domenica 11 aprile 2021

Presocratici e prebioregionali



Pensatori antichi e moderni

...giorni fa sono andato in soffitta, in cerca non so di che e tra polvere scatoloni e oggetti smarriti mi sono imbattuto in una vecchia valigia: l’ho aperta e vi ho trovato i libri di lettura del liceo e con grande gioia, tra questi, un libro che cercavo da tempo e pensavo di aver smarrito; la copertina strappata appiccicata con lo scotch e ingiallita, si tratta de “I presocratici” a cura di antonio capizzi, la nuova italia, stampato nel 1977; sfogliandolo mi sono accorto che mancano pure due pagine… parole perdute!

pochi periodi della filosofia sono ricoperti di pregiudizi e di luoghi comuni come quello presocratico. l’impressione generale era che questi filosofi parlassero di un lontano e fantastico mondo dove splendevano essenze ignote, invece costoro parlavano proprio di questo mondo: di uomini donne alberi di stelle e soprattutto del pensiero umano, dei discorsi degli uomini, di ciò che essi vedono con gli occhi e toccano con le mani. La fonte principale sulla filosofia presocratica, in mancanza di opere complete era aristotele, diogene laerzio, una fonte ellenistica o addirittura romana. 

pian piano si è scoperto che i primi filosofi greci giudicavano le cose in base a come è possibile a noi pensarle e non in base a come esse ci risultano e che essi le pensavano senza distinguere troppo tra difficolta del pensiero e difficolta dell’espressione. la filosofia presocratica è dunque caratterizzata dall’indistinzione concettuale, da un lato la logica tipica della mentalità del naturalista sperimentatore che propone una verità come adeguazione ai fatti, un conoscere come esperienza e un significato realistico per il verbo essere. dall’altro la logica di tipo matematico che oppone la verità razionale, la conoscenza problematica, essere concettuale. è appunto la scarsa coscienza di questa ambiguità a trascinare i presocratici nelle loro assurde dimostrazioni. alcune opinioni somigliano ai discorsi di un pazzo l’essere e il non essere che ancor oggi, io stesso non capisco bene che specie di cose siano.

il primo segno di una vaga coscienza di questa distinzione lo troviamo quando al sofo di talete sembra opporsi il filosofo pitagora, sembra infatti che pitagora avesse rifiutato l’appellativo di ottavo sapiente per dichiararsi modestamente cercatore di sapienza. probabilmente la diversa denominazione non aveva nulla a che fare con la modestia, essa andava identificata con quella conoscenza problematica di tipo matematico che i pitagorici prediligevano. la sofia degli ionici era invece la tipica conoscenza sperimentale di tipo naturalistico; è noto che talete e la sua scuola erano soprattutto studiosi di astronomia e fisica nonché sperimentatori di interessanti invenzioni. si spiega in tal modo come aristotele attribuisse agli ionici la scoperta della causa materiale e ai pitagorici l’aggiunta di quella formale. è chiaro che i primi si occupavano di acqua e fuoco, di roccia e astri; i secondi, invece, soprattutto di numeri armonie e di proporzioni geometriche.


nelle successioni dei filosofi alessandro dice di avere trovato anche questo nei documenti pitagorici. principio di tutte le cose è l’unità; dall’unità nasce la dualità infinita, che soggiace all’unità come la materia alla causa; dall’unità e dalla dualità infinita vengono i numeri e dai numeri i punti, e da questi le linee, e da queste le figure piane, e da queste le figure solide, e da queste i corpi percettibili ai sensi, i cui elementi sono quattro, fuoco acqua terra aria, che si muovono e si trasformano attraverso il tutto. da questi è composto il cosmo, che è animato, pensante e sferico, ed ha al centro la terra, essa pure sferica e abitata. il ragionamento è ancora più chiaro se lo si percorre a ritroso: i corpi sono sostanza estese, e sono incomprensibili senza la geometria solida; questa a sua volta presuppone le figure piane, le rette e i punti; i punti formanti le figure sono in una certa quantità, che presuppone i numeri; i numeri, a loro volta, nascono tutti dall’uno e dal due, essendo pari o dispari; infine il due è fatto di unità, e presuppone l’uno. con molta acutezza aristotele osservava che con i pitagorici si passava dalla causa materiale a quella formale; la deduzione del principio delle cose veniva fatta di idea in idea e nonrisalendo di fenomeno fisico in fenomeno fisico; per deduzione logica di concetti e non per trasformazione meccanica di materie. per la stessa via platone arriverà a porre come inizio di tutto le idee e aristotele l’intelletto divino. 

tutti i presocratici furono oltre che logici e metafisici, anche fisici geografi e astronomi. anche se i tentativi di spiegazione possono risultare ingenui e allo stesso tempo interessanti se considerati come i primi passi della scienza, di tutti i fenomeni naturali. astri perturbazioni atmosferiche, sommovimenti tellurici, tutto è studiato con passione e entusiasmo e spesso con intuizioni anche felici: il sole e la luna, da divinità si trasformano in corpi rocciosi; i pitagorici delineano il sistema eliocentrico e la rotazione terrestre; empedocle si avvicina al concetto di selezione naturale; per finire con la teorizzazione degli atomi iniziata da leucippo e con la descrizione dell’umanità preistorica fatta da democrito. 

molti uomini non sanno che la natura mortale è destinata a dissolversi, e si mettono in mente un mucchio di favole su ciò che avviene dopo la morte: essi sapendo di avere agito male durante la vita, passano la loro esistenza in preda all’angoscia e al timore (democrito). troviamo qui, in germe, la futura dottrina epicurea, a proposito della credenza nell’oltretomba: il timore delle pene infernali è fonte di dolore; la scienza è liberazione, e rivela l’inconsistenza di quel timore. stupisce la fede nella scienza in questo commento dell’autore antonio capizzi, anche perchè difficile pensare che la scienza possa togliere il timore a una vita mal vissuta da chi ha agito male, qui mi fermo e non vado oltre…

la traduzione dei passi raccolti, scrive capizzi, è improntata a questo criterio: tradurre significa ripensare nella nuova lingua l’intero discorso, costruendolo ex novo come lo costruirebbe il lettore, se fosse lui a pensarlo, e non trasporre concetto per concetto in una lingua diversa: a me interessa, a dire il vero, soltanto che nessuno la trovi scarsamente chiara. 

quello dei presocratici sembra veramente un lontano e fantastico mondo dove splendevano misteriose essenze ignote, infatti anche se le loro deduzioni possono apparire opera di pazzi o addirittura ingenue, bisogna ricordare che pitagora e lo stesso talete hanno studiato a lungo alla scuola d’egitto e appreso la scienza segreta iniziatica antica in parte poi perduta, come ad esempio la geometria sacra. vero anche che questo sapere, spesso era trasmesso oralmente e quasi mai per iscritto; di questi filosofi, poi non ci sono mai arrivate opere complete e i pochi frammenti giunti fino a noi sono poi stati tradotti e ritradotti di volta in volta, magari perdendo il significato originario.

i frammenti, per quel che ne penso, sono quel che veramente sono: gocce pure di poesia dell’infinito. 

tra i libri ritrovati ci sono pure le georgiche e le bucoliche di virgilio, l’asino d oro di apuleio e il meraviglioso anabasi di senofonte, viaggio nel mondo antico raccontato come un film, della cui la trama parlerò, forse, prossimamente…

Ferdinando Renzetti - ferdinandorenzetti@libero.it



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