mercoledì 22 gennaio 2020

Bioregionalismo, primitivismo o rispetto per la vita?


Bologna, 19 gennaio 2020 - Incontro con Enrico Manicardi

Già da tempo mi ero interessata, e con me Paolo (anzi, lui più di me) al lavoro di Enrico Manicardi, studioso e fautore di un ritorno al primitivismo, un'ipotesi di vita ecologista discussa anche nel  contesto del Bioregionalismo. (*) Inoltre, anni fa,  Paolo aveva pubblicato un paio di recensioni del libro "Liberi dalla civiltà" (**) ad opera di Roberto Anastagi, compianto amico di penna. 
Recentemente avevamo saputo di un  previsto intervento di Manicardi, con conferenza, a casa dell'amico Pietro Rossi  di Montecorone. Ci eravamo interessati e saremmo voluti andare ma l'indomani io mi dovevo operare il primo occhio di cataratta, il tempo era incerto, il buio spaventoso per la mia vista scadente, soprattutto in orario notturno e così, a malincuore, avevamo desistito.

Con Enrico ci eravamo comunque sentiti per telefono, e lui era stato molto gentile, offrendosi anche, ove possibile, di passarci a prendere con la sua auto (ma poi non era stato possibile). La conferenza a Montecorone  c'era stata e credo, a detta di Pietro, che abbia avuto un discreto successo, gli intervenuti erano stati numerosi. Certo, l'auditorio, non dico fosse selezionato per l'argomento, ma senz'altro, conoscendo Pietro e il suo entourage, era tendenzialmente portato verso il primitivismo, composto cioè da persone poco portate alle formalità, agli orpelli, legato ad una vita semplice, in natura, con l'uso minimo di tecnologia (automobili condivise, uso dei piedi per spostarsi, poco o nullo uso del cellulare, libertà di espressione nella casa di mezzo (alla gestione della quale chi vuole può contribuire secondo le sue possibilità), uso minimo della moneta preferendo lo scambio di beni e servizi, etc.). In poche parole l'ambiente della conferenza rappresentava un tentativo di ricreare una società fuori dalla civiltà. Come appunto preconizzato da Enrico Manicardi.

A seguito  di quell'incontro   ci eravamo sentito al telefono,  io e Manicardi,  e mi era parso interessato a conoscerci in quanto membri della Rete Bioregionale Italiana, per cui ci eravamo ripromessi di incontrarci in una futura occasione. E l'occasione si è presentata  dopo pochi giorni. Come già preannunciato dallo stesso Enrico la stessa "conferenza" sarebbe stata tenuta a Bologna,  il 19 gennaio 2020. Andare a Bologna per noi vecchi sedentari è un po' disagevole, ma siamo stati benedetti dalla volontà di partecipare alla conferenza, prima di Maria, la bifolca, poi, su nostro invito, di Peppino, che ci ha condotto a destinazione quasi senza nessun intoppo, tranne un piccolo errore di percorso dovuto a uno scarso studio della strada e dalla tardiva accensione del navigatore (volevamo fare con poca tecnologia).

Sapevamo l'indirizzo  di Bologna ma non sapevamo che tipo di locale fosse  la sede della conferenza: una sala pubblica o privata? In realtà si trattava della cantina  (allestita alla meglio  per incontri) di una casa privata. Nella concitazione dell'evento la padrona di casa si era chiusa fuori dall'appartemento per cui c'è stato un qualche ritardo nell'inizio dell'attesa conferenza, nell'attesa dei vigili del fuoco,  ma tutto sembrava  rientrare nello spirito "primitivista" della condivisione di un evento nel quale ci siamo sentiti molto coinvolti e partecipi.

Le persone presenti, oltre all'amico Pietro e alla sua amica Roberta e noi 4 summenzionati (io,Paolo, Maria e Giuseppe) erano persone semplici, di mezza età (beh, più giovani di noi ma non di molto), di probabile esperienza ecologista  e con uno spirito alternativo. Probabilmente molti o tutti avevano (avevamo) già un'idea di cosa si sarebbe parlato. Tutti eravamo  in sintonia sulla valutazione del mondo in cui viviamo,  troppo tecnologico, troppo innaturale, troppo condizionato da una politica malsana, troppo finanziarizzato, troppo militarizzato, in una parola, per gli esseri umani che ci vivono, poco libero e sicuramente disumano.




E così Enrico ha cominciato la sua conferenza, snocciolando, leggendoli da un grande quaderno che teneva davanti, una serie infinita di dati, segno che il problema l'aveva studiato e approfondito. Ha detto, praticamente che l'uomo negli ultimi 10.000 anni ha creato un sistema che l'ha reso schiavo e,complessivamente infelice, mente nei 3.000.000 di anni precedenti, quando era cacciatore e raccoglitore viveva "sereno e beato" (questa la sua ipotesi). Senza proprietà privata e quindi senza scontri fra gli individui, senza invidie, senza soprusi, senza guerre...

