Mi tocca tornare sul discorso del “federalismo bioregionale” vista la spinta verso la globalizzazione e verso un federalismo economico che contribuirebbe ad alienare ulteriormente il senso dell'appartenenza al luogo allontanando vieppiù gli abitanti dalle istituzioni ed oscurando l'identità locale.
La costituzione degli Enti Regionali in Italia è stato uno dei mali della politica nostrana, tesa a spartirsi la torta amministrativa. Ha fatto comodo ai partiti che si sono creati delle piccole repubbliche all'interno dello stato contemporaneamente permettendo agli amministratori locali di mungere alle prebende pubbliche e gestire le ricchezze del popolo e del territorio a fini personalistici. Prova ne sia -ad esempio- il gonfiamento paradossale della spesa sanitaria, con norme interne, attuazioni e finalità differenziate, con l'impossibilità di trasferimento da una Regione all'altra come si trattasse di stati esteri e con la suddivisione delle cariche e degli enti fra i soliti congiunti politici, senza nessun reale beneficio per la salute pubblica. Ma non voglio parlare di questo... per ora!
L'Italia è un piccolo paese che per secoli ha patito il male della suddivisione in vari staterelli, il risultato è che solo dopo l'unità si è ripreso a parlare di identità nazionale ed è stato possibile costruire un popolo, con tutte le difficoltà che ancora persistono e che sono visibili nella nostra società “spaccata” fra nord e sud... fra est ed ovest, fra isole e promontori...
Nel frattempo in Europa, a partire dalla fine dell'ultima guerra mondiale, è andato avanti un processo unificatorio che ora si chiama Comunità Europea. Questa unione è buona per il vecchio continente che ha subito per troppi anni divisioni e guerre intestine. La distribuzione dei poteri in chiave di separazione politica non aiuta assolutamente l'integrazione fra i popoli. Però vanno rispettate le diverse culture, le lingue e le caratteristiche peculiari di ogni comunità che è parte e componente del nostro continente.
Ma ora iniziamo col considerare quale potrebbe essere la conseguenza in Italia di un “federalismo puramente economico”(come si prefigura quello che si vorrebbe attuare) che parta dal concetto della separazione delle varie realtà della penisola ai fini di gestire “meglio” le singole ricchezze. Questa nuova parcellizzazione dell'Italia porterebbe ulteriori mali al popolo italiano ed all'Europa tutta. La costituzione di -a tutti gli effetti- nuove “repubblichette” indipendenti all'interno del contesto nazionale ed europeo non è un vantaggio per la comunità, anzi porterebbe guai, delusioni ed odi... E di questo non abbiamo bisogno proprio ora che la crisi economica galoppante e la spinta allo sfacelo morale si fa più forte in Italia e nel mondo.
C'è bisogno di solidarietà e di capacità di riconoscersi con il luogo in cui si vive senza però cancellare l'unitarietà della vita e la consapevolezza che il pianeta è uno come una è la specie umana. Non si può continuare a separare la comunità degli umani su basi etniche o sociali o religiose o “politiche”...
L'Italia è un piccolo paese che per secoli ha patito il male della suddivisione in vari staterelli, il risultato è che solo dopo l'unità si è ripreso a parlare di identità nazionale ed è stato possibile costruire un popolo, con tutte le difficoltà che ancora persistono e che sono visibili nella nostra società “spaccata” fra nord e sud... fra est ed ovest, fra isole e promontori...
Nel frattempo in Europa, a partire dalla fine dell'ultima guerra mondiale, è andato avanti un processo unificatorio che ora si chiama Comunità Europea. Questa unione è buona per il vecchio continente che ha subito per troppi anni divisioni e guerre intestine. La distribuzione dei poteri in chiave di separazione politica non aiuta assolutamente l'integrazione fra i popoli. Però vanno rispettate le diverse culture, le lingue e le caratteristiche peculiari di ogni comunità che è parte e componente del nostro continente.
Ma ora iniziamo col considerare quale potrebbe essere la conseguenza in Italia di un “federalismo puramente economico”(come si prefigura quello che si vorrebbe attuare) che parta dal concetto della separazione delle varie realtà della penisola ai fini di gestire “meglio” le singole ricchezze. Questa nuova parcellizzazione dell'Italia porterebbe ulteriori mali al popolo italiano ed all'Europa tutta. La costituzione di -a tutti gli effetti- nuove “repubblichette” indipendenti all'interno del contesto nazionale ed europeo non è un vantaggio per la comunità, anzi porterebbe guai, delusioni ed odi... E di questo non abbiamo bisogno proprio ora che la crisi economica galoppante e la spinta allo sfacelo morale si fa più forte in Italia e nel mondo.
