giovedì 13 ottobre 2022

Bioregionalismo in Italia – Intervista con Paolo D’Arpini di Nicola Nardella

 

Bioregioni in Italia

Cosa intendiamo quando parliamo di bioregionalismo?

“Questo termine non denota una appartenenza etnica bensì la capacità di rapportarsi con il luogo in cui si risiede considerandolo come la propria casa, come una espansione di sé. La definizione diviene appropriata nel momento in cui si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono.  Infatti chiunque può essere bioregionalista indipendentemente dalla provenienza di origine se segue la pratica dell’ecologia profonda, del vivere  in sintonia  con l’ambiente  e con la comunità dei viventi. E’ una convergenza, una osmosi, che si viene pian piano a creare fra noi ed il mondo in cui siamo immersi, come acqua nell’acqua.  E’ una presa di coscienza  olistica e conseguente azione solidale. E’ un aspetto essenziale della cura per la vita quotidiana e della presenza consapevole nel luogo.”

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Ultimamente si discute molto di “autonomia differenziata”, cosa ne pensa?

“Ritengo che qualsiasi prosecuzione del sistema amministrativo basato sul regionalismo geografico-politico, com’è attualmente in vigore o come si vorrebbe “migliorarlo” in tal senso,  non rientri nel criterio  bioregionale. A questo proposito  vorrei  riaprire il discorso su quali istituzioni territoriali siano più congeniali e adatte all’attuazione dell’idea bioregionale.   Secondo me  gli enti regionali, come sono oggi delineati e costituiti, hanno assunto la funzione di mini-stati all’interno dello Stato. Le Regioni sono carrozzoni amministrativi che appesantiscono la spesa pubblica e non aiutano la politica territoriale ed i veri bisogni della popolazione. Un consigliere regionale dispone di stipendi e prebende e pensioni addirittura superiori a quelle di un parlamentare, non solo questo la gran parte delle spese per progetti regionali sono sovente in antitesi con le vere necessità degli ambiti e delle comunità bioregionali.  In verità l’istituzione delle Regioni come enti autonomi ha portato ad uno scollamento sociale delle varie comunità, all’aumento della burocrazia, alla crescita delle tasse, alla corruzione amministrativa ed alla occupazione clientelare effettuata dai vari partiti.  Ma qualcuno potrebbe obiettare che il territorio ha bisogno di istituzioni intermedie che fungano da cuscinetto tra lo Stato ed i Comuni e queste istituzioni possono essere le Province.  Oggi penalizzate e divenute simulacri amministrativi privi di reali compiti e di quasi nessuna importanza politica. In verità sono proprio le Province, dal punto di vista bioregionale, che danno un senso ed una identità alle comunità. La Provincia rappresenta l’emanazione culturale di una città capoluogo nell’ambito territoriale e nei comuni in cui si estende. Le Province andrebbero riqualificate,  con il sistema della democrazia diretta,  mentre dovrebbero essere aumentate ed elevate le loro competenze di governo del territorio.
La cosa mi sembra logica anche nel contesto dell’appartenenza alla Comunità Europea che pian piano potrà assurgere ad una vera e propria Federazione, con una propria moneta sovrana (non emessa da banche centrali in realtà private) e soprattutto come legante per il senso di comune appartenenza delle genti della nostra Europa, culla e faro di civiltà. Un’Europa in cui le differenze di tradizioni e di cultura potranno essere degnamente rappresentate e salvaguardate  per mezzo delle Province che più strettamente rappresentano e garantiscono l’autonomia culturale e produttiva delle comunità,  esse rappresentano  il fulcro culturale bioregionale.”

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Concretamente, quali potrebbero essere delle misure di natura bioregionale?

