lunedì 11 marzo 2013

Produzione energetica alternativa - Impianti a biomasse.. vantaggi e svantaggi



La biomassa consiste in componenti organici - vegetali ed animali - ottenuti principalmente dalla raccolta e dalla lavorazione delle colture agricole e forestali. Si possono raggruppare le biomasse nelle seguenti famiglie:

biomasse forestali, legno ricavato da piante destinate alla combustione (legna da ardere);

colture energetiche dedicate (sia per combustione diretta che per trasformazione in biocombustibili);

residui delle attività agricole (paglie e potature arboricole), residui delle attività forestali (ramaglie e cime, scorze, ceppi), residui della lavorazione del legname (segatura, refili, intestature), residui agroindustriali (sanse, raspi, lolla di riso) e dell’industria alimentare (grassi di macellazione, noccioli di frutta, gusci);

rifiuti speciali a matrice biologica (tavole dei cantieri, legno delle demolizioni degli edifici, mobili a fine vita, oli di frittura, pali e traversine);

frazione biogenica dei rifiuti solidi urbani (carta, legno, tessuti, residui alimentari, residui di giardinaggio e potature urbane);

rifiuti organici degli impianti delle fognature urbane e degli allevamenti zootecnici.

Questi prodotti hanno un potere calorifico pari a circa un terzo di quello del petrolio (vedi tabella in cui è riportato un valore tipico di biomassa legnosa con contenuto d'acqua del 15%) e dipendente dal contenuto d'acqua, ma la loro disponibilità in natura è più diffusa di quella dei combustibili fossili.

Materiale

PCI (Potere calorifico inferiore) kcal/kg

Biomasse

4000-4400

Petrolio grezzo

ca 10000

Metano

12000

Carbone

6200-7600

Gli impianti a biomasse

La conversione energetica della biomassa può avvenire in centrali termoelettriche o in piccoli impianti (industriali o domestici) secondo diverse modalità.

Il contenuto calorico delle biomasse può infatti essere sfruttato attraverso molteplici processi basati su diverse tecnologie: a seconda del tipo e della composizione, possono essere o bruciate per fornire calore, o convertite in altro combustibile (metano, etanolo, metanolo, prodotti carboniosi) o usate direttamente per la generazione di energia elettrica.

Le diverse modalità si distinguono sulla base di molte variabili, fra cui la grandezza dell’impianto, la destinazione d’uso, le tipologie di componenti relativi alla fase di combustione e trattamento dei fumi.

Nella sua trasformazione da materia prima a energia, la biomassa subisce una serie di processi e trasformazioni cha vanno dai processi di pre-trattamento (alcune fonti come la legna non necessitano di tali trattamenti), ai processi di trasformazione (come nel caso degli scarti vegetali, dei rifiuti urbani o delle colture oleose), alla conversione di biomassa in energia termica, alla conversione di energia termica in energia elettrica. Non tutti questi passaggi, naturalmente, possono essere presenti nello stesso impianto: si deve quindi distinguere tra impianti che bruciano biomassa trattata altrove e quelli che integrano i due processi.

Gli inquinanti emessi dagli impianti a biomasse

Gli impianti a biomassa possono produrre emissioni solide (particolato e idrocarburi incombusti), emissioni liquide e emissioni gassose. Le emissioni di particolato sono in genere le più rilevanti, mentre riguardo altri inquinanti i livelli dipendono dal tipo di combustibile usato dall’impianto e dal modo in cui la biomassa viene bruciata.

Per un calcolo complessivo dell’impatto ambientale di un impianto a biomassa, comprensivo degli impatti in fase di costruzione, esercizio e dismissione e di quelli dovuti alle attività connesse con tali fasi, la life-cycle-analysis (in italiano "analisi del ciclo di vita", conosciuto anche con l'acronimo LCA) individua le operazioni di approvvigionamento, trasporto e stoccaggio della biomassa quali sorgenti di rilevanti emissioni in atmosfera. Per questo motivo si ritiene importante includere questa problematica nei successivi approfondimenti e quindi in una prossima Arpatnews.


