giovedì 15 aprile 2021

Anabasi... il ritorno a casa dei Diecimila



Ai margini del mondo, in lunari altipiani arsi di polvere, fra rocce e inauditi nevai, dove i cavalli affondano fino al ventre, si consuma l’epopea remota di una colonna di opliti greci. Sono i Diecimila, avventurieri delle armi assunti in Ionia dal principe ribelle Ciro per scatenare l’attacco, nel cuore della Persia, al trono del fratello Artaserse, legittimo erede del Re Dario. La missione dei Diecimila s’era infranta sul terreno di Cunassa (settembre 401 a.C.), dove il condottiero Ciro era caduto nello scontro con la gigantesca armata imperiale di Artaserse. Da quel momento i reparti greci furono un corpo estraneo incuneato in un oceano di terre ostili. L’incubo delle aggressioni, le pene di ambienti impossibili, il senso lacerante delle fantastiche lontananze dalla patria non disarmarono i Diecimila. Neppure quando i loro capi perirono in un agguato e l’esercito rischiava di andare alla deriva, scafo senza pilota e senza timone. Come una scheggia di Grecia, spersa nei deserti asiatici, e istruita nei gesti della democrazia, l’armata discusse e liberamente elesse nuovi capi. Essi stabilirono la rotta: verso nord, al mare amico. 

L’anabasi è il racconto di questo viaggio. lo compose un cronista straordinario, l’ateniese senofonte, aggregatosi all’armata per desiderio di fortuna, per stanchezza della patria ostile, per l’insistenza di un amico. da ospite casuale senofonte, eletto stratega, divenne l’autore della marcia liberatrice. la sua prosa ordinata e severa, con l’energia degli eventi concreti, ne ha stilato un diario che è punto fermo nella storia letteraria dei greci.



Senofonte fu un uomo pubblico, la sua vita si annodò solidamente con i fatti della storia e fu vicino alle personalità decisive del suo tempo ed ebbe lo spirito del protagonista. nacque ad atene, all’inizio del conflitto con sparta o poco avanti. fu agiato, conobbe e frequentò socrate. il biografo Diogene laerzio lo cataloga tra i grandi maestri della verità. senofonte fu un curioso intelligente, con la grazia spontanea di saper tenere la penna in mano. visse epoche di gravi trasformazioni; certezze arcaiche si sfaldavano. i punti fermi della tradizione, miti, valori morali, cosmi religiosi, sbiadivano, disgregati da revisioni impazienti e spregiudicate, nel groviglio di tempi stravolti dalle guerre. la traccia dei tempi nuovi è nella varietà dei suoi temi: narrò se stesso e la sua epoca.

Durante gli anni della guerra con Sparta, sul finire del V sec ad Atene emergeva una cultura nuova. Uomini con le menti acute, i sofisti, insegnavano che non esistono verità uniche e assolute: ogni uomo ha dogmi propri, elastici, agili, come le prospettive visive, che ruotano e mutano in relazione allo spostarsi dell’occhio che osserva. conta l’individuo, lo stato è una convenzione storica, il minore dei mali. la dote umana più alta è un intelletto aperto, pronto alla ricerca, mai stanco di esplorare le angolature del mondo. senofonte udì gli uomini che diffondevano queste idee e forse fu questo l’invito: se infinite sono le facce del reale, infinite sono le forme e gli strumenti per descriverlo. su consiglio di socrate interrogò l’oracolo di delfi per avere rivelazioni illuminanti su un futuro così avventuroso e incerto, come la missione di guerra in asia. lo scrittore non chiese al dio se fosse opportuno andare: solo lo interrogò su quali riti occorreva celebrare per godere di un viaggio felice. l’ossequio alla tradizione religiosa è dunque formale: la decisione è già presa.



Anabasi, in greco significa marcia verso l’interno, il racconto di come Senofonte eletto stratega dell’armata greca, guidò i compagni in salvo attraverso l’Asia ostile a Trapezunte, citta costiera del Ponto Eusino. Il quarto libro ha il suo centro patetico nella commozione con cui l’armata scorge sulla cresta del monte teche, dopo mesi di sofferenza e agguati nemici, la distesa assolata del mare, con il famoso grido Thálassa!


Thálassa! (Θάλαττα! θάλαττα! Mare! Mare!). C’è nell anabasi il gusto narrativo dell’episodico, e un attenzione incuriosita all’esotico al diverso in senso etnografico. c’è l’eloquenza nuda dei fatti degli oggetti degli ambienti, il racconto è cristallino, sarebbe perfetto, senza un ritocco per la sceneggiatura di un film. 

Alla celebre opera di Senofonte si è ispirato Sol Yurick nella scrittura del romanzo i guerrieri della notte (1965), dal quale walter hill ha tratto il film i guerrieri della notte (The Warriors, 1979), che racconta come una piccola gang rimasta isolata e accusata di un omicidio dopo un raduno di bande cerchi, con un lungo e pericoloso viaggio, di tornare verso casa. Il cammino, tutto notturno, è segnato da scontri e inseguimenti, e la salvezza coincide con l'alba ed il raggiungimento del mare e del proprio quartiere (Coney Island, New York), così come i soldati di Senofonte raggiunsero Trebisonda sul Mar Nero.


Toni da commedia e da mimo hanno le scene della quotidianità lacera e affamata dei soldati umili, che s’ingegnano nel baratto con le genti locali, battono i denti nei bivacchi nevosi, si ubriacano, appena possibile di vino e di esotico miele. Il cronista registra le sofferenze degli uomini per deserti e nevai. I guadi d’innumerevoli acque, c’è sempre l’ossessione di un fiume, una palude, di un torrente da attraversare; i crinali scalati, i bivacchi febbrili e disperati, le razzie, le perdite e gli agguati. Voci e volti di armati semplici danno sapore rudi alla pagina.


L’esercito è una tavolozza di genti e di parlate: si affollano tessili spartani, peloponnesiaci, achei, arcadi, traci, isolani, un pugno di ateniesi, gruppi di greci dell’asia costiera. nei ritratti individuali e nei quadri d’insieme dell’armata spicca un tratto: l’impasto singolare di professionalità soldatesca e di disprezzo delle gerarchie, d’indisciplina, ora ironica, ora sbrigativa e violenta. il movente del semplice soldato, come dello stratego e dell’ufficiale, è uno: il denaro. 

Il racconto non lascia dubbi su questo punto: ogni volta che l’impresario condottiero vuole ottenere obbedienza può solo promettere l’aumento del soldo. non ci sono ideali di valore, sentimenti di patria, sete di gloria e avventure. eppure nella coscienza dei greci posteriori e dei moderni lettori dell’anabasi, la marcia dei Diecimila, assume lo splendore del gesto eroico, un modello di resistenza virile contro ambienti ostili. gran parte della vicenda narrata si snoda nelle terre persiane. La marcia dell’armata greca trafigge il cuore degli immensi domini del Re, estesi dall’asia egea all’indo, dal Golfo Persico alle montagne Armene e al Caspio.

Ferdinando Renzetti







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