Visualizzazione post con etichetta Rete Bioregionale Italiana. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Rete Bioregionale Italiana. Mostra tutti i post

giovedì 17 settembre 2020

Appello della Rete Bioregionale Italiana al Governo per trasformare l'Italia in un'Oasi della Biodiversità, OGM Free

Campagna attorno Treia
 
 
"La fine del mondo inizia con la fine della biodiversità..." (Saul Arpino) 
 
 
Le mutazioni genetiche artificiali sono irreversibili ed incontrollabili, una volta che sono state immesse nuove varietà geneticamente modificate tutte le altre piante consimili sono destinate ad imbastardirsi con conseguente “vizio” riproduttivo ed incapacità di offrire una sicura difesa alle malattie, contrariamente a quanto dichiarato dai produttori,  e di rispondere in modo adeguato alle variazioni climatiche o ambientali. Gli  OGM sono una bomba ad orologeria che ha già iniziato a scandire il tempo… avvertendoci che il momento della “esplosione” è quasi giunto…
 
Infatti in natura le mutazione genetiche avvengono spontaneamente e quelle che risultano favorevoli alla sopravvivenza ed allo sviluppo delle specie si mantengono mentre quelle sfavorevoli sono destinate a scomparire. Al contrario le mutazioni genetiche provocate artificialmente dall’uomo sono funzionali a imprimere nelle specie caratteristiche che sono favorevoli agli interessi dell’uomo e non delle specie in se stesse o dell’ambiente che le ospita.
 
La contaminazione del Polline da OGM e, soprattutto, il Trasferimento Genico Orizzontale di parti del DNA transgenico, da una specie all’altra, rappresentano una minaccia per la salute, l’ambiente, le tradizioni agricole dei popoli.   
 
Infatti  i mali provocati dagli OGM non sorgono solo nelle inevitabili mutazioni e contaminazioni delle specie vegetali.. La globalizzazione nel settore agricolo impone una concorrenza così feroce e tecniche agronomiche e produttive che siano in grado di ridurre sempre più i costi di produzione. Anche in Italia quindi vi è la corsa ad una agricoltura intensiva e monocolturale, che ha impedito la tipica rotazione agraria ed ha favorito l’insorgenza di malerbe infestanti e parassiti resistenti. Da qui l’uso di veleni. La tecnica degli OGM non fa altro che confermare e consolidare questo tipo di agricoltura intensiva monocolturale, che punta tutto alle rese ettaro, ma ci  toglie i sapori e gli odori tipici dei nostri prodotti agricoli.
 
Forse, forse è ancora possibile bloccare il processo  di imbastardimento e cancellazione della vita a noi conosciuta…. però occorre far presto, prima che sia troppo tardi, occorre disinnescare la bomba, interrompendo l’immissione di nuove specie OGM nell’ambiente.  Occorre impedire la diffusione di tali coltivazioni in Italia...  
 
L'Italia può ancora fare qualcosa magari avvalendosi delle peculiarità del suo ambiente mediterraneo e montano, proponendosi come un paese  conservatore di antiche sementi e della biodiversità bioregionale. E questo vuole essere un invito al Governo in carica per dichiarare la nostra penisola un' "Oasi OGM Free". Una sorta di riserva mondiale della natura. Un tempio della Natura.  
 
Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana
 
 
A favore dei nuovi nati....

venerdì 8 novembre 2019

Bioregionalismo e Rete Bioregionale Italiana - Alcuni chiarimenti


Risultati immagini per Bioregionalismo e Rete Bioregionale Italiana

Secondo definizioni "ufficiali" il bioregionalismo è un fenomeno culturale con risvolti politici, economici ed ambientali legato al territorio in cui si vive,  ma in realtà chi può definirsi "bioregionalista"?

Si è bioregionalisti il momento che si comprende e si vive sapendo che tutto ciò che ci circonda è noi stessi.    Il momento che  si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono, indipendentemente dalla propria origine etnica o nazionale. Infatti chiunque può essere bioregionalista nel luogo in cui vive. 


Si è bioregionalisti con  la messa in pratica  dell'ecologia profonda, cercando di restare in sintonia il più possibile col mondo che ci circonda, in un modo in cui, pur sentendosi liberi, non si ha bisogno di provocare danni all'ambiente, cercando quindi di portare l'equilibrio fra l'uomo, l'ambiente e gli altri esseri viventi e non. 

E' molto importante, secondo me, che, anche nei rapporti con gli altri, si tenga sempre presente questo "spirito" in cui  l'ecologia  diventa una costante della vita, come un sottofondo profumato, e non viene dimenticata mai, per ritornare alla superficialità, alla falsità, al consumismo, al...

