sabato 28 marzo 2020

Il giovane favoloso, poetico sociale e cinematografico, descritto da Ferdinando Renzetti


SEMPRE CARO MI FU QUEST'ERMO COLLE, - ppt video online scaricare

I politici parlano tanto di felicità delle masse, il mio piccolo cervello concepisce solo masse felici composte di individui infelici. desidero fare come gli orientali che si contentano di sedere tutto il giorno sulle loro gambe a guardare in viso stupidamente questa ridicola esistenza. parole vuote, pessimismo - ottimismo, siete solo voi che potete dimostrare che il mondo non sia il peggiore dei possibili, io non lo sostengo affatto. chi conosce i limiti della possibilità può immaginarlo come il pensiero di un filosofo antico indiano. Il giovane favoloso (M. Martone)

Dalle finestre di questa casa si vede il nulla. la montagna scompare, il cielo e la pianura diventano un tutto indistinto, c’è solo il niente.

A Napoli, Leopardi non ha più illusioni di amore e di gloria e si abbandona finalmente alla sua dimensione sensuale. Recanati per lui è l’alfa, Napoli invece l’omega, la porta d’Oriente che lo libera dalle catene della ‘dipinta gabbia’. Napoli muove tutto, Napoli è un pezzo di tutti. 

Evidente appare l’intento di avvicinare lo spettatore odierno a Leopardi, dalla scelta accattivante del titolo mutuata da uno scritto di Anna Maria Ortese, alla contaminatio realizzata nella colonna sonora tra musica classica e moderna.

Il film si dipana essenzialmente tra quattro città – Recanati, Firenze, Roma, Napoli – ma la vera polarità oppositiva è tra Recanati e Napoli.

Dall’universo freddo e claustrofobico di Palazzo Leopardi (e anche i mattoni monocromatici della città sono – secondo Martone – proiezione all’esterno dello spazio librario) al ‘ventre’ del film nella sezione napoletana; il soddisfacimento delle pulsioni è comunque sempre negato a Leopardi, come risulta sancito inesorabilmente nell’inserzione straniante dell’episodio del postribolo (ispirato a un passo di Partitura di Enzo Moscato) con un fugace riferimento queer.

Non trascurabile è la valenza ctonia della parte finale del film ambientata a Napoli (in particolar modo nella città notturna), una vera e propria catabasi di un Leopardi flâneur dove si fondono eros thànatos, il piacere del gioco e quello dei sensi, la pulitura dei teschi e l’erompere del colera insieme ad una ‘spettacolarizzata’ eruzione del Vesuvio che giganteggia sulla debolezza del corpo malato del poeta.

Tra inizio e fine del film vi è una circolarità quasi perfetta con diverse corrispondenze e simmetrie; i passi controversi in lingua greca da decriptare negli esercizi di traduzione (a proposito della resa del termine omphalòs con «umbilico») si ripresentano in chiave antifrastica non tanto nella figura del padrone di casa di origine greca, quanto soprattutto nella ripetizione ecoica e irridente dell’espressione «s’agapò» da parte di prostitute e scugnizzi napoletani.

Francesco de Sanctis scrive: “Leopardi produce l’effetto  contrario a quello che si propone, è un mistero. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non  crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in  petto un desiderio inesausto… È scettico, e ti fa credente.

Ferdinando Renzetti  

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