«Volete la lavanda? E’ profumatissima...». Le parole e l’aroma d’altri tempi arrivano alle mie spalle una sera di fine ottobre 2020. Sotto i portici di Piazza Statuto, Torino. Essendo miope e di camminata veloce (è l’attività motoria più antica del genere umano) non ho visto che l’uomo appoggiato al muro vendeva qualcosa.
Torno indietro. Un sacchetto piuttosto grande costa 8 euro, ma...«via, due per 10 euro così non le do il resto». Non deve avere molti clienti, in questa serata con pochi passanti per via dei bar e ristoranti chiusi (ultimo decreto governativo Covid-19). «Quest’anno è venuta bene, abbondante», spiega sorridente. «Meno male! Almeno una cosa buona» rispondo. «Eh... da noi all’inizio del mese abbiamo avuto la disgrazia dell’alluvione, l’acqua alta così». Chiedo dove. «A Garessio», risponde con l’accento dolce del Piemonte occidentale. «Mi dispiace, tutto è così triste» rispondo e vorrei sapere se hanno avuto danni, se coltiva lui la lavanda, se riescono a campare i contadini con questi chiari di luna, e quante volte viene a vendere a Torino. Non oso: lui non si è lamentato. Ma temo che, tolto il viaggio, degli incassi gli rimanga ben poco.
L’attività motoria a passo deciso è iniziata a Piazza Vittorio alle 17,45. Gli ultimi clienti del grande bar riempivano i tavoli esterni guardando il Po e la Gran Madre per l’ultimo quarto d’ora. A Via Po stavano chiudendo tutti i bouquinistes. Sono stata l’ultima cliente del gelataio arabo, piuttosto scettico sulla possibilità di non rimetterci troppo malgrado i ristori promessi dal governo.
Piazza Castello: sotto i portici a destra, musica lirica diffusa per strada… da dove? Ecco: l’insegna rossa del Teatro regio è illuminata dietro gli enormi cancelli scolpiti. Chiusi. Mai andata all’opera, mai ci andrò, ma quella voce che canta a un marciapiede deserto mi colpisce.
I negozi sono ancora aperti. Hanno clienti solo quelli delle custodie smartphone, e un po’ anche le librerie. Non avevo mai notato la densità di negozietti di ogni tipo visto che compro solo usato...Ma vendono poco per il virus anzi per le sue conseguenze (fra cui l’e-commerce) oppure per saturazione?
Una riconversione economica probabilmente si impone. Chi ha bisogno di tanti di quegli oggetti, belli e brutti? Così, però, è troppo brutale.
Ma ecco un pezzetto di quello che potrebbe essere un futuro ecologico, sobrio e sano. Dietro il grattacielo della San paolo, vicino a Porta Susa, musica esce da un giardinetto ormai buio. Un incontro fra ragazzi, alternativo al bar? Non sembra. Ragazze scattano come per lo sprint di una corsa. Altre impugnano cinghie fissate a un grande tronco. Cos’è? «Lavoro in quella palestra, laggiù», indica un ragazzo. «Visto che deve star chiusa, ci siamo trasferiti qua». Allenarsi all’aperto con strutture semplici. Un’idea saggia. Naturalmente per chi vuole gonfiarsi i muscoli tatuati occorrono macchinari non trasferibili sull’erba. Ma è un’altra storia.
Sul pullman semivuoto, il profumo della lavanda riesce a contrastare l’odore nauseante e onnipresente del gel igienizzante.
Marinella Correggia
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“Una bella commistione di pensieri leggeri da due bioregionalisti, una del nord e l'altro del sud...” (P.D'A.)
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