Sul piano più sottile, l’Esistenziale, sorge l’intenzionalità, la fede o religione, e alla stesso tempo l’ansia esistenziale (incapacità di accettare la morte) ed il disagio metafisico; qui si percepisce duramente il dualismo primario. 

Giunti al Transpersonale sorge un distacco, una consapevolezza del significato dei miti, il prana raggiunge i chakra (sephirot) elevati, riconoscendoli simbolicamente, è a questo punto che irrompono gli archetipi primordiali ed il vuoto al limite della mente. Questo stato viene descritto da Gurdjeff come “negatività purgatoriale” una condizione preliminare alla perdita della fissità individuale ed all’assorbimento nel Sé.
Questa è sicuramente una forma di spiritualità laica ma   vorrei qui  confermare che io uso il termine spiritualità… non essendocene altri disponibili.. nel senso più originale del nome, quello anche usato nell’antichità per individuare la “presenza viva” nella materia, in forma di Coscienza. Gli stessi pagani usavano il termine “spiritus loci” per definire l’anima del luogo e non solo del luogo ma pure dei boschi, dei fiumi, degli animali e delle comunità umane, etc. 

Non saprei che altro nome dare a quella “presenza”.. e siccome il nome originario è “spirito” credo sia più che giusto recuperare la parola vera ed antica piuttosto che cercarne una nuova, come purtroppo hanno fatto i “bioregionalisti” americani rispetto al più antico “panteismo” (tutto è Dio/Dea). Il maluso del termine “spirito” accreditabile alle religioni patriarcali (giudaismo, cristianesimo, islam) non è ragione sufficiente per rinunciarvi, anzi dobbiamo denunciare l’ipocrisia religiosa che addirittura ed inoltre definisce “laico” un credente di una religione che non è “ordinato” nel sacerdozio, mentre sappiamo benissimo che il significato originario di “laico” è “al di fuori di ogni contesto e struttura politica e religiosa”. 

Questo discorso potrebbe proseguire all’infinito, inseguendo possibili dettagli, ma vale la pena? Non è meglio ed “ecologicalmente” preferibile vivere in comunione con la “presenza” piuttosto che fare discussioni di lana caprina o sul sesso degli angeli?
Ripetutamente ho spiegato che il significato che io do alla parola “spirito” è quella ancestrale e genuina di “intelligenza/coscienza”, la stessa definita Es nella psicologia transpersonale. 

Chiamatela se volete “essenza sottile” della materia.. per cui come può esserci separazione fra la materia e lo spirito? Come può esserci separazione fra la rosa ed il suo profumo? Fra l’umidità e l’acqua? Tra il fuoco e la sua capacità di emettere luce e calore?
Per favore, intuite questa verità e facciamola finita con queste inutili distinzioni fra materia e spirito.

Paolo D'Arpini

Nessun commento:

Posta un commento