sabato 17 settembre 2016

Una nuova "religione" ecologica - Estratto dal libro Terra, Anima Società di Matthew Fox


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L’ecologia,  e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia.
La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire
la saggezza del mondo.

Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni
l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del
pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine
all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del
sacro?

La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del
termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro
Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da
Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni
religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra
un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel
mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere
a un livello organizzativo esterno.

E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse,
nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa
posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto
sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra
casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella
scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano
dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida
la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza
dell’umanità”.

Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si
trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a
partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole
della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova
nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda
fonte della rivelazione, la natura!

Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro
su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci
avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature?
Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la
saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella
nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio.
Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere
senza saggezza”.

Lester Brown ha posto in una sola frase quello che un sacco di
attivisti ecologisti e scienziati si stanno oggi rendendo conto: ci
sono rimasti soltanto vent’anni per cambiare il nostro stile di vita
su questo pianeta. Dobbiamo quindi esplorare la nostra casa interiore
prima possibile. Quando usiamo il termine “casa interiore”
ricordiamoci che l’anima non sta dentro al corpo. La casa interiore
non è quella piccola cosa dentro la ghiandola pineale che Cartesio
chiamò anima. Tutti i nostri grandi mistici – Ildegarda di Bingen,
Tommaso d’Aquino e il Maestro Eckhart hanno detto che l’anima non è
dentro al corpo, ma è il corpo che è dentro l’anima. Il corpo è uno
strumento delle passioni, dell’angoscia, dello stupore, di quello di
cui ci prendiamo realmente cura. Esplorare la casa interiore della
nostra anima significa ascoltare il proprio sé profondo, e non solo il
nostro, ma anche quello della comunità della quale facciamo parte,
delle nostre nazioni, della nostra specie. La casa interiore non fa
parte dell’individuo, anche il nostro stile di vita contiene la sua
casa interiore, ed è a causa della nostra violenza interiore che
l’ambiente intorno a noi sta morendo, stiamo sporcando il nido nel
quale viviamo.

Dunque, l’esplorazione della nostra casa interiore ha a che fare con
l’era ecologica. La parola “ecologia” significa lo studio della nostra
casa. L’ecologia non è qualcosa “là fuori”, noi siamo nella natura e
la natura è in noi, viviamo in un luogo sacro e il luogo sacro è in
noi. La natura sacra, incontaminata, non si trova solo nei parchi
nazionali, ma dentro a ognuno di noi e ci richiede attenzione, noi non
siamo più in contatto con le nostre vere e genuine passioni, per
questo intorno a noi c’è solo devastazione.

Ai nostri giorni la religione deve ritornare alla sua tradizione
mistica. Il monaco inglese Bede Griffiths ha detto recentemente, “Se
la Cristianità non recupera la sua tradizione mistica, può chiudere
bottega e ritirarsi, non ha niente da offrire”. E io aggiungo, Amen.
Le chiese sono vuote e l’anima dei nostri giovani disperata. Non deve
comunque finire così perché possiamo ancora riprendere le nostre
tradizioni mistiche, in ognuno di noi c’è il misticismo che anela a
ritornare nell’universo. Quando lo si sviluppa allora tornano i
profeti. Come disse il filosofo americano William Hocking, “Il profeta
è il misticismo in azione” e Carl Jung affermò “La fede non
sostituisce l’esperienza”.

Il mistico è ognuno di noi fiducioso di sperimentare il divino nella
natura, il quale apre i nostri cuori e, quando questi sono aperti, il
divino ci penetra. La fiducia nella nostra esperienza è la base di
tutto il misticismo. Il salmista dice, “Prova a vedere se Dio è
buono”. Il misticismo si riferisce appunto a questo assaggio, non può
esserci un misticismo di seconda mano, indiretto. Il Papa non lo può
sperimentare per conto nostro e nemmeno il parroco, il misticismo non
lo si può noleggiare, nemmeno in California! Ci stiamo dirigendo verso
un’era in cui tutti noi dovremo prenderci la responsabilità della
nostra vita mistica, richiamare la saggezza dei nostri antenati e
della comunità, inclusa, naturalmente la saggezza della comunità non
umana che, costantemente ci sta nutrendo con la rivelazione della sua
verità e insegnando che possiamo gustare e vedere che la divinità è
buona.