Siccome il bioregionalsimo e l'ecologia profonda si praticano nel territorio in "cui si vive" ci si riconosce idealmente con qualsiasi altro movimento che si definisce bioregionale e che opera in qualsiasi altra parte del mondo. Ma non esistono  necessariamente veri e propri legami operativi. Certamente si condividono le informazioni e si  cerca di dialogare ed informare... ma questa operazione viene fatta ad ampio raggio, lasciando che ognuno agisca in sintonia con le necessità del territorio in cui dimora ed opera...

Anche la Rete Bioregionale Italiana, in tal senso, non può definirsi  un movimento compatto, dal 1996 (anno della sua fondazione) esistono varie realtà anche disgiunte che agiscono in diversi modi operativi e tematici.  La Rete Bioregionale Italiana sorge dall'incontro di  varie realtà che praticano  l'ecologia profonda, il   bioregionalsimo  ed una spiritualità naturale.  La rete consente libertà di azione locale e il perseguimento di fini comuni, collegati e coniugati ai diversi territori ed alle  tematiche bioregionali e sociali. L'adesione al Movimento/Rete avviene per semplice condivisione dello stile di vita, lasciando ad ognuno la propria libertà di occuparsi degli argomenti che di volta in volta emergono, per dare risposte necessarie contingenziali ai problemi e per proporre iniziative che possano aiutare le comunità.

Paolo D'Arpini


Immagine correlata
bioregionalismo.treia@gmail.com

domenica 16 giugno 2019

Bioregionalismo. La nonviolenza ed il far la pace con la Terra...


Risultati immagini per bioregionalismo paolo d'arpini

La posizione  assunta nella società -umana od animale che sia- di noi bioregionalisti della Rete Bioregionale Italiana è basata sulla  nonviolenza. Il che  non vuol dire accettare e subire passivamente il male.  In passato di tanto in tanto si son venute a creare delle differenze d'opinione all'interno della Rete, soprattutto riguardo alla alimentazione nonviolenta od  alla protesta attiva nei confronti della società consumista. Alcuni di noi si sentivano più "bombaroli" altri preferivano  ritirarsi in baite di montagna a fare gli eremiti. 

Come al solito mi son trovato a percorrere una via di mezzo. Ho cercato di influire sulla società, soprattutto con l'esemplificazione od anche  attraverso azioni e proposte politiche in sintonia con l'ecologia profonda, ho cercato di rappresentare un modello di vita che fosse congeniale con il criterio bioregionale, certo non un modello "forzato" bensì un semplice adeguamento alle circostanze in termini nonviolenti ed ecologisti. Non ho trascurato momenti di convivialità ed incontro per condividere esperienze e tramandi, senza pretenziosità. Questo -ad esempio- facciamo da molti anni in occasione del Collettivo Bioregionale Ecologista del solstizio estivo.  

Fare la parte  del  "gandhiano" passivo non mi è congeniale ma nemmeno fare  il guerrigliero  è nella mia natura. Ho la pretesa di credere che una tale via di mezzo "bioregionale" tenga conto della sopravvivenza reciproca di tutti gli elementi in gioco. Con ciò  ha fatto arrabbiare parecchi  miei compagni di viaggio, oltre che le parti avverse cioè tutto l'establishment ed i benpensanti. 

La nonviolenza   - diceva  l'amico Piero- dovrebbe essere attiva e sincera,  coinvolgendo l'ambiente in cui la si pratica, la sua possibilità di risonanza e testimonianza ma anche, da un altro lato, i convincimenti e la forza personale, che sono cose distinte dalle prime (una persona può agire in modo nonviolento anche se nessuno lo verrà a sapere; ovvero, la testimonianza nonviolenta può anche essere totalmente personale, non pubblica.  

Risultati immagini per bioregionalismo e far la pace con la Terra..

Insomma la nonviolenza di carattere bioregionale non può essere una professione, come quella praticata da certi  bioregionalisti d'oltre oceano, propensi a cantare la natura e gli animali,  contemporaneamente andando nei parchi a caccia, oppure  protestare per  i giochi olimpici invernali in Italia, come fonte d'inquinamento, senza curarsi delle distruzioni e avvelenamenti della terra  da parte dei loro stessi governi.  Purtroppo l'ipocrisia piace al sistema, le belle prediche trovano spazi sui media di sistema, il bioregionalismo "geografico" viene esaltato persino su wikipedia, mentre il "vero" bioregionalismo, quello pratico  del vivere bioregionalmente nel luogo  in cui si vive, e non "altrove",  vi trova poco spazio.  

