Paolo D'Arpini ai piedi di una quercia
Nella piazza di Treia, già prima di partire per l'Emilia, ho visto l'abete pronto alla scenografia natalizia. Stava sotto al portico del Comune, infilato in un bel vaso grande. Non so se la pianta sia munita di radici e se "finita la festa" sarà trapiantato in un prato. Sinceramente ne dubito poiché non ho scoperto -durante le mie escursioni erboristiche in giro nelle campagne limitrofe- piantumature di abeti ex natalizi. Chissà, forse quest'anno il commissario prefettizio, che sostituisce il sindaco dimissionario, essendo una donna, avrà pensato amorevolmente alla conservazione dell'albero... Vedremo
Riprendo comunque la nostra annuale campagna per il salvataggio di innocenti alberi. Non tagliamo abeti per le ricorrenze natalizie ed invece rechiamoci in campagna armati di ghiande, come fece l’uomo che piantava gli alberi di Jean Jono, e come atto simbolico, ma denso di concretezza, espressione della volontà di riscatto e vita, ripiantiamo le ghiande germoglianti delle tante specie autoctone di Querce! Un bastone a punta, un buco nella terra densa di pioggia, promessa di vita, e la ghianda con il suo germoglio affidata alla terra, nel suo ventre, e ricoperta di protettiva terra, perché avvenga il miracolo millenario della Rinascita. Così i cittadini riaffermano il possesso millenario comunitario di una terra intera, culla di civiltà e salubre generoso habitat d’uomini dagli albori della preistoria.
Il “natale” corrisponde in verità alla ripresa della crescita luminosa che subentra con il solstizio invernale, celebrato in tutto il mondo antico come simbolo del risorgere della vita, perciò è più che giusto che in occasione delle festività natalizie compiamo un rito di ritorno alla natura, andando in giro a piantar querce.
In tal modo onoreremo la vita e potremo approfittarne per abbracciare i grandi alberi e la natura che è matrice universale. In questo momento di obbrobrio consumista che accelera la distruzione del pianeta, attraverso il taglio indiscriminato di alberi, anche con la scusa religiosa addobbando un albero tagliato di fresco con palle di plastica e luminarie finte, più che un “natale” potremmo definirlo un “mortale” esempio di ipocrisia e strumentalizzazione della vera tradizione ecologista e spirituale.
La sacralità degli alberi, simbolo per antonomasia di vita e fornitori dell’ossigeno che ci consente ancora di respirare, viene vilificata dalla consuetudine barbara di offrire milioni di piante alla sceneggiata di un natale che ormai è solo un businnes. Andiamo nella foresta e nelle campagne incolte a piantare alberi ed offriamo pensieri d’amore e di riconoscenza verso le piante che ci sostengono…. non tagliamo nemmeno un ramo e persino Gesù ne sarà contento!
Paolo D’Arpini
Circolo Vegetariano VV.TT. - Treia (Mc) -
Nessun commento:
Posta un commento