Tommaso d’Aquino la mise sotto questo aspetto, “L’esperienza del
Divino non deve riguardare gli anziani o una minoranza”. Non abbiamo
bisogno di mistici professionisti, tutti noi dobbiamo risvegliare il
misticismo che è in noi. Gregory Bateson, nel suo libro Steps to the
Ecology of Mind (Verso l’ecologia della mente), dice, “La cosa più
dura nel Vangelo è quando San Paolo, indirizzandosi ai Galilei, dice,
“Non si può ingannare Dio”. Queste parole possono andar bene anche
alla relazione tra l’umanità e l’ecologia, non si possono ingannare i
processi ecologici. In altri termini, la Terra scrive sul suo libro
mastro il livello di ozono, l’inquinamento atmosferico, la
deforestazione, perché non vuole essere presa in giro e ingannata.
Anche Santa Ildegarda disse, “C’è una tessuto di equità che collega
l’umanità a tutte le altre creature”. Dice dunque che se gli esseri
umani rompono questa trama di giustizia, Dio permette la creazione di
una punizione per l’umanità. Questa punizione è già presente, con il
cancro e la leucemia. Non si può ingannare la Terra. Bateson inizia
allora ad analizzare le tre principali minacce alla sopravvivenza
umana. La prima è il progresso tecnologico, la seconda è l’aumento
demografico e la terza sono gli errori e le attitudini della cultura
occidentale.

Se ci rimangono soltanto vent’anni, dobbiamo iniziare a risvegliare la
massa, e la strada per tale risveglio è la tradizione mistica
religiosa che si rifletterebbe nel cambiamento totale delle nostre
attitudini convenzionali verso il corpo, la salute, la globalità,
verso la sacralità di tutte le creature. Ci insegnerebbe la
spiritualità, una maniera nonviolenta di vivere con noi stessi e
quindi anche con gli altri.

Per recuperare questo tipo di sapienza religiosa, quello che dobbiamo
fare è cercare nelle nostre tradizioni spirituali che sono state
spesso condannate. I più grandi Santi della tradizione, Ildegarda da
Bingen, fu ignorata per 700 anni, Francesco d’Assisi è stato reso
patetico e messo accanto alla vaschetta dei pesci in giardino. Tommaso
d’Aquino, prima di diventare santo, fu condannato per tre volte. Il
Maestro Eckhart fu condannato ed è rimasto ancora adesso, da 600 anni,
nella lista dei condannati. Giuliana da Norwich completamente
ignorata. Il suo libro venne pubblicato dopo 300 anni dalla sua morte.
Nel diciassettesimo secolo, al concilio di Whitby, ai Celti, con la
loro cultura centrata sulla creazione, fu soffocato il loro naturale
misticismo.

Questo popolo era impregnato di spiritualità centrata sulla creazione,
una spiritualità che cominciava con una benedizione originale invece
che con un peccato originale. L’idea di un peccato originale è
radicalmente antropocentrica. Il peccato è vecchio quanto la razza
umana. Io nego la predominanza che la Chiesa occidentale dà al peccato
originale, essa ha alimentato questo antropocentrismo. È così
egocentrico pensare che l’esperienza religiosa inizi con i nostri
peccati.

Credo invece cha l’esperienza religiosa inizi con la solennità e la
meraviglia, che sono i primi passi del viaggio spirituale. La
solennità è l’inizio della saggezza, non esistono compromessi su
questa verità. Oggi, il primo passo verso la rivoluzione spirituale è
il recupero del senso di meraviglia e solennità, ed è un compito
agevole perché la scienza stessa ci ha dato una nuova teoria sulla
creazione, una nuova cosmologia sul come è giunta qui la nostra specie
umana, sul come è nato questo pianeta. Nessuno può ascoltare questa
storia senza sentirsi riempire di stupore e maestosità.

