venerdì 2 luglio 2021

Intensità bioregionale a Treia

 


Tempus fugit. Ma felicemente rallenta nelle giornate intense degli incontri bioregionali. Come quello del Solstizio estivo avvenuto a Treia (Macerata) il 26-27 giugno 2021 grazie a Paolo d’Arpini, Caterina Regazzi e Chiara Teloni ed Andrea Biondi dell’associazione Auser della cittadina marchigiana. Presenti amici da varie regioni:  Emilia, Marche, Lazio, Toscana, Abruzzo...  Così si attiva una complementarietà di conoscenze e saggezze (tutti ne abbiamo) mentre camminiamo nel verde, siamo ospiti di una realtà rurale eco-conviviale, facciamo incursioni in borghi antichi e sediamo vicino agli scaffali di una futura biblioteca di paese.

Impossibile riassumere ore così fitte. Dunque mi limito, da partecipante, prima a indicare (cronologicamente) le attività attraversate e poi a elencare quello che ho imparato io - piccole utili gemme.

Dove, come

Al centro di Treia, la casa nel verde di  Caterina e Paolo è circondata – come incoronata! – dai velocissimi voli di rondoni che non si scontrano e intanto cantano, o forse chiacchierano, che mistero. Un piacevolissimo risveglio per chi ha dormito là.

Il pomeriggio e la serata di sabato (26 giugno) ci hanno fatto scoprire, su una collina panoramica a pochi chilometri dal centro storico, la casa e i terreni abitati da Chiara Teloni, Andrea Biondi e i loro gemelli. 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone, tra cui Antonio Marcucci, persone in piedi e attività all'aperto

No, non è un agriturismo. E’ uno spazio accogliente per  chi, come in questo caso l’Auser, vuole organizzare incontri di sostenibilità e conoscenza. Ed eccoci seduti in cerchio ad ascoltare la presentazione di diversi libri, sulla storia dei luoghi marchigiani fra leggenda e realtà, sullo yoga da parte di chi lo vive e lo insegna, sul presente politico (e perfino... sanitario), e su quello poetico e interiore. Il progetto si chiama Promozione lettura”. 

A tutti i presenti in regalo il nuovo numero dei Quaderni di Vita Bioregionale 2021. Intanto, alle persone in cerchio Chiara presenta un nuovo modo di raccontare favole, con un geniale teatrino portatile e anzi sfogliabile! Da copiare, se ci si riesce.

Ci si sposta di trenta metri ed ecco una visione fiabesca: un piccolo vulcano eruttante fiamme, in realtà un manufatto in terra cruda costruito da un esperto mastro, Ferdinando Renzetti, lo stesso che insieme ad alcuni volontari nei giorni precedenti ha ultimato un bellissimo forno a cupola, fatto di mattoni di terra locale (e di madre Terra) impastati con paglia e sabbia. Fra poche settimane cuoceranno il primo pane.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone, persone in piedi e attività all'aperto

Cena sull’erba. Una tavolata self-service che, ça va sans dire, non prevede alcun usa e getta, né nei contenitori né nel contenuto. Una soddisfazione. Quante volte invece i pic-nic si trasformano in piccole discariche? Ma non ci sarebbe niente di bioregionale. Sarebbe un nonbio globale.

Ci basta girare le sedie verso il tramonto e inizia uno spettacolo musicale che non passerà di mente. Il poeta Gianluca Lalli, di Arquata del Tronto - fra i paesi duramente colpiti dal terremoto del 2016 – canta alcune favole ispirate alle storie di  Gianni Rodari. All’inizio era un laboratorio creativo nelle scuole, è diventato un album: Favole al telefono.  Ricorda i cento anni dalla nascita (a Omegna nel 2020) di questo pedagogista eccezionale, tuttora noto nel mondo, anche ai tassisti del Kirgizstan - una delle cinque repubbliche asiatiche ex sovietiche -, e lo dico per incredula esperienza personale di pochi anni fa. Gianluca è fra i non molti artisti della voce che a ogni persona del pubblico danno l’impressione di un rapporto diretto, a tu per tu; e non solo perché accetta di buon grado di accompagnare quello che gli chiedi, extra repertorio. Dunque ci lasciamo in coro, come Vagabondi.

