Pubblichiamo il documento elaborato da un numeroso e vario gruppo di associazioni radicate nel territorio della catena appenninica compresa nelle province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza, in cui vengono espresse forti critiche e preoccupazioni su tre progetti di grandi impianti eolici.
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In questo ultimo scorcio del 2023 anche per la porzione nord-occidentale della catena appenninica (compresa nelle quattro province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza) torna purtroppo di attualità il tema dell’impiantistica eolica industriale sui crinali.
Nel comune di Isola del Cantone la regione Liguria ha autorizzato la costruzione di un “parco” composto da 4 aerogeneratori da 4,20 MW l’uno, per complessivi 16,80 MW di potenza, in località costa Popein, sul crinale tra valle Scrivia ligure e val Lemme piemontese. I lavori non sono ancora iniziati.
Pochi chilometri più a sud, sullo stesso confine regionale, al passo della Bocchetta, ancora la regione Liguria ha appena stabilito che non occorre sottoporre a valutazione ambientale (“VIA”) il progetto dell’impianto eolico “Monte Poggio”, in comune di Mignanego, composto da 5 aerogeneratori da 3,22 MW l’uno, per una potenza complessiva pari a 16,1 MW.
Infine, presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica è in corso la verifica amministrativa del progetto di un parco eolico, denominato “Monte Giarolo”, composto da 20 aerogeneratori, per una potenza massima complessiva di ben 124 MW, da realizzarsi nei comuni di Albera Ligure, Cabella Ligure (entrambi nell’alessandrina val Borbera) Fabbrica Curone (in val Curone, provincia di Alessandria) e Santa Margherita di Staffora (in valle Staffora, provincia di Pavia).
Parco eolico “Monte Poggio”
Per quanto riguarda il progetto di impianto eolico del “Monte Poggio”, originariamente gli aerogeneratori dovevano essere collocati in territorio piemontese, a ridosso della Zona di Protezione Speciale (“ZPS”) “Capanne di Marcarolo”. Per tutelare il più importante corridoio di migrazione primaverile dell’avifauna in ambito regionale, la regione Piemonte ha però incluso tra le misure di conservazione della ZPS il divieto di realizzare nuovi impianti eolici sia all’interno dei confini della zona di protezione, sia in un buffer di 1 km al loro esterno. L’ente gestore della ZPS aveva perciò espresso parere negativo alla richiesta di realizzare l’impianto eolico. Dopo che anche il TAR Piemonte aveva considerato legittima la delibera istitutiva del “buffer”, l’impresa ha sottoposto lo stesso progetto alla regione Liguria, con il solo accorgimento di spostare la collocazione dei macchinari di poche decine di metri, sempre entro la zona “buffer”, ma in modo da far ricadere l’impianto entro i confini del comune ligure di Mignanego. E, con il suo recente provvedimento, la regione Liguria ha affermato che le misure di conservazione e il conseguente divieto non possono trovare applicazione al di fuori del territorio piemontese.
Parco eolico “Popein”
Sempre Liguria e Piemonte sono chiamate in causa per la costruzione dell’impianto di costa Popein. Il progetto che da tempo ha ottenuto l’autorizzazione lo colloca in territorio ligure, ma prevede pesanti interventi anche nel comune piemontese di Voltaggio, per realizzarvi la viabilità di cantiere e di servizio che dovrebbe interessare la val Barca, ambiente di notevole pregio ambientale anche se privo di forme di tutela. Avallata in modo frettoloso dall’Unione montana con il rilascio di una “autorizzazione paesaggistica semplificata”, sotto molti profili questa soluzione progettuale si rivela del tutto inappropriata, tanto più se si considera che, a seguito di una sostanziale modifica etichettata come “adeguamento tecnico migliorativo”, sono cresciuti peso e volumi dei macchinari destinati al trasporto verso il crinale (i 5 aerogeneratori da 2 MW ciascuno sono diventati 4 aerogeneratori da 4,20 MW l’uno).