È spettacolare sapere che tutti gli elementi che compongono il nostro
corpo provengono da una esplosione di una super-nova cinque miliardi e
mezzo di anni fa, che ci unisce con tutti gli altri elementi
dell’universo. È stupefacente sentire che nei primi secondi di questa
sfera infuocata, diciotto miliardi di anni fa, furono prese decisioni
che ci riguardavano, che la temperatura della palla di fuoco doveva
essere entro certi gradi per permettere l’evoluzione di questo
pianeta. Ed è ciò che accadde. Quando sentite tutte queste cose
sgorgar fuori dalle bocche degli scienziati, non ci si deve stupire se
sono proprio loro, oggi, a condurci verso la via del misticismo. Sento
l’eco di quello che diceva Giuliana da Norwich nel quindicesimo
secolo, “Siamo stati amati ancor prima dell’inizio”.

L’amore incondizionato è la prima lezione della nuova storia della
creazione ed è pure la lezione di tutti i mistici. Quando poniamo
insieme scienza e misticismo abbiamo fatto ribollire una nuova
cosmologia. Quando gli artisti ci raccontano queste storie, sotto
forma di canzoni e danze, musica e rituali, avviene una rinascita, una
rigenerazione spirituale basata su una nuova visione. Tutta questa
solennità è il punto di partenza per una vita spirituale. Tommaso
d’Aquino affermò, “Tutte le cose sono state create per imitare la
bellezza divina in qualsiasi modo possibile. La beltà divina è la
causa di tutti gli stati di movimento e quiete, sia della mente che
del corpo e dello spirito”.

Sono 300 anni che questa parola “bellezza” non viene più considerata
come una categoria teologica. Cartesio, il padre del mondo accademico
e della scienza occidentale, costruì un’intera filosofia senza mai
menzionare la bellezza o l’estetica. L’ultima volta che abbiamo avuto
una spiritualità cosmologica in Occidente fu nel Medioevo quando ci fu
una celebrazione della bellezza del Signore. Francesco d’Assisi disse
“Il Signore è Bellezza”, e d’Aquino insegnava che tutti noi
condividiamo e partecipiamo alla bellezza divina. L’ecologia ci parla
a un livello di base perché ci stiamo tutti innamorando della Terra.
Il primo passo nel viaggio ecologico è innamorarsi della bellezza di
questo pianeta, in modo da difenderlo e liberarlo quando viene offeso
e abusato.

Il rabbino Heschel diceva “Il solo essere è già una benedizione. Il
solo vivere è sacro”. Heschel spiega che ci sono tre modi con i quali
l’essere umano risponde alla creazione. La prima maniera è di
gioirsene, la seconda è di sfruttarla e la terza di accettarla con
timore reverenziale. La nostra civiltà occidentale non ha mai
praticata la terza via, almeno non negli ultimi secoli. La riverenza è
stata tenuta fuori dall’aula perché Cartesio definì le verità come
idee, dunque il nostro intero sistema educativo è modellato sulle
idee. Una volta uno scienziato mi disse, “Negli ultimi ventuno anni
non ho fatto altro che rinchiudermi in un laboratorio all’Università
di Stamford, esaminando l’emisfero destro del cervello. Ora sono
pronto a pubblicare le mie scoperte che riguardano l’emisfero destro
del cervello tutto impregnato dalla paura.

Ecco perché ho smesso di seguire la teologia, in quanto totalmente
inadeguata per l’era ecologica e per una rinascita ambientale. Questo
modello dice che Dio è “là fuori”. Dio è un proprietario terriero
assenteista, che abita lontano dalle sue terre, e che noi siamo qui a
fare il lavoro del Signore. Abbiamo quindi una mentalità orientata al
dovere, ma non si può stimolare le persone con il concetto del dovere,
la fai sentire soltanto colpevoli, la qual cosa le stanca. Quest’idea
si rifà a Kant ed è parte dell’Illuminismo. Lasciamola andare.