Impianti a biomasse: aspetti positivi e aspetti negativi 

In una valutazione sintetica dei principali vantaggi e svantaggi della biomassa come risorsa energetica, si individuano i benefici ambientali, sia globali che locali, a cui si contrappongono degli impatti locali, i benefici sociali occupazionali ed infine dei benefici strategici energetici. In considerazione di tutti gli aspetti, la politica energetica di supporto alle energie rinnovabili, promossa dalla Unione europea e recepita anche dalla Regione Toscana, prevede un sistema di incentivi economici alla costruzione ed esercizio di impianti di conversione energetica alimentati a biomassa.

Il primo beneficio prodotto da un impianto a biomassa è di tipo ambientale globale: la biomassa assorbe infatti CO2 dall'atmosfera durante la crescita e la restituisce all’ambiente nel corso della combustione; pertanto, il bilancio della CO2 è nullo su un tempo scala molto breve rispetto ai combustibili fossili. Quindi, nel calcolo della quantità di CO2 immessa in atmosfera dai processi di conversione energetica della biomassa, sono compresi i contributi delle operazioni di approvvigionamento, cioè semina, nel caso di colture dedicate, raccolta, trasporto e stoccaggio, e degli eventuali processi di trasformazione del combustibile per renderlo adatto allo specifico impianto di conversione energetica. Questa considerazione indica la necessità di realizzare impianti di produzione energetica a “filiera corta”, per i quali siano contenuti almeno gli impatti ambientali derivanti dal trasporto, e conseguentemente dello stoccaggio, della biomassa. L’utilizzo come combustibile degli scarti e dei residui delle produzioni agricole e agro-industriali contribuisce inoltre ad alleviare l’impatto ambientale dello smaltimento di queste sostanze, poiché i residui da potature e mietiture sono usualmente bruciati all’aperto, andando anche a recuperare il loro contenuto energetico che andrebbe disperso in aria ambiente.

Dal punto di vista ambientale locale, la creazione e lo sviluppo di aree agricole destinate a colture energetiche dedicate, al posto di terreni abbandonati e incolti, contribuiscono al controllo dell’erosione e alla riduzione del dissesto idrogeologico delle zone collinari e montane ed offrono un’opportunità di sviluppo e crescita per i territori rurali meno competitivi per le produzioni convenzionali, contenendo così anche i fenomeni di abbandono di queste aree.

La conversione energetica della biomassa fornisce inoltre un beneficio sociale occupazionale: le diverse fasi del ciclo produttivo del combustibile da biomassa creano infatti posti di lavoro e favoriscono la ripresa dei settori agricolo e forestale, rappresentando una fonte di reddito aggiuntiva a quello tradizionalmente derivante dall’attività agroforestale. Tutto il sistema di produzione della bioenergia, partendo dalle filiere di produzione agli impianti di trattamento e conversione, andrebbe quindi a formare un settore economico in espansione, contribuendo alla creazione di nuovi posti di lavoro ed opportunità di sviluppo.

Infine, da un punto di vista strettamente strategico energetico, l’utilizzo della biomassa come fonte rinnovabile può ridurre la dipendenza energetica dai produttori extraeuropei.

A loro volta gli svantaggi dell’impiego energetico della biomassa sono quasi esclusivamente ambientali, dovuti alle sostanze inquinanti emesse nelle operazioni di approvvigionamento, dagli eventuali processi di trasformazione del combustibile, nonché dallo specifico impianto di conversione energetica.