“Reitero ed approfondisco il discorso.   La costituzione di -a tutti gli effetti- nuove “repubblichette” (le Regioni) indipendenti all’interno del contesto nazionale ed europeo non  è un  vantaggio per la comunità, anzi porterà guai, delusioni ed odi… E di questo non abbiamo bisogno proprio ora che la crisi economica galoppante e la spinta allo sfacelo morale si fa più forte in Italia e nel mondo.
C’è bisogno di solidarietà e di capacità di riconoscersi con il luogo in cui si vive senza però cancellare l’unitarietà della vita e la consapevolezza che il pianeta è uno come una è la specie umana. Non si può continuare a separare la comunità degli umani su basi etniche o “sociali” o “religiose” o “politiche”, ecc… L’integrazione è solo una conseguenza del vivere in luogo riconoscendolo come la propria casa. Perciò il vero federalismo può essere solo bioregionale ed il riconoscimento con il luogo di residenza deve avvenire nelle forme più semplici e vicine al contesto socio/ambientale in cui si vive. Questo contesto è  in primis il paese e quindi il capoluogo che riunisce una serie di paesi in una comunità facilmente riconducibile ad una identità condivisa. Questa è la “Provincia”. Le Province lungi dal dover essere eliminate dovrebbero anzi assurgere al ruolo rappresentativo dell’identità locale e tale riconoscimento non alienerebbe la comunione ed il senso di appartenenza all’Europa ed al mondo bensì aiuterebbe il radicamento al luogo in cui si vive e la responsabilizzazione a mantenerlo sano e compatto. C’è inoltre da dire che dal punto di vista storico le Province da tempo immemorabile hanno rappresentato il “luogo di origine” mentre le Regioni sono state create massimamente a tavolino per soddisfare esigenze politiche indifferenti alla comunità. Vedesi la costituzione del Lazio, formato per soddisfare le esigenze di una città che doveva essere la capitale di un nuovo impero, costituito smembrando la Tuscia, rubando territori all’Umbria (Rieti) e aree all’ex Regno di Napoli (Formia, Gaeta, etc.)”.

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La sua è anche una riflessione spirituale?


“Il bioregionalismo è una forma attuativa dell’ecologia profonda. Nel senso che l’ecologia profonda analizza il funzionamento delle componenti vitali e geomorfologiche ed il bioregionalismo riconosce gli ambiti territoriali in cui tali componenti si manifestano.
Per fare un esempio concreto: il funzionamento generale dell’organismo vivente viene compreso attraverso il riconoscimento e lo studio delle sue funzioni vitali e dei modi in cui tali funzioni si manifestano. Il bioregionalismo individua gli organi specifici che provvedono a tale funzionamento e le correlazioni fra l’organismo e l’insieme degli organi che lo compongono, descrivendone le caratteristiche e la loro compartecipazione al funzionamento globale. Per cui non c’è assolutamente alcuna differenza fra ecologia profonda e bioregionalismo, sono solo due modi, due approfondimenti, per comprendere e descrivere l’evento vita.
Nell’individuazione e comprensione  di questo processo “vitale”  va inserito come terzo elemento componente “l’osservatore”, cioè l’Intelligenza Coscienza che anima il processo conoscitivo. Ovvero la capacità osservativa e lo stimolo di ricerca e comprensione della vita che analizza se stessa. Anche questo processo di auto-conoscenza, ovviamente, è parte integrante del processo individuativo svolto nell’ecologia profonda e nel bioregionalismo. A volte questa intelligenza intrinseca nella vita è anche detta “biospiritualità” o “spiritualità laica” – E cosa si intende per biospiritualità?  Questa è l’espressione, l’odore sottile, l’esperienza-conoscenza, che traspira dalla materia tutta. Il sentimento di costante presenza indivisa, la consapevolezza dell’inscindibilità della vita, riconoscibile in ogni sua forma e componente, partendo dal “soggetto” percepiente.  Conoscenza “suprema” è la consapevolezza che tutto quel che “è” lo è in quanto tale. Perché l’esistente è uno, non può esserci “altro”…”
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Quali sono le radici dell’idea bioregionale?

“La parola “Bioregionalismo” come pure il termine “Ecologia profonda” sono neologismi coniati verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso, rispettivamente da Peter Berg e da Arne Naess, uno scrittore ed un ecologista, ma rappresentano un modo di vivere molto più antico, che anzi fa parte della storia della vita sul pianeta ed ha contraddistinto quasi tutte le civiltà umane (sino all’avvento dell’industrializzazione selvaggia e del consumismo). Diciamo che il “bioregionalismo” indica un modo di pensare che muove dall’esigenza profonda di riallacciare una relazione sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire -riabitandolo- il luogo in cui viviamo assieme alla variegata comunità di tutti i viventi. Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura – spiritus loci) distinguibile dai campi vicini solo per l’intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l’uno all’altro.
L’inizio della divulgazione dell’idea  bioregionale in Italia risale alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, che apparve su varie riviste e giornali (AAM Terra Nuova,  Frontiere,  ecc.) in cui si cominciò a parlare dell’idea bioregionale. In seguito nel 1996, assieme ad altri ecologisti, fondammo la Rete Bioregionale Italiana, avvenne a Monte Rufeno (Acquapendente – Viterbo). Vorrei qui ancora una volta precisare che l’attuazione dell’idea bioregionale e dell’ecologia profonda non sta nel ritirarsi in campagna, bensì nel vivere pienamente in sintonia, essendone parte integrante inscindibilmente connessa, con la vita che si manifesta nel luogo in cui si è, che sia una montagna, un’isola, una città od un ashram. È anzi necessario che l’ecologia profonda, come era nell’indirizzo preferito da Peter Berg,  sia vissuta soprattutto negli ambiti urbani in modo da contagiarne  e sensibilizzarne gli abitanti,  riequilibrando e riavvicinando la  società umana all’ambiente circostante. Su questa posizione insisto ancora oggi con costanza, inserendovi elementi di ecologia sociale ed anche politica.”