Tommaso d’Aquino diceva che le persone vanno cambiate con la gioia. Il
modello appropriato per la teologia nell’era ecologica non è quello
che rinforza il dualismo, quello giusto è il misticismo, il Cristo
Cosmico e il Giardino del Cantico dei Cantici, dove ci rendiamo conto
che il Divino è il Giardino, che Dio si esprime in ogni pianta, in
ogni albero, in ogni animale e quando sono messi in pericolo è il
Signore stesso che viene messo in croce. Quando sono forti e in buona
salute, è la stessa divinità che irradia la sua doxa, la sua gloria.
Il Cristo Cosmico irradia la sua gloria nella gloria della natura.

Un cambiamento nel modello etico, orientato ora al dovere, verso il
misticismo e il Cristo Cosmico, è la base per una spiritualità
ecologica. Questa è la casa, la “eco” nella quale viviamo, è la casa
divina. “Il Signore è qui, siamo noi che siamo andati fuori per una
camminata”. (Eckhart). La divinità è in ogni luogo ma i nostri occhi
devo imparare a vederla nuovamente.

Un’altra dimensione della spiritualità ecologica è proprio la parola
“ambiente”. Proviene dalla parola francese environ che significa
“intorno”. La teologia corretta per i giorni nostri non è quella
intorno a un Dio che se ne sta là fuori, da qualche parte, riguarda un
Dio attorno a noi, come diceva Giuliana da Norwich, “che ci abbraccia
totalmente”. Si tratta di un’immagine molto materna di Dio e, come
diceva Ildegarda di Bingen, “Sei tenuto stretto dalle braccia del
mistero di Dio”.

Questo è panteismo, ci insegna che ogni cosa è in Dio e che Dio è in
ogni cosa. È il modo corretto di nominare la nostra relazione con il
divino. Mechtild di Magdeburgo, un’attivista femminista del
tredicesimo secolo, diceva che “Il giorno del mio risveglio spirituale
fu il giorno in cui vidi, e seppi, vidi tutte le cose in Dio e Dio in
ogni cosa”. Quello sarà il giorno in cui cresceremo spiritualmente e,
se nella nostra cultura non troveremo le risorse che ci assistano in
questa crescita, se non sentiremo gli insegnamenti dei mistici, allora
dobbiamo andare fuori a chiedere. Lo stesso dobbiamo fare per portar
via i nostri corpi dall’industria medica e le nostre anime dai preti
professionisti che non stanno facendo il loro dovere, per il fatto che
essi stessi sono stati feriti nei seminari e da un’educazione
restrittiva.

Lester Brown usa una parola importante quando parla di “inerzia”. Nel
Medioevo usavano una parola ancor più profonda, la chiamavano
“accidia” che significa rifiutare di iniziare cose nuove. L’accidia
comprende la depressione e la tristezza. La nostra tradizione
spirituale dovrebbe chiamarla accidia, perché questo è il termine.
Come svegliare la massa? Come ci risvegliamo? Paolo, rivolgendosi ai
Corinti, diceva, “La tristezza nella vita è imparentata con la morte”.

Ero così consapevole di questo, quando il governo americano stimolando
la gente, inviò 400.000 esseri umani in giro per il mondo insieme a
una indescrivibile quantità di armi. Essi eccitarono le persone, ma
per che cosa? Andare alla guerra. Non siamo riusciti a entusiasmare le
persone nei riguardi della disperazione delle nostre città, riguardo
al trattamento del suolo. È proprio come diceva Paolo, “La tristezza
nella vita è vicina alla morte”. Ci risvegliamo per assistere alla
morte come se fosse un intrattenimento. La morte fa notizia. La morte
è ora la sola cosa che ci desta. Aquino diceva, “La disperazione
arriva quando perdiamo la nostra fiducia nella nostra divinità e
perdiamo la consapevolezza di come ci si relaziona con la divinità”.

