venerdì 20 dicembre 2024

"Decrescita", cosa significa...?

 


L’Associazione italiana per la Decrescita (www.decrescita.it) sta forse prendendo una deriva che si allontana sempre più dalle sue intenzioni originarie, per portarsi verso una visione del mondo che accetta e promuove molti aspetti della modernità, probabilmente incompatibili con le sue intenzioni originarie; inoltre la decrescita viene considerata troppo spesso come un problema sostanzialmente sociale-economico-politico, non ecologico-globale. 

Siamo un gruppetto di minoranza, appartenente anche all’Associazione Ecofilosofica (www.filosofiatv.org) che non condivide questo andamento, forse disastroso per il futuro.  In sostanza, a nostro avviso:                                                                        

- Il concetto di Decrescita non può essere etichettato come di destra o di sinistra visto che queste ultime sono caratterizzazioni Ottocentesche e mirano tutte alle Crescita,

Il concetto di Decrescita prevede l'uscita dell'antropocentrismo,

Il concetto di Decrescita prevede l'uscita dall'economicismo (uscita dall'economia moderna)

Il concetto di Decrescita prevede l'uscita dal paradigma cartesiano-newtoniano, sorto a fine Settecento e che ha condotto essenzialmente alle visioni di cui sopra, causa dell’attuale situazione del Pianeta. In realtà, il paradigma cartesiano-newtoniano è già stato falsificato (ma il sistema non se n’è accorto): per la parte newtoniana, dalla relatività e, per la parte cartesiana, dal principio di indeterminazione.

Chi vuole, può avere un’idea della situazione anche leggendo:

www.ariannaeditrice.it/articoli/dove-va-la-decrescita   

La decrescita non può essere vista come un obiettivo isolato, possibile conservando l’attuale visione materialista-industrialista-economicista e mantenendo “l’uomo al centro”, ma consegue naturalmente da una visione del mondo del tipo di quella dell’Ecologia Profonda.


Chi fosse interessato a partecipare al tentativo di ottenere un cambiamento di rotta dell’Associazione per la Decrescita, può contattare, per adesione e/o informazioni:

-       Gloria Germani  gloriagermani2016@gmail.com  e/o

-       Paolo Scroccaro ecofilosofia@yahoo.it  


Si tratterebbe solo, senza alcun impegno formale né permanente, di intervenire con scritti o commenti ed eventualmente aderire con qualche iscrizione, tutto su base volontaria.


Guido Dalla Casa



Val d'Agri come il Texas... (anzi peggio!)

 


...qualche anno fa viaggiando in Basilicata mi sono trovato a percorrere la Valle d’Agri, stupito dalla bellezza dei paesaggi dei paesi sospesi sulle cime dei monti circostanti e dei vari ecotipi presenti, fagioli neri di Morcone peperoni secchi di Senise e melanzana rossa di Rotondella. Quello che mi stupiva era quell’odore di sottofondo di petrolio che spesso si sentiva e prendeva alla gola. 

Arrivato a Montemurro, un paese vicino, sono stato ospite di un amico musicista che mi ha raccontato e spiegato la situazione dell’estrazione del petrolio e dei pozzi presenti sul territorio della Val D'Agri e dell’inquinamento delle acque e delle sorgenti. Si, perché pare che il petrolio estratto in Basilicata, almeno secondo il suo racconto, sia un petrolio sporco e se nel golfo dei Paesi arabi ogni venti barili se ne consuma solo uno per l’estrazione, qui in Basilicata ogni cinque barili se ne consumano quattro per estrarre e ripulire il petrolio, con conseguente rilascio di scorie e altri materiali inquinanti sul territorio. 

Alla popolazione locale viene dato un bonus tipo cento litri di benzina all'anno… Effettivamente non so se sia vero quanto detto, ho fatto una ricerca su internet su giornali vari, tra i quali l’Internazionale e ne è venuto fuori il quadro che riporto, sicuramente non incoraggiante e con il pensiero che l’uomo si adatta a qualsiasi situazione soprattutto in questo contesto. Le popolazioni lucanem per sfuggire a un passato di miseria povertà e disagio, sono disposte a inquinare il luogo in cui vivono per sempre, senza pensare ad altro, giustificando il tutto con il benessere e la modernità della vita.
(F.R.)

Notizie tecniche reperite su internet:
 
Viaggio nella più grande riserva di petrolio d’Italia...
 
Sui monti della Basilicata ci sono due grandi aree petrolifere, cioè i due giacimenti della Val d'Agri (Eni al 60,77% e Shell al 39,23%) e il nuovo giacimento di Tempa Rossa (Total con Shell). L'area petrolifera della val d'Agri è da sempre legata al petrolio. Ovunque si vada non si riesce a liberarsene: la fiamma perennemente accesa a segnalarne la presenza, un rumore di sottofondo incessante come di lavori sempre in corso e le esalazioni di gas e zolfo. Tutto cominciò nella seconda metà degli anni trenta quando la neonata Agip cominciò a bucherellare il territorio senza che la “miseria contadina” ne traesse alcun beneficio. Oggi la storia si ripete. La Basilicata è la più grande riserva petrolifera d’Italia: qui si estraggono il 70,6 per cento del petrolio e il 14 per cento del gas italiani. per strada si incontrano solo mezzi della statunitense Halliburton, tecnici della Total francese o auto dei vigilantes locali, uno dei piccoli business fioriti attorno alle estrazioni.
 
A Viggiano, poco più di tremila abitanti che affacciano sul Centro oli e su venti dei 27 pozzi attivi in Val d’Agri, in molti hanno avuto o hanno a che fare con il petrolio: c’è chi ha preso soldi per un pezzo di terra espropriato, chi fa lavoretti occasionali e chi ha un familiare impiegato, e tanto basta a far sì che dell’argomento in molti parlino poco volentieri. La consapevolezza dei danni procurati all’ambiente è tanta, in un bosco incantevole dove ci si potrebbe abbeverare a una sorgente con annessa fontanella, se non fosse per una scritta, “acqua non controllata”. È stata messa lì dal comune che, nell’impossibilità di monitorare costantemente le sorgenti, avverte gli assetati viandanti: se vi azzardate a bere, lo fate a vostro rischio e pericolo. Il problema è reale: l’acqua dell’abete, tra i boschi della vicina Calvello a 1.200 metri d’altitudine, è risultata inquinata, e anche questa potrebbe non essere limpida come appare. Viggiano è oggi la capitale del petrolio italiano. Nel suo comune ricadono venti dei 27 pozzi della val d’Agri, nonché il Centro oli dove il gas viene separato dalla parte liquida (come pure lo zolfo), compresso e immesso nella rete distributiva della Snam. Il greggio, stabilizzato e stoccato, è invece spedito a Taranto, attraverso un oleodotto lungo 136 chilometri, da dove prende soprattutto la via della Turchia.
 
Il paese è attraversato da una rete sotterranea di tubi che affluiscono dai pozzi verso il Centro oli: ogni giorno nelle viscere del paesino lucano viaggiano 3,4 milioni di metri cubi di gas e l’equivalente di 81.868 barili di petrolio (ogni barile contiene 159 litri). Sono queste cifre a fare di questa valle “il più grande giacimento onshore dell’Europa occidentale”, come la definisce l’Eni. Per paradosso, Viggiano è il comune petrolifero più ricco d’Europa in una delle regioni più povere d’Italia. Accade per le royalty che puntualmente, dalla fine degli anni novanta, l’Ente nazionale idrocarburi versa nelle casse del comune: fino al 2010 si trattava del 7 per cento del totale del petrolio estratto, poi è stato aumentato al 10 per cento. L’Eni dichiara di aver pagato 1,16 miliardi di euro dal 1998 al 2013 (ultimo dato disponibile) e a Viggiano arrivano più di 11 milioni all’anno, così tanti che l’amministrazione ha perfino difficoltà a spenderli. “Ci finanziano sagre e feste estive, hanno messo fioriere dappertutto”, tutto ciò non basta a impedire che i giovani emigrino alla ricerca di fortuna altrove e in paese rimangano solo gli anziani, come in molte aree interne del Mezzogiorno.
 