Parco eolico “Monte Giarolo”
Il pubblico non può ancora consultare i documenti progettuali del parco eolico “monte Giarolo”, del quale, ad oggi, sono note soltanto le caratteristiche generali, ossia potenza e numero degli aerogeneratori e coinvolgimento di due regioni, Piemonte e Lombardia, caratteristiche simili a quelle di analoghi progetti riferiti allo stesso ambito montano proposti negli anni tra il 2010 e il 2011 (nessuno ha superato la fase di valutazione ambientale). Nel 2015 la regione Lombardia ha poi approvato il Programma Energetico Ambientale Regionale (“PEAR”), in base al quale le aree dichiarate di notevole interesse pubblico (ex art. 136 del D.Lgs. 42/2004) sono considerate non idonee ad ospitare impianti eolici di grande taglia. E l’intero territorio montano del comune di Santa Margherita di Staffora, unico comune lombardo interessato sia dai precedenti progetti sia dal progetto “monte Giarolo”, fin dal 1968 è sottoposto a vincolo ex art. 136. In Piemonte, nel 2017, le norme tecniche del Piano Paesaggistico Regionale hanno stabilito che, su territori vincolati ex art. 136, possano essere realizzati impianti eolici soltanto collocando gli aerogeneratori oltre i 50 metri per lato dalle vette e dai sistemi di crinali. Una prescrizione molto importante rispetto al progetto “monte Giarolo”: infatti, anche per le alte valli del Curone e del Borbera esiste un vincolo ex. art. 136, apposto nel 1986 ed efficace su gran parte del territorio montano dei tre comuni piemontesi interessati dal progetto: Albera Ligure, Cabella Ligure e Fabbrica Curone. Tra questi ultimi due comuni, inoltre, la “Dorsale Monte Ebro Monte Chiappo” è individuata come ZPS, e dal 2007 una norma statale vieta la realizzazione di nuovi impianti eolici nelle ZPS (fatta eccezione per impianti di autoproduzione di potenza non superiore a 20 kw). Nel 2022 la regione Piemonte ha approvato la revisione del PEAR e ha voluto dare un “segnale”: pur ammettendo che si tratterebbe di una produzione assolutamente trascurabile a fronte del complessivo “bilancio energetico” piemontese, ha inserito nella programmazione anche la realizzazione di nuovi impianti per l’energia eolica ed ha individuato alcune aree “vocate” a questo scopo. I crinali tra Borbera, Curone e Staffora sono una di esse. L’autore del PEAR, constatato che esistono i vincoli normativi sopra citati, ha auspicato interventi normativi volti a superarli.
Aree idonee
A tal proposito, occorre tener conto che il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha in corso di emanazione un decreto (noto come “decreto aree idonee”) destinato a fornire alle regioni criteri uniformi per definire un’area come “idonea” all’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili. Al momento in cui scriviamo, il testo è ancora al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Per quanto riguarda l’eolico, si prevede che proprio le aree “ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42” siano escluse dal novero di quelle idonee, rispetto alle quali la bozza di decreto prevede anche il requisito di una adeguata ventosità, tale da garantire una producibilità maggiore di 2.150 ore equivalenti a 100 metri di altezza (le ore equivalenti rappresentano il “capacity factor” o fattore di capacità, ossia il rapporto tra l’energia elettrica effettivamente prodotta in un determinato periodo di tempo e l’energia che un impianto potrebbe generare funzionando sempre alla massima potenza). Notiamo che nella “Relazione tecnica” acclusa al progetto di parco eolico “Monte Poggio” la producibilità annuale stimata viene indicata in 2.112 ore equivalenti. Dieci anni fa, nel 2013, secondo il proponente, il medesimo dato riferito al parco eolico “Costa Popein” era di “circa 2.400 ore equivalenti”.
A questo punto si impongono alcune riflessioni
L’aggravarsi della crisi climatica ha reso inderogabile l’avvio del processo di “decarbonizzazione” rispetto alla produzione di energia. I più accorti tra gli studiosi hanno avvertito però che, se le energie rinnovabili hanno un ruolo indiscutibile per giungere a una transizione ecologica, l’intero processo, per essere efficace, dovrà fondarsi sulla decisa riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali accompagnata dalla massima efficienza nel loro impiego. Nessuna fonte energetica può infatti soddisfare una crescita sfrenata e continua come quella che abbiamo conosciuto finora con “l’era degli idrocarburi” poiché “una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito” (Nicholas Georgescu-Roegen, 1906 – 1994).
