mercoledì 16 gennaio 2013

Note sulle “fasi” del cercatore spirituale secondo la visione spirituale laica

Fuga verso la libertà


La condizione del  cercatore della verità,  quella del neofita, viene definita in India “mumukshutwa”,  che è il livello  dell’aspirante, dello studioso. Perseguire con costanza e sincerità l’auto-conoscenza  si definisce lo stadio della  “sadhana”.  Aldilà di ogni concettualizzazione c’è lo stato ultimo del “Jnani” (conoscitore del Sé). 

I miei studi sugli archetipi  mi hanno trasportato dall’India alla Cina,  passando  varie modalità di approccio, ed ho osservato che la stessa  “gerarchia” esiste anche lì.  Il primo stadio di conoscenza -secondo la scuola cinese- è quello dell’indovino che analizza i dati ed interpreta le valenze. Poi segue quello del veggente che percepisce e riconosce  le energie in movimento con sensori paraspirituali. Alla fine -fioritura inaspettata-  c’è la coscienza del Saggio  che non può essere descritta (il tao che può esser detto non è il Tao).

Però occorre considerare che dal punto di vista della Spiritualità Laica  ogni "stato" "condizione" od "ottenimento spirituale" è chiaramente un’immagine, un concetto mentale,  volendo in qualche modo cercare di  descrivere  quelle forme  di “spiritualità” sperimentate dall’uomo. Siamo  consapevoli di muoverci all’interno della descrizione duale.   

Dobbiamo quindi considerare l’agente primo  evocato  con l’idea di spiritualità. Se partiamo dalla comprensione  di ciò che viene osservato -esterno od interno- non possiamo far a meno di riscontrare che ogni “conoscenza” avviene tramite la mente. 

Allo stesso tempo la mente non può esser definita fisica, anche se utilizza la struttura psicosomatica come base esperienziale, la natura della mente è sottile, è lo stesso pensiero, ed ogni pensiero ha la sua radice nell’io, che è l’unica realtà soggettiva ed oggettiva attraverso la quale  possiamo dire di essere presenti. Chiamarlo “spirito” è un modo per distinguerlo dalla tendenza identificativa con il corpo, ed è un modo per ricordarci che la “coscienza” è la nostra vera natura. 

Quell’io – o spirito-  è la sola certezza che abbiamo, è l’unica cosa che vale la pena di conoscere e realizzare. Malgrado la capacità proiettiva della mente, capace di dividersi in varie forme,  mai può scindersi quell’io radice, quello spirito. L’io è assoluto in ognuno. Allora la spiritualità è il perseguire coscientemente la propria natura, il proprio io.  Spiritualità laica è il riconoscere questo processo   in qualsiasi forma  si manifesti.

C’è equanimità e distacco, non proselitismo sul metodo praticato (appendice marginale della ricerca).  Questa visione laica ha in sé una capacità sincretica ma anche la consapevolezza dell’insignificanza della specificità della forma in cui l’indagine si manifesta.   Si comprende che ogni “modo” è solo un’espressione dello stesso processo in  fasi diverse. Il percorso  cambia con le necessità del momento e con le  pulsioni  individuali.

E’ la  sincerità, onestà, perseveranza, che importano. Non ci sono pensieri, gesti, riti, dottrine da privilegiare.  I flussi passano la sorgente è perenne.  Sii ciò che sei, diceva un saggio dell’India, ed uno dell’occidente rispose: Conosci te stesso. In questo girotondo intorno al Sé ogni strada è buona per stare in cerchio. 

Ma per uscirne fuori?  Occorre una  conferma al proprio esistere?  No di certo, perché ognuno lo sa da sé senza ombra di dubbio. Questa coscienza-esistenza non è  una conoscenza   è la vera ed unica “realtà” condivisa da ognuno. 


Paolo D'Arpini 


Imperatore di se stesso

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