Nemmeno la presenza di tecnici e operai del Centro oli e delle aziende dell’indotto pare aver modificato più di tanto lo stile di vita del paese. Alle due di pomeriggio, lungo il corso principale c’è una sorta di coprifuoco e all’unico bar aperto regna l’accidia mediterranea delle ore di fuoco. “La petrolizzazione ha danneggiato il territorio non solo sul piano ambientale e paesaggistico, pure su quello sanitario, identitario e della coesione”. “Fino a ieri, per i lucani la terra era un elemento di identificazione culturale e sociale. Nessuno dubitava dell’acqua e della salubrità dei prodotti locali. Ora invece pensano che le risorse naturali possano essere compromesse e questo cambia profondamente la loro identità. Nel loro immaginario la natura da fonte di vita si è trasformata in rischio di morte”. Oggi, grazie agli sconvolgimenti portati dalle trivelle, la natura è diventata perennemente matrigna. Ma sono pure altri i sentimenti che agitano gli abitanti di queste terre: “La popolazione si sente derubata di una cosa che è sua e che dovrebbe rimanere a loro. Pensano che il petrolio è lucano e ne debbano beneficiare gli abitanti del posto. In buona sostanza, ragionano in questo modo: ci avete derubato, messo a rischio e ora ci trattate come persone del terzo mondo. È uno schema interpretativo al quale aderisce pure chi è a favore delle perforazioni”.
 
Per addolcire la pillola ai suoi cittadini la regione Basilicata, dismessa ogni velleità autarchica (qualche anno fa aveva minacciato di aderire autonomamente all’Opec, l’Organizzazione dei paesi produttori di petrolio), utilizza i proventi dell’oro nero per finanziare lo stato sociale: tra i 20 e i 30 milioni al sistema sanitario, due milioni in borse di studio universitarie, 20 milioni in programmi di forestazione e per le vie blu marittime, 3,5 milioni in investimenti nella Società energetica lucana. E ancora, dieci milioni all’anno vanno all’Università della Basilicata, altri soldi sono destinati alla riduzione della bolletta energetica e del costo della benzina, nonché a un fondo di garanzia per le imprese. In definitiva, il petrolio copre così tante spese culturali e sociali per i nemmeno 600mila abitanti di una regione poco popolosa e priva di grandi città che la Cgil è arrivata a denunciare il rischio di una “dipendenza eccessiva dai diritti provenienti dalle attività estrattive”. Cosa accadrà se le royalty dovessero diminuire, a causa del crollo dei prezzi del petrolio, o addirittura il giorno in cui tutto dovesse finire?
 
L’enorme giro d’affari attorno al business delle trivelle spiega perché, al di là dell’opposizione di facciata, nel mondo della politica locale al petrolio intendano rinunciare in pochi. Nel palazzo della regione a Potenza un tabellone segnala l’estrazione giornaliera come in un emirato arabo e attorno all’oro nero si gioca la stabilità di un sistema politico che non ha avuto grandi scossoni dai tempi della prima repubblica. Ma l’opinione pubblica non è più la stessa che accettò senza battere ciglio le prime perforazioni negli anni novanta e i politici sono costretti a seguirne gli umori per non perdere consensi. Le inchieste giudiziarie hanno fermato le nuove prospezioni petrolifere e la giunta regionale ha deciso di non concedere più nuovi permessi, ma la corte costituzionale le ha dato torto e ora su tutta la regione incombono 18 nuove istanze, firmate Shell e e Total, su una superficie di 3.896 chilometri quadrati e 95 comuni interessati. Lo sblocca Italia del governo Renzi, che qui considerano l’ultimo atto di una colonizzazione cominciata con gli accordi del 1998 e proseguita con un successivo Memorandum, ha completato l’opera, scavalcando per legge gli enti locali e autorizzando trivellazioni un po’ ovunque, perfino di fronte alla costa di Policoro, sul mar Ionio, dove una decina di anni fa ci fu una vera e propria sommossa popolare contro la proposta dell’allora governo Berlusconi di costruirvi il sito unico per le scorie nucleari.
 
Prendono la parola esponenti della regione, sindaci e politici delle zone del petrolio. Si parla di ospedali ma il tema dominante è l’onnipresente petrolio. C’è allarme sulle patologie causate dall’inquinamento ambientale. In buona sostanza, nessuno pensa a uno stop al petrolio ma solo a come compensarne gli effetti più deteriori. Così vanno le cose nella “Basilicata Saudita”, come l’ha efficacemente definita il segretario dei radicali lucani Maurizio Bolognetti, autore di numerose denunce sui disastri ambientali provocati dalle perforazioni. A separare il pozzo Monte Alpi 1 dalle stalle dell’azienda agricola Sassano è un reticolato e null’altro. Il proprietario dell’azienda, Gaetano: “Da quando sono spuntati i pozzi per me è stata la fine”, dice. Il vino che produce non lo vuole più nessuno e le mucche hanno cominciato a morire senza motivo: “In meno di un mese ne ho seppellite quindici e nessuno sa darmi una spiegazione”. Davanti all’azienda ce n’è una con una sorta di distrofia muscolare, scheletrica, separata dalle altre, gli occhi che paiono implorare aiuto. “Diciamoci la verità: l’idea di coniugare ambiente e petrolio è una grande cazzata”.
 
Nel centro di Grumento Nova un simpatico personaggio che non vuole dire il suo nome da una piazzetta affacciata sulla val d’Agri, sulla collina di fronte a quella su cui è costruita Viggiano, indica il Centro oli, la “cattedrale nel deserto”: “Una volta questa era una valle bellissima, del vino di Grumentum”, l’antica città romana, una sorta di Pompei lucana oggi parco archeologico, “ne parla Tito Livio, ma ora arriva un olezzo…”. La cittadina non beneficia di royalty milionarie come Viggiano e risente degli effetti più sgradevoli: il rumore, specie di notte quando tutto tace, le esalazioni che non deliziano l’olfatto, la moria di carpe nel lago Pertusillo, invaso artificiale che, volgendo lo sguardo verso la sinistra da questo paese-terrazza, si estende a perdita d’occhio circondato dai boschi. Dovrebbe essere una riserva naturale, quest’ultimo, un’oasi nel verde che fornisce alla Puglia, attraverso una mastodontica diga alta cento metri, il 65 per cento del suo fabbisogno di acqua potabile e per usi irrigui: 4.500litri al secondo, per una capacità di 155 milioni di metri cubi. Da anni, invece, si susseguono denunce e controdenunce, analisi e controanalisi, in una guerra di dati e notizie che servono solo a far confusione e a coprire di una spessa coltre di disinformazione l’intera questione.
 
Da quando muoiono le carpe attorno al Pertusillo è accaduto di tutto: un tenente della polizia provinciale che aveva diffuso i dati sull’inquinamento è stato sospeso dal servizio, processato per rivelazione di segreto d’ufficio e poi definitivamente assolto, l’Arpa della Basilicata ha censito la presenza di ben 21 metalli pesanti nelle acque del lago, cinque dei quali passati indenni perfino agli impianti di potabilizzazione, l’Organizzazione lucana ambientalista ha denunciato concentrazioni di idrocarburi superiori ai limiti legali nel 70 per cento dei campioni mandati ad analizzare, specie in coincidenza con la foce del fiume Agri che attraversa le terre del petrolio. Sono finite sotto accusa le trivellazioni e i depuratori malfunzionanti, i cambiamenti climatici e calamità naturali come la misteriosa comparsa di una devastante alga rossa. Da ultimo, un deputato lucano cinquestelle, Vito Petrocelli, ha presentato un dossier alla commissione ambiente del parlamento europeo sostenendo che l’inquinamento del Pertusillo è tutta colpa del fracking, la tecnica di fratturazione idraulica utilizzata dalla Halliburton per cercare gas e petrolio.
 
