lunedì 25 agosto 2014

Il mare muore. Fitoplancton in diminuzione costante




Sta scomparendo in maniera inspiegabile e in maniera ingente. Si tratta del fitoplancton, costituito da microscopiche alghe che vivono in sospensione nelle acque superficiali dei mari. Secondo uno studio della Dalhousie University di Halifax (Nova Scotia, Canada), pubblicato sulla rivista Nature, questi invisibili organismi vegetali che popolano gli strati superiori degli oceani sono diminuiti nel secolo scorso al ritmo medio annuo dell’1 per cento. Questa scomparsa rappresenterebbe una grave minaccia per l’ambiente marino, per le condizioni climatiche e anche le industrie basate sulla pesca
Per effettuare una stima il più completa possibile della biomassa di fitoplancton presente nelle acque, e per valutarne l’andamento nel tempo, i ricercatori hanno raccolto i dati “storici” disponibili a partire dal 1899 - che analizzavano la trasparenza delle acque - e li hanno confrontati con osservazioni più recenti ottenute con tecniche di rilevamento satellitare, iniziate nel 1979. Quasi mezzo milione di dati che documentano, a partire dagli anni cinquanta, un declino inarrestabile in otto delle dieci vaste regioni oceaniche considerate. L’andamento è particolarmente evidente nelle regioni polari e tropicali e nei mari aperti.

Secondo gli scienziati questa diminuzione sembra essere strettamente correlata al riscaldamento dello strato superficiale delle acque, che limiterebbe la quantità di nutrienti di cui il fitoplancton ha bisogno per sopravvivere, insieme alla luce. “Il fitoplancton, nutrimento per gli organismi del plancton animale, per i grandi mammiferi acquatici e per la maggior parte dei pesci, è il carburante dell’ecosistema marino”, ha spiegato Daniel Boyce, che ha coordinato le ricerche “e il suo declino influisce su tutta la catena alimentare, esseri umani compresi”. “Il ruolo che gioca nell’ecosistema del pianeta è fondamentale, perché produce la metà dell’ossigeno che respiriamo, riduce l’anidride carbonica ed è importante per la pesca”, ha aggiunto Boris Worm, coautore dello studio.

Katia Clemente

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