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Assistiamo recentemente al moltiplicarsi di immense conurbazioni, cosa ne pensa?

“Certamente le grandi metropoli sono un cancro sia per l’ambiente che per la vita comunitaria  ma non rinnego la necessità aggregativa della nostra specie. Certo non scivolando nei sistemi parossistici in cui siamo arrivati, in questa società fortemente urbanizzata e virtualizzata.
Essendo vissuto per moltissimi anni in un contesto urbano -sono nato e vissuto a Roma ed ho anche abitato a Verona per diversi anni della mia vita- ed avendo anche tentato per circa 33 anni un esperimento di ri-abitazione in un piccolo borgo abbandonato, Calcata, con conseguente tentativo di ricostituire o -perlomeno- avviare un processo di comunità ideale (non so con quale successo…), posso affermare che massimamente il mio procedere “bioregionale” si è svolto in un ambito  “cittadino”. Ma attenzione, essere un cittadino non significa esclusivamente abitare in città bensì vuol dire riconoscersi in un “organismo” di civiltà umana.
Dal 2010 mi sono trasferito in una cittadina delle Marche, Treia, e questo è un successivo passo avanti verso la mia ricerca di una sistemazione sociologica ideale… Infatti Roma è abitata da oltre 6 milioni di persone, è insomma una metropoli, Verona conta quasi mezzo milione di abitanti, Calcata meno di mille… Mentre Treia arriva quasi a diecimila. Insomma sto cercando una giusta via di mezzo, adatta al mantenimento di un sano rapporto con l’ambiente e gli animali senza dover rinunciare ai vantaggi della  cultura e della “civitas”, essendo noi umani esseri altamente socializzanti…”

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Chi volesse approfondire il bioregionalismo come può fare?

“Occorre cominciare a sperimentare sul campo. Chiedendosi ad ogni azione “è questo ecologicamente compatibile?”. Incontrarsi di tanto in tanto per scambiare i nostri esperimenti e programmi è anche necessario.  In tal senso si può aderire alla Rete Bioregionale Italiana, ricevere e dare informazioni e  partecipare agli incontri. Come fare?  E’ sufficiente riconoscersi nel Manifesto della Rete (http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/), che comunque non è una bibbia ma una indicazione di massima,  confermando il proprio interesse e desiderio di partecipazione scrivendo a: bioregionalismo.treia@gmail.com  – oppure all’indirizzo postale del  Referente: Paolo D’Arpini, via Mazzini, 27 – 62010 Treia (Mc)  – Tel. 0733/216293″
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Ci consiglierebbe un libro ed un album musicale?

“Per quanto riguarda la musica ed il canto, di cui sono io stesso un appassionato cultore, debbo dire che preferisco l’estemporaneità e la musica dal vivo, senza strumenti elettronici, per cui non  potrei consigliare alcun album ma solo invitare gli amici a compartecipare alle nostre sessioni di canto e musica. Ad esempio  partecipando ai nostri incontri bioregionali che si svolgono durante l’arco dell’anno e contribuendo ed iscrivendosi al nostro notiziario telematico giornaliero “Il Giornaletto di Saul”  (iscrizione gratuita ed info: saul.arpino@gmail.com).
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Per quanto riguarda l’approfondimento librario, consiglio l’ultimo  testo edito dalla Rete Bioregionale Italiana,  “Riciclaggio della memoria. Appunti, tracce e storie di ecologia profonda, bioregionalismo e spiritualità laica” (http://www.tracce.org/D’Arpini.htm),  che può essere ordinato contattando il curatore editoriale, Michele Meomartino:   meomartinomichele@gmail.com

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Nota:
Le domande di questa intervista sono state poste da Nicola Nardella, autore de “I diritti di Madre Natura” (vedi recensione:  https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2020/03/i-diritti-di-madre-natura-recensione.html), le risposte sono di Paolo D’Arpini, referente della Rete Bioregionale Italiana

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