Come per la puzza e il rumore del Centro oli, nessuno è finora riuscito a dimostrare un legame di causa-effetto e a stabilire responsabilità e pericoli per la salute. E chi è stato chiamato a fornire un’analisi scientifica non ha contribuito a diradare le nebbie. “Qui si scontrano la scienza di stato che fornisce una verità ufficiale, quella aziendale che porta acqua al mulino dei petrolieri e un’altra di prossimità, fatta da medici, ingegneri, geologi ed esperti locali di vario genere che studiano il territorio e svolgono un’importante opera di denuncia ed educazione delle popolazioni”. Poi c’è quella che definisce “la scienza dei senza scienza”, vale a dire le conoscenze legate alle esperienze sensoriali degli abitanti del luogo, che sono insofferenti ai rumori, soffrono per la puzza e si rendono conto che l’acqua non è più quella di una volta. Di fronte a questa evidenza, non c’è soglia di legge o interpretazione che tenga: lo scienziato senza scienza, abitante e profondo conoscitore dei luoghi per esperienza diretta, si rende conto che oggi in val d’Agri non si vive più come un tempo. In definitiva esiste un danno percepito che è molto superiore a quello certificato.
 
Che non sia facile attribuire colpe è testimoniato pure da un’altra evidenza: il petrolio, da queste parti, viene fuori anche se nessuno lo cerca. C’è la prova in un canyon di Tramutola: da una sorgente, a poca distanza da un parco acquatico che sfrutta le acque sulfuree del sottosuolo, sgorga l’oro nero di Lucania, viscido e oleoso. Forma una sorta di ruscello nerastro e va poi a riversarsi in un torrente, il rio Cavolo. In qualche punto si addensa e si formano delle bollicine di metano, mentre l’acqua sulfurea gli scorre addosso e scende a grande velocità verso il rio, lasciando per strada molte impurità. Proseguendo oltre, si incontrano le vestigia dell’“eldorado nero” della seconda metà degli anni trenta, come fu definito dagli amministratori dell’epoca. Si tratta di 47 pozzi svuotati e abbandonati, una sorta di avvertimento per quello che potrà accadere in futuro alle estrazioni di oggi. Oggi il miraggio petrolifero si è spostato di poco, dalle gole di questo paesino lucano all’altro capo della valle. Ha conquistato politici e gente comune, lasciando credere che insieme alle jeep e alle trivelle sarebbero arrivati soldi, benessere e lavoro per tutti.
 
L’Eni fornisce qualche numero: 2.881 impiegati in Basilicata, di cui 348 direttamente (tra questi 206 lucani) e 2.553 (1.077 del luogo) nelle aziende dell’indotto o “nella catena di fornitura di beni e servizi”. Davide Bubbico, sociologo all’università di Salerno e autore del dossier per la Cgil, puntualizza: “Si tratta in gran parte di attività a basso valore aggiunto”. In buona sostanza, per i giovani del posto che non emigrano il petrolio rimane un miraggio: si accontentano di mansioni poco qualificate, stipendi bassi e, almeno nella metà dei casi, di contratti a tempo determinato (spesso legati alla manutenzione degli impianti o a esigenze particolari). “Sono tutti lavoretti per far stare tranquilla la popolazione, i giovani sono impiegati solo per pochi mesi, si tratta di assistenzialismo allo stato puro”.
 
Notizie trasmesse da Ferdinando Renzetti




mercoledì 18 dicembre 2024

La caccia non è uno sport... è crudeltà e vigliaccheria!

 



Ancora caccia selvaggia in legge di Bilancio, gli ambientalisti uniti si rivolgono al presidente Mattarella.


Governo e maggioranza sempre più simili ad un circolo di cacciatori. A pagarne sono gli animali e tutti i cittadini. Per fare regali ai cacciatori calpestati anche i principi fondamentali dello Stato di diritto.


 Durante la notte, un emendamento alla Legge di Bilancio, attualmente in discussione alla Camera dei deputati, modifica l’art. 18 della Legge 157/1992 in materia di tutela della fauna selvatica e disciplina della caccia.


Si calpestano i principi fondamentali di uno Stato di diritto, facilitando l’uccisione degli animali per diletto.


L’emendamento vìola in modo palese la Costituzione

È il sesto provvedimento di modifica pro-caccia della Legge 157/92

Le principali associazioni ambientaliste italiane hanno inviato oggi una lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per segnalare le gravi incostituzionalità contenute in un emendamento alla Legge di Bilancio, attualmente in discussione alla Camera dei deputati, che modifica l’art. 18 della Legge 157/1992, in materia di tutela della fauna selvatica e disciplina della caccia.


Le associazioni denunciano come l’emendamento, proposto dalla deputata Maria Cristina Caretta (FdI) e reso ammissibile grazie al parere del presidente della Commissione Bilancio Giuseppe Mangialavori (FI), violi in modo palese la Costituzione, le norme europee e lo stesso Regolamento della Camera, essendo una modifica che nulla ha a che fare con il bilancio.

Tra le varie misure che contrastano con l’art. 9 della Costituzione, c’è l’affidamento ad un organo politico, il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale, del compito di emanare pareri dello stesso valore rispetto a quelli scientifici di ISPRA, anche per rendere cacciabili animali oggi protetti. Questo comitato è stato fortemente voluto dal Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida che ha assecondato le richieste del mondo venatorio dirette proprio ad indebolire ISPRA.


La proposta vìola inoltre il principio di accesso alla giustizia di cittadini e associazioni, rendendo più difficile impugnare i calendari venatori potenzialmente illegittimi e impedendo ai giudici di sospendere la caccia qualora ravvisino il rischio di un danno irreparabile alla fauna selvatica determinato dall’uccisione di animali autorizzata da provvedimenti illegittimi. Questa misura contrasta con l’articolo 24 della Costituzione e con la Convenzione di Aarhus, che garantiscono il diritto alla tutela giurisdizionale contro provvedimenti illegittimi.

Il sesto provvedimento di modifica pro-caccia della Legge 157/92.


Si tratta del sesto provvedimento di modifica pro-caccia della Legge 157/92 dall’inizio della legislatura, una vera e propria ossessione di cui già paghiamo tutti le conseguenze – dichiarano le associazioni. Un simile scenario si è infatti già verificato dopo l’approvazione della Legge di Bilancio 2022, quando furono introdotte modifiche alla Legge sulla caccia, con conseguente avvio della procedura di infrazione europea per violazione della Direttiva Uccelli, che è ancora attiva.


Per concedere di tutto ai cacciatori si calpestano i principi fondamentali di uno Stato di diritto, facilitando l’uccisione degli animali per diletto e impedendo ai giudici, ai cittadini, alle associazioni di esercitare i loro diritti e doveri. Per questo abbiamo definito l’emendamento “tagliola”. È inaccettabile che il Parlamento, anche durante la sessione di bilancio, quando si devono assumere decisioni fondamentali per il futuro del Paese, si presti a questi scambi.

Chiediamo quindi un intervento tempestivo e risoluto del Presidente della Repubblica per tutelare i diritti costituzionali, ambientali e giuridici dei cittadini e delle generazioni future.


