Quando la necessità diventa una virtù
Il concetto di Stato sociale nasce nella Germania bismarckiana, allorché inizia a essere utilizzata la parola Wohlfahrtsstaat, “Stato del benessere”, per definire i nuovi compiti sociali dello Stato. Un orizzonte che s’imponeva all’attenzione delle società tedesca per governare i nuovi processi sociali che si erano determinati a causa dell’industrializzazione economica. Anche se è stato impiegato in modo sempre più consistente dopo la fine della 2° Guerra Mondiale.
Il modello economico industriale ha generato sicuramente un miglioramento delle condizioni sociali generali, specie in occidente, ma che non sempre è stato accompagnato nel corso degli anni da una equa distribuzione della ricchezza che ha creato a sua volta disuguaglianze e marginalità. Senza contare il progressivo depauperamento delle risorse ambientali che stanno seriamente mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del pianeta.
Prima dell’avvento della cosiddetta società industriale, quando la maggior parte delle persone viveva in campagna e in piccoli paesi coltivando la terra, era la carità fraterna e la solidarietà a sopperire alle esigenze dei più bisognosi.
Per secoli il contratto di Mezzadria ha regolato il rapporto tra i grandi proprietari terrieri e la massa dei contadini che viveva in casolari e masserie di campagna insieme alle loro famiglie composte da moglie, figli, genitori anziani, parenti e affini. Al duro lavoro dei campi provvedevano i maschi, mentre le attività domestiche e di cura era riservate alle donne. Invece gli anziani si rendevano utili con piccoli lavoretti domestici, spesso accudendo i bambini, curando i malati e governando animali da cortile. Le persone anziane erano ascoltate e rispettate da tutti perché con la loro proverbiale esperienza rendevano più agevole e serena la vita quotidiana.
La durezza del lavoro dei campi unitamente all’indeterminatezza dei frutti del lavoro era un fattore che creava uno stato di precarietà permanente che si rifletteva non poco sul loro tenore di vita, peraltro improntato alla sobrietà. Queste situazioni di obiettiva instabilità hanno suggerito ai contadini la necessità di instaurare rapporti di sana reciprocità con coloro che condividevano la stessa condizione.
Mi ricordo che mio nonno Michele durante la mietitura del grano si avvaleva dell’aiuto degli altri contadini, un apporto prezioso che mio nonno ricambiava quando erano gli altri a mietere. Questo spirito di reciprocità era frequente anche nei piccoli paesi fino a qualche decennio fa. Infatti era una gentile consuetudine rivolgersi ai vicini di casa quando in una famiglia mancava all’ultimo momento qualche cibaria. Una mutualità che si estendeva anche a situazioni più delicate. Ricordo che mia madre Pina, quando ero in fasce, ha allattato anche altri bambini. La maggior parte delle famiglie non si poteva permettere i servizi di una puericultrice!
Lo Stato sociale, per così dire, nella società contadina era garantito dalla famiglia che, come abbiamo visto, viveva unita e numerosa in campagna. Mentre nei paesi veniva assicurato dai rapporti di solidarietà e di buon vicinato. Il welfare state riguardava una serie di servizi scambievoli resi più agevoli grazie alla vita più semplice e naturale che conducevano quelle comunità.
Ritornando al moderno welfare state, tra i suoi scopi principali c’è innanzitutto quello della coesione sociale, nel garantire alle fasce più deboli e svantaggiate della popolazione un livello minimo e dignitoso di servizi senza i quali tanti cittadini andrebbero incontro a serie difficoltà. Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla fiscalità generale che gravava e grava su tutti i cittadini in modo progressivo.
In Europa paesi come la Svezia, la Norvegia e la Finlandia sono noti per avere ampi e generosi programmi di welfare state che coprono una vasta gamma di servizi, dalla sanità all'istruzione, dal sostegno al reddito all'assistenza all'infanzia.
Ma anche l’Italia ha avuto delle eccellenze nei servizi all’infanzia. Qualche annetto fa lessi una notizia che indicava come modelli virtuosi alcune scuole dell’Emilia Romagna. Bisogna ammettere che lo stato sociale, così come l’abbiamo conosciuto, è una conquista della modernità che ha trasformato le opere caritatevoli da parte di munifici benefattori in diritti sociali garantiti dallo Stato.
Il livello e la qualità dei servizi si è progressivamente adattato alle mutevoli trasformazioni sociali. Solo per fare degli esempi, basti pensare agli interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche per i disabili o alla creazione di corsie preferenziali per una diversa mobilità urbana, ecc…
Negli ultimi decenni, la trasformazione della società italiana, la cui popolazione vive prevalente nelle grandi aree urbane con il conseguente spopolamento dei paesi dell’entroterra e l’abbandono delle campagne, ha generato una serie di nuove emergenze sociali tra le quali spicca la condizione degli anziani. Tutto ciò ha imposto una ridefinizione del vecchio stato sociale, che aveva raggiunto il suo apice a metà degli anni ’70.
I nostri nonni non vivono più circondati dall’affetto e dalla premura dei familiari, dal momento che anche le famiglie hanno subito trasformazioni profonde con i giovani che non vivono più con i genitori spinti dalla necessità di trovare lavoro e una natalità sotto la crescita zero.
