In tema di riassetto amministrativo in chiave bioregionale vorrei tornare sul
discorso delle Regioni e delle Province. Riguardo a queste ultime il
21 ottobre u.s. ci sono state le elezioni a suffragio universale in quel
di Trento e Bolzano mentre il 31 ottobre 2018 si terranno in diversi altri
capoluoghi ma con il sistema di voto “indiretto”, ovvero quello
voluto da Renzi, riservato ai
Sindaci e ai
Consiglieri comunali dei Comuni della provincia.
Ma non voglio ora recriminare per lo scippo democratico perpetrato dall'ex segretario PD
bensì riaprire il discorso su quali istituzioni territoriali siano
più congeniali e adatte all'attuazione dell'idea bioregionale. Già
in passato chiarii come gli enti regionali abbiano assunto la
funzione di mini-stati all'interno dello Stato (vedi: https://www.google.com/search?client=gmail&rls=aso&authuser=0&q=bioregionalismo+no+alle+regioni+si+alle+province+paolo+d%27arpini&spell=1&sa=X&ved=0ahUKEwjMlvur457eAhVllosKHS-PBaIQBQgpKAA&biw=1366&bih=657).
Le Regioni sono
carrozzoni amministrativi che appesantiscono la spesa pubblica e non
aiutano la politica territoriale ed i veri bisogni della popolazione.
Un consigliere regionale dispone di stipendi e prebende e pensioni
addirittura superiori a quelle di un parlamentare, non solo questo la
gran parte delle spese per progetti regionali sono sovente in
antitesi con le indicazioni dello Stato, vedasi ad esempio la
mastodontica spesa per la sanità (in preponderanza assoluta sulle
spese di bilancio) per ottenere risultati che soddisfano il
funzionamento sanitario anzi lo peggiorano, tant'è che la gestione
sanitaria dovrebbe tornare completamente nelle mani dello Stato, con
regole uguali per tutti. E non è solo di sanità che occorre
parlare.
In verità l'istituzione delle Regioni come enti autonomi ha
portato ad uno scollamento sociale delle varie comunità, all'aumento
della burocrazia, alla crescita delle tasse, alla corruzione
amministrativa ed alla occupazione clientelare effettuata dai vari
partiti. Il deficit in Italia potrebbe essere cancellato
immediatamente con la sola eliminazione dei carrozzoni regionali. Ma
qualcuno potrebbe obiettare che il territorio ha bisogno di
istituzioni intermedie che fungano da cuscinetto tra lo Stato ed i
Comuni e queste istituzioni possono essere le Province.
Le province
oggi penalizzate e divenute simulacri amministrativi privi di reali
compiti e di quasi nessuna importanza politica. In verità sono
proprio le Province, dal punto di vista bioregionale, che danno un
senso ed una identità alle comunità. La Provincia rappresenta
l'emanazione culturale di una città capoluogo nell'ambito
territoriale e nei comuni in cui si estende. Le Province andrebbero
riqualificate, cominciando dal ripristinare la rappresentanza
democratica con il suffragio universale (con il voto di popolo e non con quello degli oligarchi già al potere), mentre dovranno essere aumentate ed
elevate le competenze di governo del territorio.
La cosa mi sembra
logica anche nel contesto dell'appartenenza alla Comunità Europea
che pian piano potrà assurgere ad una vera e propria Federazione,
con una propria moneta sovrana (non emessa da banche private) e
soprattutto come legante per il senso di comune appartenenza delle
genti della nostra Europa, culla e faro di civiltà. Un'Europa in
cui le differenze di tradizioni e di cultura potranno essere
degnamente rappresentate e salvaguardate dalle Province che più
strettamente rappresentano e garantiscono l'autonomia di pensiero delle comunità, esse sono il fulcro culturale bioregionale.
Mi auguro pertanto che tali idee
di riordino amministrativo trovino sostenitori anche in ambito
politico e sui mezzi d'informazione.
Paolo D'Arpini
Referente Rete Bioregionale Italiana - bioregionalismo.treia@gmail.com
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