Carlo Consiglio 





Comunicato sottoscritto da:  Animalisti Italiani, CABS, ENPA, Federazione Nazionale Pro Natura, LAC, LAV, LEAL, LEIDAA, Legambiente, LIPU, LNDC, OIPA, Rete dei Santuari, WWF Italia   (17 dicembre 2024).

martedì 17 dicembre 2024

Dialogo tra Teana e Timeo...

 


Lasciata Taranto lungo la Statale Ionica, la 107, si arriva a Metaponto antica città della Magna Grecia dove si racconta visse Pitagora negli ultimi anni della sua vita. Si riprende il cammino verso Policoro e dopo un pò si incontra alla foce il fiume Sinni, Siris in greco antico e risalendolo si arriva tra i monti nell’Alto Sinni, precisamente nel paese di Teana. Se alcune fonti fanno derivare il suo nome da quello della moglie di Pitagora, “Teana” – e non a caso la leggenda vuole che il paese sia stato fondato da appartenenti alla scuola pitagorica – altri attribuiscono la fondazione del borgo ad antichi coloni greci. I pitagorici risalgono il fiume fino qui a piedi e con muli e asinelli per trasportare le poche vettovaglie e per sfuggire e ripararsi dalla calura estiva della costa nella freschezza di boschi e torrenti. Un piccolo villaggio, Kome in greco, composto di poche casupole costruite con pietre terra e tetti di paglia, attorno alla piccola piazza, agorà, dove i pitagorici si riuniscono per le loro lezioni conviviali. Tra loro Timeo di Locri, personaggio del famoso dialogo di Platone, su cui si hanno poche informazioni certe e descritto come un grande filosofo, matematico e astronomo, nonché politico della Magna Grecia e Teana, filosofa e matematica greca, probabile moglie di Pitagora, riuscita assieme ad altre discepole ad aprire le porte della conoscenza al mondo femminile. La scuola pitagorica venne fondata da Pitagora a Crotone attorno al 530 a.c. e la particolarità della scuola era di presentarsi come setta religiosa e anche come comunità scientifica e partito politico, Vi si studiava filosofia matematica cosmologia astronomia musica fisiologia. Insomma la mattina i pitagorici si riuniscono alle prime luci dell’alba tutti vestiti di lino bianco nella piccola agorà, al centro della kome e guidati da Teano e Timeo praticano una lunga seduta di trans bioenergetica, meditazione dinamica di corpo e voce, orfismo pitagorico. Dopo una breve colazione con fichi secchi miele olive e focaccia bassa di farina di orzo, seduti in circoloiniziano il dialogo conviviale quotidiano. Attorno a Timeo e Teana discepoli e discepole disposti in cerchio discutono e parlano un po tutti in piccoli gruppi esprimendo ognuno un pensiero più o meno pratico o astratto. Alla fine Timeo e Teana prendono la parola e tutti rimangono in silenzio ad ascoltare.  
 
Timeo inizia il suo discorso in questo modo: Dentro le pietre sovrapposte si conserva l’anima antica dei luoghi, la loro essenza interiore di oggetti preistorici e modernissimi, capaci di parlarci ancora a distanza di millenni. la voce inesorabile della Madre Terra: Il calcare ha un suono liquido, è acqua fossilizzata e la memoria è rimasta impressa dentro la pietra. Il basalto, di origine vulcanica, è fuoco, trasmette il suono della terra. Ascoltandola si sente che al suo interno c’è un grande brusìo sonoro. 
 
Teana allora prende la parola e risponde: L’Universo è in continua espansione e la Natura segue un percorso di sviluppo miracoloso che progredisce con l’avanzare del tempo, provvedendo al necessario per la vita dei suoi figli, siano essi fiori, piante, germi, batteri, animali o esseri umani, a formare una catena indispensabile alla vita del Pianeta. La vita è una cosa spaventosa. Mille e mille tentativi possiamo intraprendere per cercare di renderla pacifica, prevedibile, meno temibile, più addomesticabile. Possiamo ingabbiarla in matrici matematiche, in forme geometriche, in formule fisiche, e la realtà continua a scivolarci di mano, sguscia da ogni parte, ci aggira: più vogliamo controllarla, più ci aggredisce. Specie quando le certezze che nutriamo crollano, lasciandoci in balia dell’ignoto. 
 
Timeo: Gli Universi rimbalzano all’infinito… La scienza si avvicina sempre più alla filosofia. In effetti il pensiero metafisico e l’analisi del mondo fisico sono due descrizioni che collidono, entrambe attingono alla realtà percepibile per mezzo della coscienza. Anche se molto simili fra loro, gli universi “pre” e “post” rimbalzo non sono uguali: le equazioni che li governano infatti hanno almeno una variabile differente, il “fattore di dimenticanza cosmica” 
 
Teana: Seguiamo un Processo evolutivo - agiamo secondo natura, in chiave evolutiva, nella consapevolezza del bene comune, poiché noi siamo in ogni forma! Anche l’io individuale ha la sua importanza nel processo evolutivo della coscienza. Insomma partiamo da noi stessi. La specie umana è in continua evoluzione e così dovremmo essere coscienti che il nostro vivere si svolge in un contesto inscindibile... Di fatto è così… solo che possiamo capirlo e viverlo consapevolmente, prima a livello personale e poi a livello di comunità…
 
Timeo: Il tutto nel Tutto... Animali, piante, montagne, corsi d’acqua, mari, cielo stellato, luna, esseri umani… tutto compartecipa ed è espressione dell’atto creativo, parte indivisibile di un Unicum. Tutto è presente nel Tutto, nell’eterno qui ed ora. Questa beata visione non si è esaurita con il trascorrere delle generazioni, essa è durata a lungo, ed ancora permane nelle menti illuminate. Questo immaginario è un serbatoio di soggettività, fonte di tranquillità e nostro orizzonte. Immaginario che passa indubbiamente attraverso un preciso paesaggio, anche attraverso le parole che lo nominano: ogni albero ha un nome, ogni animale, ogni cibo. C’è un altro legame con il circostante, con la natura, con l’animale. È una conoscenza, una saggezza. Quando un tempo era normale passare le ore a chiacchierare in compagnia, raccontandosi storie e progetti di vita ora Non siamo più abituati allo stare assieme, senza finalità, tra esseri umani. Inoltre non dimentichiamo che le piante hanno un valore ed uno scopo, esse sono necessarie al mantenimento della biodiversità, che significa humus e vita. 
 
Teana: Tutto molto bello e suggestivo, certo! Quello che mi preme di più raccontare, è che nella nostra Terra, da sempre, quello che conta è il "viaggio" e non è l'approdo. E in questo “percorso” delle donne c’è una miriade di sentimenti e di esperienza atavica: la sapienza antica che si tramanda, c’è la pazienza, ci sono le mani che lavorano e il cuore che le accompagna, c’è il sole caldo e l'aria pulita, ci sono i profumi, il canto delle ragazze, il vocio delle vicine e i giochi dei fanciulli,le strade invase di tavolee di allegria. Questo è il nostro passato, la nostra Storia. E le nostre madri, le nostre nonne, che lavoravano con le loro sante mani.
 
Timeo: Velocità e lentezza percorso tragitto, antropologia dello spazio… buona parte dell'umanità percorre e basta e sosta nei soliti luoghi senza rapporto più con il tangibile intorno... ci si puo fermare per riflettere sullo spazio e il tempo… chi si ferma si incontra oppure stiamo perdendoci qcosa di prezioso
 
Teana: la nostra è una rivoluzione culturale a partire dalla scuola. Voci ricche di sorprese: Comunità educanti, Apprendimento esperienziale, Outdoor educativo (in risposta all’iper-protezione che diseduca), l’Educazione ecologica con le relazioni socio ambientali al centro. Il Glossario ecologista è un utile sussidio per educatrici ed educatori.
 