C'è bisogno di solidarietà e di capacità di riconoscersi con il luogo in cui si vive senza però cancellare l'unitarietà della vita e la consapevolezza che il pianeta è uno come una è la specie umana. Non si può continuare a separare la comunità degli umani su basi etniche o sociali o religiose o “politiche”...
Scrivevo tempo addietro nel sito della Rete Bioregionale Italiana:
"Chi può definirsi bioregionalista?
Questo termine non denota una appartenenza etnica bensì la capacità di rapportarsi con il luogo in cui si risiede considerandolo come la propria casa, come una espansione di sé. La definizione diviene appropriata nel momento in cui si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono.
Infatti chiunque può essere bioregionalista indipendentemente dalla provenienza di origine se segue la pratica dell’ecologia profonda, del vivere cercando di essere in sintonia il più possibile col mondo che ci circonda, in un modo in cui, pur sentendosi liberi di manifestare se stessi nelle proprie caratteristiche peculiari, non si ha bisogno di provocare danni all’ambiente od alla società in funzione di un personale esclusivo vantaggio. Nel bioregionalismo si cerca quindi di riportare un equilibrio fra l’uomo, l’ambiente e gli altri esseri viventi.
Infatti l'integrazione, di cui tanto oggi si discute, è solo una ovvia conseguenza del vivere in luogo riconoscendolo come la propria casa. Perciò il vero federalismo può essere solo bioregionale ed il riconoscimento con il luogo di residenza deve avvenire nelle forme più semplici e vicine al contesto socio/ambientale in cui si vive. Questo contesto é ovviamente la comunità del paese, e della città che riunisce una serie di paesi in una comunità facilmente riconducibile ad una identità condivisa. Questo ambito identitario è identificabile con la “Provincia”. Le Province lungi dal dover essere eliminate dovrebbero anzi assurgere al ruolo rappresentativo dell'identità locale e tale riconoscimento non alienerebbe la comunione ed il senso di appartenenza all'Europa ed al mondo bensì aiuterebbe il radicamento al luogo in cui si vive e la responsabilizzazione a mantenerlo sano e compatto.
C'è inoltre da dire che dal punto di vista storico le Province da tempo immemorabile hanno rappresentato il “luogo di origine” mentre le Regioni sono state create massimamente a tavolino per soddisfare esigenze politiche indifferenti alle comunità locali. Vedesi la costituzione del Lazio, formato per soddisfare le esigenze di una città che doveva essere la capitale di un nuovo impero, costituito smembrando la Tuscia, rubando territori all'Umbria (Rieti) e aree all'ex Regno di Napoli (Formia, Gaeta, etc.). Oggi Roma ed area metropolitana con i suoi 6 milioni di abitanti (più i non registrati, quasi altrettanti) ha completamente fagocitato il territorio e la gestione delle risorse relegando il ruolo delle Province storiche a quello di “fornitura di servizi e ubicazione di scomodi impianti inquinanti”... (Ma è logico quando si vede che i 9/10 dei residenti laziali stanno a Roma e siccome siamo in democrazia così deve andare...). In verità le grandi città metropolitane dovrebbero essere tutte “città regione” e magari pure decrescere.. se si vuole che il cancro da loro rappresentato non si propaghi al territorio...
Paolo D'Arpini, Rete Bioregionale Italiana
C'è inoltre da dire che dal punto di vista storico le Province da tempo immemorabile hanno rappresentato il “luogo di origine” mentre le Regioni sono state create massimamente a tavolino per soddisfare esigenze politiche indifferenti alle comunità locali. Vedesi la costituzione del Lazio, formato per soddisfare le esigenze di una città che doveva essere la capitale di un nuovo impero, costituito smembrando la Tuscia, rubando territori all'Umbria (Rieti) e aree all'ex Regno di Napoli (Formia, Gaeta, etc.). Oggi Roma ed area metropolitana con i suoi 6 milioni di abitanti (più i non registrati, quasi altrettanti) ha completamente fagocitato il territorio e la gestione delle risorse relegando il ruolo delle Province storiche a quello di “fornitura di servizi e ubicazione di scomodi impianti inquinanti”... (Ma è logico quando si vede che i 9/10 dei residenti laziali stanno a Roma e siccome siamo in democrazia così deve andare...). In verità le grandi città metropolitane dovrebbero essere tutte “città regione” e magari pure decrescere.. se si vuole che il cancro da loro rappresentato non si propaghi al territorio...
Paolo D'Arpini, Rete Bioregionale Italiana
bioregionalismo.treia@gmail.com
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