giovedì 3 maggio 2012

La solitudine estrema come luogo d'incontro.. con se stessi - L'esperienza magica di Lucilla Pavoni

Neve


"La solitudine è la realtà assoluta.." (Osho)

Caro Paolo, ...........lo sapevo che la Vita, prima o poi, mi avrebbe presentato il conto, e chiesto di verificare l'onestà  e la coerenza delle mie scelte.

Temevo un po' questo momento, e rimandavo sempre un bilancio troppo impegnativo e non ancora ben definito. Da sempre avevo cercato il luogo perfetto dove trascorrere la seconda parte della mia Vita, e l'avevo trovato in questa zona di montagna, sopra San Severino,  dove vivo ormai da qualche anno.
In realtà, la mia,  è stata forse forse più una fuga che una scelta. Scappavo da un sistema che non corrispondeva più ai miei bisogni, e con estrema leggerezza m'ero lasciata tutto alle spalle, con la stessa incoscienza (che alcuni chiamano Fede), di Abramo quando partì per il deserto.
Il momento della grande verifica è arrivato con l'eccezionale nevicata di quest'inverno, che mi ha imprigionata su quel cucuzzolo che avevo scelto quando i campi erano verdi, gli alberi fioriti, gli uccellini svolazzanti. Naturalmente, scegliendo questo posto, avevo messo in conto la fatica di tirare fuori cibo dalla terra, gli inverni difficili, neve e freddo, difficoltà di spostamenti e comunicazione, giornate di ozio forzato, di mancanza di rapporti umani, insomma, avevo cercato di prepararmi psicologicamente e materialmente, per quanto possibile, ad ogni evenienza, non considerandola un problema ma uno stile di Vita.
In realtà è così che l'ho vissuta in questi ultimi anni, ma non avevo tenuto conto che a volte anche la Natura sconvolge le sue leggi e che in zone temperate come le nostre, a tradimento, può scaricarci addosso tonnellate di neve.

La sera del primo febbraio, me n'ero andata a letto proprio contenta. La televisione aveva accennato a probabili nevicate, e l'idea di rimanermene rintanata per un paio di giorni, non mi dispiaceva affatto. "Finalmente una vacanza giustificata" avevo pensato. In campagna c'è sempre da fare, se si ha voglia di fare. A febbraio poi, ricominciano le potature, le fascine per il prossimo inverno, le semine al coperto ed altro ancora. Mi sembrava che l'inverno fosse passato troppo in fretta e sentivo di non aver recuperato del tutto le mie forze."Ben venga un po' di neve -m'ero detta-  ed avrò ancora qualche giorno di vacanza", e con quest'idea in testa me n'ero andata a letto.

La mattina dopo, fu l'assoluta mancanza di suoni a svegliarmi. Un silenzio così non l'avevo mai sentito, e poi quell'aria frizzantina che filtrava dalle finestre chiuse, e un chiarore particolare, m'avevano fatto la spia.
"Mi sa che stavolta ci hanno azzeccato" fu il mio primo pensiero e con la gioia nel cuore e con gli occhi e il cervello non ancora a "fuoco", corsi alla porta. "Oddio, e cos'è?"  Un muro di neve soda, compatta,cattiva mi stava davanti. All'orizzonte solo la cima degli alberi piu' alti, il resto inghiottito, scomparso fagocitato.

La prima reazione fu quella di tornarmene dentro a cercare un contatto con le cose di sempre, famigliari, rassicuranti. "Tranquilla Lulli, va tutto bene" continuavo a ripetermi mentre il cuore andava a mille. Nella stufa c'era ancora un po' di brace della notte precedente e subito ripartì quando la riempii di legna che per cautela avevo tirato in casa.

Fuori, i vecchi pali della luce s'erano arresi e lasciavano pendere fili ormai inutili, ma le vecchie tubature dell'acqua avevano resistito e la stufa andava "alla grande". Fu dopo il primo caffè che cominciai a riordinare un po' le idee. In fondo, di cosa dovevo aver paura? La dispensa era piena. Tutta l'estate avevo lavorato come una formichina, avevo raccolto, trasformato, conservato tutto quanto era possibile conservare. Avevo sacchetti di riso, fagioli, ceci, farina. Avevo il lievito per il pane, il sale, l'olio, i fiammiferi, l'acqua, la legna, le candele di cui faccio sempre incetta perchè ho paura del buio.

Dal veloce inventario risultò che avevo non solo il necessario ma anche il superfluo per resistere a lungo. Conclusi che ciò che stavo vivendo come fatto eccezionale per i nostri nonni era stata la normalita'. D'inverno si chiudevano in casa e aspettavano che tornasse il Sole. E così ho fatto anch'io. Ho cercato di approfittare di questo regalo del Cielo per ricostruire i miei mondi interiori, ho messo un rallenty nella mia vita, ho lasciato che il tempo si dilatasse. Con calma ho ucciso la fretta ed ho adeguato i miei ritmi a quelli della natura. Ho ritrovato il tempo per ricordare quello che diceva sempre mia nonna: "Una giornata è lunga se la vivi bene. Ci sono otto ore per lavorare, otto per riposare, otto per divertirsi".

Peccato che non ci siano più nonne sagge a ricordarci queste verità e lasciamo che tutto e tutti ci rubino la Vita.

Dodici giorni è durato l'isolamento, ma mai come in questa condizione sono stata così felice. Ho verificato sul campo che posso vivere anche senza tante cose che a volte mi sembrano importantissime e che -in fondo- l'unica cosa che veramente mi serve è il prossimo respiro.

Lucilla Pavoni






Mia rispostina: “Carissima Lucilla... Ti ringrazio di questa bellissima testimonianza di vita bioregionale. Ho pubblicato sui Quaderni di Vita Bioregionale il programma per il 31 ottobre, Samhain, che faremo lì da te a San Severino Marche. (Paolo D'Arpini)

Lucilla Pavoni in visita al Circolo vegetariano VV.TT. di Treia

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