Timeo: la nostra casa più preziosa il pianeta azzurro, disegnamo il mondo e coltiviamo la fiducia, ripensando il nostro modo di abitarci. Gettiamo semi che raccontano di fiducia attenzione e cura per l’uomo e la terra. Biodiversità significa anche prendersi cura di noi stessi con la consapevolezza che ogni giorno siamo immersi in un flusso circolare fatto di gesti che dati al terreno ci restituiscono fiori e frutti.
 
Teana: Officina di inventiva e ingegno dove il «lavoro in cerchio», non esclude nessuno e infatti ci si trova subito al cospetto di un cosmo messo per iscritto, dove il centro compare dappertutto e i confini da nessuna parte. Una Botanica parallela erbario contemporaneo vegetazione naturale, piante che rotolano come pietre nel giardino del tempo: noi donne raccogliamo l’olio essenziale, ovvero l’anima delle piante officinali che entra in relazione con il nostro corpo, toccando parti profonde, aiutandolo nei processi evolutivi: profumi e odori attivano un’area del cervello deputata alle memorie emotive ancestrali. 
 
Timeo: E non è questione di perfezionismo appunto di energia. Per esempio ieri non era perfetto-perfetto, ed era perfetto. Nella mia idea la perfezione è l’inizio. Allora si possono prendere dei rischi, perché essere in uno stato di libertà, di coraggio, anche di timore, questo è super importante. Se eccediamo nel controllo, se teniamo le cose troppo strette, non c’è libertà, occorre il flow, la fluidità. Mi capita che dei giovani dicano che oggi una certa cosa non ce la fanno a farla: e se si aspetta non si è nel presente, e il presente è la cosa più importante.
 
Teana: so dove ci porta il vento. Cristallizzazione amorosa la compresenza dei tempi nell’universale singolare passione di vita il nostro mondo senso e significato singolarità selezionata indecomponibile totalità dall’universale astratto all’universale concreto infinita contemporaneità dell’esistenza coesistente nel contemporaneo della contemporaneità illimitata un contemporaneo degli uomini nuovi nell’alterità del presente l’eternità individuale.
 
Timeo: ci troviamo a fronteggiare un tempo curvo che sembra non avere ne inizio ne fine, corrente di un fiume che conduce alla foce e alla sorgente. Sembra attutirsi l’intensità della nostra esistenza sfumando la distinzione tra finzione e realtà, con la consapevolezza che anche le pagine bianche come le cose vive sgualciscono e avvizziscono.
 
Teana: zero virgola zero zero eccetera per cento fino a scomparire nella fitta nuvola la vertigine di un vuoto tutto l’altrove altra volta altrimenti possibile è di sapere la serie di cui questo secondo fa parte, se è aperta o chiusa, se voglio vivere il mio istante-universo per fermarmi nel tempo e muovermi col tempo.
 
Timeo: l’unica azione possibile sullo spazio è la negazione dello spazio verso la sua irraggiungibile circonferenza: in qualsiasi punto ci troviamo l’ipersfera si allarga intorno a noi in ogni direzione, il centro è dappertutto. Mi domando se davvero questo mondo è il nostro mondo, quello che c’è e quello che non c’è.
 
Teana: Questa volta la protagonista assoluta è Umana e vegetale, trionfa e segna la scena e calamita a sé, energetica figura immagine lega immediatamente al flusso sonoro e al movimento incessante lungo quel luogo polveroso, reso più forte respiro dello spazio. LA SEMPLICITÀ si innesta nella trasparenza e nella luminosità offuscata da quel movimento segnato, paesaggio dell’anima, sequenza liberatoria agita con energia controllata e calibrata.
 
Timeo: Questo rapporto con l’altro – richiamo al prendersene cura, che passa attraverso l’indispensabile mediazione delle parole. Tra il linguaggio e il mondo non c’è corrispondenza. E quindi c’è bisogno di un di più: riconoscere il diritto di ogni umano alla sua diversità». 
 
Teana: Dove va la coscienza quando dormiamo? Nelle regioni più remote dell’io o, forse, del tu e del noi. Di un noi lontano e irrecuperabile oppure vicino, il più vicino possibile. Il bordo del corpo riesce quindi a parlare e ad ascoltarci: con esso – con il corpo degli altri, silenti, variazioni nel vuoto.
 
Il dialogo a questo punto si conclude, tutti si alzano e si dirigono verso i boschi per eseguire altri esercizi di danza, euritmia, meditazione silenziosa. Il tessuto urbano civile che emerge dalle parole dei dialoghi anche nel Timeo, rivela una societa mobile e curiosa abituata a viaggiare e a confrontarsi, una orizzontalità del sapere che ammette tutti al fuoco, all’agon della discussione. Una strana umanità quella che si aggira e circola nei dialoghi, discussioni interminabili che continuano anche di notte, si traferiscono di casa in casa prolungandosi per giorni, in cui sempre nuovi personaggi entrano in scena e in cui si affollano tante domande e tante risposte. Una umanità quella che socrate produce intorno a se e al se, che ritiene che tutto sia problema e su tutto sia lecito argomentare, dividersi e concordare. Nell’inarrestabile risacca del logos il filo della discussione, della pace e dell’amicizia non si interrompe mai. 
 
C’erano in un paese un re e una regina. E’ l’inizio della fiaba. Il c’era una volta immerge subito in una atmosfera magica: un paese indefinito, un re una regina e la loro bellissima figlia, così bella da far ingelosire venere e da far innamorare anche amore in persona…

Storia ri-raccontata da Ferdinando Renzetti



lunedì 16 dicembre 2024

Fondazione del coordinamento nazionale No Nato...

 


In data 8 dicembre 2024, presso la Sala Consiliare – Quartiere Porto del comune di Bologna, si è tenuta l’assemblea costituente che ha sancito la nascita del Coordinamento Nazionale No Nato. Di seguito riportiamo sinteticamente il contenuto degli interventi che si sono susseguiti durante l’iniziativa.

Nel suo intervento introduttivo Emanuele Lepore (ANVUI), dopo aver sottolineato che la partecipazione all’assemblea ha raggiunto numeri inaspettati dagli organizzatori, afferma che l’Italia è un Paese tutt’oggi occupato militarmente allo scopo di ribadire la subordinazione a USA/NATO, nonché partecipe a tutti gli effetti alla III Guerra Mondiale in corso per il sostegno incondizionato a Israele ed Ucraina e da ultimo la connivenza con chi ha favorito le organizzazioni terroristiche in Siria e alle operazioni di delegittimazione dei risultati elettorali in Romania e Georgia invisi agli USA e alla NATO. Evidenzia la crescente militarizzazione degli spazi pubblici, a cominciare da quelli educativi come scuole ed università, le politiche repressive incarnate dal ddl n. 1660 e le politiche di riarmo confermate da ultima legge di bilancio come componenti di una più generale politica di guerra.

E’ intenzione del costituendo Coordinamento Nazionale NO NATO (d’ora in avanti CNNN) tenere insieme realtà diverse ma animate dalla stessa volontà di contrastare la propaganda di guerra e far sentire meno sole le singole realtà già attive contro la NATO localmente. Si tratta di un percorso iniziato a marzo 2024 in vista del 75° anniversario della nascita della NATO, con diverse mobilitazioni realizzate nei vari territori gli scorsi 4 aprile, 2 giugno e nella settimana dal 2 al 10 novembre. Il Documento Programmatico diffuso ai partecipanti all’assemblea odierna, di cui vengono puntualizzati i pilastri, va inteso come base di una discussione politica da condurre per rendere più unitaria la mobilitazione già in essere, contrastando il senso di impotenza percepito dalle masse popolari. L’opposizione alla NATO è un movimento d’opinione che ha necessità di darsi una organizzazione nei diversi territori affinché la mobilitazione contro la NATO possa essere lotta per ripristinare la sovranità popolare sulle politiche decisive per il futuro del Paese, in quanto l’attuale orientamento euro-atlantico va contro gli interessi della maggioranza della popolazione. Se l’uscita dalla NATO rappresenta l’obiettivo di lungo termine, nel breve e medio termine vanno progettate mobilitazioni e iniziative che non si pongano comunque in concorrenza con iniziative analoghe già in corso, ma anzi convergano il più possibile.


