Ancora ci ostiniamo a vedere la Terra come fonte di risorse inesauribili, composta di sole materie prime, ma prime per cosa? Per la vita o per il consumo ad esaurimento?
La nostra Terra è forse unica in tutto l'Universo, il solo pianeta per noi abitabile. In natura non esistono infatti due cose identiche, prendiamo l'esempio di una foglia di un albero che non è mai uguale ad un'altra dello stesso albero, così è anche per un cristallo di neve od un granello di sabbia, ognuno con la sua peculiarità.
La nostra Terra è il solo pianeta per noi abitabile ma la nostra civiltà lo considera meno di un "valore aggiunto". Quando i politici, gli scienziati e gli economisti prenderanno coscienza di ciò?
Occorre esprimere modi diversi d’economia, di scienza e di politica, rinominando l'ambiente, la nostra vita, la nostra società: la Terra casa di tutti.
La visione del bioregionalismo, dell'ecologia profonda e della spiritualità laica, che è reintegrativa dell'insieme, è un’intuizione per sentirci parte -espressione- della Terra che oggi con disprezzo calpestiamo. Occorre un riequilibrio consapevole sia del grado d’avanzamento tecnologico della civiltà attuale che del metodo di soddisfacimento delle nostre necessità basilari: mangiare, bere, respirare e godere la vita.
Scrive Guido Dalla Casa: "...moltissimi scienziati, filosofi, pensatori sono d’accordo sulla estrema gravità della situazione del Pianeta. Si tratta di una grandissima maggioranza, ormai non più mascherata dalla piccola minoranza che esprime parere contrario, costituita in gran parte da pochissimi scienziati pagati dalle multinazionali e dagli industriali in genere. (...) Il collasso del sistema sembra ormai inevitabile. Meglio un’inversione di rotta..."
Scrive Guido Dalla Casa: "...moltissimi scienziati, filosofi, pensatori sono d’accordo sulla estrema gravità della situazione del Pianeta. Si tratta di una grandissima maggioranza, ormai non più mascherata dalla piccola minoranza che esprime parere contrario, costituita in gran parte da pochissimi scienziati pagati dalle multinazionali e dagli industriali in genere. (...) Il collasso del sistema sembra ormai inevitabile. Meglio un’inversione di rotta..."
In questo momento storico ci è consentito solo di seminare a spaglio senza sapere se e come e quando i nostri semi germoglieranno. Almeno questo io sto facendo, da così tanto tempo che ho smesso completamente di preoccuparmi dei risultati. Esprimo idee per mantenermi in tono con me stesso. D’altronde cosa possiamo fare di più? Nella psiche collettiva si crea pian piano un’onda… poi il cambiamento avviene da sé, com’è giusto che sia.
Paolo D'Arpini
Rete Bioregionale Italiana
bioregionalismo.treia@gmail.com
RispondiEliminaCommento di Marco Bracci:
"Caro Paolo, leggendo il tuo articolo mi è venuto in mente il teorema della centesima scimmia, formulato da un ricercatore (non ricordo se americano o inglese) che, per studiare il comportamento degli scimpanzé, si installò per giorni e giorni in un'isola del Giappone, popolata da questi animali.
Passato il tempo necessario a che essi prendessero confidenza con l'uomo, il più temerario azzardò un avvicinamento a quello strano essere senza peli.
Entrato in confidenza, cominciò poi a imitare i gesti dell'uomo e in poco tempo imparò a fare qualcosa come lo faceva l'uomo.
Visto che il nuovo vicino di casa era innocuo, altri scimpanzé, a poco a poco, cominciarono ad avvicinarsi e, anche loro, cominciarono a imitare l'uomo come aveva fatto il primo. Ogni giorno il numero degli studenti aumentava, finché una mattina, uscito dalla tenda per sgranchirsi, lo scienziato si accorse che anche quegli scimpanzé che si erano tenuti a debita distanza e mai avevano interagito con lui, facevano quello che avevano imparato a fare i più coraggiosi.
Ne dedusse, perciò, il teorema della "centesima scimmia", che dice: quando un numero sufficiente di individui modifica il suo comportamento, o ha imparato a fare un qualcosa, viene raggiunta una specie di conoscenza collettiva e anche tutti gli altri individui dello stesso gruppo "sanno" fare quella cosa pur non avendo mai provato prima a farla.
Perciò, il compito dei pionieri (come anche dei profeti) è quello di gettare il seme, come dici tu, e aspettare che germogli, finché un giorno TUTTI SAPRANNO, PRENDERANNO COSCIENZA e AGIRANNO DI CONSEGUENZA.
Quel giorno è vicino..."