sabato 19 giugno 2021

Ridurre le emissioni di metano per contrastare l'effetto serra

 


Le emissioni di metano causate dall'uomo possono essere ridotte fino al 45% nel prossimo decennio, evitando quasi 0,3°C di riscaldamento globale entro il 2045 e avvicinandosi così all'obiettivo dell'Accordo di Parigi di limitare l'aumento della temperatura media globale a 1,5° e rispettando anche gli scenari prospettati dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

Il taglio del metano, gas serra estremamente potente, può giocare dunque un ruolo chiave per contrastare il cambiamento climatico, andando ad affiancarsi agli sforzi per ridurre l'anidride carbonica. Rispetto a quest'ultima, che rimane in atmosfera per centinaia di anni, il metano inizia a degradarsi rapidamente e la maggior parte scompare dopo un decennio. Riducendo quindi le sue emissioni si può frenare rapidamente il tasso di riscaldamento nel breve periodo.

Essendo poi il metano un importante inquinante atmosferico, nonché precursore dell'ozono troposferico, questa riduzione del 45% delle emissioni eviterebbe 255.000 morti premature, 775.000 visite ospedaliere legate all’asma, 73 miliardi di ore di lavoro perse a causa del caldo estremo, 25 milioni di tonnellate di perdite di raccolto all’anno (vedi immagine a seguire).

Nonostante la crisi economica indotta dalla pandemia nel 2020, che ha impedito un altro anno record per le emissioni di anidride carbonica, la quantità di metano nell'atmosfera ha raggiunto livelli elevati, secondo gli ultimi dati della United States National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).

Più della metà delle emissioni globali di metano derivano dalle attività umane principalmente in tre settori:

  • 35% dai combustibili fossili, con l’estrazione, la lavorazione e la distribuzione di petrolio e gas che rappresentano il 23% e l’estrazione del carbone il 12%,
  • 20% dai rifiuti (discariche e acque reflue),
  • 40% dall’agricoltura, con le emissioni di bestiame da letame e fermentazione enterica che rappresentano circa il 32% e la coltivazione del riso l‘8%.

A proposito di quest'ultimo punto, il rapporto mette in evidenza il contributo importante al cambiamento climatico che deriva dalla produzione di cibo e dall’agricoltura. Quest'ultima è infatti responsabile di grand parte delle emissioni globali di metano, a causa della rapida crescita dell’agricoltura industriale e del consumo eccessivo di carne e latticini. Le emissioni di metano del settore zootecnico sono aumentate drammaticamente del 70% dal 1961 a oggi e si prevede che rappresenteranno una quota crescente delle emissioni future di metano.

Quali soluzioni possibili?

Il rapporto mette in evidenza le soluzioni mirate già disponibili e in grado di portare avanti le riduzioni che sono auspicate fino al 30%; circa il 60% di queste misure è a basso costo e il 50% di queste ha addirittura costi negativi, quindi costituisce un guadagno per le aziende che le applicano.

Quasi la metà di queste misure sono già disponibili per il settore dei combustibili fossili in cui è relativamente facile ridurre il metano nel punto di emissione e lungo le linee di produzione/trasmissione. Sono disponibili anche soluzioni mirate nei settori dei rifiuti e dell'agricoltura.

A fianco di queste misure, ne servono però anche di aggiuntive che possono ridurre le emissioni di metano di un altro 15% entro il 2030, ad esempio

  • passaggio alle energie rinnovabili,
  • efficienza energetica residenziale e commerciale,
  • riduzione della perdita e degli sprechi alimentari.

Nel settore agro-zootecnico, visto che le tecnologie non sono in grado di affrontare in modo decisivo le emissioni di metano, è necessario da una parte intervenire sulle abitudini dei consumatori e dall’altra puntare su politiche innovative. Tre in particolare sono i cambiamenti comportamentali che sarebbero efficaci in tal senso e che potrebbero ridurre le emissioni di metano di 65-80 Mt / anno nei prossimi decenni: ridurre lo spreco di cibo, migliorare la gestione del bestiame, adottare diete sane (vegetariane o con un contenuto inferiore di carne e latticini).

Per facilitare l’attuazione di tutte le misure necessarie, si potrebbe ricorrere ad alcune possibili strategie come mettere una tassazione sulle emissioni o stabilire un obiettivo di riduzione. Ci sono però anche ostacoli da affrontare come la mancanza di finanziamenti, la necessità di aumentare la consapevolezza e migliorare l'istruzione, i metodi di produzione da cambiare, lo sviluppo di nuove politiche e normative e la necessità, come detto, di operare cambiamenti nei consumi e nel comportamento dei consumatori.

Il potenziale di riduzione delle emissioni di metano varia però a seconda dei Paesi e delle regioni:

  • in Europa e in India il più grande potenziale si trova nel settore dei rifiuti,
  • in Cina nel settore della produzione di carbone, seguita dal bestiame,
  • in Africa dal bestiame seguito da petrolio e gas,
  • nella regione Asia-Pacifico, escluse Cina e India, proviene da carbone e rifiuti,
  • in Medio Oriente, Nord America e Russia proviene da petrolio e gas,
  • in America Latina dal sottosettore zootecnico.

Sforzi comuni per raggiungere i risultati

Oggi le riduzioni di metano sono sempre più affrontate attraverso leggi locali e nazionali e nell'ambito di programmi volontari e ci sono pochi accordi politici internazionali con obiettivi specifici per questo inquinante. Per raggiungere i risultati auspicati si rende invece necessaria una migliore e continua cooperazione per creare dati sulle emissioni, che siano trasparenti e verificabili in modo indipendente, e analisi di mitigazione. Tali sforzi di cooperazione consentirebbero ai governi e ad altre parti interessate di sviluppare e valutare politiche e normative sulla gestione delle emissioni di metano e monitorarne le riduzioni.

Per approfondimenti leggi Global Methane Assessment: Benefits and Costs of Mitigating Methane Emissions

(Fonte: Arpat) 

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