..il tredici e il quattordici giugno 2024 sono stato a san vito chietino in occasione della festa del santo patrono. venerdì mattina accompagnato da nicoletta biraghi che custodisce i valori del mercato coperto neo neurale nel paese ho avuto modo di visitare il mercatino contadino con prodotti vari dalle paste artigianali vini oli miele sottoli erbe officinali libri oggetti d’artigianato frutta verdura e piante tante piante quelle che nicoletta dispensa protegge e diffonde per il centro storico, assieme alla signora sara, diventato ora paese dei fiori che ho avuto modo di visitare e fotografare nei suoi punti salienti compresi il mercato coperto e alcuni laboratori e negozi locali. il giorno dopo processione per le vie con reliquie del santo preghiere e suoni di banda. riporta il cartello all’ingresso del paese: sorto presso un porto di epoca romana il paese fu di dipendenza della vicina abbazia di s. giovanni in venere. distrutto sul finire del XIV secolo passò alla città di lanciano, famosa la contesa tra questa e ortona per il restauro e il possesso del porto. dell’antico assetto medievale si possono riconoscere il tracciato viario e parte del borgo fortificato. nei dintorni i caratteristici trabocchi macchine per la pesca che con il paesaggio evocano suggestioni dannunziane. il sentiero delle fonti incrocia i bisbiglianti rivoli di acqua sorgiva. il sentiero apre scorci panoramici sul mare sulle ripide pareti di arenaria della collina di foreste e propone una grande varietà di piante spontanee: sambuco malva biancospino rosmarino crespino ortica cardo asparago cicorie tarassaco lappola lassana capelvenere nolimetangere mentuccia timo pratolina giunchiglia il rovo con le more e immancabile ciclamino.
la prima volta che il nome appare nel territorio è nel IX secolo in un documento dell’anno 829 dell’archivio di monte Cassino in cui si legge che s. viti et s. johannis in foce de fluvio sangro divenivano proprietà della famosa abbazia di farfa. si fa riferimento alla chiesa di san vito posta nei pressi del feltrino in località murata alta e la sua posizione nei pressi del mare e del fiume ha fatto che chi eresse una prima e semplice cappella votiva e dopo la chiesetta la dedicasse a san vito. considerando i termini longobardi tuttora presenti nella zona gualdo bufara bardella nonché un altro documento del 942 in cui si parla di una fara longobarda nei pressi del mare non possiamo che attribuire a questo popolo la dedica della chiesa a san vito già conosciuto dai longobardi prima che essi penetrassero in italia nel 566. il santo fa parte dei cosiddetti santi ausiliari, che sono invocati in momenti di necessità. san vito oltre ad essere supplicato per gli stati epilettici, la leggenda vuole che abbia curato dall’epilessia il figlio dell’imperatore diocleziano, è anche chiamato in soccorso contro il pericolo rappresentato dalle acque nel suo significato più ampio anche attraversamento di corsi d’acqua o del mare.
non a caso le località che venerano san vito sono dislocate nei pressi dei fiumi o sul mare. il giorno di san vito le reliquie vengono portate in processione seguendo un rituale vecchio almeno di duecento anni. anticamente il paese era chiamato castellalto per la sua posizione geografica il nome fu cambiato quando giunsero le reliquie di san vito. si racconta che dei marinai turchi, convertitisi al cristianesimo, trafugarono di notte in turchia le spoglie del santo. caricarono le reliquie su una grossa barca e navigarono alla volta di ortona dove intendevano depositarle. giunti al largo di castellalto scoppio un tempesta che li costrinse ad approdare sulla spiaggia di questa località. subito dopo il mare tornò calmo come una tavola. il capo della ciurma disse che quella tempesta, giunta all’improvviso, era un segno divino: il santo voleva restare a castellalto.
cosi sbarcarono con le reliquie e il popolo contribuì alla costruzione di una chiesa dove custodire le reliquie e anche il paese prese il nome del santo: san vito. i turchi fecero una spedizione per riprendersi le spoglie e con una grande galea si fermarono poco lontano dalla costa. un gruppo di uomini armati sbarcò sulla spiaggia. gli abitanti che avevano avvistato la galea, accesero dei falò sul colle per cui tutti i pescatori fecero ritorno riuscendo a mettere in salvo le reliquie. i turchi allora saccheggiarono il paese e rubarono la campana portandola via. appena si allontanarono dalla spiaggia un forte temporale li colpì. la barca si capovolse i marinai perirono e la campana sprofondò. da allora i pescatori il giorno della festa di san vito a mezzogiorno la sentono ancora suonare.
furono i sanniti frentani i primi storicamente parlando ad occupare pianificare il territorio tracciare vie e sentieri costruire paesi e villaggi e coltivare i campi di questa zona dell’abruzzo costiero.