L'amica bioregionalista  vegetariana Marinella Correggia, con  tutte le sue azioni di sensibilizzazione sociale, si poneva il problema di come strappare la bandiera della nonviolenza dalle mani del "nemico". Quel nemico gradito al sistema. In cui troppo spesso ai "ma" seguono i "sì" per onorare una certa coerenza di facciata ed allo stesso tempo aderire alle scelte dello "sviluppo" sostenibile.  

Il bioregionalismo e la nonviolenza  sono una contraddizione attiva,  la loro attuazione è  immersa nella contraddizione,   altra cosa   è la "coerenza formale"... quella formalità descrittiva, che si adegua alle esigenze della "crescita" e delle consuetudini consolidate.

Per questo in alcune occasioni  definisco i veri bioregionalisti   "ribelli e precursori", cioè quel che noi stessi siamo. Anche se alcuni nostri detrattori dicono che siam solo  sessantottini non pentiti, oppure inveterati illusi, poiché il nostro voler cambiare il mondo si risolve in un nulla.  Sarà così,  ma almeno stiamo cercando di farlo cominciando dal cambiare noi stessi, decidendo per noi stessi quei comportamenti necessari a creare una nuova civiltà umana.  Perciò ci definiamo  "precursori e ribelli” e non “rivoluzionari” poiché, come disse Osho, il rivoluzionario appartiene ad una sfera terrena mentre il ribelle e la sua ribellione sono sacri.  


Paolo D'Arpini

Risultati immagini per bioregionalismo paolo d'arpini
Rete Bioregionale Italiana

lunedì 3 giugno 2019

Agro Falisco. Una bioregione culturalmente e geomorfologicamente omogenea


Vista della valle del Treja da Calcata

Ricordo che abitando a Calcata,  la culla della civilizzazione falisca, ed avendo da poco contribuito alla fondazione della Rete Bioregionale Italiana, mi cimentai nel tentare di individuare la mia bioregione di appartenenza, considerando sia l'aspetto storico-culturale  che quello  geomorfologico. 

Infatti sapevo che negli USA, dove il concetto bioregionale era riemerso in seguito ad una presa di coscienza sull'identità dei luoghi, si interpretava il bioregionalismo più che altro in termini geografici, facendo combaciare i "limiti" bioregionali con quelli di un habitat naturalistico, un bacino fluviale, una pianura, un deserto, una montagna.. etc.  

Ovviamente la nostra matrice europea e la considerazione del Genius Loci di una specifica area fece sì che l'individuazione del territorio bioregionale in cui mi riconoscevo avesse sia le caratteristiche di uno specifico territorio caratterizzato da rocce tufacee, vegetazione e fauna, corsi d'acqua, etc,  ma soprattutto contraddistinto da una originale civiltà storica, quella dei Falisci. 

Quello che segue è un testo discusso e commentato durante un incontro bioregionale tenuto a Faleria, verso l'autunno del 2008, in cui si parlava tra l'altro della formazione di un "parco culturale  dell'Agro Falisco", un tema che era stato dibattuto in varie sedi e da parecchi anni (a cominciare dalla fine degli anni '70) in vari incontri tenuti a Calcata, a Civita Castellana, a Nepi, a Campagnano, etc.

La culla della civilizzazione falisca.

A valle della stretta di Orte, dopo aver ricevuto le acque del Nera, il fondovalle del lume Tevere si allarga gradatamente e, prima di compiere la grande ansa che si è dovuto aprire intorno al monte Soratte, viene accresciuto, quasi nello stesso punto, a sinistra dal torrente Aia ed a destra dal Treja. Questo luogo per secoli ha rappresentato il crocevia di due importanti civiltà italiche, quella Falisca e quella Sabina. Tutta l’area è dominata dalla massiccia presenza del Soratte, una montagna ritenuta sacra, che si solleva unica ed atipica, con il bianco del suo calcare, nel piatto paesaggio vulcanico che la circonda. Questa era la sede del Dio Soranus, l’antico nome di una divinità solare, che dall’alto protegge tutto l’Ager Faliscus.

I Falisci sono una popolazione di origine indoeuropea che prosperarono nell’area bagnata dal fiume Treja e dai suoi affluenti. Questo complesso sistema di corsi d’acqua forma un bacino idrografico piuttosto ampio che, infatti, coincide con la regione anticamente conosciuta come “Agro Falisco”.