In altre parole è la teologia delle benedizioni che è la risposta
giusta all’accidia e all’inerzia. È quando diveniamo eccitati dalla
divinità delle cose che siamo pronti ad agire a favore della vita e
della Terra. È come divenire “innamorati”. Noi abbiamo un amore
antropocentrico, pensate che sia qualcosa che fate per trovare un
compagno per il resto della vostra vita, invece è molto di più di
questo. Potremmo innamorarci delle galassie, potremmo innamorarci dei
fiori selvatici, dei pesci, delle piante, degli alberi, degli animali,
degli uccelli e delle persone. Questa capacità di essere innamorati
non ha limiti e tutto ciò deriva dal fatto di sperimentare le
benedizioni.

Tommaso d’Aquino disse, “Benedire significa nient’altro che parlare
del bene. Benediciamo Dio e Lui ci benedice in un altro modo.
Benediciamo il Signore riconoscendo la divinità”. Dunque, dobbiamo
prenderci un po’ di tempo per meditare sull’intrinseca divinità delle
cose, la divinità delle foreste, dell’aria pulita e salubre e
dell’acqua. “Dio ci benedice e ci riempie di divinità” (Aquino).
Dobbiamo prenderci tempo per meditare sulle nostre benedizioni, sul
come siamo straordinariamente unici. Non c’è mai stata un’altra forma
di DNA come la nostra nella storia dell’universo e ogni singola
persona è l’espressione unica del Cristo Cosmico. Come dicono i
mistici, ciascuno è l’unico specchio di Dio. Questo è il motivo per il
quale c’è una tale diversità nella creazione, per deliziare la
divinità. Questo è il motivo per cui tutte le creature sono qui per
amore della gioia.

Dobbiamo lasciare andare l’ideologia del Peccato Originale, che ci ha
fatto crescere con la vergogna e il senso di colpa di essere qui e
che, a turno, crea la coercizione del perfezionismo e del sentirsi
ancora più in colpa. Il fatto è, miei cari amici, che tutte le
creature sono imperfette e, allora, celebriamolo. La divinità, di
proposito, si accoppia con le nostre imperfezioni e quindi abbiamo
bisogno di entrambe e in questo modo costruiamo la nostra reciproca
relazione. Nelle imperfezioni c’è gloria e bellezza. Ogni albero è
bello, ma se gli andiamo vicino, ha i suoi nodi, le radici morte e i
rami spezzati.

Anche noi siamo allo stesso modo e non c’è da vergognarsi per questo.
La vergogna sta nello sguazzare nelle imperfezioni e nel non fare
attenzione alla nostra divinità. Aquino diceva che il peccato
dell’accidia, il peccato dell’inerzia sono peccati contro il
Comandamento di onorare il giorno di riposo. La parola Sabbath
significa che il Creatore trascorse il suo giorno di riposo per gioire
delle sue creature. Dovremmo recuperare il senso di delizia nei
riguardi della creazione. Quando godiamo della creazione, questa è
ecologia spirituale, è la Via Positiva (in italiano nel testo
originale, n.d.T.).

Il secondo sentiero dell’ecologia spirituale è la Via Negativa (in
italiano nel testo originale), la via dell’oscurità, della
disperazione e sofferenza. Giornalmente i nostri cuori si spezzano dal
sentire quello che l’umanità affligge alla Terra, la sofferenza e il
dolore ci colpiscono, ma la prima cosa da fare è porre attenzione alla
sofferenza, convivere con la sofferenza, convivere con l’oscurità. I
mistici la chiamano la notte buia dell’anima. Al giorno d’oggi la
nostra intera specie è coinvolta in questa notte buia dell’anima, ma
ciò non è necessariamente una cosa cattiva, può essere l’inizio di una
conversione radicale, l’inizio di una nuova vita.

Bede Griffiths dice nel suo libro, The River of Compassion (Il fiume
della pietà), “È significativo il fatto che l’esperienza della
disperazione sia una pratica logica. La disperazione è spesso il primo
passo sul sentiero della vita spirituale e molte persone non si
risvegliano alla realtà divina e all’esperienza della trasformazione
delle loro vite fino a che non passano attraverso l’esperienza della
disillusione e della disperazione”.

