Accingendomi a scrivere qualcosa di ritorno dal mio viaggetto in India, non sapevo da che parte cominciare e così mi è venuto il pensiero (perché è arrivato da solo, non l’ho cercato) di scrivere per pensieri, che potranno diventare capitoletti, sulle cose e situazioni che, a mano a mano, o tutte insieme, mi hanno colpito.
Arrivi a Chennai (ex Madras,
terra di stoffe?) esci dall’aereoporto, di notte, brulicante di persone
che aspettano qualcuno, con un cartello con un nome. Il nostro era: MARA
LENZI. Mi veniva da chiedermi: ma se quando arrivi la persona col
cartello che ti riguarda non c’è, che c…o fai? Ok, comunque, il nostro
c’era. Non parlava italiano, ma carichiamo borse e valige e si parte.
Non ricordo granché di questo primo tratto, solo fino ad un alberghetto,
modesto ma decoroso e pulito, con sul letto un asciugamano avvoltolato
in forma di cigno. Ricordo però il traffico ed i clacson a tutto spiano.
Si dirà ed io l’ho anche pensato: ma perché suonano tanto il clacson?
*
Poi, col tempo l’ho capito. Non
suonano per “sgridare” chi fa l’infrazione o chi va troppo piano e non
si muove, no, è un suono breve, appena accennato, un pi-pi, quasi
gentile, per dire: “Guarda che sto arrivando, mi sto spostando,
attento!” Io non potrei mai guidare in un caos del genere, si spostano
da una corsia all’altra freneticamente, per andare avanti dove c’è
spazio, per sorpassare, con la necessità di avere un’attenzione e una
visuale almeno a 180 gradi che non so come fanno a mantenere. Su questo
discorso potreste anche dire: “Ma a me che me frega del traffico
dell’India e di quanto sono attenti guidatori e capaci gli indiani e
invece no, belli miei, da questo scaturisce (e non solo da questo) una
considerazione per me molto importante per valutare (che brutta parola)
il popolo indiano.
*
Il popolo indiano, almeno per
quello che ho visto, è un popolo giovane e SVEGLIO, molto presente a se
stesso e al di fuori di sé, molto vivo e molto vitale. Credo che sia
gente molto intelligente e capace e dinamica, che, volendo, chissà dove
potrà arrivare, nel tempo. Il consumismo è già arrivato e se ne vedono
le tracce: l’immondizia in giro per le strade trafficate è tanta e se
fosse tutta organica, pazienza. Ci sono vacche libere, cani liberi,
scimmie libere, ecc. che frugano nella spazzatura, ma la plastica non se
la mangiano neanche loro.
*
Per fortuna devono avere emanato
qualche legge che vieta i sacchetti di plastica, per cui rarissimamente
te ne danno. Al loro posto o tieni la roba in mano, o hai la tua borsa, o
sacchetti di carta varia. In un negozio il sacchetto di carta era fatto
con una pagina di giornale ripiegata e graffettata, fantastico. Certo
di plastica ne fanno largo uso (come noi del resto: bottiglie di acqua e
bibite – non ho visto neanche una bottiglia di vino o birra),
confezioni di prodotti vari, ecc. Anche in certi ristoranti ti danno da
mangiare in piatti di plastica, ma non quelli usa e getta, lavabili.
*
La vita in India: dicevo che è un
popolo vitale, ma non solo gli umani: i cani sono vitali e spesso di
notte si sentono abbaiare a lungo, senza mai sentire una voce umana a
zittirli, i pavoni strillano notte e giorno, le mucche e i vitelli
stanno lì pacificamente, a volte legati sul ciglio della strada o in
piccolo campo adiacente, a volte liberi, le scimmie vitalissime, ti
sfrecciano al fianco, senza considerarti, per andare chissà dove.
*
Io e Tina (una delle due amiche
viaggiatrici assieme a me) abbiamo assistito ad una scenetta memorabile.
Eravamo sul grande terrazzo di casa a leggere (un terrazzo che serve
anche per stendere il bucato), quando da un albero vicino è arrivata una
prima scimmia, seguita dopo un paio di secondi dalla sua compagna. La
prima si è avvicinata ad un rubinetto sul muro del terrazzo l’ha aperto e
si è messa a bere, poi si è allontanata ed è arrivata la seconda, che
ha fatto altrettanto. Dopo essersi dissetate, se ne sono andate
trotterellando, senza chiudere il rubinetto e senza ringraziare (!).
Abbiamo chiuso noi ed io più tardi sono andata dal padrone di casa, un
giovane indiano evidentemente benestante (la casa era molto bella e
nuova con diversi appartamenti, di cui uno abitato dalla famiglia) e gli
ho detto, nel mio stentato inglese: “Ehi, do you know that on the roof
there are monkeys? But maybe you don’t know that they come to drink
water opening the pipe (non so se rubinetto si dice così, l’avevo
chiesto a Viola su whatsup e lei mi aveva detto così) and after they
don’t close it! We have close it but you’d better change with one they
cannot open!” E lui.”Oh! They always give problems! Thank you!”
*
Ritornando al consumismo e alle
tecnologie, sono tutti attrezzati di smartphone (tranne i fuori casta,
che mendicano ai lati delle strade, i sadhu e pochi altri) e lo usano
con grande scioltezza. Quando eravamo sulla spiaggia di Mamallapuram, in
gita due giorni noi tre più Upahara e Venu, tutti si facevano foto e
smacchinavano col cellulare (parlo di giovani, ovviamente) e in diversi
si sono voluti fare un selfie con la sottoscritta ed io mi sono fatta
fotografare, divertendomi moltissimo. A casa “nostra”, appena arrivate,
dato che c’era il wi-fi, ci siamo fatte sistemare tutti i nostri
smartphone dal nostro padrone di casa, Bala, che l’ha fatto in due e due
quattro. Quando la pala nella stanza dove dormiva Mara si è rotta,
mettendosi ad andare a tutta velocità, a sera la pala era di nuovo
funzionante. Insomma, sono svegli e svelti, bravi!
*
Hanno uno sguardo vivo, loro, ancora!
*
Caterina Regazzi
*
To be continued…
*
Chi volesse vedere gli albums fotografici del viaggio in India di
Caterina dovrebbe andare nella sua pagina Caterina Katia Regazzi di
Facebook https://www.facebook.com/caterina.regazzi ed entrare nello scomparto “Foto-Album”
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