Beppe Corioni (Donne e uomini contro la guerra Brescia) denuncia da sempre la presenza di testate atomiche USA dispiegate presso l’aeroporto militare di Ghedi, formalmente base italiana, e recentemente è stato depositato anche un esposto presso la competente Procura della Repubblica. Si tratta delle nuove B61-12, presenti in venti unità; ogni cacciabombardiere F-35 dispiegato a Ghedi può caricarne due in stiva. La base di Ghedi è ormai diventata meta di visite guidate delle scolaresche in virtù di un protocollo di intesa siglato dai Ministeri della Difesa e dell’Istruzione nel 2014. Lo scopo è quello di educare le nuove generazioni all’obbedienza ed abituarle agli scenari di guerra.

L’attivismo di “Donne e uomini…” ricorre alle più diverse pratiche e recentemente sono stati organizzati anche momenti di confronto con le istituzioni pubbliche dai quali è emersa l’assenza di piani per la gestione di eventuali emergenze all’interno della base che possano danneggiare la popolazione residente nelle aree limitrofe alla stessa.

Conclude il suo intervento con un appello ad adottare quanto prima modalità di lotta adeguate ai tempi correnti che vedono ormai ridotta od annullata l’agibilità democratica. L’appello consiste nel fatto che i comitati a livello territoriale e lo stesso coordinamento nazionale No Nato deve pensare a mettere in campo iniziative di tipo nuovi, a pensare a costruire lotte di tipo nuove e non attestarsi ai vecchi schemi.


Patrick Boylan (Rete No War – da remoto) auspica che la lotta contro la NATO faccia ricorso ad un rinnovato concetto di egemonia culturale, al fine di coinvolgere esponenti del ceto intellettuale che costituiscono naturalmente il tramite per pervenire ad un dialogo con le masse popolari. Delinea tre possibili direttive di azione: 1) le istituzioni politiche locali, dove presentare all’approvazione della risoluzioni contro la NATO; 2) i giornalisti, quali possibili alleati per contrastare la narrazione ufficiale su natura e scopi della NATO; 3) le scuole, dove organizzare assemblee per spiegare agli studenti cosa è veramente la NATO.

Propone di abbandonare l’abitudine di ricorrere esclusivamente a complessi documenti programmatici, compresi principalmente dall’ambito di “militanti”, ma partire da questi per sviluppare iniziative e campagne specifiche e di utilizzare le reti social frequentate dai più giovani per veicolare contenuti contro la NATO.


Vincenzo Brandi (GA.MA.DI – Rete No War) ripercorre l’esperienza del Comitato No Guerra No NATO fondato da Giulietto Chiesa e Manlio Dinucci e conduce un excursus storico sulla NATO dalla fondazione ad oggi.

Se l’obiettivo strategico è indubbiamente quello di uscire dalla NATO, nel breve e medio termine va creata una rete delle organizzazioni attive nei territori, rispettando la loro diversità, che hanno il compito di informare e sensibilizzare i cittadini sulla NATO; rimane scettico sulla disponibilità dei giornalisti a farsi portatori di analisi critiche sulla NATO. Sottolinea che nella auspicata costruzione della rete va scongiurato ogni tentativo di egemonia da parte di qualcuno degli aderenti, pur se la rete deve comunque dimostrarsi efficiente nello svolgimento delle mobilitazioni ed efficace nel conseguire l’obiettivo finale dell’uscita dalla NATO.


Emanuele Montagna (Coordinamento Paradiso) sottolinea che la NATO è strumento del capitale finanziario USA per affermare propria egemonia mondiale. Sono veramente forze democratiche ed antifasciste quelle che si battono contro le politiche belliciste in corso già dal 2020 in epoca di pandemia e che nel 2022 hanno fatto un salto di qualità con l’inizio dell’operazione militare russa in Ucraina. Utilizza l’espressione “Uccidente” per far risaltare la propensione occidentale all’assassinio al fine di preservare la propria egemonia mondiale.

Il CNNN deve essere costituito da una rete non virtuale ma reale, cioè da organizzazioni composte da persone che si conoscono e si incontrano a cadenza regolare. Si tratta di creare un’unione di scopo qui in Italia perché il ns Paese è la chiave di volta di ciò che USA/NATO hanno fatto e vogliono fare in futuro nell’area mediterranea, è l’anello spezzato il quale può venir meno il loro potere. Mette infine in guardia circa il fatto che il movimento di crescente dissenso nei confronti delle politiche di guerra sia a rischio di essere infiltrato da agenti provocatori.


Gabriele Abrotini (Coordinamento Regionale Emilia-Romagna No NATO) presenta il dossier elaborato dal Coordinamento emiliano-romagnolo puntualizzandone le principali aree tematiche (presenza militare della NATO in regione, aziende industriali con produzioni indirizzate anche ad uso militare, rapporti di collaborazione tra la NATO e le università del territorio). Esso è liberamente scaricabile dal seguente collegamento: https://drive.proton.me/urls/XH82Z1KT0M#BpZzwUrPVHzJ


Michele (Giovani Palestinesi d’Italia) ribadisce l’impegno dei Giovani Palestinesi nell’opposizione al sionismo inteso quale massima espressione dell’imperialismo di colonizzazione. Stigmatizza gli accordi tra importanti aziende italiane come Leonardo ed ENI con lo Stato di Israele e ricorda le mobilitazioni condotte dalla sua organizzazione per informare su (e contrastare gli) accordi di collaborazione tra l’Alma Mater Studiorum di Bologna e gli enti universitari e di ricerca israeliani. Sottolinea che tali accordi peraltro si inseriscono nel più generale processo di aziendalizzazione dell’Università italiana e che, in considerazione di ciò, sono state da loro attivate sinergie con realtà sindacali come SiCobas per boicottare le aziende del territorio firmatarie di accordi con controparti israeliane.


Virginia Dessì (No MUOS) si sofferma sul ruolo operativo delle basi USA/NATO situate in Sicilia nei conflitti in corso e sull’azienda Leonardo quale uno dei principali fornitori di armamenti ad Israele. Condanna la militarizzazione delle scuole e l’impoverimento delle masse popolari, auspicando che la crescente rabbia che queste esprimono venga indirizzata contro la subordinazione alle politiche governative di guerra. Infine formula un invito a partecipare al campeggio No MUOS di Niscemi previsto tra il 29 dicembre 2024 e il 3 gennaio 2025 (per info www.nomuos.info).


Alessio (Gruppo Autonomo Portuali Livorno) presenta la natura e gli scopi della sua organizzazione, rimarcando l’importanza della legge n. 185 del 1990 che vieta l’esportazione di armamenti ai Paesi in guerra. Sottolinea che la città di Livorno è un importante centro logistico in tema di armamenti anche a causa della vicinanza con la base USA di Camp Darby. Ricorda la partecipazione alla campagna contro il genocidio in Palestina dello scorso mese di agosto, in occasione della quale è stata avviata una interlocuzione con l’amministrazione locale per dichiarare Livorno un porto di pace. Giudica l’assemblea un momento importante per stabilire contatti con altre realtà dell’attivismo contro la NATO e favorire lo scambio informazioni tra tutti gli organismi presenti.