Questo territorio è geograficamente delimitato da una serie di colline che si aprono verso nord-est. La parte interiore del bacino ha un andamento Est-ovest, mentre la parte più alta tende verso Nord-est. È in questo settore che si trovano i rilievi maggiori. quali la macchia di Monterosi (mt. 430), Il Monte Roccaromana (mt 812) ed il Monte Calvi, tutti appartenenti all’apparato vulcanico Sabatino; mentre Poggio Cavaliere (mt 809). Poggio Maggiore (mt. 622) ed il Monte San Rocco (mt. 700) fanno parte del complesso Vicano. Nella parte interiore del suo bacino il Treja scorre essenzialmente verso Nord, seguendo in senso inverso la direzione del primordiale percorso del Tevere (Paleotiber) mentre in prossimità di Civita Castellana cambia bruscamente direzione volgendosi a confluire nel Tevere.

Amministrativamente il bacino del Treja è compreso fra le due province di Roma (Rignano Flaminio, Sant’Oreste, Magliano Romano, Mazzano Romano, Campagnano di Roma, Sant’Oreste, Morlupo, Capena, ed altri) e Viterbo (Bassano Romano, Calcata, Capranica, Faleria, Corchiano, Caprarola, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Sutri, Monterosi, Nepi, Ronciglione, ed altri), complessivamente la popolazione residente nell’intero bacino è di circa 200.000 abitanti e la sua estensione è di poco più di 700 chilometri quadrati. Probabilmente questa è la ragione che ha permesso la conservazione degli ecosistemi vegetali delle forre del Treja, aree troppo impervie e di difficile utilizzazione agricola.

Le formazioni vegetali tipiche sono rappresentate da una mescolanza di alberi a foglie caduche e di sempreverdi, definite dai botanici come boschi di transizione di querceti misti. Nel nostro caso alla presenza dei querceti misti è connessa una situazione di microclima locale determinato dalla particolare situazione orografica e del suolo. Gli alberi di questi boschi sono per la parte sempreverde il leccio e per la componente caducifoglia la roverella, il ceno, il tarpino nero e l’acero campestre. Nella spalla di tufo, libera da vegetazione, nidificano i passeri, mentre il gatto selvatico riposa al sole di piccole radure. Nelle cavità ricoperte di edera e vitalba si trovano i nidi dell’allocco e del gufo e la tana invernale del gufo.

I ruderi abbandonati o le grotte offrono riparo ai tassi ed alle volpi.

Nel fori dei muri nidificano i barbagianni mentre le cime dei grandi alberi e le crepe delle rocce più ripide permettono ai rapaci, come il falco lanario, di nidificare. Le acque limpide di alcuni fossi ospitano il bel gambero di fiume, che ancora si nasconde sotto i massi di tufo ed è una preda notturna della puzzola. Ma la fauna è sempre più messa a repentaglio da una dissennata utilizzazione del territorio che non risparmia nell’uso di fertilizzanti, anticrittogamici ed insetticidi e diserbanti, mentre l’edilizia induce a tagliare sempre nuove fette di territorio vergine. È per tutti questi motivi che dalle associazioni protezioniste, soprattutto la Legambiente di Civita Castellana ed il Comitato per l’Agro Falisco di Calcata, giungono continue sollecitazioni per arrivare ad un ampliamento dell’area protetta, allargandola a tutte le forre del bacino del Treja.

Tutto questo territorio è oggi sede di importanti attività umane. L’utilizzazione prevalente è quella agricola. Le attività industriali sono concentrate nell’area che gravita attorno al comune di Civita Castellana. Altra attività caratteristica è quella estrattiva, con la presenza di numerose cave di tufo, che in alcuni casi hanno modificato radicalmente l’assetto originario del paesaggio.

Per quanto riguarda gli aspetti colturali si ha una netta divisione fra la parte alta del bacino, in cui prevalgono i noccioleti e castagneti, e quella inferiore con i prati-pascoli e seminativi. Un po’ ovunque sono distribuiti oliveti e vigneti.

Nel territorio di Nepi, dove maggiore è la disponibilità di acqua superficiale, è particolarmente praticata l’orticoltura. La ceramica è l’attività industriale più diffusa, una tradizione che si ricollega alla grande quantità di oggetti in terracotta rinvenuti sin dal periodo falisco, ma oggi essa è fonte di grave inquinamento, provocato dai residui chimici degli impasti e dei colori, tra cui desta preoccupazione la presenza di piombo e cadmio. Infatti, malgrado gli impianti debbano essere dotati di depuratori, spesso questi non funzionano a dovere o addirittura non vengono nemmeno azionati.