Domenica mattina, in un mini-incontro alla sede dell’Auser (presso la Cgil al centro di Treia), Paolo descrive il senso e gli spazi della futura biblioteca bioregionale. Si spera che aiuti a coinvolgere di più gli autoctoni, che conoscono e simpatizzano con gli organizzatori ma poi, salvo gli aficionados, seguono il principio del nemo propheta in patria.

Chiusura verde, con la passeggiata erboristica lungo uno di quei tragitti brevi e ricchi che costeggiano la cinta muraria di tanti nostri borghi e che troppo poco vengono percorsi. Michele, insieme a tutti noi, indica volti e virtù di diverse erbe eduli, a partire dalla regina degli spazi abbandonati: madre Ortica, da decenni al centro del lavoro dell’associazione Uomini e ragazzi casalinghi e dell’evento Vivere con cura che annualmente si svolge a Capracotta, in Molise, grazie all’apporto fra gli altri proprio di Michele. Pic-nic nel parco fra statue e cinguettii.

Cosa ho imparato io? E voi?

Su e giù per le bellissime vie lastricate del borgo in bei mattoni ho notato – ma forse è così dappertutto e sono io a essere distratta ? – che i bassissimi gradini, anch’essi di mattoni, sono fatti “alla rovescia”. Difficile da spiegare a parole, ma indispensabile per non trasformare quelle scalinate in capitomboli alla Fantozzi. Gli artigiani edili di secoli fa! A proposito: i materiali da costruzione tradizionali nei centri abitati d’Italia disegnano una geografia peculiare. Mattoni dove le pietre non le trovi neanche a pagarle. Tufo che ad alcuni piace e ad altri no. Pietre di colori e consistenza variegati. E la terra cruda, come ci ha ricordato Ferdinando: c’è tuttora l’Associazione internazionale dei paesi costruiti così, umilmente e durevolmente. Poi è arrivata la massificazione del cemento.

Altro ricordo utile: la lapidaria bocciatura del caffè a parte della maestra di yoga che non vuole essere chiamata maestra. “Il caffè è incompatibile con la pratica yoga”. Colpo ferale. Le chiedo conferma in privato, dicendo “ma povero caffè...”…. E lei: “fa malissimo al fegato, e infatti si vede dal tuo colore” (quello delle occhiaie, temo). Tempo due giorni e ho ridotto le tazze da cinque a tre. Speriamo di resistere.

Durante la passeggiata fuori paese, Paolo ci ha dato la ricetta per mangiare cruda l’ortica. Impossibile? No: le foglie vanno “addomesticate” mettendole a bagno in limone e sale per un’ora. Poi si consumano in insalata o anche perché no, in un ulteriore pesto selvatico. Ulteriore? Già: basilico a parte, il pesto, ovvero una salsa cruda nutriente e buona, si fa con malva, portulaca, piantaggine e perfino con le foglie fresche di certi alberi, come il tiglio, l’omo, la robinia e non solo. Sarebbe opportuno che un nutrizionista ci aiutasse, in materia.

Infantile soddisfazione: ho fatto conoscere a due altri partecipanti la bontà delle nespole che un albero offriva invano durante la camminata di domenica mattina (27 giugno). Erano già un po’ appassite, appunto perché il suo regalo era stato ignorato dai rari passanti nei giorni precedenti. Ma erano ancora buone. Sono certa che fra pochi anni, nespoli nati da seme popoleranno il prato vicino alla loro casa, su quel bel bricco. Buon per i due gemelli. E anche per i tanti regali che ogni albero ci offre. Frutti, ossigeno, ombra, fertilità del suolo. Bellezza. Permanenza.

Permanenza, Come quella che ti lasciano, almeno per un po’, gli incontri riusciti. Fino al prossimo!

Marinella Correggia

Rete Bioregionale Italiana



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