L’impatto ambientale delle operazioni di approvvigionamento, come già sottolineato, è collegato alla dimensione del bacino da cui proviene la biomassa e quindi il contenimento di questo impatto induce a preferire la “filiera corta”. Questa condizione pone inevitabilmente un limite alla taglia dell’impianto di potenza, poiché, in base alla produttività di biomassa del terreno, pur molto variabile a seconda che si tratti di residui ovvero di colture dedicate, il bacino di approvvigionamento di un impianto aumenta all’aumentare della potenza installata. Tuttavia, per impianti di piccole dimensioni (<1MWt) si verifica quasi inevitabilmente una criticità relativamente alle emissioni specifiche dell’impianto. Infatti, rispetto a questo punto, si è già dovuto sottolineare che tali impianti possono presentare in generale emissioni significative di polveri, NOx e IPA e metalli pesanti dipendenti sia dalla biomassa impiegata, sia dalla tecnologia dell’impianto, sia dalla presenza ed efficienza di sistemi di abbattimento degli inquinanti. D’altra parte la presenza dei sistemi di abbattimento è indirettamente connessa con la taglia dell’impianto, poiché l’investimento necessario alla loro installazione è rilevante e quindi è usualmente previsto per impianti di media-grossa taglia.

Nel quadro complessivo di vantaggi e svantaggi, è quindi opportuno che l’impiego energetico della biomassa sia promosso dalla Regione Toscana anche attraverso lo strumento degli incentivi economici. Tuttavia, quest’opportunità non deve indurre ad interpretare la costruzione ed esercizio degli impianti a biomassa come imprese fruttifere solo se in presenza degli incentivi per l’uso energetico delle fonti rinnovabili.

Gli attuali incentivi si basano sulla tracciabilità della biomassa, che permette di individuare la provenienza e quindi la qualità del materiale. In particolare viene privilegiata la filiera corta, definita esplicitamente in base alla distanza massima della provenienza della biomassa pari a 70 km, agevolando quelle produzioni che riducono i costi per procacciarsi la materia prima.  

Testo realizzato da  ARPA Toscana

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Di questo e simili temi se ne parlerà durante la Tavola Rotonda del 27 aprile 2013, h. 17.00 -  "Marche una bioregione da proteggere. Focus su rigassificatore, elettrodotti, impianti fotovoltaici a terra, ecc.  che si tiene nell'ambito della Festa dei Precursori al Circolo vegetariano VV.TT. di Treia.

Vedi anche: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2013/03/treia-preparazione-psicologica-e.html



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Commento di Benito Castorina:


Caro Paolo, certamente ci sarà lo spazio per un mio intervento  alla Tavola Rotonda del 27 aprile, per evitare che vengano avvalorati dati inesatti come quelli dell’articolo dell’Arpa (vedi sopra) , mentre è molto importante che vengano divulgate le alternative sostenibili, che creano lavoro, migliorano la qualità della vita e dell’ambiente contro la diffusa passione di propagandare un sistema di sprechi e di disinformazione.

Sto lavorando sodo cercando di dare un contributo per rilanciare il nostro Paese, sto coordinando gruppi di lavoro nelle Regioni Basilicata, Puglia e Calabria, che offrono a chi ha l’obbligo di disinquinare i terreni su cui svolge le proprie attività industriali, la possibilità di fare un intervento di bonifica dei siti col vetiver e anziché spendere avrà un guadagno dalla vendita o l’utilizzo dell’energia prodotta con la biomassa del vetiver. L’offerta, che riguarda la fornitura di un impianto di vetiver sul posto, dove sorgerà anche la centrale per la produzione di energia termica ed elettrica, sta riscontrando notevole interesse e porterà una serie di posti di lavoro e un incremento nella ricerca e nell’innovazione.
Ho il piacere di condividere con voi questi risultati che possono essere replicati in altre regioni.

Hai guardato i programmi televisivi da me sopra suggeriti?


Datemi l’occasione di fare chiarezza su argomenti di cui tanti parlano per sentito dire o per difendere qualche potentato.

E’ una scoperta epocale, col vetiver si produce energia termica ed elettrica senza inquinare: si possono utilizzare le piante ognuna delle quali assorbe 3 kg di CO2 l’anno dall’ambiente e nella conversione produce energia elettrica, termica ed acqua, mi spieghi qualcuno se l’acqua inquina.


Un abbraccio e ancora grazie per esserci,
Benito Bruno Castorina

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