Di conseguenza si possono incontrare nei fossi che confluiscono nel Treja grandi chiazze giallastre o bianche. C’è da dire però che il maggiore danno ambientale viene causato dagli scarichi civili dei numerosi centri urbani, in quanto le loro reti fognanti scaricano nel fiume senza essere minimamente depurate. Tuttavia anche se questo territorio è considerato un ambiente fortemente antropizzato si rinvengono ancora formazioni vegetali di tipo forestale, per lo più localizzate nella parte centrale del bacino del Treja, dove i corsi d’acqua, incidendo profondamente i depositi vulcanici, danno origine ad una serie di forre, che rappresentano un’unità morfologica di grande interesse naturalistico. 

Su queste ruvide pareti tufacee sono state scolpite le necropoli e le dimore rupestri che sono la caratteristica del paesaggio dell’Agro Falisco, infatti i Falisci trasformarono le rupi in schiere di facciate architettoniche. L’esecuzione di scavi nella roccia tufacea ed il suo uso particolare ha rappresentato un archetipo che servì come modello per le popolazioni avvicendatesi sul territorio. Il primo vero e proprio insediamento arcaico, la mitica Fescennium, è una città policentrica (risalente al 1200 a.C.) che è stata localizzata fra Narce, Pizzopiede e Monte Lisanti, proprio sulle rive del Treja, in un’area che attualmente ricade nei comuni di Calcata e Mazzano Romano. È perciò da qui che ebbe origine la tribù dei Falisci ed è qui che, con decreto regionale del Lazio del 1982, fu costituito il primo lembo dell’area protetta delle forre, denominato Parco suburbano della Valle del Treja. Invero l’Agro Falisco pullula di siti naturali, adatti alla edificazione, infatti molti sono i centri fortificati che punteggiano questo territorio.

Falleri (l’attuale Civita Castellana) fu la città più popolosa, anche se non assurse mai al ruolo di capitale, essendo la civilizzazione dei Falisci costituita in federazione di libere città stato. Altri centri importanti furono Nepet (Nepi), Sutrium (Sutri) e la già nominata Fescennium (Narce).

L’identità culturale del popolo falisco, anche dopo la definitiva conquista romana avvenuta nel 241a.C., rimase sotto fora di religione di cui Giunone Curite (Dea della fertilità) era la massima espressione. Durante il periodo romano il bacino del Treja fu attraversato dalla via Amerina che, all’altezza dell’attuale Monterosi deviava in direzione di Amelia (Umbria) edè lungo questa direttrice che si spostò la maggior parte della popolazione e delle attività. Fu durante le invasioni barbariche che le genti l’Agro falisco ripresero ad occupare i siti ben protetti del periodo pre-romano e nacquero così centri come Castel Porciano, Filissano, Stabia ed in particolare Castel Paterno (attualmente nel territorio comunale di Faleria) dove l’imperatore Ottone III stabilì la sua residenza nella speranza di restaurare il Sacro Romano Impero, ed i due centri storici di Calcata e Mazzano Romano, attualmente inseriti nel Parco del Treja. 


La struttura urbanistica di questi abitati era, ed è, molto semplice: una o due vie mediane longitudinali attraversate da più strette vie trasversali; al centro, la piazza grande con la chiesa, il municipio e le abitazioni dei nobili; all’estremità della parte accessibile era collocato il castello: come baluardo difensivo sormontato da una torre di avvistamento. Infatti in epoche di grandi sconvolgimenti era più sicuro abitare in posti piccoli ed isolati mentre in epoche con stabilità economica è più agevole abitare lungo le grandi vie di comunicazione. Ciò che è un ricordo del passato è facilmente verificabile ed attuale anche oggi.  

Paolo D’Arpini


(Fonti storiche da saggi di Paolo Portoghesi, Gianluca Cerri e Gilda Bocconi)
  

lunedì 11 marzo 2019

Bioregionalismo - "Rinominare l'ambiente: la Terra, casa di tutti"


Risultati immagini per rete bioregionale

Ancora ci ostiniamo a vedere la  Terra come fonte di risorse inesauribili, composta di sole materie prime, ma prime per cosa? Per la vita o per il consumo ad esaurimento? 

La nostra Terra è  forse unica in tutto l'Universo, il solo pianeta per noi abitabile. In natura non esistono infatti due cose identiche,  prendiamo l'esempio di una foglia di un  albero  che non è mai uguale ad un'altra dello stesso albero, così è  anche per un cristallo di neve od un granello di sabbia, ognuno con la sua peculiarità. 

La nostra Terra è il solo pianeta per noi abitabile ma la nostra  civiltà lo considera meno di un "valore aggiunto". Quando i politici, gli scienziati e gli economisti prenderanno coscienza di ciò?  