La transizione ecologica deve dunque compiersi all’interno di una politica di razionalizzazione dei consumi e degli sprechi, perseguendo un radicale cambio di paradigma rispetto al mito della crescita infinita
Nel caso degli impianti eolici e di quelli fotovoltaici, essa deve accompagnarsi alla tutela del paesaggio, inteso come valore ambientale, storico, sociale ed economico. In caso contrario fallirà i propri obiettivi e si trasformerà nell’ennesimo attacco all’ambiente, alla biodiversità (ancor più grave poiché la tutela dell’ambiente è principio inserito all’articolo 9 della Costituzione Italiana e il ripristino della biodiversità è obiettivo fissato dall’Ue) e, in ultima istanza, ai fondamenti stessi della presenza umana sulla terra. Dopo che l’intero territorio italiano, nel corso degli anni, è stato caratterizzato da una gigantesca riduzione degli spazi di naturalità e bellezza, con scelte di “esternalizzazione” di funzioni e di impianti rivelatesi insostenibili per l’ambiente e per i cittadini, appare quasi incredibile che si pensi oggi di continuare in questa direzione modificando con pesanti infrastrutture anche gli ultimi crinali “selvaggi” del nostro Appennino.
L’associazione confindustriale che riunisce gli imprenditori del settore delle energie rinnovabili ha affermato che si dovrebbe eliminare il requisito dell’adeguata ventosità previsto per l’eolico dalla bozza del decreto aree idonee “lasciando in capo all’investitore il rischio commerciale di performance dell’impianto e relativo investimento”. Un’affermazione sintomatica della distorta logica secondo cui l’urgenza della crisi climatica impone di procedere a realizzare i grandi impianti “senza se e senza ma”. Non è invece possibile tralasciare gli impatti che derivano dalla loro costruzione e dal loro funzionamento. Richiamando quanto scritto sopra circa gli “spazi di naturalità” e riferendoci all’impiantistica eolica, ricordiamo che i crinali appenninici sono tra gli ultimi rifugi di specie ornitiche ormai sempre più rare in collina e pianura perché sfrattate dall’invadenza umana, e che quegli stessi crinali costituiscono da sempre fondamentali riferimenti per le rotte migratorie dei rapaci e di altri migratori già minacciati su più fronti, mentre numerosi studi in tutto il mondo dimostrano ampiamente l’incidenza pesantemente negativa delle torri eoliche sulle popolazioni ornitiche e dei chirotteri. Sono tante e diverse in ogni caso le ragioni per cui è non solo legittimo ma necessario da parte dei governanti e dei cittadini vigilare ed esigere il rispetto delle normative, e porre e chiedere attenzione alla dislocazione degli impianti, al numero e alla taglia dei macchinari, e valutarne le ricadute non solo economiche, ma ecologiche, paesaggistiche, sociali e lavorative. Gli impianti di produzione di energia rinnovabile devono essere progettati e realizzati in aree già artificializzate, impiegando le tecnologie più aggiornate tra quelle esistenti, prima di dare il via in modo acritico a una sregolata proliferazione sui territori più fragili di opere di enorme impatto ambientale, che finiscono per favorire l’interesse di pochi a danno delle comunità locali e di tutti i cittadini.
Hanno sottoscritto il documento:
- le seguenti realtà che partecipano al coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”: Club Alpino Italiano sezione di Novi Ligure – Club Alpino Italiano sezione di Tortona – Club Alpino Italiano sezione di Voghera – Club Alpino Italiano commissione TAM di Tortona
- Federazione nazionale Pro Natura,
- Comitato per il territorio delle Quattro Province
- Gruppo Micologico Vogherese
- l’associazione “Il cammino dei ribelli”
- l’associazione “Pro loco di Caldirola”.
Ulteriori informazioni nel blog e sulla pagina FB del coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”.
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