i sanniti erano terricoli e non marinai e non costruivano porti comunque avevano degli approdi soprattutto per ospitare navi dei popoli mercanti che solcavano l’Adriatico. anche se in origine questi promontori erano sia luoghi o boschi sacri e soprattutto punti di osservazione da dove scrutare il mare per avvistare imbarcazioni micenee fenicie e greche. in genere i marinai mercanti si avvicinavano alla costa sbarcavano sulle spiagge dove accendevano dei fuochi per attirare l’attenzione delle tribù italiche locali che dall’alto osservavano per poi incontrarsi e scambiare merci cibi metalli piante. nella zona di pescara i promontori di silvi montesilvano e san silvestro derivano dal suffisso Silv selva bosco sacro, punto di osservazione degli italici vestini verso l’orizzonte del mare. i sanniti frentani che segnarono il territorio con sentieri e vie erano molti rispettosi e timorosi degli spiriti dei luoghi e costruivano lungo la via piccole are dedicate ad alberi magici e pietre sacre anche per rabbonire i potenti spiriti della natura presenti in questi luoghi paludosi pieni di animali selvatici e ricoperti di boschi impenetrabili. questi luoghi sacri lungo le vie durante il primo cristianesimo furono trasformati dai pellegrini cristiani in cappelle chiesette e luoghi di culto ecco allora le frazioni o contrade o paesi di san tommaso san leonardo san donato san vito sant’apollinare.
la tavola peutigeriana la prima carta geografica dell’antichità disegnata dai romani ricalca in parte i sentieri e e vie tracciare dalle prime popolazioni italiche, in questo tratto di costa da pescara ostia aterni fino a vasto histonion, antica frentania. i romani oltre che bravi artigiani contadini erano anche validi marinai costruirono porti e pianificarono lo sviluppo della bioregione con nuove citta e centri di diffusione della loro civilta. alla fine dell’impero romano la maggior parte dei luoghi subisce un lento declino e abbandono fino a quando i longobardi rioccupano e danno nuova vitalità a questi luoghi. infatti il porto di san vito era conosciuto nel medioevo col nome di gualdus dal germanico wald appunto bosco. anche frisa ha origine gallo germanica frichia frischia frischium come campagna incolta o località non abitata o anche nome legato alla fauna locale dal momento che frisch e friscinga significano porco selvatico. guastameroli dal germanico guastum e dal latino merula che uniti in un sol nome vogliono indicare una fortificazione distrutta o disabitata.
durante il periodo delle città marinare l’Adriatico diventa un enorme stato liquido della repubblica di venezia, infatti tutto l’Adriatico era denominato golfo di venezia e le coste erano i confini e subivano l’influenza della potente repubblica. molti avventurieri in quel periodo saccheggiavano luoghi sacri e di culto dell’asia minore e del medio oriente impadronendosi di reliquie di santi che poi rivendevano in occidente a piccoli centri e citta che volevano costituire fiere e luoghi di culto. un professore di religione tra il serio e il faceto raccontava di reliquie come la coda dell’asino di san giuseppe, la creta avanzata a dio per fabbricare l’uomo; anche il santo prepuzio del pene di Gesù è conservato in qualche chiesa. tempo fa ho letto che il papa ha regalato al re d’Inghilterra un chiodo della santa croce di Gesù. un gruppo di marinai smontarono e trasportarono dalla palestina fino alle coste delle marche i mattoni di una casupola, la santa casa di loreto. il traffico di reliquie ha segnato per lungo tempo la storia e lo sviluppo di tanti posti dell’occidente. i genovesi sono riusciti a vendere agli inglesi le spoglie di un santo probabilmente mai esistito: san giorgio. tante storie e interessanti leggende che si accavallano si intersecano e si sedimentano con storie vere di santi e personaggi. a volte fare luce tra storia e leggenda è impresa quasi disperata anche se ormai questi racconti hanno il loro fascino fine a se stesso e non è piu importante se siano veri o frutto di fantasia, ormai esistono per quello che sono ed è come se tutto fosse avvenuto realmente, come il vescovo san leucio che catturo il drago che terrorizzava le popolazioni di ate e tixa due villaggi vicini poi riuniti in un unico paese, atessa dove tuttora è conservata nel duomo di san leucio la costola del drago catturato dal santo.
qualcuno doveva pur cominciare non tanto a fare quanto a farsi, a farsi cosa e a farsi in cio che faceva, a farsi che tutte le cose fossero segni d’altro. nel niente niente puo ricordare niente ne essere ricordato da niente, tutti non fanno che osservare e misurare tutto dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. l’uomo è l’occhio attraverso cui l’universo ha imparato a osservare se stesso. come raccontare i pensieri di un mollusco mentre gli cresce la conchiglia. nel racconto ogni secondo ogni frazione di tempo è un universo. vivere il tempo con il tempo affermazione del valore assoluto di un singolo segmento del vissuto staccato da tutto il resto.
mi piace scoprire la mia strada mentre la percorro a ogni svolta una sorpresa a ogni curva un paesaggio diverso.
lucus a non lucendo che significa letteralmente il bosco privo di luce. la parola bosco deriva da cio che non è illuminato si dice lucus la parola latina per bosco perche non da luce. anticamente in questo periodo si celebravano i giorni più importanti della stagione estiva, durante il solstizio il sole esprime la sua massima potenza per poi iniziare il suo lento declino.
Ferdinando Renzetti
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