Occorre esprimere modi diversi d’economia, di scienza e di politica, rinominando l'ambiente, la nostra  vita, la nostra società:  la Terra casa di tutti. 

Risultati immagini per paolo d'arpini in campagna

La visione del bioregionalismo, dell'ecologia profonda e della spiritualità laica, che è reintegrativa dell'insieme, è un’intuizione per sentirci parte -espressione- della Terra che oggi con disprezzo calpestiamo.  Occorre un riequilibrio consapevole  sia del grado d’avanzamento tecnologico della civiltà attuale che del metodo di soddisfacimento  delle nostre necessità basilari: mangiare, bere, respirare e godere la  vita.

Scrive Guido Dalla Casa: "...moltissimi scienziati, filosofi, pensatori sono d’accordo sulla estrema gravità della situazione del Pianeta. Si tratta di una grandissima maggioranza, ormai non più mascherata dalla piccola minoranza che esprime parere contrario, costituita in gran parte da pochissimi scienziati pagati dalle multinazionali e dagli industriali in genere. (...) Il collasso del sistema sembra  ormai inevitabile.  Meglio un’inversione di rotta..."

Immagine correlata

In questo momento storico ci è consentito solo di seminare a spaglio senza sapere se e come e quando i nostri semi germoglieranno. Almeno questo io sto facendo, da così tanto tempo che ho smesso completamente di preoccuparmi dei risultati. Esprimo idee per mantenermi in tono con me stesso. D’altronde cosa possiamo fare di più?  
Nella psiche collettiva si crea pian piano un’onda… poi il cambiamento avviene da sé, com’è giusto che sia.

Paolo D'Arpini

Risultati immagini per paolo d'arpini in campagna

Rete Bioregionale Italiana
bioregionalismo.treia@gmail.com

martedì 20 novembre 2018

Rifiuti solidi urbani: "No all'incenerimento sì al recupero integrale delle materie prime..." Questa la risposta bioregionalista al governo giallo-verde


Immagine correlata

Ante Scriptum - Si auto-definisce “governo del cambiamento”, questo giallo-verde, ma in merito al problema rifiuti sembra ancorato al vecchio sistema consumista inquinante e distruttivo.  Parafrasando Furio Camillo vorrei dire: “Non con l'incenerimento si bonifica l'Italia ma con il recupero integrale delle materie prime e con la diminuzione della produzione RSU”.  
    

Risultati immagini per Profumo d'italia ibro di  fulvio di dio

“Rifiuti: opzione zero”. Questo il dogma sottinteso nel libro "Profumo d'Italia" del bioregionalista  Fulvio Di Dio,  il quale ha indicato i modi per uscire fuori dall'emergenza continua.

“Rifiuti: opzione zero!”. Negli ultimi trent'anni ed anche più ho costantemente combattuto per ottenere questo risultato... ho studiato le problematiche legate alla gestione dei rifiuti, con un’attenzione particolare ai pericoli derivanti dall’incenerimento ed alle alternative  più sicure e più sostenibili.

E qui ripeto che occorre far entrare nelle maglie della consuetudine culturale l’idea che “non esiste altro posto che questa Terra in cui possiamo vivere e di conseguenza è meglio mantenerla pulita e vivibile” A volte esperimenti encomiabili son stati avviati, come ad esempio “l'avvio della raccolta differenziata”, ma sono iniziative senza risultati sostanziali. Tant'é che il reale  riciclaggio è praticamente assente...

Eppure se non risolviamo il problema dei rifiuti a monte... nessun "termovalorizzatore" potrà salvarci, dico questo con tristezza, ma è la pura verità....

Se si facesse partire un sistema di recupero e riciclaggio al 100% dei RSU, considerandoli materie prime, ecco che l'economia troverebbe il volano di una ripresa immediata. Si creerebbero nuovi posti di lavoro, si risparmierebbe sulle materie prime, non sarebbe più necessario importare metalli qui da noi rari (come l'alluminio), etc. si risparmierebbe sulla costruzione di discariche ed inceneritori che sono in fondo solo bombe ad orologeria, etc....

Il primo passo, comunque,  deve essere quello della diminuzione nella produzione dei rifiuti, ritornando al sistema di riuso dei vuoti e alla proibizione degli involucri e degli imballaggi in plastica, tra l'altro anche in considerazione del continuo aumento del costo del petrolio, della sua crescente penuria e dell'inquinamento ambientale ad esso collegato... 