Già a metà conferenza mi è sorta una domanda (e forse non solo a me). Dopo aver chiesto se e quando farla, ho atteso la fine del discorso e poi l'ho espressa: "se l'uomo era stato così bene per i primi 3.000.000 di anni, perché a un certo punto ha deciso di cambiare sistema, diventando da raccoglitore-cacciatore che era, agricoltore e allevatore?" Certo che in questo processo che ha dato origine alla proprietà privata sono seguiti l'avidità, il senso di possesso, il furto, e la necessità di avere braccia per coltivare la terra e custodire la proprietà, la necessità di avere una donna per la riproduzione, una donna di cui essere certi che i figli da lei partoriti fossero proprio dell'uomo interessato e che mantenessero il patrimonio, da qui la formazione del  patriarcato e l'istituzione del matrimonio.

Insomma, ovvio che questo cambio di indirizzo sarà stato un processo molto  lungo. Forse  l'uomo (e la donna), data la difficoltà di reperimento del cibo,  si saranno stancati di vagabondare alla ricerca di frutti da raccogliere e di animali da catturare ed avranno valutato l'opportunità di stabilirsi in un luogo e di farne la propria casa, iniziando così la stanzializzazione e la costruzione di città e villaggi. Avranno trovato in questo una facilitazione di vita. Si saranno potuti organizzare per coltivare e allevare quello di cui avevano bisogno, nonché di produrre utensili, attrezzi, abiti, etc, e  di avere figli, tanti o pochi che fossero e di poterli accudire più comodamente invece di portarseli sempre in spalla col pericolo di essere attaccati da fiere che se li potevano sbranare. Si saranno stabiliti prima dentro a delle grotte naturali, poi avranno cominciato a costruire capanne di paglia, di fango, di legno. E così via.

Un'altra cosa che ho chiesto è stata: se è vero che prima dell'inizio della civiltà, Manicardi aveva parlato di  pochi milioni su tutta la Terra,  mentre  ora siamo arrivati a 7 miliardi e mezzo di individui, allora è pensabile che riusciamo (ammesso che lo vogliamo), ritornare a quello stato? Oltre ad essere smisuratamente aumentati di numero abbiamo occupato, sulla Terra, tutti i territori tranne forse quelli permanentemente ricoperti di ghiaccio e, senza civilizzazione, ad esempio senza una certa tecnologia per essere in grado di fabbricarci abiti, abitazioni e suppellettili,  non l'avremmo potuto fare.... ora chi è che vuole tornare indietro? Soprattutto in considerazione dell'inquinamento a cui la Terra è stata sottoposta, l'avvelenamento delle acque, la desertificazione di ampie aree, etc.?

Se c'è una soluzione questa, secondo me, come la civilizzazione è stato un processo, la soluzione potrà essere un altro processo inverso che potrà avvenire solo se l'uomo si renderà conto di alcune cose (ed altre ancora):
1) in un ambiente inquinato si vive male, la salute (anche se la vita media è aumentata) ci rimette,
2) in un ambiente dove la tecnologia la fa da padrona, l'uomo è portato a non essere più in grado di svolgere le attività e le funzioni necessarie per la sopravvivenza (cioè per la vita),
3) in un ambiente dove la finanza e l'economia hanno un peso così disumanizzante non c'è più tempo e modo per rapporti umani degni di questo nome.

Riassumendo queste questioni in maniera semplice, vivere in un ambiente sano, in mezzo ad altri individui privi di egoismo e senso di possesso materiale oltre l'indispensabile per sopravvivere, con gli strumenti semplici che ci facilitino la vita senza provocare disastri ecologici e senza privarci dell'uso delle nostre capacità innate porrebbe essere un bel sistema di vita.

Civiltà secondo me non vuol dire necessariamente egoismo e distruzione, l'uomo deve fare quel passo successivo, dopo aver provato l'ubriacatura del potere e del possesso, per capire che solo una vita solidale e collaborativa con gli altri esseri umani, con gli altri viventi e con la natura può essere vissuta degnamente. E questo per me è quello a cui la civiltà deve portare.

Caterina Regazzi  - Rete Bioregionale Italiana

1 commento:

  1. Scrive Monica Gatti: "Si Caterina sono tante teorie e un cozzaglia di notizie ma non vedo proposte realizzabili inoltre questa tecnologia tanto demonizzata viene usata mi sembra...io credo che il confronto non possa essere tra una civiltà e un altra un Po come quando mia madre dice ai miei tempi...le cose cambiano e noi insieme alle cose...io credo che il nocciolo stia sul distacco sempre più grande dalla spiritualità rendendo l uomo sempre più schiavo di una materia densa e pesante...ma questo è un altro discorso...eppure partirei da qui per cambiare paradigma"

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