Come dimostrano recenti studi, la maggior parte degli anziani vive da sola trascorrendo le giornate il più delle volte guardando la televisione o confortati dalla presenza di qualche amabile pet. Il problema per loro incomincia a sorgere quando non sono più indipendenti, quando gli acciacchi della vecchiaia crea loro non pochi problemi.
Ora se hanno risorse economiche personali o una famiglia benestante che li supporta possono permettersi l’ausilio di qualche collaboratrice domestica, altrimenti, se percepiscono una magra pensione sociale, diventa davvero arduo vivere la quotidianità. Conosco personalmente situazioni di persone anziane che hanno rinunciato addirittura a curarsi per mancanza di risorse economiche. Una situazione davvero vergognosa se solo si pensi agli sprechi, ai lauti guadagni e ai privilegi di certe categorie sociali!
Come abbiamo ricordato il welfare state dipende dalla tassazione generale, cioè dal gettito fiscale che uno Stato riesce ad incassare dalla ricchezza prodotta dai suoi cittadini.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo con la chiusura di molte aziende e un lavoro sempre più precario e mal pagato, il rischio di una disgregazione sociale è molto alto. La forbice tra ricchi e poveri si è fatta sempre più ampia e le persone che vivono sotto la soglia della povertà sono il 10% della popolazione italiana. Fino a qualche decennio fa davanti alle mense della Caritas trovavi prevalentemente extra comunitari. Oggi fanno la fila anche cittadini italiani!
Questo quadro tutt’altro che rassicurante è pesantemente aggravato in Italia da un debito pubblico spaventoso, la cui spesa per interessi rappresenta una pesante zavorra che pesa su tutti i cittadini. Una situazione che si sta ulteriormente aggravando soprattutto in questi ultimissimi anni a causa di fattori geopolitici che stanno ridisegnando i futuri assetti mondiali.
Morale della favola, i governi occidentali, compresa l’Italia, stanno attraversando una delle più gravi crisi del dopoguerra, ma la cosa più preoccupante è la politica sempre più al servizio delle lobbies finanziarie. Tranne lodevoli eccezioni, l’agire politico non sembra più al servizio dei cittadini, ridotti ormai al rango di consumatori e di inutili sudditi.
Il vecchio Welfare State è ormai un lontano ricordo, ogni anno che passa i governi tagliano le spese per lo stato sociale la cui gestione non di rado è appannaggio degli affaristi a scapito della qualità dei servizi, molti dei quali sono stati appaltati ai privati che hanno come obiettivo il profitto.
E quindi anche le Amministrazioni locali, come i piccoli comuni, data la penuria di risorse sono state pesantemente penalizzate e non possono più garantire alcuni servizi che un tempo assicuravano.
E allora, e con queste domande chiudo la mia riflessione, come si affrontano questi problemi? Qual è il compito di chi amministra e quello dei cittadini?
Ma davvero decenni di consumismo sfrenato ci ha trasformato in cittadini apatici e indifferenti alle sorti delle nostre comunità? Siamo diventati una massa di egoisti e di cinici individualisti insensibili alle sofferenze dei più deboli? Stento a crederlo, tuttavia, mi permetto un suggerimento, cioè quello di recuperare le vecchie abitudini di buon vicinato che ha permesso alle società del passato, sostanzialmente povere, di affrontare con uno sforzo corale, non priva di sacrifici, i problemi del loro tempo. Una sfida che oggi potrebbe avvalersi dell’apporto delle nuove tecnologie per una migliore ottimizzazione delle risorse disponibili.
Le persone più sensibili e responsabili di fronte a questi problemi non possono rimanere insensibili. Mai come in questi momenti le comunità sono chiamate a fare di necessità virtù!
Michele Meomartino - Rete Olistica Italiana
Questi e simili argomenti saranno trattati durante la 41esima Edizione della Festa dei Precursori che si tiene a Treia (Mc):
Bozza di programma:
Sabato 26 aprile 2025
Ore 16.00 - al Centro Storico di Treia - In luogo da definirsi
Tavola Rotonda sul tema "Valori sociali per una comunità eco-solidale"
Moderatore Michele Meomartino, fondatore della Rete Olistica Italiana
Partecipano Associazioni ed Enti preposti alla Promozione Sociale e Culturale
Ore 20.30 - Sala di Meditazione del Circolo VV.TT. Via Mazzini 27, Centro Storico
Sessione di Bhajan con Upahar Anand e Venu con Prasad da ognuno portato
Prenotazione necessaria: Caterina Regazzi 333.6023090
Domenica 27 aprile 2025
Ore 10.00 - Appuntamento all'Auser Treia, Via Lanzi 20, Centro Storico
Passeggiata nel verde con Andrea Giavara, esperto di erbe spontanee officinali e mangerecce
Ore 13.30 - Degustazione condivisa presso il Circolo VV.TT., Centro Storico
Prenotazione necessaria: Caterina Regazzi 333.6023090
La giornata si conclude con un discorso sull'alimentazione naturale non violenta a cura di Paolo D'Arpini
Info: 0733/216293 - 333.6023090
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