Oggi, come civiltà, stiamo attraversando questa disillusione e
disperazione e abbiamo bisogno come supporto la tradizione mistica
perché Dio lo si può trovare non soltanto nella luce e nella gloria
della creazione ma anche nell’oscurità assoluta.

Ho parlato del sentiero della creazione e della gioia e anche di
quello dell’oscurità. Ora arriviamo al terzo sentiero, che è quello
della creatività. Una rinascita della creatività ci può giungere
attraverso la gioia o dopo il buio. Dopo la crocifissione arriva la
resurrezione, la nuova nascita, la sorpresa. Abbiamo bisogno, oggi, di
far nascere nuove virtù in molte zone della nostra civiltà.

In Occidente, per tradizione, abbiamo meriti politici, interiori e
civici. Adesso abbiamo bisogno anche di virtù ecologiche. Per esempio,
il vegetarianesimo o il semivegetarianesimo è una virtù. Per gli
esseri umani del cosiddetto Primo Mondo, non ci sono più scuse
sull’eccessivo quantitativo di carne consumata. Infatti, se soltanto i
nordamericani riducessero del dieci percento il loro consumo di carne,
sessanta milioni di esseri umani potrebbero oggi mangiare, e non
morire di fame. L’ammontare della superficie di terra, dell’acqua e
dei cereali impiegati per mantenere la dannosa abitudine
dell’alimentazione carnea, è, al giorno d’oggi, semplicemente
insostenibile. Non sto dicendo che ognuno di noi si deve convertire al
vegetarianesimo assoluto, ma certamente possiamo ridurre del dieci
percento il consumo e, quindi, cominciare da lì.

Un’altra virtù ecologica è quella di andare in bicicletta, quella
della condivisione dell’automobile o di camminare per andare a
lavorare. Lo stesso riciclaggio è un’altra virtù. Riconoscere la
sacralità dell’acqua e onorarla ne è un’altra. Ci sono dei modi
semplice per imparare a onorare. Eccone uno che ho imparato anni fa
dai Nativi americani: se volete imparare a onorare l’acqua, rimanetene
senza per tre giorni di fila, dopodichè, al primo sorso, riscoprirete
la sua sacralità.

Dobbiamo ricreare i nostri intrattenimenti, a casa e nel vicinato.
L’arte della conversazione, del giardinaggio, del teatro, della musica
e del piantare alberi sono, esse stesse, una gioia. Per divertirci ci
rivolgiamo alla televisione. Ho sostenuto a lungo che se avete un
televisore in casa dove ci sono bambini, per ciascuna ora di
televisione guardata, essi devono rappresentare un loro proprio
spettacolo. Dobbiamo riscoprire l’arte di far festa insieme e godere
della reciproca compagnia. Lo studio è una prassi spirituale.

È pure una spiritualità ecologica quella di studiare la nuova
creazione e mettere in scena un lavoro teatrale, studiare la crisi
forestale, la violenza sugli animali, la propria storia. Sono pure
virtù ecologiche le organizzazioni politiche in difesa della
creazione, includendo, se necessaria, la disobbedienza civile. Un
altro modo è quello di fare rituali, celebrare i tempi e i luoghi
sacri e gli esseri sacri con i quali condividiamo il pianeta. I
rituali sono i modi con i quali il sistema dei valori viene passato ai
giovani. Abbiamo necessità, attualmente, di una rivoluzione nei
rituali. I riti religiosi annoiano come quelli del governo o della
scuola, dobbiamo riportare i nostri corpi ai cerimoniali. La preghiera
rafforza il cuore, abbiamo bisogno di persone che ci guidino
attraverso le preghiere in forme nuove e tradizionali.