Risultati immagini per petrolio

Insomma,  serve uno scatto di reni e di cervello e non l'accettazione dei termovalorizzatori che producono poca energia ad altissimo costo ed hanno il solo vantaggio di far sparire dalla vista i rifiuti, ma non le sostanze velenose che restano nell'aria o diventano polveri residue tossiche altamente inquinanti e che richiedono un trattamento ed una conservazione come quella delle scorie nucleari.

Nelle grandi città italiane,  con la situazione delle discariche al pieno, c’è il rischio di voler risolvere il problema dei rifiuti urbani (in perenne emergenza) con il sistema “terminator” che porterà inevitabilmente alla creazione di una serie di nuove discariche ed inceneritori. Le residue aree verdi  diverranno una pattumiera gigante o terra bruciata.  


Si tratta solo di scegliere se si vuole l’inceneritore o la discarica?

No,  se vogliamo che la vita continui nel nostro territorio asfissiato dai fumi e dalle puzze non possiamo pensare di risolvere con questi metodi il problema dei RSU. L’incenerimento, già lo sappiamo, è fonte di inquinamento pesantissimo ed inoltre è diseducativo dal punto di vista della salvaguardia delle risorse.

Non si può continuare a tappar buchi aumentando sempre più la piaga. Da qualche parte occorre iniziare per fermarsi e lanciare un segnale positivo  per un "vero" cambiamento!

Paolo D’Arpini 




Coordinatore della Rete Bioregionale Italiana - bioregionalismo.treia@gmail.com





.......................................

P.S. Inoltre va considerato che la battaglia contro il consumismo e gli sprechi energetici deve partire dalla casa di ognuno, dalla consapevole e personale azione di ognuno di noi. Non posso far a meno di affermare che se non iniziamo da noi stessi il processo del “ritorno” all'ecologia profonda ed al bioregionalismo non decolla… (P.D'A.)

domenica 11 novembre 2018

La sopravvivenza necessaria, ultima ratio

Risultati immagini per sopravvivenza

L’esistenza è fatta di cose semplici e tutto sommato accessibili a tutti i viventi: cibo, aria, acqua, soddisfazione dei bisogni fisiologici, riparo, socializzazione, procreazione… Ma in questo momento storico la virtualizzazione ha raggiunto livelli altissimi di astrazione dal vissuto quotidiano e dalle reali necessità. La vita è diventata quasi un grande ”game” alla Nirvana. Quando arriverà la Grande Crisi? Quella finale?
La dura realtà fatta di cose concrete spazzerà le nebbie dell’immaginario e del sogno ad occhi aperti.
Politica, finanza, potere, ricchezza… tutta immondizia più sporca di quella che si accumula nelle strade di Napoli, di Calcutta, del Cairo, di Buenos Aires, di New York e persino del paesello sui monti, Treia compresa.
Vengo al dunque, in questo momento si parla molto dell’imminente crollo economico/ambientale mondiale e di come poter risolvere i problemi della produzione energetica, funzionale al mantenimento della struttura tecnologica in cui la nostra civiltà sguazza e sprofonda.
Si continua a spingere il dibattito verso la crisi energetica mentre il vero problema è la crisi del petrolio visto non solo come carburante ma soprattutto come materia prima per la produzione di presidi chimici e beni di consumo. Diceva l’amico Benito Castorina: “Una visione più ampia suggerisce un cambiamento di rotta: la realizzazione di tutti i composti e i derivati del petrolio con le materie prime vegetali, scelta che rappresenta il piano strategico per un mondo senza rifiuti…”
Sabbie mobili. Viviamo con la paura di sprofondare e siamo già con l’acqua alla gola, quindi tutto ciò che facciamo peggiora soltanto la situazione. Ed allora lasciamo che le cose vadano come debbono andare… proviamo a “galleggiare nella mota” se ci riesce…
Insomma.. La nostra civiltà è agli sgoccioli e possiamo aspettarci solo il crollo ignominioso e generale. Un tracollo annunciato e temuto e auspicato… ed infatti da più parti si preconizza la fine del sistema come evento liberatorio.
Non voglio far la parte del catastrofista ma vi consiglio di cominciare attivamente a trovare soluzioni alternative, basate sulla personale conoscenza ed esperienza “pratica” di ognuno per affrontare i rischi a venire. E buon divertimento nella “sopravvivenza quotidiana”.
Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana

lunedì 22 ottobre 2018

Nascita del Gruppo Unitario per le Foreste Italiane (GUFI) - Con l'adesione della Rete Bioregionale Italiana