Alessio Gasperini (Miracolo a Milano) confida che l’assemblea sia utile per creare una unità di azione tra i partecipanti. Ricorda l’imminente anniversario della strage di Piazza Fontana realizzata con esplosivo che, da recenti inchieste, si ipotizza fosse in dotazione alla NATO, i verbali del Comitato Tecnico Scientifico per la gestione della pandemia recentemente desecretati che rivelano la presenza alle riunioni dello stesso di un ufficiale in rappresentanza della NATO e le parole pronunciate da un ministro dell’attuale governo olandese circa l’ingerenza della NATO nelle decisioni assunte nel suo Paese in passato per contrastare la pandemia. Quindi non solo l’influenza della NATO nella politica estera del nostro paese ma anche il suo intervento diretto nella politica interna.

Sottolinea la sua contrarietà a qualsiasi tentativo egemonico nei confronti del funzionamento del CNNN ma che allo stesso tempo è necessario adottare una strategia idonea ad operare in un contesto sociale che è divenuto autoritario. Il CNNN deve acquisire l’autorevolezza necessaria a condurre una lotta che ormai riguarda la stessa sopravvivenza fisica ed economica delle masse popolari.


Valeria (movimento "A Foras" per la chiusura delle basi militari in Sardegna, le bonifiche, la restituzione delle terre alle comunità) esprime la propria preferenza per la denominazione “Coordinamento generale No NATO”. Ricorda che A Foras è movimento nato nel 2016 in una regione, quella sarda, dove è concentrato circa il 65% del demanio militare complessivo dell’Italia e si tratta in particolare dei poligoni dove vengono testati i nuovi armamenti e dismessi quelli non più funzionanti. La loro presenza ha provocato l’emigrazione dai territori interessati e il conseguente spopolamento. Inoltre in Sardegna ha sede l’azienda bellica RWM la quale fa grande ricorso ai contratti di lavoro flessibili e precari mentre nella sua comunicazione istituzionale sostiene di rappresentare una importante risorsa a disposizione del territorio.

Cita quindi gli indennizzi riconosciuti ai pescatori sardi impossibilitati a svolgere il proprio lavoro perché le acque del mare sono interdette alla navigazione a causa di esercitazioni militari oppure perché la pesca è vietata per l’inquinamento marino: indennizzi che diventano strumento di ricatto e assoggettamento della popolazione locale. Ricorda anche la questione dei cittadini residenti vicino ai poligoni che sono affetti da malattie difficilmente curabili causate dalle sostanze disperse nei poligoni medesimi e i procedimenti penali aperti contro i presunti responsabili che normalmente non giungono a condannare gli alti gradi militari coinvolti.

La mobilitazione contro la NATO in Sardegna tradizionalmente ha mirato a condurre occupazioni temporanee di aree del demanio militare. Da poco sono stati inoltre creati due “tavoli di lavoro” per approfondire le ricadute che le attività svolte nei poligoni militari ha sulla salute fisica e mentale dei residenti e per analizzare nonché contrastare la propaganda bellica indirizzata alle giovani generazioni soprattutto in contesti scolastici.

Per concludere, cita il testo “Isole in guerra. Occupazione militare e colonialismo in Sardegna, Sicilia e Corsica” https://www.catarticaedizioni.com/2023/10/isole-in-guerra-foras-trinacria-core-in-fronte pubblicato l’anno scorso insieme a realtà politiche delle altre due isole mediterranee e applaude alla mobilitazione in corso in Sardegna contro gli espropri di terre rivolti ad insediare impianti di produzione energetica cosiddetti green (pale eoliche e pannelli fotovoltaici), nella logica dell’imposizione di una economia di guerra.


Silvia Monici (Mantova per l’Italia) ricorda il ruolo della NATO, recentemente rivelato dai verbali desecretati del Comitato Tecnico Scientifico, nella gestione del periodo pandemico. Mantova per l’Italia, organismo la cui nascita risale appunto a quel periodo, esprime la volontà di aderire al CNNN e sotto questo riguardo ha recentemente organizzato una presentazione pubblica del testo scritto dal giornalista Filippo Rossi “NATO per uccidere. I crimini contro i civili in Afghanistan” https://www.ariannaeditrice.it/prodotti/nato-per-uccidere.


Luigi Borrelli (delegato sindacale USB presso l’aeroporto civile di Montichiari) ricorda la vicenda che lo ha visto colpito da due sanzioni disciplinari di sospensione dal lavoro per un totale di 14 giorni, in quanto responsabile di aver segnalato la movimentazione di armamenti nelle strutture dell’aeroporto civile dove è in servizio. Confida che le mobilitazioni contro la militarizzazione continuino nonostante la prossima probabile introduzione di normative liberticide (DDL 1660) e si rende disponibile a future iniziative.


I portavoce della Piattaforma Antimperialista Mondiale, provenienti dalla Corea del Sud, evidenziano la necessità che le mobilitazioni in corso contro la NATO abbiano un carattere unitario, successivamente attraverso la lettura di un apposito comunicato riepilogano la situazione geopolitica mondiale, dedicando particolare attenzione al conflitto russo-ucraino ed alle crescenti tensioni in Asia orientale. Interpretano come conseguenza di tali tensioni il tentativo di proclamazione lampo della legge marziale in Corea del Sud da parte del Presidente Yoon Suk-yeol. Rilevano che durante l’anno in corso sia aumentato notevolmente il numero di esercitazioni belliche tra forze armate sudcoreane e statunitensi per simulare un’aggressione alla Corea del Nord e citano la propaganda occidentale sul presunto dispiegamento di truppe nordcoreane nella Federazione Russa quale pretesto per aumentare la tensione anche in Asia orientale. Concludono sostenendo che la lotta contro la NATO di per sé ha caratteristiche rivoluzionarie.


Michela (Freedom Road Socialist Organization USA) si dice onorata di partecipare all’assemblea. L’imperialismo è al tramonto, sebbene le spese militari USA siano in costante aumento a partire dal 2000, alimentando conflitti ai quattro angoli del mondo. Il contestuale peggioramento delle condizioni di vita delle masse popolari ha provocato rabbia contro tale aumento, producendo altresì nuove forme di protesta e facendo emergere nuovi organizzatori delle mobilitazioni. Questo attivismo che coinvolge soprattutto le giovani generazioni ha tratti rivoluzionari e si indirizza sempre più contro la NATO e le politiche di guerra, come si è visto al recente vertice NATO di Washington.

E’ necessario adottare strumenti di lotta efficaci per ottenere risultati tangibili, al fine di motivare i nuovi attivisti i quali sono consapevoli che il sistema della guerra capitalista è marcio e va abbattuto.


Mario Cichero (attivista senza affiliazioni) sostiene che c’è bisogno di opporsi non soltanto alla NATO ma al militarismo nel suo complesso e propone l’obiezione fiscale alle spese militari come strumento di lotta. Auspica che lo strumento dell’obiezione venga utilizzato anche nei confronti delle attività scolastiche che si svolgono dentro strutture militari.


Ugo Mattei (Generazioni Future) distingue l’attivismo contro la NATO dal pacifismo “peloso” e ricorda il patto di collaborazione che Generazioni Future ha siglato con altre organizzazioni sociali lo scorso ottobre presso lo Spin Time di Roma. Quale strumento per la sensibilizzazione dei cittadini propone di utilizzare la forma del referendum autogestito, ossia una raccolta di firme diffusa nei territori.