L’arte è la via fondamentale per scoprire la saggezza dei nostri
cuori. Oggi potremmo mettere al lavoro tutte le specie se avessimo
onorato l’artista come guida spirituale, che è in effetti il ruolo
primario dell’arte, e come lo è sempre stato dappertutto nelle
tradizioni indigene naturali. Un paio d’anni fa incontrai una
aborigena. Mi disse, “Nella nostra cultura, ognuno lavora per quattro
ore al giorno, per il tempo restante fa delle cose”. Cosa significa
fare delle cose? Riti, convivialità, bellissimi costumi, musica e cibo
per le feste che seguono i rituali. È durante i rituali che la
comunità guarisce se stessa, si illumina, presenta i doni di ciascuno
per la celebrazioni e poi li offre.

L’abitudine all’avarizia e all’avidità è profondamente radicata nella
nostra civiltà, è inserita proprio nella struttura del capitalismo,
che è costantemente alla ricerca di avere sempre di più. Tommaso
d’Aquino dice, “L’avarizia non è un problema del materialismo, è un
argomento dell’anima, è la nostra ricerca d’infinito, ma è messa fuori
posto. Il consumismo non ci può soddisfare ed è il motivo per il quale
siamo sempre alla ricerca del nuovo modello l’anno dopo, in una
progressione infinita nella dipendenza consumeristica.

Qual è la risposta all’avarizia? È quella di mettere come priorità
assoluta nel sistema educativo, religioso, politico ed economico, la
ricerca umana di infinito che può essere soddisfatta in questa vita.
Non vogliamo far tacere la ricerca di Dio. Tommaso d’Aquino menzionò
tre modi per un autentico infinito. Il primo è la mente umana, “Una
mente umana può conoscere tutte le cose, è capace di contenere
l’universo,” e come prova è quella che non si impara mai abbastanza.
Quindi, nutrire la mente equivale a combattere l’avarizia. Il secondo
modo in cui diventiamo infinito, dice Aquino, è nel nostro cuore. “Non
c’è limite alla capacità d’amore di un cuore umano”. Il terzo modo è
attraverso l’uso delle mani. “Insieme all’immaginazione, le mani
possono creare una varietà infinita di manufatti”. Considerate come,
nell’intera storia della razza umana, due musicisti non hanno scritto
mai la stessa canzone, due pittori non hanno mai dipinto lo stesso
quadro: una capacità inesauribile di creatività. Se volessimo ricreare
la nostra civiltà, dovremmo rifarla intorno allo spirito che c’è in
noi - mente, cuore e mani.

Quando una spiritualità autentica chiama, la religione segue. Se la
religione non è in grado di mutare paradigma, se non lascia andare sia
se stessa sia i suoi aspetti sociologici superati, il suo valore,
allora, in Occidente, sarà alla pari come quello del partito comunista
in Unione Sovietica. Se non reimpara le sue proprie tradizioni
spirituali e mistiche, se non toccherà di nuovo i nostri cuori e i
nostri corpi, se non insegnerà una coscienza benedicente riguardante
l’attuale nuova versione dei fatti della creazione derivata dalla
scienza, se non insegnerà il modo di convivere fra sofferenza e
oscurità, se non insegnerà le virtù ecologiche indispensabili per
sopravvivere, se non offrirà una forma rinnovata di culto, se non
insegnerà anche i peccati dello spirito, come l’accidia, l’inerzia e
l’avarizia, con lo stesso entusiasmo col quale ha insegnato i peccati
della carne, se non si scuserà per i suoi propri peccati contro i
popoli nativi, verso la Terra e verso le donne, se non condurrà sulla
via che porta alla saggezza di tutte le religioni del mondo, allora,
amici miei, i giovani diverranno vecchi molto presto e quando ciò
accadrà, la specie morirà.

Considerata l’attuale responsabilità della nostra specie, se questo
accadrà, scompariranno con noi molte altre specie. Tuttavia, se saremo
in grado di riscoprire una spiritualità come interessa alla creazione,
avremo un rinascimento, una rinascita di civiltà, una reinvenzione
della nostra specie basata su una visione spirituale.

Matthew Fox


Risultati immagini per Terra, Anima Società libro  di Matthew Fox

Estratto dal libro Terra, Anima Società  vol. 2 edizioni FioriGialli

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