Immagine correlata

Si è dato vita nel nostro Paese al Gruppo Unitario per le Foreste Italiane (GUFI). Il gruppo è nato in modo spontaneo da semplici cittadini, professionisti, esperti di ambiti molto diversi (ecologi, biologi, agronomi, forestali, naturalisti, giuristi, medici, ingegneri, ecc.), gruppi e associazioni, tutti accomunati dalla volontà di mantenere e preservare il patrimonio forestale del nostro Paese nonché quello di difendere gli alberi ed il verde che anche nelle nostre città è troppo spesso aggredito con tagli sconsiderati o veri e propri abbattimenti. L’approvazione del Testo Unico Forestale - contro cui ricordiamo si erano espressi circa 45.000 cittadini con una petizione su Change.org, centinaia di accademici ed associazioni - è stata l’occasione che ha coagulato il nostro impegno, permettendoci di dare vita il 6 aprile 2018 a Rieti al Convegno ”Biomasse Forestali ad uso energetico: aspetti ambientali, forestali, giuridici e sanitari” di cui sono disponibili gli Atti. La costituzione del GUFI rappresenta la naturale evoluzione e continuità di quell’impegno perché riteniamo che non possa essere disperso il grande patrimonio di conoscenze ed esperienze sorto in quell’occasione. 

L’adesione è del tutto gratuita e senza formalità alcuna, previa accettazione dei Principi fondanti e degli Obiettivi del GUFI, che elenchiamo qui di seguito. 


Risultati immagini per GUFI)



IL MANIFESTO

 I Principi fondanti 

1. Il bosco è un ecosistema ossia un sistema complesso dominato da alberi, la cui componente biotica è costituita da piante di varie specie, animali, funghi, batteri ed altri organismi. 
2. Il bosco è comparso sulla Terra molte decine di milioni di anni prima dell’uomo. Perciò il bosco non ha bisogno dell’uomo per perpetuarsi, ma è la vita dell’uomo che dipende dal bosco. Per questo semplice motivo il bosco è soggetto di diritti. 
3. Il bosco produce suolo e stabilizza i versanti. Il bosco garantisce la conservazione delle sorgenti e migliora la qualità degli ecosistemi acquatici. Il bosco assicura la qualità dell’aria. Il bosco costruisce il paesaggio. 
4. Il bosco assicura benessere fisico e psichico all’uomo: il contatto regolare col bosco, soprattutto se non alterato dall’uomo, aumenta la resistenza alle malattie, accelera i processi di guarigione, implementa il benessere psicofisico e favorisce la nascita di nuovi neuroni nei cervelli anziani che riacquistano comportamenti giovanili contrastando diverse patologie degenerative. 
5. Il bosco fornisce anche prodotti di interesse economico per l’uomo, ma il loro prelievo non deve alterare la struttura e la composizione naturale delle foreste.   

Gli Obiettivi 

1. Protezione e conservazione, con tutti mezzi possibili, dei boschi che, per le molteplici e fondamentali funzioni che svolgono, sono “beni strategici dello Stato”. 
2. Poiché la funzione produttiva dei boschi non è quella prevalente, tutte le competenze in materia forestale devono afferire al Ministero dell’Ambiente e non più a quello dell’Agricoltura. 
3. La selvicoltura e la gestione dei boschi devono avere carattere fondamentalmente conservativo con l’obiettivo di arrecare il minor danno possibile all’ecosistema forestale quando da esso si prelevano prodotti di interesse economico per l’uomo. Analogamente, il mantenimento delle radure deve essere dovuto a reali motivi paesaggistici, di allevamento tradizionale e conservazione della biodiversità e non di sfruttamento intensivo. 
4. Il restauro dei boschi degradati e la riforestazione delle terre marginali devono essere obiettivi prioritari della Nazione. 
5. Lo Stato deve progressivamente ricostituire il proprio Demanio Forestale. I Comuni devono obbligatoriamente destinare a bosco una porzione del proprio territorio. Vi devono essere ambiti forestali lasciati alla libera evoluzione verso gli equilibri naturali.  
  
Ugo Corrieri, Giovanni Damiani, Patrizia Gentilini, Stefano Gotti, Bartolomeo Schirone  

Ci auguriamo che qualora tali temi siano condivisi, venga dato riscontro a questa lettera in modo da rimanere aggiornato sulle future iniziative. 

Indirizzo pro tempore: c/o ITALIA NOSTRA, Viale Liegi, 33, 00198 Roma  - gufitalia@gmail.com  

Risultati immagini per pensiero naturalistico dell'Europa antica

Con l'adesione  di Paolo D'Arpini, coordinatore della Rete Bioregionale Italiana