Pietro Vangeli (Segretario Nazionale del Partito dei CARC) sostiene che è possibile fermare la 3° guerra mondiale in corso e che si tratti di una lotta per la sopravvivenza dell’umanità. L’economia di guerra va combattuta perché sposta risorse economiche dall’impiego nello Stato sociale alle produzioni belliche, mentre la relativa propaganda addormenta le coscienze dei cittadini nel quadro della militarizzazione della società e della repressione del dissenso. Non tutti i popoli subiscono la guerra guerreggiata ma in generale gli effetti della guerra si fanno sentire ovunque nel mondo, causando danni che non vengono contabilizzati. Per quanto riguarda il nostro paese, misura immediata deve essere quella di cacciare il Governo Meloni e qualsiasi altro governo delle Larghe Intese e imporre un governo che faccia gli interessi delle organizzazioni popolari: la costruzione del Coordinamento Nazionale No Nato che il P.CARC ha sostenuto fin dall’inizio e che sostiene è strumento molto utile se contribuisce a questo orizzonte politico. È politica la soluzione per farla finita con le scorribande di USA e NATO in Italia.


Riccardo Paccosi (attore e regista) auspica che oltre all’organizzazione di eventi di carattere nazionale sia necessario dare riconoscibilità temporale e spaziale alle mobilitazioni contro la guerra, UE, NATO, sionismo e governi bellicisti tramite lo svolgimento di appuntamenti di piazza in tutte le città.


Simona Cucchiella (CLN e Libera Resistenza Lecco) afferma che Libera Resistenza Lecco, organismo nato durante il periodo pandemico, si è evoluto nella comprensione del carattere ormai antidemocratico del Paese in cui viviamo. Ritiene che la propaganda di guerra sia il nemico più pericoloso e che essa vada combattuta in maniera il più possibile unitaria, coinvolgendo ad esempio anche lo storico Comitato No Guerra No NATO fondato da Chiesa e Dinucci.


Mario Marcuz (avvocato) si occupa professionalmente di repressione e diritti negati. Ricorda il vertice NATO di Lisbona del 2010, in occasione del quale venne definito un nuovo “concetto strategico” che individua le principali aree di interesse e di azione dell’Alleanza Atlantica valide ancora oggi. Nella prospettiva di adottare nuove modalità per opporsi alla NATO, cita l’appello formulato all’Unesco contro l’insediamento di un Comando della NATO a Firenze di cui lui stesso si è occupato collaborando con il Comitato No Comando Nato né a Firenze né altrove, in forte contraddizione con la vocazione culturale e artistica della città così come mondialmente riconosciuta.


Leonardo Mazzei (Fronte del Dissenso), riconoscendo l’importanza della nascita del CNNN, evidenzia la specificità delle mobilitazioni in corso contro la 3° guerra mondiale, seppure essa non sia pienamente dispiegata. Per conseguire l’importante obiettivo di portare l’Italia fuori dagli scenari bellici in cui è coinvolta per la sua sudditanza a USA/NATO, le mobilitazioni devono assumere un carattere di massa; siamo quindi davanti ad una sfida difficilissima.


Pamela Volpi (Insieme Liberi e Coordinamento No Green Pass e Oltre Trieste) spiega che Insieme Liberi è una confederazione politica di carattere nazionale, nata in occasione delle ultime elezioni regionali in Friuli-V.G., che comprende al suo interno anche organismi attivi in campo culturale. Auspica che nasca un fronte compatto contro la NATO pur conoscendo le innegabili differenze esistenti tra le diverse realtà attive nei territori; ritiene che le voci dissenzienti presenti all’interno delle strutture di governo locale possano rappresentare un importante strumento di sensibilizzazione dei cittadini ed a questo proposito cita l’operato del consigliere comunale di Trieste Ugo Rossi e della repressione che ha subito.


Fabrizio Guerra (Assemblea Antifascista contro il Green Pass Bologna) ricorda la strumentalità del green pass durante il periodo pandemico per controllo e disciplinamento sociale. Guerra e pandemia sono elementi di una medesima strategia di dominio portata avanti sinergicamente da governi, apparati industriali ed università. Il genocidio del popolo palestinese assume una valenza simbolica perché coinvolge tutti gli attori degli scenari di guerra storicamente accertati.


Andrea Martocchia (Coordinamento Nazionale Jugoslavia) ricorda la nascita del Coordinamento Nazionale Jugoslavia negli anni novanta del secolo scorso, quando l’allora Jugoslavia fu vittima delle sanzioni economiche occidentali e delle tecniche di disinformazione strategica per fomentare il dissidio inter etnico e la frammentazione sociale. Oggi esso opera come associazione culturale e come tale intende partecipare al CNNN, ritenendo discriminante la condivisione di un orientamento antimperialista.

Ribadisce la volontà di aderire al coordinamento nazionale No Nato e di voler contribuire al suo lavoro, invita ad utilizzare con prudenza le reti sociali e a creare un sito internet dedicato come mezzo di comunicazione esterna.


Francesco Sciortino (Log-In) sostiene che la guerra non costituisce solamente un problema di tipo morale ma anche materiale per i danni che produce non soltanto alle popolazioni direttamente coinvolte negli eventi bellici ma anche ai cittadini dei Paesi non belligeranti. Il significativo aumento delle spese militari sancito da ultima legge di bilancio allude alla futura partecipazione ad avventure belliche, facendo cadere il mito costituzionale della guerra solo a scopi difensivi. Auspica che il CNNN riesca ad avviare un percorso unitario fra soggettività distinte che possa attivare anche i comuni cittadini ostili alla guerra e, allo stesso tempo, che i membri del CNNN non coltivino la presunzione che le masse popolari debbano uniformarsi alle decisioni prese dalle avanguardie politiche senza capirne la portata.


Massimo Aliprandini (Lega Obiettori di Coscienza - Milano) ritiene che lo stato di guerra mondiale duri ininterrottamente dal 1945 e che la stessa Guerra Fredda sia stata una forma di guerra mondiale, lamentando che l’ONU abbia nel frattempo perduto il suo ruolo di arbitro autorevole nelle contese mondiali. Avanza la proposta di elaborare, congiuntamente agli altri organismi lombardi aderenti al CNNN, un dossier che mette in fila i presidi bellici relativo alla regione Lombardia analogo a quello realizzato dal Coordinamento Regionale Emilia-Romagna No NATO per l’Emilia-Romagna. Propone inoltre di costituire un pool di avvocati disponibili ad assistere gli attivisti del CNNN in caso di bisogno.


Marinella Ambretti (Fondo Comunista di Firenze e attivista del Comitato No Comando NATO né a Firenze né altrove) sostiene di rappresentare una istanza popolare che durante la lotta per opporsi all’insediamento di un Comando NATO a Firenze, tuttora in corso, ha subito delle infiltrazioni del nemico al suo interno. Ricorda che l’appello rivolto all’Unesco per la preservazione della rilevanza culturale ed artistica della città (citata da Marcuz nel suo intervento) è soltanto l’ultima di una lunga serie di iniziative condotte dall’inizio della mobilitazione. Riferisce infine che tra i membri del comitato è ancora in divenire la discussione se aderire o meno al CNNN e che lei sostiene la linea di aderire al coordinamento nazionale No Nato.


In conclusione dei lavori assembleari, viene rimarcata la necessità di rendere il Coordinamento ambito in cui ogni organismo che intende attivarsi contro la NATO può esprimersi, portare il proprio contributo, mettere il proprio pezzo nella lotta più generale che deve vedere il coinvolgimento attivo di tutti su poche parole semplici e chiare: No alla NATO, No alle politiche di guerra, No alla propaganda di guerra. Viene sottolineato l’invito al campeggio invernale promosso dal Movimento No Muos e come principali linee di sviluppo vengono individuate

- la creazione di un dossier (che deve vedere il contributo di ogni organismo attivo nella lotta contro la NATO) di mappatura delle basi USA e NATO in Italia e dei principali presidi di guerra (infrastrutture, aziende, ecc.);

- lo sviluppo di iniziative di presentazione del Coordinamento in diverse città d’Italia, da concordare e portare avanti a partire dall’inizio del 2025.


Per il coordinamento nazionale No Nato

Federico Roberti